24. Carezze Sulle Cicatrici

«Mettetelo qui» consigliò Joseph, scacciando con un piede la sedia affinché lei, Ronald e Koraline avessero spazio per riuscire ad adagiare sopra il corpo pesante di Yuri.
«Sto bene» brontolò quest'ultimo anche se a malapena sembrava avere le forze per reggersi ulteriormente in piedi.
Ottuso com'era, avrebbe sicuramente cercato di minimizzare i suoi danni anche se Saleem c'era andato giù pesante con lui, Skye evitò di porsi la domanda fatidica, si sarebbe mai fermato se non fosse intervenuta a separarli?
Appena Yuri venne adagiato sulla sedia la tenda infondo venne spostata di lato con un forte strattone, gli occhi di tutti i presenti si fissarono sulla persona che si stava cimentando ad entrare.
Prevenuta, era pronta a sparare parolacce a raffica contro di Saleem ma si fermò appena notò che non fosse lui bensì Lama.
«Scusate io...»la donna esitò un istante prima di avvicinarsi a loro.
«Sono venuta per costatare le sue ferite» concluse e anche se lo disse con un tono burbero, non riuscì comunque a camuffare la bontà di quel gesto.
La bocca di Skye fece una piccola O dallo stupore e lo stesso fece anche Joseph al suo fianco.
«Chi è?» fiottò il Re alzando la testa con circospezione. Qualsiasi soldato non appartenesse direttamente alla tenuta o al suo regno, Icaro lo riteneva una minaccia, anche se mai quanto Saleem avesse appena dimostrato a tutti.
Si rattristò di fronte alla consapevolezza che ciò che aveva appena fatto il suo superiore era imperdonabile.
«Tranquillo, in passato è stata un'infermiera» la giustificò Joseph non trattenendo però un sorriso goffo di fronte a quel termine. Limitarsi a dire che Lama era un'infermiera era riduttivo. Soprattutto perché fra tutte le sue doti, quella che spiccava di più era sicuramente la sua propensione alla guerra. Era una guerriera a tutti gli effetti, sguardi taglienti, lingua irsuta e mitragliatrici incluso.
Forte come pochi, la sua amica si classificava fra i migliori.
La donna comunque non aspettò di ricevere il consenso di Yuri per iniziare a valutarne le ferite.
Ipnotizzati, tutti osservavano attentamente i movimenti minuziosi della donna, anche se era certa che alcuni lo facevano perché erano convinti che da un momento all'altro potesse estrarre un coltello dalla tasca e finire tutto ciò che Saleem aveva iniziato.
Effettivamente a guardali bene, quei due sembravano nemici naturali come gatto e topo.
«I riflessi ci sono» affermò ad un certo punto Lama, prima di passare a cercare qualche muscolo in cerca di lesioni.
«Niente di rotto» aggiunse prima di chinarsi nel tentativo di appoggiare un'orecchio sul suo petto, Yuri si ritirò d'istinto fino ad urtare contro lo schienale della sedia che traballò.
«Non cosi vicina» sibilò a denti stretti. La donna rinunciò ad auscultare il suo cuore e distese la colonna vertebrale. Con tono annoiato borbottò un «Si riprenderà. Queste però» ignorandolo indicava da lontano tutte le cicatrici che si intravedevano sul suo corpo.
«Devono essere assolutamente disinfettate» chiarì, lanciando un'occhiata di sbieco dietro di sé, dove trovò sull'attenti sia Ronald e Koraline.
«Mi dispiace di non averlo fermato prima» si scusò Joseph, Yuri gli fece un cenno di mano come se potesse annullare seduta stante quelle parole.
«Ripeto. Sto bene» rifece anche se nessuno sembrò crederci particolarmente.
«Quel verme ci è andato giù pesante» Koraline arricciò il naso e solo quando vide l'occhiata truce che le lanciò Lama, capì che forse era stata alquanto inopportuna.
Immaginò sarebbe scoppiata un'altra lite, invece la sua compagna di squadra serrò le labbra e si rivoltò verso il Re accasciato sulla sedia.
Per quel giorno le opere caritatevoli di Lama erano sicuramente terminate, la sua pazienza stava terminando e lo si poteva capire anche a quella distanza.
«Una volta che hai disinfettato quelle cicatrici starai bene. Ora devo andare» senza attendere nessun permesso si precipitò verso l'uscita senza più un occhio di riguardo.

La stessa donna che li aveva accolti al Villaggio imbracciando un fucile e che aveva provato a strangolarla quando aveva annunciato a tutti la morte di Finn, era stata lì per aiutarli.
Quel piccolo gesto le fece nascere la piccola speranza che forse ce l'avrebbero fatta anche se erano una squadra che partiva svantaggiata a prescindere per via della poca fiducia che c'era tra di loro.  Sapeva sarebbe stato difficile unire due fronti, ma ce la dovevano fare se volevano avere una speranza contro Gerald.

«Come stai?»
«Te l'avevo detto che era una pessima idea!»
«Che stronzo quello lì»

Appena Lama aveva messo piede fuori dal tendone, si accavallarono un insieme di domande. Ronald, Ginevra, Joseph e Koraline gironzolavano intorno a Yuri come docili cagnolini scodinzolanti in cerca d'affetto. Probabilmente stavano osservando anche loro se ci fossero danni evidenti o addirittura permanenti.

«Sto bene» ripeteva canzonatorio prima di afferrare un lembo di maglia per asciugarsi la faccia macchiata di sangue rappreso.
Il tessuto si sollevò abbastanza da permettere a Skye di avere una panoramica sui suoi addominali...e anche su tutti i segni indelebili lasciati dalle frustate.
«Non si direbbe» commentò Koraline anticipando i suoi stessi pensieri. Poi l'amica prese a rovistare nei cassetti in cerca di qualche medicinale o qualsiasi cosa potesse essergli d'aiuto.
Mentre Yuri si accinse a borbottare qualche risposta alla serie di domande che continuavano a porgergli, Skye non poté far altro che chiedersi perché quei due si erano ritrovati ad azzuffarsi in un momento tanto critico come quello.
Aveva chiesto a Saleem di fidarsi di suo cugino, non di provare ad ucciderlo.
Insomma aveva da poco finito il suo allenamento con Saleem che Ginevra era corsa a chiamarla urgentemente. Il pallore che la dama aveva in viso era stato sufficiente affinché lei e Wave ritornassero di corsa indietro.
L'allenamento più la corsa che aveva fatto per separarli, non aveva per niente giovato al suo corpo. E neanche in quel momento si sentì al pieno delle forze, per questo si lasciò cadere su una delle sedie e attese che fra tutte quelle domande sorgesse quella giusta:

Perché?

Perché in un momento simile, con i veri nemici alle porte, quei due si attaccavano l'un l'altro invece di accingersi finalmente a collaborare?!

Sospirò frustata e osservò assente Joseph che raggiungeva Lama fuori dal tendone. Anche lei avrebbe dovuto seguirla per ringraziarla, inoltre sarebbe dovuta andare da Saleem per vedere se anche lui fosse rimasto ferito.
Ma aveva bisogno di sbollire ancora la sua rabbia, il solo pensiero di poterlo già rivedere, gli faceva salire a galla una voglia irrefrenabile di urlargli contro le peggiori parole presenti nel suo repertorio.
Cosa che ultimamente sembravano fare fin troppo spesso.
Quindi rimase immobile ed in silenzio, si distrasse ascoltando la paternale che Koraline stava rifilando a Yuri su quanto fosse stato imprudente e sciocco battersi. Poi sfociò su quanto gli uomini erano ridicoli.
Energumeni pieni di virilità ed istinti primordiali.
Cosi li aveva definiti, provocando una risata generale che infine riuscì ad ammorbidire un poco perfino lei.

«Ho bisogno solo di riposo» sentenziò il Re socchiudendo le palpebre. Koraline appoggiò indispettita sul carrello la boccetta di betadine scaduta che aveva trovato e brontolò ancora una serie di insulti poco ortodossi.
Pierre, che era seduto accanto Ronald, di tanto in tanto guardava la scena nascondendo dei sorrisetti complici con Ginevra ogni qualvolta sentissero la piccola dama imprecare. Il modo barbaro con cui lo faceva, come se fosse sempre stata uno scaricatore di porto in piena regola, le ricordò Tariq, Greg e Zaid. Forse Koraline aveva passato fin troppo tempo in loro compagnia.
A calmare le acque fu Ronald che si alzò sfregandosi i palmi sui pantaloni della vecchia divisa.
«Beh direi che se vuole riposare...» si alzò anche Pierre che si grattò la testa rasata con un risolino.
«Lasciamolo riposare» concluse, lanciando un'altra occhiata loquace a Skye.
«Lasciamolo un po' in pace» espirò Ronald, afferrando per il colletto della tuta Koraline mentre usciva, allungò poi l'altra mano per prendere il braccio di Ginevra e lanciò un'ultima occhiata dietro alle sue spalle, proprio nella sua direzione.
Le fece un rapido occhiolino e in un batter d'occhio, Skye si ritrovò da sola con Yuri. Sospettando fosse proprio il risultato a cui Ronald aveva aspirato.

Indecisa se andarsene o meno, rimase silenziosa a fissare le palpebre chiuse dell'uomo che aveva di fronte. Sebbene il viso sembrasse rilassato e quasi angelico, nonostante lo scontro avvenuto solo poco fa, sapeva che non stava realmente dormendo. O almeno lo immaginava, era impossibile farlo a causa delle continue proteste furibonde che la sua dama stava urlando anche a quella distanza.
Metodica avrebbe dovuto fare il punto della situazione e realizzare ancora cos'era successo.

«Sei ancora qui» constatò Yuri a fil di voce, nonostante avesse appena parlato aveva ancora i suoi meravigliosi occhi chiusi, come se riuscisse perfettamente a vederla anche in quel modo.
La verità era che Skye non era pronta a lasciarlo andare, non quando aveva rischiato di perderlo solo poche ore prima.
Si alzò a fatica e prima che potesse avere anche il minimo ripensamento, afferrò il piccolo flacone abbandonato sul carrello.
A quel rumore lui aprì di scatto gli occhi.
«Che fai?» parlò velocemente, osservandola mentre estraeva dalla tasca il tovagliolo di sua nonna e lo immergeva nel liquido.
«Sta fermo» si sorprese di sentire che la sua voce non fosse rotta come invece credeva.
Mentre l'odore acre e pungente del disinfettante le investì le narici, si avvicinò a lui e senza molti preavvisi tamponò il tessuto di cotone lungo una tempia.
A quel contatto inspiegabilmente non arretrò come invece sicuramente avrebbe fatto chiunque altro. Perfino con Lama aveva avuto l'istinto naturale di indietreggiare. Non sapeva che posto occupasse ancora nel suo cuore, ma vedere che non le sfuggiva o arretrava, le fece acquistare un po' di sicurezza in più.
I muscoli di Icaro non ebbero nessuno spasmo mentre strofinava il liquido alcolico sulle ferite, era come se fosse sempre stato abituato a tutto quel dolore. Non si era mai mostrato vulnerabile, eccetto quando entrambi erano stati in momenti intimi.

Un Re. Figlio di un tiranno.
In realtà quante volte Gor aveva torturato i suoi stessi figli?
Immaginò tante essendo che li aveva spinti ad odiarlo in un modo cosi profondo da spingere il suo successore ad assassinarlo.

Sotto ai suoi tocchi gentili, Yuri si limitò a riabbassare le palpebre, consentendole così di continuare.
Quando capì che le avrebbe permesso di proseguire anche oltre, il suo cuore vacillò pericolosamente.
Dovette evitare più volte di finire a pensare a quanto gli fosse vicina. Sentì come se dopo tanto tempo, i muri che aveva eretto fossero meno indistruttibili. Forse per lei c'era ancora uno spiraglio.
Anche solo respirare in sua prossimità, la mise in uno stato di agitazione che sperò di non far trapelare all'esterno. Mosse le dita insieme al tovagliolo sui piccoli graffi della mascella, poi scese al collo, e i suoi occhi si incollarono nel movimento continuo del pomo d'Adamo che risaliva su e giù nella laringe.
Lentamente, proseguì scivolando sulla cicatrice che intravedeva dal colletto della maglia, e quando sfiorò l'arteria principale sotto alla carotide, percepì i battiti del suo cuore pulsare sotto ai suoi polpastrelli e si sorprese della velocità con cui battevano.
Sebbene si mostrasse austero e granitico come un blocco di ghiaccio, il cuore di Yuri si dimenava prepotente. Proprio come il suo.
Dal principio indugiò sull'arteria e lasciò che confondesse i battiti del suo cuore con i propri, un miscuglio che creò una nuova melodia fatta di sogni e speranze.
Yuri schiuse a metà le palpebre, permettendole di vedere uno sprazzo di verde al di sotto delle mezze lune che si erano formate.
«Che fai?» ripeté con un tono completamente diverso da prima. Il suo sussurro era stato a malapena percepibile, se non gli fosse stata così vicina perfino lei non sarebbe stata in grado di sentirlo.
Prese aria, arretrò mentre intingeva meccanicamente il cotone ancora nel liquido della boccetta. Fu un'azione incredibilmente difficile essendo che era ben consapevole degli occhi incandescenti che studiavano avidamente ogni suo movimento.

Ti curo.
Avrebbe voluto rispondere, ma sarebbe stato sbagliato. E se erano vere le parole che Saleem gli aveva urlato contro ed Icaro realmente rovinava tutto ciò che circondava, allora era altrettanto vero che lei era solo un'inetta incapace di rivelare i propri sentimenti.
Forse lei ed Icaro non erano poi tanto diversi.
Yuri rovinava tutto ciò che incontrava?!
Skye aveva addirittura la prova vivente di fronte a sé che era cosi.
Quelle cicatrici, quelle ferite...erano state inferte per colpa sua e il minimo che potesse fare era perlomeno tentare di aiutarlo.

Passò cauta il tovagliolo sulla pelle frastagliata ed esposta, poi mormorò, con voce fin troppo rauca. «Alzati la maglia» solo quando finì di dire quella frase, arrossì in imbarazzo.
«Per disinfettare le altre cicatrici» chiarì troppo tardi, era già totalmente paonazza. Fu allora, che tra graffi e lividi, intravide un vago accenno di fossetta spuntate da un lato della sua guancia.
«Bastava solo chiedermelo» scherzò e con uno slancio di cui non lo riteneva capace a causa delle sue condizioni, se la sfilò lasciandola cadere ai suoi piedi.

Se prima era difficile stargli vicina, in quel momento le risultò impossibile.
I suoi polmoni si svuotarono completamente di ogni residuo d'aria, se per via del suo corpo mezzo nudo o delle cicatrici non arrivò a chiederselo perché dovette deglutire con forza ed iniziare a disinfettargliele tutte per evitare di fare la figura di un ebete.
Non aveva dimenticato le notti passate con lui, il modo in cui facevano l'amore anzi, si era ritrovata ad agognarle più volte.
Misericordia, non avrebbe mai dovuto permettere che i suoi pensieri andassero in quella direzione! Soprattutto non in quel momento.

Disinfettò cauta le ferite sulle spalle e Yuri gettò la testa all'indietro affinché potesse appoggiarla contro il suo ventre.
Lo lasciò riposare mentre continuò a tamponare ogni vecchia frustata.
Ad un certo punto smise di contare le cicatrici, ne erano troppe e su ognuna lasciava un pezzo di cuore.
Le lacrime che nel frattempo si erano accumulate negli angoli degli occhi, le annebbiarono completamente la vista.
Non aveva mai avuto l'intenzione di rovinare Icaro, figuriamoci ferirlo.
Eppure da quando l'aveva incontrato non aveva fatto altro che quello.
Strofinò il betadine e si voltò più volte per evitare che le lacrime scivolassero su di lui.
Era sopravvissuta al deserto, alla corte, a Maicol, a due battaglie, al suo ritorno a Dover, all'elicottero e perfino alla Fortezza.
Ciononostante non era certa di poter sopravvivere anche a quello.
Afferrò un labbro tremante tra i denti e decise di non darsi per vinta e continuare ad ingoiare ogni groppo.
Doveva resistere affinché riuscisse perlomeno a disinfettargliele tutte.
Doveva farsene una ragione, quelle cicatrici non poteva trasferirle sul suo corpo e non poteva appropriarsene come invece avrebbe voluto.
Ormai appartenevano esclusivamente a lui, c'erano e ci sarebbero state, erano sue e il solo pensiero che involontariamente gliele aveva procurate lei, la feriva come un colpo di proiettile.
Sussultò spaventata quando la mano di Icaro agguantò repentinamente la sua, la strinse in un modo sia dolce che forte.
Stava per chiedergli se avesse strofinato troppo e l'aveva fatto male quando lui l'anticipò.
«Non piangere» Skye rilasciò andare il labbro e tirò su con il naso.
«Non piangere mai per me» aggiunse con un filo di voce che fu in grado di spezzarla in due.
Si aggrappò a quella mano come se ne valesse della sua stessa vita e fece l'esatto opposto di quello che gli aveva appena chiesto di fare.

Pianse.
Singhiozzò.

Lasciò che lui l'avvolgesse tra le sue braccia e crollò contro il suo petto trattenendo un'infinità di grida interiori che la laceravano.
Si sfogò di tutto quello che aveva accumulato come Finn, aver perso la battaglia, i suoi genitori, il regno, e perfino lui.
Sapeva quanto ridicolo era tutto quello, insomma stava piangendo lei quando quello ad essere stato torturato a morte era l'uomo che la stava consolando.
Nonostante quella consapevolezza però, ugualmente non riuscì a placare il suo pianto a dirotto. Ciò avvenne soltanto poche ore dopo, quando ormai si ritrovava in una pozza di lacrime e muco ed i suoi occhi erano iniettati di un rosso che non vedeva dai tempi di Dover.
Le dita di Yuri accarezzavano i suoi capelli sottili cullandola, si concentrò su quei movimenti lenti per uscire dal baratro in cui era improvvisamente piombata.
Entrambi seduti su quella sedia fin troppo piccola che a scarso reggeva i loro pesi, pensò che creavano una strana coppia.
Una falsa Regina ed un Re senza regno.
Probabilmente potevano risultare patetici di fronte a Gerald e i suoi fantocci, come al resto del mondo.
Eppure se fingeva di ritornare fra le mura della camera del Palazzo che condivideva con Icaro, si sentì bene.
Sapeva che bastava restare con lui affinché si sentisse meglio e quella era la prova schiacciante di ciò che nutriva nei suoi confronti.

Seppur stremata, si rifece forza. Riluttante si scostò dalle sue braccia e dal suo grembo e si rialzò.
«Dove vai?» si allarmò, come se ci potesse essere la benché minima possibilità che lei si allontanasse di sua spontanea volontà da lui.
Non rispose, non voleva sentire quanto ridicola risultasse la sua voce dopo quel pianto. Gli mostrò di nuovo il tovagliolo e lo cosparse ancora di disinfettante scaduto, sperando facesse effetto. Poi continuò ciò che aveva lasciato in sospeso.

«Skye non devi...» lo ignorò.
Invece si che doveva.
Non avrebbe mai potuto fare ammenda per tutto ciò che gli aveva causato.
Ma da qualche parte doveva pur iniziare.
Era impegnata a medicare le ferite sulla sua schiena quando ad un certo Yuri sospirò e spezzò il silenzio che si era protratto nei minuti successivi.
«Come sta?» si accigliò e in quel momento desiderava ardentemente guardare il suo viso per capire cosa gli stesse frullando per la testa.
«Chi?» chiese.
«Quello è il tovagliolo di mia nonna no? Non ricordo che l'ultima volta che l'abbiamo vista te ne abbia dato uno» Skye osservò il ricamo floreale del cotone ed annuì anche se non poteva vederla.
«Tua nonna è...sempre la stessa» ammise non reprimendo un piccolo sorriso.
George ne era stato spaventato proprio come lei la prima volta che l'aveva vista, perfino Maicol lo era stato e aveva deciso di lasciarla in pace e non addentrarsi più nelle sue terre, figuriamoci nella sua tetra dimora.
Percepì il suo sorriso anche se di spalle dal solo modo in cui parlò. «Bene, mi fa piacere»
«Credo che abbia cercato di dirmi che Maicol non era un nemico. Solo che...non l'ho capita subito» confidò, continuando a picchiettare il tessuto nelle piaghe.
«Beh lei ha il suo modo di dire le cose» su quello non aveva dubbi.
«Già» si trattenne dal precisare che Maicol era ancora un suo nemico. Solo che non era più la priorità.
Ma forse ciò era accaduto per via che l'avevano in pugno. Nonostante avesse avuto dei comportamenti insoliti nei confronti dei suoi amici, non voleva indagare oltre.
Si rifiutava di chiedergli perché non avesse torturato Ronald, Ginevra e gli altri nella Fortezza.
O perché non l'avesse uccisa durante la battaglia del Palazzo ma aveva preferito rispedirla a Dover accettando il rischio che lei potesse ritornare.
«Quel biondino là...» non le mancò di notare come i suoi muscoli si flettevano sinuosamente ad ogni suo singolo movimento.
«Si chiama Cal» lo corresse subito, era ridicolo fingere di non ricordarsene il nome quando lo stava aiutando con i turni di guardia da Maicol.
«È quel tuo amico?» in un primo momento non ricordava di avergli mai parlato di Cal. Ma immaginò l'avesse fatto ai tempi del Palazzo.
«Sì lui è...semplicemente Cal» borbottò, non c'erano parole adeguate per descriverlo.
«E ti ha seguita fin qui? Non trovi sia strano?»
C'era un tempo un cui sognava di ritornare a Dover. In cui aveva apprezzato i quadri che Yuri aveva disseminato sulle pareti delle sue camere nella tenuta e che raffiguravano coste e praterie simili alla sua terra.
L'aveva amata. Ma appena ci aveva fatto ritorno, si era resa conto che Dover in realtà era stata una prigione per lei, ancora prima che scappasse a Parigi.
Invece Yuri aveva sempre amato il suo regno. Dubitava potesse realmente capire le motivazioni che avevano spinto Cal a farlo. Lei stessa a volte non le comprendeva.
«In che senso?» lo vide far spallucce «Non mi sembra il tipo che abbia coraggio da vendere. Eppure è venuto fin qui» rispose, lei non afferrò il suo discorso. Picchiettò sull'ultima cicatrice della schiena e lo fece girare affinché potesse continuare sul lato davanti.
Avere i suoi occhi direttamente puntati addosso era come essere arsa viva.
«Lo sottovaluti» iniziò dalla zona sotto alle clavicole, l'avevano frustato ovunque.
«O sei tu a sopravvalutarlo» la corresse mentre lei si soffermò un secondo di troppo sul suo tatuaggio.
Era convinta che in quel momento, vista dall'esterno, le brillavano gli occhi.
Quel tatuaggio le era mancato particolarmente.
«Hai gli occhi rossi» sottolineò l'apparenza. Sfidava chiunque a piangere per ore e non averne. Per questo ne era fin troppo consapevole, alzò un sopracciglio e si costrinse a deviare lo sguardo da quell'aquila.
«Dimmi qualcosa che non so già» a quello scambio di battute, una fossetta troppo fugace per essere ammirata sbucò fuori poi, con la stessa velocità, scomparve.
«Ti sei riavvicinata a Saleem?» chiese a bruciapelo lasciandola per un attimo interdetta.
«Cosa?» non aveva preso in considerazione che Yuri potesse pensare che lei avesse scelto Saleem.
Era quello allora l'assurdo motivo per cui quei due avevano lottato?
Era quello che aveva pensato Yuri la notte in cui era venuto a trovarla e li aveva visti abbracciati sulla brandina?
Alzò la testa verso di lui per poterlo guardare bene in faccia, con l'intento di rispondergli una volta e per tutte.
«Io» iniziò senza mai concludere perché un rumore assordante fino a perforarle i timpani esplose intorno a loro.
Era come se un tuono avesse appena squarciato il cielo e fosse saettato proprio sopra le loro teste.
«Che diamine sta succedendo?!?» esclamò Yuri quando vide tutto tremare pericolosamente, dalle pareti scivolarono piogge sottili di detriti.

In un battito di ciglia, il mondo divenne un cumulo di frastuoni e polvere.
Skye ricordava quella sensazione, non l'aveva mai dimenticata.
Afferrò per una mano Icaro senza perdere altro tempo e corse via trascinandolo con sé.
«Ti spiegherò tutto appena ci saremo messi al riparo» urlò, sperando riuscisse a sentirla.
Nonostante il buio e i continui boati, provò a muoversi brancolando nell'incertezza.
Ricordando con la mente i passi da compiere.
«Dove stiamo andando?» Yuri alzò la voce sopra al frastuono. Si voltò per guardarlo e anche se non lo vedeva a causa della polvere. «Al riparo»
«Aspetta! Maicol! Dobbiamo andare da lui!» si oppose facendo resistenza ma lei non glielo permise. Non gli avrebbe permesso di rischiare la vita per uno come lui.
«Yuri! Ascoltami! Non c'è tempo! Chiunque stava di guardia sicuramente l'avrà portato con sé! Ma ora ti prego devi venire con me» i secondi che passarono prima che lui indebolisse la presa e la seguisse sembrarono interminabili come le code in aeroporto prima di imbarcarsi per un volo.
Accelerò il passo prima che potesse cambiare idea.
Non lasciò andare la mano di Icaro neanche quando vide che finalmente erano riusciti ad arrivare alle botole che si susseguivano l'un l'altra per diversi metri.
Aprì la prima che le capitò sotto mano ed entrarono velocemente, richiudendosi subito la porta alle spalle.
La polvere che filtrava dalla piccola cornice della porta era drasticamente minore rispetto a quella presente all'esterno.
Riuscì finalmente a vedere i contorni del profilo di Icaro.
«Ora mi spieghi cosa sta succedendo?!» insistette.
Ancora una volta non le diedero il tempo di rispondergli che due sonori tonfi alla porta la distrassero.
L'aprì senza indugio e tra i detriti intravide il volto di George che con un respiro irregolare disse «Seguitemi» si avviò non attendendoli.
«Prometto che ti dirò tutto, pazienta solo qualche istante» rassicurò tossendo a causa della polvere.
Un altro boato sembrò minacciare il crollo dell'intero Villaggio.
La terra sotto ai suoi piedi tremò cosi tanto da darle la sensazione che si stesse spaccando in due come una voragine cosi grande da inghiottire tutti sul posto.
«Da questa parte!» sentì George tra la coltre di fumo.
Seguì la sua voce finché non arrivò di fronte alla botola numero 124.
Il suo cuore si bloccò.
«Qua!» dettò l'amico, poi la porta si aprì un secondo dopo, si ritrovarono tutti chiusi nella botola di Saleem.

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