30. La Scelta Giusta

Lasciò gli altri intenti a festeggiare o maledire i problemi che Maicol aveva inalzato quella notte. Dietro di lei c'erano schiamazzi, fiumi di birra e continui tintinnii di boccali che si scontravano tra di loro. Vetro e legno cozzò ininterrottamente, quel rumore si attenuò soltanto quando uscì definitivamente all'esterno della tenuta.
Con gli stivaletti che scricchiolavano sul selciato avvolto nella più completa oscurità, Skye aveva un'unica meta per la mente e ben due domande che le frullavano nella testa.

1 I cavalli erano ancora nella stalla o anche loro erano scomparsi?
2 Avrebbe trovato lì Yuri?

Negli ultimi tempi, aveva perso ogni certezza di cui era composta la sua vita. Mai e poi mai avrebbe immaginato che fra Saleem e Icaro, Skye sarebbe andata a cercare quest'ultimo anziché il suo superiore.

Quando aprì il portone che gemette stridulamente in tutta la stalla, piombò in un altro silenzio, uno assoluto e, chiudendoselo alle spalle, ebbe la sensazione di aver escluso il resto del mondo al di fuori di quel luogo.

La magia della stalla la investì e tutto in lei, perfino il suo nervosismo, si calmò.
Ogni problema, anche la recente scoperta di ciò che aveva fatto Cal, si disperse e la lasciò vuota.
Un vuoto che durò poco perché dopo aver ispirato a fondo l'odore di resina del legno umido e della paglia, si riempì di ricordi, uno più emozionante dell'altro. Avanzò con passo incerto, indagando sulle condizioni di essa. Capì subito del perché c'era quel silenzio, i box erano completamente vuoti e nessun cavallo si aggirava nei paraggi. A parte quel dettaglio, tutto il resto era invece rimasto invariato rispetto all'ultima volta che era stata lì. Perfino gli orribili affreschi fatti dai suoi amici erano ancora dipinti sulle pareti, finalmente ultimati, sfoggiavano ancora colori vividi che rallegravano l'ambiente reduce all'incendio.
La scritta in oro a caratteri cubitali ''Stalla Adenium'' era identica alla prima volta che l'aveva vista. Ancora appesa ad una massiccia trave.
"Non so che ossessione hai per loro, ma mi hanno condotto subito a dubitare di te" l'aveva smascherata una volta Yuri dopo esser arrivato alla triste conclusione che a provocare l'incendio, quella notte, era stata lei.

Lì, vicino a ciò che più le piaceva della sua infanzia, si sentiva più se stessa di quanto riusciva a credere.
Per la prima volta dopo molto tempo, era al sicuro. In un posto tanto familiare che avrebbe addirittura potuto definire casa.
Era quello ciò che voleva. Non una casa sulla sua vecchia isola, né una nella città metropolitana e trafficata di Parigi, non voleva neanche più una carriera da ballerina, né una normale vita comune. Skye voleva avere sempre una stalla e delle redini a portata di mano. Cavalcare e correre libera nel deserto sul suo murgese nero.

Uscì nel recinto esterno che affacciava dal lato opposto all'entrata, l'accolse un leggero freddo che le frizionò subito la pelle accaldata.

Icaro era lì, le mani nelle tasche dei vecchi pantaloni scuri, il rimasuglio di uno dei suoi vecchi e amati completi eleganti. Con il naso all'insù ammirava il cielo notturno punteggiato da piccoli punti bianchi, i capelli leggermente mossi dal vento secco gli conferivano una bellezza indomabile.
Quando percepì la sua presenza e i suoi passi farsi sempre più vicini, abbassò il mento verso di lei e le labbra dapprima strette in una linea dura si ammorbidirono quando la riconobbe.

«Sei qui» gli disse, come se l'avesse appena cercato per tutte le stanze della tenuta quando invece sapeva perfettamente dove ritrovarlo.
Lui non rispose, ma non scostò lo sguardo dalla sua figura, come se cercasse di imprimerla nella sua mente.
Anche lei si prese un attimo per osservare quei suoi tratti angelici, in netta opposizione con il suo essere. Le vennero sulla punta della lingua un'infinità di cose da bisbigliargli sottovoce e all'orecchio, cose che lui invece le aveva sempre detto con disinvoltura.
Mordendosi un labbro si chiese se ormai non fosse arrivato alla conclusione di ciò che provava per lui. Probabilmente no, Yuri non poteva saperlo perché era stata cosi vigliacca da aver paura a rivelarglielo.
Sospirò affranta e fece scivolare le dita in uno dei tasconi. Lì, fra il tovagliolo scolorito dal betadine e il veleno di cui sua nonna l'aveva fornita, c'era ancora l'anello che aveva ritrovato a Nuova Capitale, fra le macerie del Palazzo.
Sfiorò con il pollice l'aquila incastonata al centro di esso.
«Come stai?» Icaro interruppe il silenzio. «Insomma sai...Dopo tutto quello che ha spifferato Maicol capirei se ora tu decidessi di non voler più collaborare con noi e lo vorresti solo vedere morto» fece un mezzo sorriso di scuse, come se la colpa di tutto quello fosse unicamente sua e non di suo fratello.
«È vero, lo vorrei morto» affermò senza esitazioni, anche se questo la rendeva una persona spregevole. Dovette costringersi a distogliere gli occhi da quel verde intenso per ricordare il motivo per cui era lì.
«Ma su una cosa aveva ragione. Dobbiamo affrontare i nostri problemi. Siamo adulti ormai e non gli negherò la sua collaborazione solo perché è una persona mostruosa ed io mi sento troppo offesa» anche se l'idea di mandarlo a quel paese era piuttosto allertante, avrebbe dovuto attendere la loro vittoria finale per farlo.
«Sapevi di Cal?» non seppe quanto avesse temuto quella risposta finché lui non parlò.
«No» il suo cuore si alleggerì all'istante.
«Però sono stato io a chiedere il favore a Maicol di non ucciderti, indipendentemente da ciò che sarebbe successo. Solo quando me lo giurò, decisi di inviarti quell'abito al Villaggio e proporti dunque il patto» svelò ancora più nervoso di prima. «Evidentemente, durante la battaglia, Maicol ritenne opportuno rispedirti a Dover per mantenere fede alla promessa che mi fece. Già immaginava ciò che Gerald sarebbe stato in grado di compiere una volta scoperto la morte di sua moglie Constance» aggiunse soprappensiero.
Tutto quadrava, tutto aveva senso. Ma Skye non si accinse a pensare a Constance, Maicol o Gerard. Si focalizzò sul fatto che Icaro, in un modo o nell'altro, l'aveva sempre protetta, perfino quando l'unico obiettivo che aveva, all'epoca, era uccidere proprio lui.

«Se Gerald fosse riuscito a mettere le sue mani su di te...» espirò a fondo e scosse il capo più volte per scacciare via quell'immagine dalla mente. «Non voglio neanche pensare alle cose che ti avrebbe fatto» si passò una mano fra i capelli più lunghi del solito e Skye venne catturata da quel movimento prima di scendere verso tutte le cicatrici che riusciva ad intravedere dal tessuto della maglietta. Quelle ferite gli erano state inferte solo perché non aveva mai svelato a Gerard dov'era la presunta Regina, Skye.

«Non mi sento più di giudicare la sua decisione di rispedirti a Dover. Dopotutto...forse tutto questo è stato davvero necessario. Ma no, non sapevo di Cal. Anche se una parte di me intuiva ci fosse qualcosa di sospetto» ricordò che gli aveva detto qualcosa del genere, non era convinto sul perché l'amico l'avesse seguita fin lì, praticamente in un campo da guerra.
Annuì e strinse l'anello che era stata l'esca che Maicol aveva seminato per lei, per avere la certezza che era davvero ritornata in città con l'intento di salvarli.
«Quante cose da assimilare» bofonchiò, terribilmente stanca.

La luna illuminò con un piccolo bagliore la stalla e proprio sotto quella nuova luce le venne in mente la proposta che Yuri le aveva fatto la prima volta che l'aveva chiamato per nome. Si era inginocchiato proprio fra quella stessa paglia e le aveva regalato il diamante viola di famiglia.
Quella, pensava sarebbe stata la loro ultima notte alla tenuta. Sorrise fra sé a quel ricordo ed estrasse lentamente l'anello dalla tasca.
Non staccò gli occhi da lei neanche quando glielo porse impacciatamente.
«Questo è tuo» resse fra pollice ed indice lo stemma reale.
Il suo mezzo sorriso ne divenne uno intero. «Ce l'avevi tu» constatò piacevolmente incuriosito.
Lo rimosse delicatamente dalle sue dita e solo quel misero contatto bastò a mandarle brividi lungo tutto il corpo.
Si limitò ad annuire sentendosi improvvisamente arrossire.
«L'ho trovato il primo giorno, appena ritornata in città» rispose.
«Tengo particolarmente a quest'anello» rivelò lui con voce sommessa. Osservò il cerchio d'oro scivolargli lungo l'indice.
«Me lo regalò mia sorella» ricordò.
«Quel giorno ero rimasto ad aspettarla da sveglio perché era di nuovo sgattaiolata via dal castello per andare ad una festa in città. Tutt'oggi non so come ogni volta riuscisse ad uscire ed entrare senza farsi vedere da nessuna guardia. Immagino che ora non potrò più scoprirlo» ridacchiò tra sé ed intenerito accarezzò con la vista l'oggetto appena ritrovato.
«Quella sera aveva portato con sé quest'anello preso chissà dove e me lo regalò. Fu quella stessa notte che mi confidò di essersi innamorata perdutamente di un soldato e poco dopo...credo che tu non abbia dimenticato com'è andata a finire» Gor aveva preferito ucciderla piuttosto che accettare di vederla al fianco di un comune soldato che non apparteneva a nessuna famiglia nobile.
«Hind era forte e coraggiosa» pensò che le sarebbe piaciuto avere l'opportunità di conoscerla. Guardandolo, capì facilmente che il bene fra due fratelli non poteva estinguersi neanche se di mezzo c'era la morte.

«Quel giorno...nel bosco, quando ti vidi per la prima volta, ero curioso di sapere chi eri e da dove provenivi. E quando ho sparato per la prima volta a Saleem e tu ti prendesti quella pallottola al suo posto...rimasi allibito. Eri stata coraggiosa, forte e anche un po' stupida, proprio come mia sorella» le scoccò un sorriso malinconico e il suo cuore si contorse.
Avrebbe voluto strappargli via quel dolore e farlo unicamente suo, piuttosto di sentirsi cosi impotente.
«Dunque rispondo io alla domanda che prima ha fatto Maicol, quella in cui non capiva cosa ci vedano gli altri in te...» le girò intorno e i suoi occhi verdi la trafissero in mille modi diversi.
«Esattamente questo, forza e coraggio» ruotò lentamente, saettando lo sguardo da lei all'anello che gli aveva appena restituito.
«Determinazione, audacia» elencò, lo fissò invidiandogli ancora una volta il modo in cui esprimeva liberamente ciò che pensava.
«Intelligenza, sangue freddo» si fermò bruscamente, si schiarì la gola e si rivoltò verso la stalla, interrompendo definitivamente il loro contatto visivo.
«Tutte qualità indispensabili in guerra» si sistemò la maglia perfettamente in ordine e fece per andarsene.
Aveva già commesso l'errore di lasciarlo andar via, la mattina della battaglia aveva rischiato di non rivederlo più. Sentì la sua lingua frustare il suo nome ancor prima di realizzarlo. «Yuri»  lo richiamò e lui si bloccò all'istante.
Tutti i suoi buoni propositi andarono a farsi fottere appena fu sotto al suo sguardo rovente. Skye si sentì improvvisamente come gelatina, la bocca troppo asciutta e come se dovesse ingoiare giù un boccone troppo grande, deglutì rumorosamente in cerca delle parole giuste.
«Sai...riguardo a ieri io...io...» poteva sembrare equivoco come la notte prima era andata via con Saleem nel cuore della notte, desiderava chiarirsi in merito ma, come sempre, faceva difficoltà ad esprimersi.

D'un tratto il suo pollice le sfiorò una guancia, cogliendola di sorpresa, le spostò cauto una ciocca di capelli ribelli dietro ad un orecchio.
«Tranquilla Skye, non sei costretta a dire niente che tu non voglia, soprattutto quello che non sei disposta ad ammettere» la rassicurò, la sua voce batté come una folata di vento che scuoteva in lei angoli che neanche aveva mai saputo di avere.
Si inumidì le labbra e lui seguì attentamente quel movimento facendola, se possibile, arrossire ancora di più.

«Morirei» gracchiò prima di avere un forte attacco di tosse nervosa. Solo una volta che ebbe finito, sentì l'istinto inopportuno di scoppiare a ridere. Il suo era stato davvero un misero tentativo.
Era fuggita da Dover, aveva attraversato un deserto intero, per riuscire a dirgli solo quello??!
Il cipiglio che si formò sulla fronte di Yuri non l'aiutò a contenere la sua improvvisa ilarità. Fece finta che un labbro non continuasse a tremarle nel vano tentativo di reprimere una risata.
«Moriresti?» ripeté piuttosto confuso. Skye tirò un grosso respiro dove radunò tutte le forze e ci riprovò.
«Sì, morirei. Io morirei» forse poteva ritenersi brava a combattere, ad usare la sciabola e ad aver imparato a correre più veloce di una lepre ma evidentemente era particolarmente scarsa a manifestare i suoi sentimenti.
Il cipiglio di Yuri si allargò ancora. «Cosa stai cercando di dirmi?» la sua espressione da confusione si trasformò in preoccupazione.
Skye poteva solo provare a immaginare come risultava patetica in quel momento, sentiva l'improvvisa necessità di correre via per la vergogna e, proprio come uno struzzo, avrebbe voluto conficcare e seppellire la sua testa sotto a grossi cumuli di sabbia.

«Yuri insomma! sto cercando di dirti che...» ritentò totalmente paonazza. «Che io morirei per te!» farfugliò, sentendosi più accaldata che mai.

«Owh» il suo cipiglio scomparve in un lampo e la sua bocca si dischiuse per lo stupore. Mentre lui veniva preso totalmente contropiede, le gambe di Skye traballarono come una nave al centro di una tempesta. Contro ogni senso logico, pronunciò le parole che improvvisamente sentiva di non poter più trattenere oltre.

«Ed è vero che ti amo» quella era la risposta alla domanda che lui stesso le aveva posto mesi prima, al Palazzo, quando gli aveva domandato come aveva capito di essersi innamorato di lei.
"E tu Skye? quando l'hai capito?" solo che allora non era stata capace di rivelaglielo.

Rimediò.

«Non puoi essere seria» Icaro era incredulo, al limite dello shock. Dopo un momento di completo stupore, sbottò a ridere amaramente, come se avesse sentito male e stesse prendendo gioco se stesso per questo.

«Sono seria» confutò.
Icaro si guardò intorno e abbassò la voce. «E Saleem?! Non eri follemente innamorata di lui o qualcosa del genere?!» evidentemente fu il suo turno perché anche dalle sue labbra uscì una risata.
«Credimi, ho cercato con tutta me stessa di paragonarlo a te. Di dirmi che lui era la scelta giusta mentre tu quella sbagliata. Che quello che provavo per te doveva essere un errore e che sarebbe passato appena l'avrei rivisto ma...Misericordia quanto è difficile!» imprecò e si maledisse, portando un pugno tremante sul cuore per sottolineare la veridicità delle sue parole. «Le settimane a Dover sono state un vero inferno per colpa tua. E questo solo perché tu non c'eri! e non sapevo quando e se avrei rivisto quelle tue stupide fossette, i tuoi mezzi sorrisi storti o il modo disinvolto con cui mi disarmavi sempre senza neanche rendertene conto!» vomitò fuori tutto ciò che provava senza più riserva, parole che le erano rimaste incastrate dentro fino a marcire.
«Volevo solo che qualsiasi altra persona potesse guardarmi nello stesso modo in cui lo fai tu! E volevo ancora di più provare per quel qualcun altro quello che invece provo per te» ammise frustata.
Avrebbe desiderato innamorarsi di chiunque, piuttosto di lui, il suo peggior nemico, un Re nonché cugino di Saleem.
«Sentirmi come quando sono con te, sulle montagne russe o sul picco più alto del mondo. Pronta per spiccare in volo ma con la costante paura di schiantarmi a terra da un momento all'altro!» sentì le lacrime affiorare a galla ma le ricacciò subito indietro. Non voleva piangere.

«Lo so!» la incalzò con i palmi alti in segno di resa. «So come ci si sente!» tuonò, poi provò a contenere la sua voce, iniziando a camminare agitato avanti e indietro per la stalla. Fece un mezzo giro e scosse la testa, poi si passò una, due, tre volte le mani fra i capelli e quando non ne poté più si rivolse di nuovo a lei.

«Tu e lui stavate sempre insieme al Villaggio, ogni notte!» ribatté, come se stesse cercando di rinsanirla.
«E in tutte quelle, volevo te» rispose riluttante. I suoi occhi verdi la squadrarono, come se stesse cercando ancora di soppesare le sue parole.

«Hai sempre desiderato di ritornare da lui, e se non l'hai mai fatto è solo perché non sapevi dove fosse. Ogni fottuta mattina, quando mi risvegliavo nella nostra camera, temevo di non ritrovarti più accanto a me perché eri andata via con lui» lei obiettò scuotendo più volte la testa. «Te lo dissi la prima volta che facemmo l'amore che non lo pensavo più in quel modo!» rinfacciò.
Si azzittì, il volto di Yuri era teso come lame poi sospirò e disse arrendevolmente «Dillo di nuovo» temeva ancora potesse rimangiarsi tutto quanto.
Lei provò a stabilizzare i suoi battiti, chiuse le palpebre e mormorò tremante.
«Sono innamorata di te» lo sentì esplodere di nuovo in una risata melodiosa. Attese pazientemente che finisse e che si ricomponesse, ma quando ciò non avvenne sbottò.
«Sai, non è carino ammettere a qualcuno i propri sentimenti ed ottenere in cambio solo una fragorosa risata. Mi spieghi cosa ti fa divertire così tanto?» lo rimproverò e lui allungò di nuovo una mano sulla sua guancia.
«Scusami» si ricompose lentamente, guardandola con occhi scintillanti.
«E che ancora non posso crederci che proprio tu» emise un respiro sonoro. Poi finalmente vide spuntare una fossetta agli angoli della bocca. «Ti sia innamorata di me» finì estasiato.

«Ripetilo» richiese ancora, era come se ogni volta che lei glielo diceva tutto diventava sempre più reale. «Ti amo» ma prima che potesse finire la frase, la baciò.

Dannazione eterna o paradiso, non riconosceva più i confini del mondo in cui viveva mentre le premette una mano dietro alla nuca e la spinse contro le sue labbra.
Caddero insieme contro la parete e poi scivolarono sulla paglia, ma nessuno dei due accennò a fermarsi.
Con la bocca di Yuri che la divorava, si rese conto che costringersi a star lontana da lui era stata la pena più difficile che aveva scontato e che mai più avrebbe voluto riviverla

Afferrò la sua maglia e gliela sollevò oltre la testa, poi si mise a cavalcioni su di lui e solo il modo urgente in cui lui le strinse i fianchi la mandò in fibrillazione.
Le labbra di lui slittarono peccaminose lungo il suo collo e non poté far altro che abbassare la testa all'indietro per facilitargli l'accesso ovunque volesse andare.
«Non ci credo che sta davvero succedendo» le sussurrò con il respiro caldo che sfumò sulla sua pelle divenuta d'un tratto incredibilmente sensibile.
«Sei qui» gemette, chiudendo una mano a coppa intorno al suo seno.
Era totalmente, irrimediabilmente, assorta da ogni sua parola o movimento, questo almeno finché non sentì un rumore quasi impercettibile al di fuori della stalla.
Erano passi sul selciato, infatti il portone si aprì con un cigolio e Skye riaprì di scatto gli occhi.
«Fermati» strepitò, rialzando il collo, tutti i suoi capelli cascarono sulla faccia di entrambi.
«Non ci penso proprio» sorrise maliziosamente in mezzo ai suoi seni.
«No davvero fermo» ordinò, discostandosi a fatica e rialzandosi veloce, indietreggiò di qualche passo e si sistemò al meglio la tuta.
Icaro la guardò spaesato.
«Ti prego non fermarti adesso che sei qui ad un passo da me» nel suo sguardo lampeggiò insicurezza.
«Ci stai ripensando?» proseguì e Skye sentì il suo cuore affondare di fronte a quelle parole.

Avrebbe voluto rispondergli e rassicurarlo, ma si voltò verso la direzione di chi si stava incamminando lungo il vialetto di paglia.
Smise completamente di ascoltare le sue emozioni, si ricollegò al resto del suo corpo e in un attimo sguainò i suoi coltelli.

«Vestiti e alzati» dettò tassativamente, prima di infilarsi l'elsa di un pugnale nella bocca e stringerla forte tra i denti affinché non la perdesse.
Ottenendo infine una mano libera, sfoderò anche la sua magnum.
Era già pronta a combattere quando intravide delle sagome in lontananza che non appartenevano a nessuno della sua squadra.

«Abbiamo compagnia» chiarì e subito dopo partì all'attacco.

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