22. Enigmi

Sì trovava in una cella che riconosceva. Gli stivaletti neri erano scoloriti dallo spesso strato di sabbia. Intorno a lei, c'era una sala immensa e rocciosa, una scala con grate in ferro su un'unica parete e zone piene di penombre soffusi.
Ad un certo punto si rese conto che ciò che stava guardando non era la sua cella ma il luogo della loro ultima battaglia nella Fortezza. E appeso alla parete legato per i polsi c'era proprio Yuri.
Si sollevava sulle punte delle scarpe verso la corda del soffitto troppo alta. In bilico si reggeva pericolante a malapena. Il suo Re stringeva con i denti un pezzo di stoffa che girava intorno alla sua bocca per non permettergli di emettere alcun suono.
Come un'onda anomala, tutto il suo corpo si fletté sotto all'urto che arrivò con uno schiocco sonoro sulla pelle. Il cuoio batté di nuovo contro alla sua schiena, provocando un rumore di membra e frusta che riecheggiò come un fulmine a ciel sereno intorno a lei.
«Guardalo» ordinò qualcuno, anche se lo stava già facendo. Skye non riusciva a distogliere lo sguardo da quella scena e raccapricciante e dalla nuova cicatrice incisa come un flusso di lava scarlatta.
Il suo aguzzino si fermò solo il tempo di fare un altro mezzo giro con il braccio per rialzare il frustino contro Icaro.
All'ennesimo colpo, Skye serrò di scatto le palpebre bagnate. «Guarda cosa gli hai fatto» insistette la voce.
«Perché è solo colpa tua»

Si risvegliò di soprassalto aprendo gli occhi nel buio più totale. Il terrore l'assalì e non fece in tempo a rimettersi seduta che un dolore lancinante alle costole la costrinse a ritornare al punto di partenza. Ovvero sulla brandina.
Non era in quella cella. Icaro era al Villaggio con lei, non più in quella Fortezza. Non erano più lì.
Si ripeté costantemente quelle parole affinché acquisirono un senso logico. Affinché non riuscì a placare ogni nervo scoperto.

Una mano calda si mosse nel buio e si adagiò su una sua caviglia. Solo allora realizzò chi c'era lì con lei. «Ah, sei tu» biascicò con il fiato corto, il suo petto continuava ad alzarsi e abbassarsi velocemente.
Focalizzò il viso di Saleem fra l'unica fonte di luce scarsa che filtrava come una cornice sulle tende situate alla fine del tendone. Lui la rassicurò con un colpo netto di testa. «Era solo un incubo, andrà tutto bene» fu grata del calore che le infondevano le sue dita perché rabbrividì appena ripensò all'incubo appena fatto.
Eppure...quello che definiva un incubo non era poi cosi lontano dalla realtà, e a ricordarglielo sfacciatamente era ogni cicatrice sul corpo di Yuri.

Un rumore la destò dal suo stato di agitazione, non proveniva da Saleem seduto al suo capezzale con l'intento di fare la guardia.
Si voltò verso quel suono e vide altre due figure accovacciate maldestramente su due sedie. L'ombra del vestito voluminoso di Ginevra era inconfondibile. I visi impalliditi dai giorni di prigionia e le occhiaie marcate erano indirizzati proprio su di lei.
«Buongiorno» sbadigliò Koraline, come se anche lei si fosse appena risvegliata di colpo. «Credo» aggiunse dopo essersi guardata velocemente intorno in cerca di uno spiraglio di luce naturale, che ovviamente non trovò.
Ginevra al suo fianco si rialzò e strusciò pigra i piedi verso la sua brandina, tutto questo sotto allo sguardo attento, e anche un po' infastidito, del suo superiore.
Non aveva mai visto la sua amica cosi stanca, neanche quando Maicol aveva pernottato alla tenuta.
Saleem studiò ogni movimento della dama, dal posizionarsi accanto a lei fino ad afferrarle delicatamente una mano in segno di premura.
Il modo in cui la studiava lo riconosceva amaramente. Stava valutando se Ginevra potesse essere una minaccia o no. Un brutto segno che non si fidava ancora di quella che sarebbe stata a tutti gli effetti la sua nuova squadra.
«Oggi iniziano gli allenamenti» proferì drasticamente, ritirando le dita dalla sua gamba. Sebbene una parte di lei aveva assolutamente bisogno di riprendere gli allenamenti, sapeva che le sarebbe stato impossibile farlo a causa della sua condizione fisica. «Chi si allenerà insieme a te?» domandò riacquistando piena lucidità.

«Tutti» affermò, puntando per un attimo lo sguardo sulle due donne rabbuiate dalla sua sola presenza lì.
«Non la lasceremo sola» protestò Koraline, mostrando i denti come se avesse potuto sbranarlo come un piccolo lupo affamato. In risposta, Saleem incrociò le braccia al petto e si sollevò dalla brandina. «L'unico ingresso al Villaggio è tramite la grotta, che guarda caso è anche vicino ai Campi. Se qualcuno entrerà, ce ne renderemo conto» sottolineò, Ginevra scosse più volte il capo e alcuni suoi ciuffi sfuggirono dal solito chignon.
«Non ho paura solo su chi possa entrare, ma anche su chi già è qui» sapeva si stesse riferendo a Maicol, ma il soldato alzò comunque gli occhi al cielo, proprio come se la sua dama gli stesse ripetendo la solita cantilena da svariate ore.
«Fa come vuoi» sentenziò infine, non prima di averle lanciato uno sguardo indagatore che poi allungò anche alle sue dame, dopo ciò se ne andò.
Non ebbe neanche varcato l'uscita del tendone che Koraline borbottò. «Non mi piace quello lì» provocando un sonoro respiro da parte dell'altra compagna. «Evidentemente neanche noi gli piacciamo. Se Skye dorme non ci lascia da sole con lei. Come se credesse che noi potessimo...» evitò di finire la frase. Era assurdo che Saleem avesse paura di loro due, erano palesemente sue amiche. Skye strinse le mani sottili di Ginevra.
Se Saleem aveva deciso di lasciarle da sole con lei proprio in quel momento, era perché pensava che a lei, nonostante fosse ferita, riuscisse comunque a stenderle a tappeto.
«Dovete allenarvi. La guerra è alle porte e noi...siamo fin troppo pochi e deboli» quello purtroppo era evidente e lo sarebbe stato anche a qualsiasi nemico sul campo da battaglia. Le due decisero di non protestare, la dama dagli occhi blu fu la prima ad alzarsi dalla sedia. «D'accordo ma torneremo per cena» valutò, battendo le mani su una spallina per sollevare la sabbia accumulata sulla sua tuta.
«Sì, torneremo presto vedrai» concordò anche l'altra, scoccandole un bacio veloce su una guancia. Poco dopo, entrambe sparirono nella stessa direzione che prima aveva percorso il suo superiore.
Cosi non le restò nient'altro da fare che attendere che finissero quegli allenamenti.
Un'attesa che sembrò protrarsi per un lasso di tempo equivalente all'infinito. In cuor suo, avrebbe mentito se ostinata non ammetteva che ad ogni singolo minuto che passava, sperava che la tenda del tendone venisse spostata di lato dal suo Re che entrava.
Voleva riprendere il loro discorso, potergli dire che ci teneva a lui, che non pensava veramente a tutte le parole che gli aveva urlato contro la mattina della battaglia.
Ma lui non ritornò a trovarla.
Né quel giorno, né gli altri tre che susseguirono.

Erano passati già quattro giorni da quando si era risvegliata sulla brandina, l'unico esercizio che Lama le aveva consentito di fare era quello di aprire e chiudere i palmi per flettere ogni falange.
Quei giorni erano passati lenti, una specie di agonia che non vedeva l'ora di concludere.
Tutti gli altri, comprese le sue dame, erano impegnate negli allenamenti ai Campi.
Joseph, Wave e George erano usciti in missione più volte in cerca di provviste.
Ritornando sempre con poco cibo. Non si addentravano mai oltre i paraggi, per paura di incontrare guardie nemiche mandate a perlustrare la zona.
Le sue dame invece, riuscivano a tornare da lei solo durante la sera, quando tutti avevano finito le esercitazioni. Le portavano sempre qualcosa da mangiare e spesso anche gli altri membri della squadra venivano a trovarla insieme a loro.
Ginevra e Koraline le facevano sempre il punto della situazione, le tenevano compagnia, la facevano ridere.
Tutto finché non giungeva la notte dove Saleem faceva il suo consueto capolinea per sorvegliarla. Non c'era volta in cui le sue dame, quando lo vedevano arrivare da lontano, brontolavano indispettite sul fatto che continuasse a non fidarsi di loro e a metterle sotto con esercitazioni a detta loro impossibili da compiere.
Ogni volta erano costrette ad andarsene via per lasciarla riposare, ordini indiscussi di Saleem.
Lui invece, come un'ombra obbediente si sedeva al suo capezzale, le metteva una mano sulla caviglia come se avesse il bisogno costante di toccarla per sentirla accanto a lui, e studiava piani ed esercizi che avrebbe dovuto far fare alla squadra il giorno dopo, passando in quel modo tutte le notti.
C'erano volte dove per rincuorarlo fingeva di addormentarsi.
Ma la consapevolezza che erano di nuovo rintanati come dei topi di fogna e che lei non poteva farci null, la teneva sveglia a riflettere per ore.
Per giunta essere costretta a stare a letto non l'aiutava, e c'erano volte, quando chiudeva le palpebre nella speranza di dormire, che rivedeva ancora la carne esposta di Icaro. In quei momenti sbarrava gli occhi e le era del tutto impossibile addormentarsi oltre.
Solo che per ogni giorno che passava, si sentiva sempre più esausta.
Più Saleem le ordinava di riposare e dormire, e più lei era incapace di eseguire quegli ordini.

Stava ancora cercando di aprire e chiudere i suoi palmi, quando nel cuore della notte arrivò lui.
Seguì con lo sguardo ogni suo passo e le sembrò fosse più cupo delle scorse volte, non che di solito fosse particolarmente raggiante.
Quando spostò la sua tenda, si guardò accigliato intorno.
«Mhm, oggi non ci sono quelle due» constatò, sedendosi come al solito sul suo capezzale.
Sotto al suo peso, la brandina affondò di più verso il terreno. Skye si mise di profilo e guardò il fondo del tendone, sperando di poter ritornare presto a dare il suo contributo nelle ricerche di provviste, negli allenamenti e nel intero regno.
«Hanno deciso di intrattenersi nei Campi anche dopo cena» spiegò, sistemandosi alla meglio il cuscino sottile e sformato dietro alla nuca.
Come biasimarle quando fino a poco tempo fa anche lei si era impegnata fino a notte fonda ad allenarsi per rimettersi in pari con gli altri.
La cena era per giunta il loro unico pasto. Non l'aggiornavano molto sulle condizioni che vi erano al di fuori di quel tendone, ma dalla scarsa selvaggina che le portavano in stanza poteva intuire non andasse molto bene.
Quella sera era stato Cal a portargli della carne bollita, le aveva fatto compagnia finché Pierre non era passato a prelevarlo per riportarlo a fabbricare delle nuove munizioni dove prima c'erano le postazioni dei fabbri.
La notte era fatta di poche ore per molti, non solo per lei. A turno, Pierre, Joseph, Cal e Ronald seguivano le direttive di George su come fabbricare delle cartucce grazie agli scarti di rame e piombo dei vecchi fabbricanti e che avevano trovato in giro.
Mentre le sue dame si allenavano, Icaro e Ronald e talvolta anche Cal si scambiavano i turni per sorvegliare Maicol.
Tutti erano impegnati a fare qualcosa, e a rendersi utili. Tranne lei.
«Alla buon'ora, quelle due sono davvero un fiasco» mormorò.
«Dagli tempo, si stanno impegnando molto» non aveva ignorato tutte le volte in cui facevano difficoltà a rialzarsi dalle sedie a causa dei crampi muscolari. Sapeva quanto fosse ardua allenarsi assiduamente ogni giorno ignorando i dolori del corpo.
Saleem non rispose, chiese invece «Hai mangiato?» una domanda di prassi. Guardò per sicurezza la ciotola vuota lasciata a terra.
«Sì»
«Bene» tagliò corto, riaprendo dei fogli spiegazzati che teneva in tasca e immergendosi subito con il naso dentro.
Dalla sua espressione, sembrava stesse studiando un enigma impossibile da risolvere.
Era schematico, attento e vigile. L'unico sintomo di umanità in lui erano le sue dita che si adagiavano sulla sua caviglia scoperta. Infine con una matita tenuta stretta tra i denti, iniziò a corrucciarsi davanti a tutti quei problemi.
Lo lasciava spesso in pace, lì immerso nelle sue strategie, riteneva più opportuno lasciarlo lavorare piuttosto che distrarlo.
Si scambiavano solo poche battute prima che lui iniziasse a scervellarsi fra quella carta. Quel giorno però, sembrava più immusonito del solito, come se tutti quei grattacapi lo stessero sfinendo.
«Dormi» impose quando sentì il suo sguardo bruciargli addosso. Skye batté più volte le palpebre sorpresa che l'avesse vista spiarlo di sottecchi.
«D'accordo» brontolò, socchiudendo le palpebre.
«Fallo per davvero» la intimò e lei riaprì un occhio accigliata.
Quando lo guardò interrogativa, Saleem riabbassò i fogli con un sospiro carico di tensione.
«Che c'è? Credi che non mi renda conto che non riposi abbastanza?» il tono rude con cui glielo rinfacciò la fece sentire come una bambina in vena di capricci.
Evidentemente notò la sua espressione contusa perché si addolcì.
«Cos'è che ti tiene sveglia?» chiese un po' più propenso a dialogare. Non mise via i fogli, li tenne solo appoggiati sulle sue gambe troppo lunghe.
«La guerra?» indagò quando non la vide rispondere. Skye si limitò ad annuire e si mise seduta.
Aveva ancora delle fitte acute alle costole, ma almeno riusciva a muoversi se si muoveva lenta come una lumaca.
«Vuoi una mano lì?» gli indicò con il muso i fogli catalogati sul suo grembo. Saleem li guardò per un frangente prima di scuotere la testa in diniego.
«No, mi incasineresti solo di più» di nuovo, sembrò notare la sua espressione ferita perché aggiunse troppo in fretta. «E che in mezzo a tutto questo disordine mi capisco solo io mi sa» abbozzò un sorriso tirato e ripose i fogli su una sedia vuota accanto.
«Allora, cosa posso fare per farti dormire un po'?» domandò, concentrandosi unicamente su di lei.
«Mi potrebbe aiutare risolvere quei puzzle» scherzò, indicando di nuovo la carta.
«Fuori discussione, non è cosi che ci si riposa»
«Allora vuoi provare a cantarmi una ninna nanna?» scherzò, arrivando finalmente a mettersi cautamente seduta. Ignorò le costole e si sgranchì un po' i muscoli.
«Pessima idea» ironizzò, osservandola attentamente.
«Peccato» grugnì, la brandina sotto ai suoi movimenti cigolava e si lamentava fastidiosamente.
«Non ci resta che parlare allora» sentenziò, allungando un braccio dietro al suo collo affinché lei potesse appoggiarsi sul suo petto.
Si lasciò trasportare fino al suo petto, dove ci si appoggiò con la testa, in suo braccio si appoggiò sulla sua spalla cingendola.
«Mhm» era sempre stata attenta a non finire in determinati discorsi con lui, per non dovergli mentire. Parlare non era di certo la cosa più saggia da fare nei suoi panni.
«Ti va di raccontarmi cos'hai fatto durante la tua...» si interruppe prima di schiarirsi la gola e continuare «Permanenza al Palazzo?» sapeva bene che non voleva usare quel termine e stava per dire prigionia, ma apprezzò comunque il suo sforzo.
Di rimando si impegnò altrettanto per rispondere quanto più correttamente ala domanda.
«Allora...» pensò alla tenuta, a Dan, Greg, Tariq e Zaid e trattenne un piccolo sorriso.
«Sono andata molto a cavallo» per un attimo, il respiro di Saleem sembrò bloccarsi.
«A cavallo?» ripeté, come se non avesse sentito bene.
«Già. A Cavallo. C'era una stalla lì ed io... ogni tanto ci passavo del tempo» concluse, il murgese, lo stallone, il sauro. Ricordava ancora i loro manti e la loro criniera splendente.
Saleem annuì incerto, probabilmente stava cercando di immaginarsi la scena.
«Poi cos'altro?» evitò di raccontargli gli abiti sfarzosi che Icaro le aveva regalato all'inizio, o i cibi sofisticati che Victor serviva a loro, oppure i tiri con l'arco nei giardini della tenuta.
In realtà credeva che ormai lei e Saleem ignoravano molte cose l'uno dell'altro. Eppure, nonostante solo qualche giorno prima Skye l'aveva trattenuto a terra puntandogli uno stivaletto sul petto per proteggere Ronald, Saleem rimaneva sempre al suo fianco.
«Ho letto qualche libro» sorvolò anche sull'enorme biblioteca e sulla sfilza di libri che Icaro aveva selezionato. All'epoca, quando aveva visto il legno arso vivo dal fuoco che lei aveva causato, ignorava il fatto che leggere era la più grande passione del sovrano. Non raccontò quello, era come se non volesse rivelare al suo superiore il punto debole che Yuri una volta gli aveva confidato.
«Ho incendiato mezza tenuta» quello però poteva dirlo. Quelle parole, dette ad alta voce, non la fecero sentire soddisfatta come un tempo aveva creduto sarebbe stata. Anzi, era stato un gesto che aveva rimpianto quasi ogni giorno. Saleem si spostò per guardarla meglio in faccia.
«Mezza tenuta?» annuì e gli raccontò che nei primi tempi, era stata portata in una tenuta e non nel Palazzo originale di Nuova Capitale.
Raccontò di come aveva rubato le mine dall'arsenale vicino alle cucine e di come era stata pronta a morire credendo di trascinare Maicol con sé.
Ai tempi ovviamente, non intuiva ci fossero ben altri nemici da non sottovalutare.
Saleem l'ascoltò attento e immaginò avessero parlato per ore perché alla fine del racconto, Skye  si sentì finalmente assonnata e irrimediabilmente stanca per il semplice fatto che si era messa a sedere.
«Tu invece? Cos'hai fatto quando non c'ero?» domandò reprimendo a malapena uno sbadiglio. Chiuse le palpebre diventate insolitamente pesanti.
«Ti ho cercato» si limitò a dire. Il suo cuore si strinse al pensiero che mentre lui attraversava il deserto nella speranza di ritrovarla, lei dormiva con Yuri, la persona che più odiava al mondo.
«E ora che mi hai trovato, cosa farai?» biascicò.
«Ti proteggerò» appoggiò il suo mento fra i suoi capelli e un respiro caldo le solleticò la pelle.
Sorrise. Nonostante il tempo, Saleem era inspiegabilmente, irrimediabilmente, lui.
Perentorio, schematico, lugubre e iperprotettivo.
Tutte sue caratteristiche predominanti e tutte armi a doppio taglio.
Stava scivolando in un sonno profondo quando sentì. «E tu cosa ci fai qui? Gli orari di visita sono finiti!» pensò essere già immersa nei sogni finché non sentì qualcuno rispondere.
«Non immaginavo ci fossero degli orari» ironizzò quella voce.
Riaprì le palpebre e ci mise un po' di tempo per focalizzare l'ombra che si avvicinava di fronte.
Poi quando la penombra riuscì ad illuminarlo, il suo cuore sobbalzò quando lo riconobbe.
«Per te ce ne sono» ringhiò Saleem.
Il viso di Yuri uscì dal buio e il suo sorriso calcolatore vacillò appena la vide.
Da quell'espressione fugace Skye credette di avere qualcosa che non andava, come un rivolo di bava che colava da una guancia oppure i capelli che formavano un nido di nodi sulla sua testa, ma tastandosi alcune ciocche capì non fosse per quello.
Poi notò che Saleem la teneva ancora particolarmente stretta a lui, e capì che era proprio ciò Yuri stava osservando.
Si discostò nello stesso momento in cui il suo superiore si mise sull'attenti, come se da un momento all'altro sarebbe stato pronto ad attaccare.
«E per te invece?» il tono era asciutto, privo di ogni calore. Saleem si alzò facendo quasi oscillare l'intera brandina.
«Io ho il permesso di stare qui ogni sera» marcò indispettito.
«Il permesso? E da chi?» chiese canzonatorio il Re.
«Da lei» indicò a tradimento Skye e prima che potesse dire o fare qualcosa, scattò in avanti e lo afferrò per il bavero della maglia.
«Saleem dannazione, non sta facendo niente! Lascialo in pace» il suo istinto la portò a rimettersi velocemente in piedi con l'intento di raggiungerli, ma nell'esatto momento in cui i suoi piedi toccarono terra, sentì delle scariche elettriche percorrerle tutto il corpo.
Si portò una mano sulle costole mentre scivolò sulla sedia accanto in cerca di un appiglio, essa barcollò sotto al suo peso improvviso.
In un attimo, prima che potesse anche solo ritoccare terra, Saleem la prese a volo.
Nonostante il modo in cui l'avesse strattonata per evitare che cadesse non fosse stato per niente delicato, riuscì a reprimere un gemito di dolore.
La rimise presto sul letto, seduta, Skye riprovava con tutta sé stessa a riacquistare aria a sufficienza nei polmoni.
Respira, respira, respira.
«Dannazione! hai visto cosa lei hai fatto?!» abbaiò il suo superiore, rivolgendosi a suo cugino.
«È sempre colpa tua!» infierì ancora, mentre con dita gentili le scostava delle ciocche dalla fronte imperlata già di sudore.
Skye riaprì gli occhi che aveva tenuto stretti e guardò Yuri rimasto immobile.
La sua espressione non era più apatica e calcolatoria.
Per un singolo attimo, Skye riuscì ad attraversare  come un tempo quella sua maschera.
E ciò che vi lesse non le piacque... aveva paura.
Aggrottò le sopracciglia. «Y-Y-Yuri» voleva richiamarlo ma non riuscì a ripeterlo ad alta voce.
«Ora dammi una sola ragione per non ucciderti» minacciò a bassa voce l'uomo al suo fianco.
«Quando è solo colpa tua se Skye è in queste condizioni! Non vedi cosa continui a farle? Ogni volta che tu ti avvicini a qualcosa, la rovini!» tuonò, stringendola salda per le spalle come se quel gesto avesse potuto evitare che lei potesse scivolare a terra di nuovo.
«Non dire cosi» lo ammonì senza alcun fiato, distolse gli occhi da lui per incenerire Saleem.
«Ora vattene!» continuò ad urlare il soldato.
«No!» proruppe Skye ma nemmeno il tempo di risollevare lo sguardo verso il Re, che già non ve n'era più l'ombra.
«Saleem!» lo rimproverò, scrollandoselo via con un gesto di stizza.
«Che c'è Skye? Vuoi dirmi che ciò che ho detto non è la pura verità?» scosse il capo e premette un pugno sul suo petto, seppur non aveva la benché minima forza.
«No, non è la verità» obiettò, ma non riuscì a rialzarsi per inseguirlo.
«Non lo è. Ti ho già detto che lui non è come tu credi che sia» il modo in cui le sorrise sprezzante la destabilizzò.
«Conosco meglio di te mio cugino» quelle parole le diedero i nervi.
«È impossibile farsi ascoltare da te, non è cosi? io parlo e tu non mi ascolti!» aveva il petto che andava su e giù per la rabbia.
«Io ti chiedo di farmi combattere, e tu non vuoi. E pretendi che se tu non lo vuoi, allora io in automatico devo fermarmi anche soltanto dal provarci. Devo mettere da parte me stessa insieme a chi sono per eseguire i tuoi stupidi ordini!» Saleem si passò una mano sulla faccia e grugnì. «Smettila. Sai che voglio solo proteggerti»
«Ti avevo pregato di non accettare l'accordo di Maicol, di non lasciarmi ritornare a Dover. E dove ci ha portato tutto questo?! A perdere. A questo» indicò il Villaggio con una mano.
«Quella guerra era già persa in partenza» replicò monocorde.
«Non è solo questo! ti ho chiesto di credermi, di fidarti della gente che ho portato qui e tu non ci hai neanche mai provato a farlo!»
«La fiducia non è qualcosa che si regala e basta! E non puoi dirmi che non ci sto provando» contrastò.
«Ah è quello» indicò il tendone da cui era appena uscito Icaro.
«Lo chiameresti provarci?!» era cosi arrabbiata che non riuscì a contenere la sua voce, la rabbia aveva sorpassato il dolore alle costole, ammutolendolo. Sapeva però che dopo ci avrebbe rifatto i conti.
«Si dannazione! Se fosse stato per me non ci avrebbero neanche messo piede dentro al Villaggio! L'avrei lasciato lì alla Fortezza» urlò di rimando, sovrastando perfino la sua di voce.
«Stavi per buttare dalle scale Ronald cazzo! Neanche questo è provarci!» era tutto cosi assurdo e irreale.
«Per me lo è» si giustificò miseramente.
«Saleem io non ho bisogno di essere protetta» ribadì, decidendo di abbassare i toni.
«Si vede» la derise, indicando il posto in cui era seduta.
«Queste costole non me le ha rotte Yuri!» la voce ritornò ad alzarsi, e fu cosi alta che Saleem sgranò esterrefatto gli occhi.
Rispetto a lei però, riuscì a mantenere la calma. «Per me si. E qualcosa Skye, mi dice che non ti ha rotto solo quello» sussurrò infine, facendola accigliare di colpo.
«Cosa intendi?» trattenne una smorfia di dolore.
«Niente. Devo lavorare» chiuse il discorso, ritornando verso i suoi fogli.
«Dimmelo» insistette, puntando gli occhi sulle sue spalle quando Saleem si girò di schiena e osservò distratto la carta.
«Dimmelo» si impuntò.
Saleem chinò la testa verso i suoi enigmi e tutti i suoi problemi da risolvere, le sembrò tremendamente solo quando dopo un momento sillabò. «Devo lavorare».
Non si sedette sulla brandina con lei, né le sfiorò con le dita la sua caviglia.
Si affossò su una sedia lì accanto con i suoi amati fogli come sua unica visuale.
Fu attento a non guardarla, non sfiorarla, non parlarle.

Skye non osò fiatare oltre, si girò supina verso la tenda e serrò gli occhi, desiderando di poter raggiungere e parlare con Yuri e dirgli che non era come poteva sembrare.
Che doveva stare tranquillo, perché fra lei e Saleem ci sarebbe stato sempre quel rapporto. Lui che l'avrebbe sempre capricciosamente difesa e lei che si infuriava e poi si appiattiva come le onde di un mare perennemente irrequieto.
E che Saleem, dopotutto, non poteva mai darle quello che le aveva donato lui.
Ma tutte queste cose, il Re non le sapeva. E si chiese se a quel punto invece, il soldato che invece le era accanto ne sapesse molto di più di quello che voleva dar a vedere.

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