20. Resilienza
Era strano come si era invertito il mondo.
Stava andando da lui in cerca di risposte, dimenticando forse che proprio lui era il nemico.
Esigeva della risposte e stranamente quella era la strada più facile per ottenerle.
Il che la diceva lunga sul rapporto che in quel momento c'era fra lei e il Re.
Icaro aveva sempre avuto ragione, lei era più una da fatti. Le costava una fatica innata ammettere di amarlo eppure era cosi, lo sapeva già da mesi. Allora perché non era in grado di dirglielo?
Era stato più facile urlargli contro parole crudeli e taglienti come lame, piuttosto che mettere il suo cuore nel suo palmo e dirgli «Ecco, tieni. Stringilo, schiaccialo, e se hai un po' di tempo, amalo»
Anche se si teneva alla larga da lei per qualche assurdo motivo, era cosi egoista da desiderare ancora il suo amore e la sua lealtà.
Nonostante fosse lei stessa che aveva baciato labbra che non le appartenevano più. E l'aveva fatto soltanto per togliersi dalla mente una bocca che non era quella di Saleem.
Non avrebbe dovuto.
Era una pessima idea.
La peggiore.
Eppure fece. Girò la maniglia della porta del camper e fece un cenno a Wave. Gli chiede se potesse allontanarsi e lasciarli soli. L'americano lanciò uno sguardo a Pierre che sonnecchiava indisturbato mezzo seduto a terra. Poi riguardò lei annuendo poco convinto. Con suo sollievo andò via, abbandonando a terra il biondo rasato che sonnecchiava pesantemente.
«Vediamo un po' chi altro è venuto a trovarmi oggi e minacciare la mia morte...» la voce di Maicol era stridente nelle lamiere strette del veicolo. Alzò lo sguardo su di lei quando sentì il rumore della porta richiudersi alle sue spalle.
Dovette accendere la piccola lucina del piccolo cucinotto affinché potesse guardarlo e capire meglio dov'era. Appena premette l'interruttore, lo vide seduto sul letto stretto in cui una volta anche lei e Koraline avevano dormito. Le mani giunte per via dei polsi legati la fecero sentire momentaneamente al sicuro, sebbene di Maicol avesse paura di ogni cosa, soprattutto della lingua affilata.
«Oh sei tu» mormorò deluso, arricciò il naso per rafforzare la sua delusione anche se l'elettricità che scorgeva nel suo sguardo quasi lo smentiva.
«Ti trovo...bene» appurò a malincuore, solo guardarlo la imbestialiva. Attribuiva a lui la colpa delle cicatrici di Icaro. Lui schioccò la lingua sul palato e alzò i polsi legati verso di lei per mostrarglieli. «Definisci bene, perché a me non sembra» quello era niente in confronto a ciò che aveva in serbo per lui appena ne avrebbe avuta occasione. Non ci girò intorno quindi gli disse. «Perché?» lì nella Fortezza, quando gli aveva chiesto di liberare Yuri, Maicol aveva tentennato. Riconfermando ancora una volta ciò che provava verso il suo fratellastro.
Ma allora perché l'aveva ferito in quel modo? con quale cuore?
Perfino una bestia come lui avrebbe dovuto averne uno. Non comprendeva perché quei due continuavano a proteggersi l'un l'altro nonostante tutto. I loro gesti contraddittori la lasciavano con una marea di dubbi e domande.
«Intendi dire perché Yuri mi ha rivelato che non eri una vera Regina?» un sorriso perfido gli balenò sul bel viso simmetrico. Era fin troppo consapevole che ogni volta che pronunciava quelle parole la feriva.
Scosse il capo incassando ancora una volta il colpo, portò le braccia conserte in avanti e sputò d'un fiato. «No, perché l'hai torturato» non dovette specificare delle sue cicatrici, perché Maicol smise di fare l'idiota e comprese.
Abbassò lo sguardo verso il pavimento e sospirò come se stesse affrontando un discorso arduo.
«Io non ti devo niente...quindi perché dovrei darti una risposta?» doveva assolutamente trovare un modo per estrapolargli quelle parole. «Ti slegherò. Cosicché sarai libero di combattere con me» propose e lui sgranò gli occhi di un azzurro agghiacciante.
«So che lo vuoi tanto quanto me. Ci batteremo proprio qui ed ora. Non permetterò a nessuno di farti del male, anche nel caso tu mi sconfigga» sapeva che con quell'accordo avrebbe attirato la sua più completa attenzione, quando capì di averlo in pugno, fu lei a dedicargli un sorriso felino che reclamava una sfida fino all'ultimo sangue.
Offrirsi come esca lo fece abboccare all'amo perché finalmente lo vide tentennare. «Se è cosi allora...d'accordo. In cambio cosa vuoi?» Maicol conosceva già cosa desiderava, ma badò bene a fare il finto tonto solo perché voleva che glielo dicesse ad alta voce. «Risposte» gli confermò. Lui annuì di nuovo, accettando il suo accordo.
«Bene» sospirò. Si abbassò in modo che i loro occhi fossero alla stessa altezza. «La prima domanda te l'ho già fatta. Perché lo hai ferito?» sembrò che Maicol sfuggisse di nuovo al suo sguardo, ma lo conosceva abbastanza bene da credere che fosse solo frutto della sua immaginazione. «Non sono stato io» ammise con suo stupore. La rabbia che pulsava in grandi ondate si placò brevemente. «E allora chi è stato?» fece una piccola smorfia mentre le confidò. «Gerald e i suoi soldati» pronunciò quel nome con un astio che conosceva fin troppo bene.
Era la stessa carica di rancore e veleno che provava lei quando si trattata di Constance o lui.
Gerald ricordò essere il suo patrigno, lo sposo dell'altra Regina. «E tu allora dov'eri?!» ringhiò, quando non rialzò lo sguardo su di lei capì che gli sfuggiva solo perché si vergognava. «Lì».
A stento riuscì a reprimere l'ondata di rabbia accecante che la investì. Riuscì a malapena a mantenere la calma giusto per indagare oltre. «E perché non li hai fermati?» di nuovo, non si spiegava perché Yuri l'aveva protetto anche dopo che Maicol era stato fermo a guardare mentre lo torturavano.
«Sei pazza?» chiodò sollevando un sopracciglio. «Quello là ci avrebbe ammazzati all'istante senza alcuna pietà o giustizia! L'unico modo per uscirne entrambi vivi era questo» rise amara sollevandosi.
«Ora non venirmi a dire che t'importava anche della sua vita» in quel caso non avrebbe mai dovuto permettere che Icaro subisse atrocità simili.
«Pensala come vuoi» biascicò osservando il pavimento rovinato.
«Chi è Gerald e cosa vuole» una risata uscì melodiosa dalle sue labbra. «Sai già chi è. Vuole questo regno, proprio come mia madre» rispose sprezzante «Colei che hai ucciso» si affrettò a precisare, come se volesse ribadirle che non aveva dimenticato che era stata proprio Skye ad averla uccisa. Seppure la guardava con tutto l'odio del mondo ritenne di essersi abituata a ricevere quelle occhiatacce da parte sua.
«Qualcosa mi dice che tu non voglia che lui lo conquisti» in tal caso non le avrebbe mai menzionato la sua presenza, né li avrebbe condotti fuori dalla Fortezza.
Maicol sospirò rassegnato e accavallò le gambe muscolose. «Allora non sei davvero stupida come sembri» sorvolò sull'offesa e domandò ancora «Perché?» lui le mostrò entrambi i polsi legati. «Liberami e otterrai una risposta per ogni minuto che resterai viva» rinfoderò un coltello dalla sua tasca e fece scattare la lama sotto al suo mento, con la punta lo costrinse a guardarla bene.
Istintivamente Maicol socchiuse le palpebre come se temesse per davvero di essere trafitto. «Non sono una vigliacca. Non ti colpirò...almeno finché rimarrai legato» con un colpo secco recise la corda che teneva legati i suoi polsi e posò il coltello nel lavabo del cucinotto.
«Né sarò armata quando tu non lo sei. Siamo semplicemente alla pari ora» indietreggiò di qualche passo dandogli lo spazio per permettergli di rialzarsi. Maicol massaggiò la pelle arrossata dei suoi polsi, gesto che gli provocò un grugnito di apprezzamento quando riuscì a muovere liberamente le mani.
«Rispondi» comandò.
«Gerald al trono non credo sarebbe meglio dei vecchi sovrani Edith e Gor. E se prima, come Yuri, non volevo che governassero persone simili, figuriamoci in questo momento in cui il popolo è diviso a metà» rimase di stucco a quelle parole. «E tu e Constance invece credevate di essere sovrani migliori di loro?!» non dovette mascherare il suo scetticismo essendo che era ben marcato.
«Ti conviene non menzionare più il nome di mia madre, piccola peste. Ancora devo passar sopra al fatto che sia stata proprio tu ad ucciderla» come se uccidere un familiare potesse essere qualcosa a cui semplicemente potevi passarci sopra. Come quando dopo un brutta lite basta solo qualche ora per far sbollire tutta la rabbia e si è già pronti per ritornare a far pace. Forse nella famiglia di Yuri e Maicol era sempre stato cosi, ma nella sua di certo no.
Maicol fece un passo verso di lei e mise gli avambracci come scudo.
«Ammetto che neanche io riesco a passar sopra al fatto che hai concesso che Gerald torturasse Yuri. Per giunta la persona che pensi di amare» si avvicinò in un batti baleno e gli assestò un pugno che riuscì a colpirle lo nello stomaco.
Maicol non poté far altro che chinarsi in due e reggersi lo stomaco. «Cazzo» imprecò rimasto ancora chino, forse era più debole di quanto si aspettasse.
«Tu non sai niente» grugnì dopo aver incassato il pugno. Con due sole falcate la raggiunse e prima che potesse afferrarla per il collo, Skye si piegò in due e gli piazzò un calcio in uno stinco. Indietreggiando per via del secondo colpo cercò stabilità prima di trovarla.
«Allora spiegami come gliel'hai permesso» corse da lei caricandola come un toro, si scontrarono contro i due sedili del veicolo.
«Gerald non è una persona a cui puoi semplicemente sfuggirgli. Teneva sotto pugno mia madre e ora cerca di tenere sotto controllo me!» spiegò mentre l'afferrava per le spalle e la spingeva contro il cucinotto, provocando una cacofonia di pentole e utensili vari.
«E perché allora tu e tua madre non vi siete opposti di fronte ad una persona del genere?» stava finendo di pronunciare l'ultima parola quando le arrivò uno schiaffo sulla guancia, subito il sapore ferroso del sangue le investì il palato. Lo sputò e si rivoltò verso di lui con un'espressione feroce. Prima che gli concedesse di colpirla ancora, si lanciò di lato provocando altri rumori assordanti di piatti e bicchieri che cadevano dal piccolo ripiano.
«Icaro si è opposto a suo padre e sua madre. Invece tu non ne hai avuto il coraggio!» Maicol si gettò su di lei ma fu più scaltra, riuscì a sfuggirgli, aggirandolo e ritrovandosi davanti alla sua schiena. Gli premette uno stivaletto sulla parte posteriore delle ginocchia e lui cadde riluttante sul pavimento.
«Non puoi uccidere chi non condivide il tuo stesso tetto e non è mai solo» replicò, afferrò da terra la corda che prima aveva tenuto legati i suoi polsi e gliela girò intorno al collo, stringendo saldamente.
La sensazione di averlo in pugno e di ferirlo nello stesso modo di come lui un tempo aveva fatto con lei, fu inebriante.
«Si trova sempre un modo» commentò aspra, Maicol gettò la testa all'indietro colpendola sul naso, il dolore fu così lancinante da costringerla a mollare subito la presa.
«Ah si? anche quando sei circondato da soldati nemici ventiquattr'ore al giorno? non pensare per un solo attimo che Gerald sia cosi stupido. Non si fida di nessuno, neanche di mia madre» Skye vacillò nel vuoto prima di incespicare giù. Non le diede il tempo di rialzarsi che lui gli premette un ginocchio nello stomaco.
«Che c'è? ora non parli più? hai smesso di sparare sentenze?» beffeggiò. Lacrime di dolore si accumularono negli angoli dei suoi occhi ma non le lasciò scivolare.
Quando non gli rispose, le diede un ceffone cosi forte da farle sbattere la testa contro il pavimento, in risposta però gli scoccò una gomitata con tutta la forza che le restava. Quando finalmente riuscì a scollarselo di dosso, si rialzò a fatica e quanto più veloce possibile.
«Perché sei venuta qui da me e non hai chiesto direttamente a Yuri tutto ciò che volevi sapere?» domandò mellifluo, provocandole una smorfia mista fra due tipi diversi di dolore.
«Non sono io quella che deve rispondere alle domande» si difese, facendolo sorridere ampiamente.
«Che c'è? problemi in paradiso?» prese una piccola rincorsa e si lanciò su di lui che riuscì a spostarsi solo al ultimo secondo. Si rivoltò in fretta e lo circondò con le sue gambe in una morsa ferrea intorno al suo bacino, assalendolo rapida con una raffica di ganci e destri ben assestati.
«Perché è cosi forte?» urlò a denti stretti. Maicol si lanciò contro la piccola porta del camper che per miracolo non cedette sotto al loro peso.
Chissà cosa avrebbe detto Pierre se si fosse risvegliato con loro due che si azzuffavano ai suoi piedi.
Schiacciò il corpo di Skye contro al cucinotto nella speranza di liberarsene. Si fermò. «Governa su due regni e sta combattendo per ottenere il terzo. Devo aggiungere altro o ti basta cosi?» la schernì lasciandola cadere via. Si voltò per fissarla e quando fece lo stupido errore di pensare che si sarebbe arreso, gli sferrò un calcio che la proiettò contro il sedile di guida.
Sputò altro sangue mentre digrignava i denti.
«Allora perché sei qui se lui è tanto forte e temibile come dici?» mormorò a fil di voce mentre riceveva l'ennesimo calcio su una costola che la fece cadere a terra.
«Sei noiosa. Te l'ho già detto, non mi piace il futuro che prevedo per questo regno se lui riuscisse a conquistarlo» fra il dolore lancinante che proveniva dalle sue costole, riuscì a ricordare un dettaglio che le avevano detto in passato.
Nel regno di Constance, si diceva spesso che volavano più teste che parole. Si chiese se non fosse stato per opera di Gerald più che per scelte di sua moglie.
Maicol e sua madre erano sempre stati vittime di Gerald?
Ne dubitava. Eppure quella piccola convinzione non sfumò via.
Si trascinò via per sorreggersi al sedile ma sentì la sua scarpa schiacciarle le scapole.
«Non cosi in fretta» percepì il suo sorriso perfido anche se non riusciva a vederlo.
Osservò ansimante la macchia di sangue che aveva sputato, il suo colore scarlatto gli ricordò la lama che aveva ucciso Finn.
Si alzò facendo resistenza alla forza esercitata dalla sua scarpa.
Lui barcollò perdendo l'equilibrio, dovette appoggiarsi alla porta per non cascare.
«E da quando in qua ti interessa di questo regno?!» si asciugò il sangue dalla bocca con una mano e gli riserbò un'occhiata indispettita.
«Non devo mica a te, una falsa Regina, delle spiegazioni in merito» la sua espressione racchiudeva tutto il suo sdegno, aggiunse «Le sorti di questo regno mi interessano solo per i miei scopi» e questo forse non prevedeva l'uccisione dell'attuale sovrano. Specialmente non da parte di Maicol, quello era un compito che aveva in serbo per Icaro.
«Giun...l'hai uccisa?» balbettò Skye, arrancando con il respiro. Se possibile la guardò ancora più in cagnesco, sguardo che ormai stava imparando a riconoscere e stranamente non ne aveva più paura.
«No, è mia amica» si giustificò e lei aggrottò le sopracciglia. «Sai vero che ti ha tradito?» annuì ribadendo con un sonoro. «Non l'ho uccisa né ho ordinato agli altri di farlo».
In quella famiglia i rapporti funzionavano decisamente in un modo inconsueto. Si accettavano tradimenti di grosso calibro mentre lei a malapena riusciva a passare sopra a ciò che Yuri aveva ammesso a lui e Gerald.
«Meglio cosi» tagliò corto, non stravedeva per la rossa, questo era chiaro perfino a lei, ma l'aveva aiutata più volte e per questo gli doveva due grossi favori. Maicol la derise. «E tu invece sai che è innamorata di Yuri?» le si strinse il cuore. Anche se già lo sapeva, la cosa non le piaceva affatto, ma per questo non voleva di certo vederla morta. Annuì e lui sbruffò con fare annoiato.
«Eppure nonostante anche tu lo sapessi le hai comunque concesso di venire a letto con te, di insinuarsi nella tua camera e permetterle di tradirti» sapeva che in passato erano stati amanti, come sapeva che entrambi provavano sentimenti verso la stessa persona, il loro Re. Ma allora perché Maicol era ritornato con lei se sapeva l'avrebbe tradito?
«Come ho già detto, è mia amica» ripeté scocciato, come se quello potesse spiegare tutto.
Lei non aveva neanche mai creduto che un tipo come lui potesse averne di amici.
«Andiamo, so che sei qui per qualcos'altro. Cos'è che vuoi sapere veramente?» in quel momento le parve stranamente interessato a sapere cosa le frullasse per la testa.
«Siamo arrivati all'ultima domanda quindi» sentenziò, entrambi avevano il fiato corto per lo scontro, continuavano a studiarsi e aggirarsi in cerca della prossima mossa da fare.
Nascose la domanda che avrebbe voluto davvero porgli e chiese invece «Perché mi odi tanto?».
La rimbeccò subito. «Ti devo ricordare ancora che hai ucciso mia madre?» scosse il capo e sottolineò. «Intendo prima di allora» l'aveva sempre odiata. Era perché rappresentava una minaccia nei confronti dell'amore che nutriva per Icaro?
Probabilmente Maicol non si aspettava quella domanda perché dall'espressione che fece sembrò fulminarla sul posto. Deviò lo sguardo di ghiaccio dal suo e guardò l'interno del camper come per cercare una via di fuga, che non trovò.
«Vuoi sapere perché ti odio?» ripeté con voce carica di veleno. Lei annuì più volte.
«Yuri ha ammesso che tu non eri la vera Regina soltanto perché Gerald smettesse di ritenerti una minaccia per il regno e venisse a cercati ovunque tu fossi» quelle parole... la ferirono più di tutti i pugni ricevuti.
Continuò subito dopo «Gerald pensava potessi ritornare e reclamare il tuo regno, sottraendolo cosi a lui. Per distrarlo da te ha preferito che colpissero lui. Più volte. Fino allo stremo. Ha scontato per te più di ottanta frustate che l'hanno portato a sfiorare la morte» la voce era diventata gutturale, come se stesse svelando un segreto che gli bruciava nel profondo del suo essere.
«Si è preso da Gerald anche colpe che non aveva, per te. Per togliertelo dalle calcagna ha ammesso perfino di aver ucciso lui mia madre» la fissò con occhi freddi come l'artico. «E sappiamo entrambi chi è stato ad uccidere sua moglie» era rimasta senza parole.
«Mandarti a Dover è stato un favore che gli ho fatto. Fosse stato per me, ti avrei decapitata senza alcun rimorso» non aveva dubbi su quello.
«Ecco perché ti odio, tu non hai mai meritato Icaro e per giunta ignori il suo amore» non poté fare a meno di riflettere, che anche nonostante il suo rancore, proteggerlo in quel modo era un gesto...premuroso. Come sospettava un fratello avrebbe fatto.
«Contenta ora? Hai ottenuto tutte le risposte che volevi» il tono derisorio non fu clemente mentre la guardava cadere a pezzi.
«E ora che sai che hai fatto inginocchiare un Re al tuo cospetto e l'hai messo sotto tortura, voglio vedere proprio come lo salverai dal pericolo più grande di tutti: te stessa» approfittò di quel momento di vulnerabilità per scagliarsi su di lei ed iniziare una raffica di pugni, calci e graffi che a stento fu in grado di vedere.
Tentennò nel parare alcuni colpi ed infliggerne altri, non riusciva più a stargli al passo essendo presa totalmente contropiede.
Divennero un vortice incontrollabile di furia e colpi, questo almeno fin quando la porta del camper non si spalancò.
«Ma ditemi un po'» urlò qualcuno, facendoli fermare ancora mentre si tenevano stretti il collo l'uno dell'altro. «Voi due siete impazziti per caso?!» la voce incredula di Pierre irruppe nel camper. Fece qualche passo in avanti per recuperarla e quando notò che Maicol fosse completamente slegato, sfoderò la pistola.
«Skye, esci fuori» dettò come se ad essere libero ci fosse stato un leone e non un semplice uomo. Quando la vide indugiare, urlò «Ora!».
Non aveva mai sentito Pierre alzare la voce, si riscosse e si avviò verso la porta appena spalancata, solo che ad ogni passo, sentiva l'adrenalina sfumare via e riaffiorare tutto il dolore del suo corpo. Le fitte alle costola erano quelle che le privavano di respirare regolarmente. Tossì del sangue e le venne un capogiro che la indusse a fermarsi sulla soglia.
Con la vista annebbiata si voltò verso il soldato e il suo nemico. O almeno è quello che provò a fare. «Legalo e lascialo in pace. Sono stata io ad iniziare» mormorò con voce flebile, attese che Pierre, seppur totalmente contrariato e scettico ascoltasse il suo ordine. E quando rinfoderò l'arma e legò i polsi di Maicol, decise di uscire.
Barcollante uscì dal camper e non fece in tempo a far alcun passo che cascò rovinosa a terra.
Ogni parte del suo corpo era sfinito, non si allenava da settimane e lo scontro con lui l'aveva messa a dura prova.
Aveva sonno, fame, sete e per giunta già qualche costola incrinata, qualche falange che non riusciva ancora a stendere del tutto, qualche taglio alla guancia, lividi che le si sarebbero formati ovunque e delle vesciche ai piedi.
Per giunta, la vista le si sdoppiò e non fu certa di vedere soltanto due stivali di fronte a sé.
«Skye» mormorò una voce dolce e familiare. Mani gentili le fecero alzare il volto schiacciato sul terreno, fra la nebbia nei suoi occhi intravide uno sguardo preoccupato.
Non sapeva di star piangendo finché non sentì Cal asciugargli con un pollice le lacrime che le rigavano le guance tumefatte.
«La verità a volte può far male» spostò le dita ormai bagnate dalle goti e la guardò compassionevole. «Per questo a volte è meglio non scoprirla» quelle parole si persero nell'aria appena ebbe un altro violento capogiro.
«Sei in condizioni pietose» costatò poi, studiandole il viso.
La sua vista continuava ad oscillare come un pendolo tra oblio e realtà. Eppure il suo corpo aveva già abbandonato i sensi e ben presto anche la sua mente lo seguì.
Cal fu l'ultima persona che vide.
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