29. La Tenuta
Ai piedi del cancello della tenuta, Ronald e Skye si scambiarono sguardi interrogativi, dai visi pallidi e scarni era chiara tutta la loro apprensione.
Icaro, Wave, e Joseph erano già entrati a perlustrare tutti gli interni che a prima vista sembravano inabitati e dalle stalle, non giungeva il consueto chiacchiericcio da mercanti di Greg, Zariq e Tarquin ed era impossibile anche che fossero in casa. Il vociare dei tre li avrebbe senza dubbio raggiunti.
La consapevolezza che ad accoglierli non ci sarebbe stato né Victor né Raya si fece largo in lei.
Sebbene stessero aspettando al di fuori solo una ventina di minuti, a Skye sembrava che il tempo si dilaniasse in rami infiniti.
Osservando attentamente il ferro battuto, rifletté su quanto, una volta scappata dalla base, avesse temuto di rimanere chiusa prigioniera dietro a quegli stessi cancelli. Mentre in quel momento non vedeva l'ora di varcarli per rientrare di nuovo in quella dimora.
Finalmente fra la foschia videro riapparire Wave ed entrambi trassero un sospiro di sollievo.
Perfino Saleem, che era stato per tutto il tempo taciturno e vigile alle loro spalle, rilassò impercettibilmente i muscoli tesi della fronte.
«Libero!» gridò l'americano chiudendo le mani a coppa intorno alla bocca affinché potessero sentirlo oltre quei metri.
Ogni singolo passo sulla ghiaia che accorciò la distanza, le dava la sensazione di appesantirla sempre di più a causa della speranza che man mano cresceva smisurata.
Avrebbero ritrovato ancora qualcuno al suo interno? E se no, dov'erano finiti tutti?
C'erano cibo e munizioni a sufficienza?
«Avete controllato bene tutti gli interni?» si assicurò il superiore rivolgendosi all'americano e sbirciando oltre le fessure delle finestre rimaste chiuse.
Wave annuì deciso e senza ulteriori indugi entrarono anche loro all'interno, lasciandosi definitivamente il calare della notte alle spalle.
Si introdussero nella tenuta accedendo dalla sua parte franata che da quando l'avevano lasciata era cambiata. Avevano iniziato dei lavori di ristrutturazione e pontili, teli e piccoli cantieri erano stati abbandonati a loro stessi da chissà quanto tempo. Il lieve venticello che scuoteva da giorni l'aria, sollevava su di essi della sabbia insolitamente fredda a tatto.
Avanzando lungo i corridoi adiacenti, che lei stessa faceva fatica a riconoscere, ebbe la risposta alla sua prima domanda.
I corridoi che un tempo pullulavano di domestici affaccendati ad ogni ora del giorno, erano davvero vuoti.
«Come mai metà di questa casa è distrutta?» l'eco della voce di Joseph si proiettò su tutte le pareti circostanti e le rughe presenti sulla sua fronte sembrarono formare le pieghe di una fisarmonica.
Non ne seppe il motivo preciso, ma sia lo sguardo di Wave che quello di Saleem si posarono contemporaneamente su di lei.
«All'inizio della mia permanenza qui...» prese una pausa che le servì a trarre un respiro profondo. Era passato del tempo dalla notte dell'incendio eppure Skye non aveva ancora dimenticato le fiamme e le urla dopo che le mine erano esplose.
«Feci saltare in aria mezza tenuta» asserì senz'alcuna emozione nella voce, cosa che però stava tentando di mascherare perché sebbene si mostrasse fredda, dentro di lei si sentiva marcire.
Non andava fiera di ciò che aveva fatto, soprattutto dopo aver scoperto che Ginevra le aveva mentito sulle cause che l'avevano spinta a compiere un tale gesto.
Aveva ferito Yuri e tanti soldati che non si era neanche data l'opportunità di conoscere. Quella notte, fra quelle macerie, ci sarebbe potuto esser stato chiunque, perfino Ronald e Pierre.
Sulla faccia di Saleem si stampò un sorrisino orgoglioso che decise di ignorare. Quella era la parte di Skye che apprezzava e che invece lei rimpiangeva.
«Quindi volevi ritornare indietro?» da me? Quelle erano le parole non dette che rimasero sotto intese. Come se Skye avesse potuto girare la ruota del tempo e ritornare indietro decidendo semplicemente di dimenticare tutto ciò che era successo da quando aveva messo piede lì.
«All'inizio era il mio scopo» si ritrovò a dire, dopotutto quando aveva accettato di fuggire dalla base era stato solo per guadagnare tempo.
«Poi le cose sono cambiate» finì perdendosi nei ricordi di una stalla ed un cielo stellato.
Guardò l'anello di famiglia che Yuri le aveva dato, quello che non aveva mai tolto e che aveva temuto di aver perso quando si era risvegliata a Dover.
«Quando esattamente?» indagò ancora.
Quella di certo non era una domanda che si aspettava di ricevere ma soprattutto non c'erano risposte facili. Per sua fortuna, intervenne Wave.
«Smettetela, non mi sembra né il luogo né il momento adatto per parlarne di certi argomenti. Riprenderete in seguito questo discorso» superò entrambi ed entrò in varie stanze in cerca dei membri della loro squadra.
La notte prima lei e Saleem avevano parlato fino all'inizio di un nuovo giorno e il suo cuore aveva avuto il sentore che quella sarebbe stata l'ultima alba che avrebbero ammirato insieme. Quando alle prime luci del mattino erano ritornati insieme al falò, Joseph e Maicol avevano finito il loro turno di guardia e dormivano rannicchiati intorno ad un fuoco lieve che si andava lentamente spegnendo con gli ultimi crepitii.
Al loro posto di guardia avevano trovato Ronald e Yuri e non aveva dimenticato come entrambi l'avevano squadrata.
Da quel momento in poi l'aria era diventata satura e Skye aveva approfittato di ogni attimo libero per restarmene un po' da sola per elaborare tutto ciò che era successo.
Chiudere un amore mai vissuto era immensamente difficile. Nella mente vorticano domande sul come sarebbe stato se tutto fosse filato liscio, cosa sarebbe successo se non si fossero mai separati e cosi via.
La verità era che ormai non ci sarebbe mai più stato un tempo per lei e Saleem. Il destino li aveva fatti incontrare, si era insinuato tra di loro, aveva unito le loro strade e poi era sfrecciato via alla velocità della luce, trascinando Skye da un'altra parte.
Nonostante Saleem avesse avuto la lucidità di dirle che avrebbe continuato a lottare con loro, sapeva che non l'avrebbe mai potuta perdonare davvero.
Si era innamorata di suo cugino, nonché il suo avversario.
C'erano davvero rimedi per quello?
«Libero» annunciò Wave giunto alla fine di quel corridoio.
«Libero» ripeté Ronald sbucato dall'altro lato e raggiungendoli.
Era ufficiale: la tenuta non era stata attaccata dai gendarmi di Gerald e al suo interno non vi era più nessuno. Forse erano scappati per motivi del tutto precauzionali, i bombardamenti d'altronde non erano avvenuti molto distanti da quella posizione.
«Riempite gli zaini di tutto il necessario possibile. Nelle cucine dovreste trovare cibo a sufficienza e anche medicinali, fatene scorta» dettò Icaro, piombato dal nulla camminava a grandi passi provenendo dall'altra estremità.
«Una volta trovato tutto il necessario, riposate. Domani mattina ci attende una lunga attraversata» consigliò, sorpassandoli spedito nella direzione opposta da dov'era arrivato.
«E tu cosa farai invece?» chiese Joseph.
«Seguitemi, vi mostrerò dove sono le cucine, poi andrò nell'arsenale per sapere se hanno lasciato le munizioni o no».
Nessuno fiatò mentre procedevano verso l'aria in cui ricordava si trovassero le cucine dei domestici. Come assodato, ogni stanza risultò inabitata anche se il mobilio era rimasto invariato.
Apparentemente sembrava che tutto fosse stato lasciato con calma, non c'erano valigie sparse, vestiti buttati a caso o tracce di agitazione.
Tutto in quella dimora sembrava aspettare ancora il ritorno di tutti.
Messo piede in quel che ricordava la sala da pranzo, si separarono. Ognuno iniziò ad aprire cassetti, dispense, frigo e ad iniziare a riempire quanto più potevano gli zaini.
Icaro aveva avuto ragione, trovarono cibo molto della quale era ancora commestibile.
Scatolame, carne essiccata e acqua venne subito tirata via e messa sui tavoli e in gran parte degli zaini più vuoti.
Uno gridolino le fece subito accapponare la pelle ma appena vide che era giunto solo da un
Joseph particolarmente entusiasta si calmò. L'amico si gettò subito verso un fusto di birra su una delle credenze che aveva adocchiato. Girò la piccola manovella e portò la bocca sotto al liquido ambrato che sgorgò giù spargendo schiuma sulla sua maglia e a terra.
«Nettare degli dei» venerò con la bocca piena e occhi traboccanti di felicità.
Vederlo finalmente in quel modo e riconoscere che prima o poi avrebbe dimenticato anche lui la morte di Finn, la risollevò.
Wave sorrise ed afferrò un pezzo di salame secco sul tavolo, ne addentò un pezzo e si limitò a seguire Icaro che avanzava verso l'arsenale ma non prima di urlare «Vedi di non finirla tutta!» l'accento americano stridette quando Joseph gli mostrò da lontano il dito medio.
Lei li raggiunse, osservando i movimenti meccanici con cui Icaro afferrava il mazzo di chiavi appeso al muro, i suoi gesti sembravano cosi abituali che probabilmente in passato l'aveva fatto un'infinità di volte.
In effetti Yuri conosceva a memoria ogni angolo di quella casa, era evidente.
Varcò anche lei il corridoio senza finestre ed infine aprì lentamente la stessa porta che lei aveva aperto mesi prima, quando aveva trovato le mine e aveva deciso di utilizzarle proprio contro di lui.
Gli scaffali scintillanti sotto al neon erano ancora lì e la scatola di mine che una volta aveva trovato a terra anche.
La notte dell'incendio, i gendarmi e i bombardamenti non avevano scalfito quel posto. Tutto era rimasto assolutamente identico.
I quattro appena entrati sgranarono stupiti gli occhi su ogni singola arma che risplendeva sotto alla luce accecante.
Fu un momento che si incise già nella memoria di ognuno perché quello era stato il loro primo passo verso una possibile vittoria.
L'arsenale era pieno e sentì che più niente l'avrebbe potuta contrastare.
Il primo ad esultare fu Ronald che saltò euforico esclamando e trascinando un «Siii!» Wave saltò con lui e batté un sonoro cinque contro il palmo di Saleem.
Lei invece rimase in tralice finché non sentì lo sguardo del suo superiore addosso. Anche se non si fidava ancora di suo cugino, quella era una prova schiacciante e inconfutabile della sua lealtà, l'avrebbe dovuto ammettere.
«Ed ora che si fa?» chiese il rossiccio, ancora elettrizzato dalla scoperta e un sorriso sornione in viso.
«Si festeggia per una buona volta!» abbaiò Wave inghiottendo tutto il salame prima di correre verso la porta.
«Ma soprattutto si beve!» tuonò con la voce già verso la cucina.
«Ehi non vi azzardate a festeggiate senza di me!» si aggregò subito Ronald, fiondandosi al di fuori della stanza ma non prima di aver trascinato Skye per una manica.
«Devo tenerti d'occhio no?!» brontolò tirandola con sé ridendo.
Nella cucina Wave e Joseph stavano già bevendo e mangiando qualsiasi cosa gli capitasse sotto tiro.
Purtroppo per lei, seduto su una sedia con le gambe accavallate su un tavolo c'era anche Maicol a rovinare la festa.
Gli occhi glaciali erano annoiati mentre osservava i due soldati festeggiare con dei litri di birra.
Tra le dita aveva una sigaretta che probabilmente aveva trovato in giro da qualche parte.
«Quanta baldoria per cosi poco» sussurrò rilasciando una nuvola di fumo. Appena lei e Ronald entrarono nel suo campo visivo, deviò lo sguardo dai soldati e sorrise velenoso.
Un cumulo di cenere cadde sui suoi vestiti, non ci badò.
Sul tavolo c'era un bicchiere riempito da un liquido ambrato ed accanto una bottiglia di whisky appena aperta.
«Hai iniziato a scoparti anche il rossiccio ora?» Skye non riuscì neanche a replicare che Ronald partì all'attacco, non sapeva quand'era stato che aveva già lasciato il lembo della sua manica e invece stava stringendo il colletto sgualcito di Maicol.
«Prova di nuovo a...» lo minacciò quando l'uomo lo interruppe schiacciando la punta della sigaretta sul dorso della mano del soldato. Infine tolse seccato le gambe dal tavolo, facendo ondeggiare pericolosamente il bicchiere sul legno.
«Maledetto!» strepitò Ronald rilasciò la presa dal colletto e agitando la mano nel vano tentativo di raffreddarla e scrollarsi di dosso la sensazione di ustione.
«Mi hai davvero spento una cazzo di sigaretta sulla mano?!» sbraitò, stava per ripartire alla carica quando Joseph e Wave si immischiarono, trattenendolo ed evitando una rissa.
«Andiamo amico, questo qui da morto non credo ci servirà a molto» Joseph strascicava le parole l'una dietro l'altra a causa dell'alcool.
«Già, dobbiamo festeggiare, ricordi? Non dar peso alle sue parole. Non ne vale nemmeno la pena» consigliò caldamente l'americano.
«Sono davvero stanco» proruppe Maicol, aveva un'aria sfinita, come se avesse rivisto e rivisto quella scena fin troppe volte. La raggelò con uno sguardo e tutti gli altri sembrarono svanire completamente.
Ricambiò quel suo sguardo terrorizzante finché il mondo circostante non divenne sfocato e nel suo punto focale vedeva solo lui, questo almeno finché non sentì il rumore dei passi di Saleem raggiungerli, era incredibile come riuscisse ancora a riconoscerli dopo tutto quel tempo.
«Stanco di voi e di tutti i vostri stupidi teatrini» cacciò dalla tasca dei pantaloni un pacchetto di sigarette striminzito e rovinato su tutti gli angoli, ne estrasse una rotta che gettò a terra e cercò incurante una indenne, quando la trovò portò subito il filtro in mezzo alle labbra, come se sentisse un bisogno impellente di nicotina. Riprese poi indisturbato il suo sproloquio.
«In queste settimane vi ho studiato attentamente, del resto non avevo molto altro da fare. Ho dunque notato che avete una propensione per creare solo inutili drammi» estrasse dal pacchetto spiegazzato anche un piccolo fiammifero che strisciò contro ad una parete ruvida finché non si accese una piccola scintilla che si trasformò in fiaccola.
«Continuate ad incanalare il vostro rancore su di me» accese la punta della sigaretta scrollando le spalle come se stesse scacciando via da esse un insetto appiccicoso.
«Sia chiaro non me ne fotte un cazzo di ciò che pensate o che desiderate» quando espirò sonoramente tra i denti, socchiuse le palpebre dal piacere.
«Ma ormai mi annoiate a morte giorno dopo giorno, siete cosi ridicoli» l'aria venne intrisa da un odore acre che sapeva di fumo pesante.
«È ridicolo come riversate tutti i vostri problemi verso di me piuttosto che affrontarli. O forse sarebbe meglio dire, affrontarvi» buttò il fiammifero a terra e lo schiacciò con la punta di una scarpa tirata a lucido nonostante i due giorni di viaggio. «Quindi ho deciso che per una volta sarò gentile e vi aiuterò» allargò la bocca finché le sue guance non scomparvero in un ghigno maligno.
«Ma chi ti ha detto di iniziare a parlare a vanvera?» borbottò Wave che venne di nuovo ignorato. Skye comprese spiacevolmente una cosa: nessuno voleva che Maicol continuasse a parlare eppure tutti desideravano sapere cosa aveva da dire.
«Suvvia siamo adulti ormai. È ora di dire le cose cosi come stanno» occhi artici si spostarono dal fiammifero spezzato solo per fissarsi sulla figura che stava rientrando nelle cucine, Yuri.
«Iniziamo da te. Ti credevo molto più intelligente ed invece continui a sprecarti dietro ad una come lei» parlò a Saleem che in risposta si limitò ad osservare taciturno la scena.
«Credo che faresti bene a concentrarti su cose più importanti, come questa guerra, piuttosto che scervellarti dietro ad una che è in grado solo di scoparsi tuo cugino».
Skye rimase granitica, non osò fiatare né guardare nella direzione di Saleem per accettarsi che l'avesse sentito proprio come aveva fatto lei, e probabilmente tutti.
Era bloccata come se avesse appena ricevuto una secchiata d'acqua ghiacciata direttamente addosso. Aveva davvero detto quelle parole?
«E tu...» Maicol saettò l'indice appuntito su di lei che si sentì improvvisamente messa a nudo e davanti ad una corte marziale che la stava per condannare a morte davanti a tutta la giuria.
«Smetterai di permettere sempre agli altri di sceglierti o finalmente sarai tu ad avere le palle di scegliere per una buona volta?!» gli sfuggì un risolino di scherno, come se fosse lui stesso incredulo di averle appena rilasciato un consiglio spassionato. Passò poi a chi c'era vicino a lei, ovvero i due soldati rimasti fermi, intenti a reggere ancora per le spalle Ronald.
«E voi due, per l'amor del cielo! Siete abbastanza adulti da decidere chi frequentare e chi no! non è mica la fine del mondo se gradite la compagnia di Yuri! Lama e Saleem non sono i vostri genitori, se ne faranno una ragione prima o poi» la risata di Maicol si trasformò in puro divertimento. Stava godendo a smascherare ognuno di loro, tutto in lui fremeva dall'impazienza di rilevare ogni loro segreto.
Soffiò altro fumo denso dalle labbra e, quando riportò l'attenzione su Skye, seppe che stava per colpirla, ancora.
«Non capisco perché tutti tengono particolarmente a te, cosa ci vedono?» mormorò sommerso, il timbro di disprezzo che recideva le sue corde vocali era ben evidente. Quello era il suo più grande cruccio.
«Cal» sputò fuori quel nome come se lo stesse pronunciando per la prima volta.
Ogni nervo teso di Skye si aggrovigliò. «Cal?» ripeté completamente attonita. Perché aveva appena declamato il suo nome?
«È stato lui a tenerti d'occhio per me durante la tua misera permanenza a Dover» rivelò.
«Menti» obiettò d'istinto, ma lui continuò imperterrito la sua disfatta.
«È stato sempre lui a dirmi come e quando ti muovevi. A confidarmi quando saresti ritornata qui. Ho liberato le frontiere per te e ho fatto in modo che scappassi via da Nuova Capitale affinché i soldati di Gerald non ti catturassero. Ci pensi?!» chiese retorico, un lampo di divertimento gli attraversò il viso. «Ti ha seguita fin qui nonostante è stato proprio lui a supplicarmi di non permetterti di ritornare! È stato più bravo di quanto credessi a collaborare» si complimentò soddisfatto. Ebbe l'intuito di reggersi lo stomaco, come se avesse potuto reprimere il conato di vomito che la investì. Riuscì per sua fortuna a non rovesciare tutto il ridicolo contenuto del suo stomaco a terra, deglutì il boccone amaro e rabbrividì.
«Non ti credo» ribatté. Il Cal che conosceva, quello che era cresciuto insieme a lei, non avrebbe mai fatto una cosa del genere. A lui non erano mai piaciuti i doppi giochi, le meschinità, le doppie facce.
Gli squali, le derisioni, e i volti maligni si addentravano nella corte del Palazzo, non anche al di fuori.
Sicura? si beffò la sua stessa mente. Rinfacciandole lampi fugaci dei suoi genitori. Di suo padre sul divano nel salotto che non combatteva per lei e la lasciava andare. Di sua madre in ospedale che la guardava con mille domande che non aveva mai avuto il coraggio di chiederle. Di Karim alla base che si fingeva suo amico e infine l'aveva pugnalata alle spalle. Aveva mentito a se stessa, credendo di essere fuggita da Dover per l'indifferenza dei suoi. Per un'isola che le era sempre stata troppo stretta. Non perché la sua vita fosse piena di traditori.
«Suvvia non fare così! Se non avesse accettato l'accordo che gli proponevo aveva solo un'altra alternativa, morire! e non puoi mica biasimarlo» Maicol non la stava consolando, tutt'altro. L'espressione sul suo viso era compiaciuta, aveva la vittoria in pugno e la stava ferendo. Ciò a cui aveva sempre ambito da quando l'aveva conosciuta.
Skye d'altro canto, non voleva ancora credergli, anche se quelle parole le stavano già vorticando in testa come un tornado.
«Allora secondo te perché credi abbia tentato di uccidermi la prima volta che mi ha visto? Fino a quel momento non avevamo mai parlato di persona, faccia a faccia. Non potendo andarmene da qui, ho mandato da lui dei miei soldati per persuaderlo, e ti dirò, non c'è voluto poi molto» la nausea le risalì a galla, dandole un forte senso di spossatezza.
Pur non volendo, le ritornò in mente il giorno in cui aveva lottato con Maicol nel camper, quando Cal le aveva detto:
"La verità a volte può far male"
Quindi di nuovo non aveva visto ciò che invece aveva avuto da sempre spiaccicato sotto agli occhi? tutte realtà scomode che voleva evitare.
«All'inizio è stato tutto cosi esilarante» scosse il capo non rinunciando mai al suo sorriso frizzante, godeva nel vederla cosi.
«Ora invece...siete solo patetici» concluse infine, il sorriso si spense come un palloncino sgonfio e sbruffò irritato, come se qualcuno avesse appena spento il film nel bel mezzo del gran finale.
«Parli proprio tu che dovresti farti un'esame di coscienza?! Dimmi un po' Yuri lo sa che lo ami?!» gridò Ronald, ribollendo dalla rabbia sembrava un cane pronto a sbranare il suo osso. Era certa che se Maicol avesse detto anche solo un'altra parola, sarebbe saltato all'attacco e niente più, neanche Wave e Joseph, sarebbero stati in grado di fermarlo.
Nonostante fosse scombussolata, fu sorpresa di arrivare alla conclusione che anche lui avesse capito cosa provasse Maicol per Yuri.
A quelle parole, i sue soldati che reggevano il rossiccio lasciarono la presa dallo stupore, un errore madornale perché, finalmente libero, Ronald si precipitò verso Maicol.
«Diversamente da voi, io non mi nascondo dietro ai miei problemi» fece l'ultimo tiro di sigaretta come se potesse essere essenziale, poi gettò anche quell'ultimo mozzicone a terra.
Ronald, che nel frattempo l'aveva quasi raggiunto, quando lo sentì ammettere «Ovvio che lo sa, non aspettavo di certo che uno come te sbucasse fuori dal nulla per rivelarglielo» si arrestò di colpo e si voltò verso il Re, lo stesso fece istintivamente anche lei.
Un problema. Così l'aveva definito Maicol.
L'amore che provava dunque per Icaro lo riteneva tale? un problema?
«Sia chiaro, non è che io non ci dormi la notte eh» brontolò il fratellastro, provando a minimizzare il tutto, afferrò il bicchiere ambrato che aveva abbandonato sul tavolo e se lo portò davanti alle labbra.
«Credo che infondo sono incapace d'amare. O almeno non ci perdo la salute come invece fate voi» bisbigliò, rivolto più al whisky che a loro, poi lo tracannò giù d'un sorso, quando riappoggiò il bicchiere contro il legno, arricciò il naso.
«Ogni debolezza va distrutta. Ascoltate questo consiglio e non sarete mai più tristi» più nulla, nel suo viso, dimostrava divertimento.
«Hai sputtanato chiunque, e su di me invece non hai nulla da dire?» lo sfidò Yuri.
«Ora, continuate pure a festeggiare» borbottò suo fratello, evitando di affrontarlo.
«Io vado a farmi una bella dormita» si sgranchì le braccia e fece qualche passo per allontanarsi dalla cucina.
Con sua sorpresa Ronald lo lasciò andare, e per la prima volta, sembrò osservarlo con uno sguardo nuovo.
«Festa rovinata» commentò tristemente Joseph quando se ne fu andato. Aveva gli occhi puntati al bicchiere vuoto lasciato sul tavolo.
«Nah, non lo direi affatto. Non dobbiamo permetterglielo» bofonchiò Ronald prima di afferrare un boccale riposto su uno scaffale e riempirlo di birra. Lo passò all'omone spingendoglielo direttamente contro il petto.
«Bevi» intimò e Joseph non perse tempo per accettare volentieri quell'offerta.
Poco dopo anche Wave ne ottenne uno.
Infine ne riempì un altro, e si fermò proprio davanti a Saleem.
Porse il boccale pieno anche verso di lui, era come se gli stesse proponendo una sorta di tregua.
Pensò che stesse per rifiutarlo, invece strinse le dita sul boccale senza proferire alcuna parola e si inumidì le labbra con la bevanda.
E quello era stato senza dubbio il gesto più amichevole che gli avesse mai visto fare verso qualcuno che apparteneva alla corte di Icaro.
Appena Ronald si allontanò per riempirsi finalmente il suo bicchiere, Saleem tracannò la birra in un sorso poi si avvicinò lento al fusto per riempirsene un altro.
Sapeva che le parole di Maicol riecheggiavano ancora nella sua testa nello stesso modo in cui stavano facendo con lei ed era consapevole anche del fatto che l'aveva ferito involontariamente ancora una volta. Eppure non riuscì ad evitare di sentirsi triste quando la ignorò, stando attendo a non sfiorarla neanche con lo sguardo.
Nonostante non era la cosa più opportuna da fare, cercò Yuri con lo sguardo e non lo trovò più sulla soglia. Non ricordava neanche di averlo visto andar via.
Ritornando a fissare i suoi amici, comprese che ognuno di loro quella sera voleva due cose: affrontare i propri problemi o invece ottenere una tregua da essi.
Si avvicinò allo scaffale e indugiò sui boccali. Stava per riempirsene uno quando rimuginò su ciò che avrebbe realmente voluto fare.
Smetterai di permettere sempre agli altri di sceglierti o finalmente sarai tu ad avere le palle di scegliere per una buona volta?
Riempì pensierosa il bicchiere, si appoggiò contro il davanzale di una finestra e restò qualche minuto a riflettere con il cuore che esigeva di essere ascoltati. Si avvicinò all'uscita e prima di andar via, lasciò il boccale a Joseph, che intanto se la rideva di gusto con Ronald.
Quando vide cosa le stava porgendo, l'amico afferrò il vetro e la squadrò per un momento, infine le sorrise a trentadue denti. Un sorriso che non gli vedeva fare da un bel po' di tempo, soprattutto rivolto a lei.
«Era ora» asserì prima di afferrare la birra e fare un lungo sorso.
Se ne andò, capendo perfettamente a cosa si riferiva.
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