15. Il Dominatore
Durante il percorso riuscirono a mettere fuori combattimento dodici guardie. Gli spari che erano partiti incessanti da diversi punti della Fortezza e non si erano placati per un solo attimo, anzi si intensificarono ad ogni minuto che scandiva il tempo.
Nel frastuono dei proiettili che si scontravano con l'acciaio circostante, aveva sperato più volte di poter rivedere tutti i suoi amici interi. Pierre e Ginevra erano riusciti ad uscire da quell'inferno? Saleem e Ronald ce l'avevano fatta a collaborare senza attaccarsi? e Cal, George e Koraline che diamine di fine avevano fatto?
Oltre a ciò, le premeva un'altra domanda, che pulsava dentro tutto il suo essere: Icaro dov'era?
Un nodo attorcigliò il suo stomaco quando nacque il pensiero che forse Maicol, preso alla sprovvista dalle loro improvvise sommosse, aveva portato Icaro altrove, magari in un altro rifugio.
Osservando i passi celeri del suo amico, ricordò che quella non era la prima volta che lei e l'americano partecipavano ad una missione di salvataggio, solo che in gioco c'era Icaro e nonostante stavano di nuovo alla ricerca di un Re tenuto prigioniero, sperò che la fine di Yuri non fosse la stessa di Edwin. Pattugliarono di soppiatto tutta la zona che si accingevano a percorrere. Lanciò un'occhiata a Wave che sembrava più pensieroso del solito.
Non avrebbe saputo esprimere a parole la gratitudine che provava per il suo amico. Era la seconda volta che metteva al repentaglio la sua vita per seguirla e aiutarla. Al solo pensiero che avrebbe potuto perdere uno di loro come aveva perso Finn...si fermò e appoggiando le mani sulle ginocchia per riprendere fiato.
«Dovresti tornare indietro. Cercare Saleem e Ronald e andartene via con loro» farfugliò fra un respiro affannoso e l'altro. Anche l'americano decelerò, fermandosi infine imbronciato. «Non è il posto giusto dove fermarsi a parlare» decretò lanciandosi occhiate furtive alle spalle. Skye lo raggiunse e quando le fu di fronte, ribadì. «Cerca Saleem e scappate via per favore. Non sei obbligato a restare qui con me» il biondo serrò le labbra e rimase in un lungo silenzio, permettendole di continuare. «Wave, dico sul serio. Non c'è bisogno che anche voi...Mi stai ascoltando almeno?» si interruppe al suono della sua risata stridula.
«Oh. Sì, ti ascolto, continua pure» nel suo tono percepì ostilità. «Che c'è?» balbettò confusa. La risata si spense quando prese parola. «Niente...e che tu fai questo» indicò lo spazio vuoto tra di loro. «Questo cosa?!» obiettò ormai spazientita. «Questo» marcò ancora il vuoto con le mani prima di proseguire. «Ogni volta che le cose si fanno difficili, cacci via chi ti sta accanto» frustata, Skye passò una mano nella chioma districando le punte inaridite prima di ribattere. «Non è quello che faccio» si difese. Wave ripeté con tono saccente e paziente, come se di fronte avesse avuto una bambina di a malapena tre anni. «Invece è proprio quello che fai. Cos'è che ti spaventa davvero? che qualcuno si avvicini troppo a te oppure che muoia?» si azzittì rimanendo di stucco. Wave fece un passo in avanti, riempiendo tutto quel vuoto, e con il respiro che le solleticava la pelle umida del mento le sussurrò. «Se morirò, non sarà per colpa tua. Sono qui perché, se scappassi via ora, la guerra non cesserebbe di esistere. Sono qui per combatterla» prese un respiro prima di aggiungere. «E so che anche tu, un tempo, condividevi queste stesse ambizioni» probabilmente proprio per questo era stato lo stesso Wave ad accettare il suo arruolamento nella squadra. «E so che ora hai altre mille motivazioni per continuare».
Skye chiuse di scatto la bocca che aveva lasciato spalancata e rifletté sul fatto che lui era stato l'unico a non sembrarle sorpreso quando l'aveva rivista lì nella Fortezza quello stesso pomeriggio. Era come se avesse dato per scontato che lei fosse riuscita a trovare un modo per raggiungerli e scappare via da Dover.
Che l'avesse voluto o meno, l'americano credeva in lei. C'era una sorta di responsabilità reciproca in quello. Abbassò le spalle e ammirò il riflesso nell'acciaio che contornava quelle pareti. Le loro sagome ondeggianti sul materiale, erano vicine.
«E che...non voglio perdere più nessun altro» rivelò con un filo di voce.
«Credo che sia ancora presto per affermare che il tuo Re sia morto» decretò.
«Infatti non penso sia morto» se cosi fosse stato, probabilmente più niente avrebbe avuto senso. L'espressione dell'americano mutò, il suo sguardo corrosivo la guardava come se non capisse chi altro lei aveva già perso. In cambio lei solo in quel frangente realizzò che l'amico non sapeva ancora nulla riguardo alla morte di Finn.
«Dobbiamo sbrigarci» la interruppe prima che potesse proferire parola. «Forza, muoviamoci» spronò riprendendo il passo più veloce di prima.
Le ore passate nella cella non le erano state molto d'aiuto per far riposare le sue gambe già messe a dura prova. Le vesciche ai piedi erano difficili da sopportare proprio come le gambe indolenzite. Ed era certa che anche lui non se la stesse passando meglio, ma nonostante questo nessuno dei due si accinse a rallentare.
Mentre avanzavano, divenne tutto un moto meccanico infinito. Corri, spara, uccidi e prosegui, corri, spara, uccidi e prosegui, corri, spara, uccidi e prosegui.
La catena si spezzò quando sbucarono dinanzi all'ennesimo corridoio. Sebbene fosse il più corto degli altri, vi erano un numero sproporzionato di guardie che lo sorvegliavano. Con uno sguardo più attento, quelle innumerevoli guardie stavano mantenendo sotto controllo una porta a doppio battente. Appena li videro spuntare fuori dall'angolo, sentì addosso ben dodici paia d'occhi nemici, e prima di riflettere o poter estrarre agilmente la sua nuova arma, Wave la rispinse bruscamente all'indietro. Ritornando così all'angolo dove erano appena saltati fuori.
Una raffica di proiettili tagliò l'aria davanti alla punta del suo naso conficcandosi nella parete adiacente.
«Cosi ci farai uccidere» tuonò l'amico, mollò la presa solo per ricaricare repentinamente la sua magnum. Dopo un primo momento di stordimento, forse dovuto ai forti boati degli spari, anche Skye estrasse la sua arma ma prima di puntarla contro qualcosa, prese un profondo respiro e ricacciò indietro il suo panico. In quelle circostanze, Saleem le aveva insegnato a mantenere il sangue freddo e rimanere impassibile. Ed era proprio quello che avrebbe dovuto fare da lì in poi.
I passi sonori di almeno tre guardie si staccarono dagli altri, avanzando in avanti verso l'angolo dove erano rintanati.
«Che facciamo?» sussurrò con lo sguardo puntato in avanti in attesa di veder sbucare il piede o la testa di qualcuno.
«Li anticipiamo» Wave la superò con uno slancio lungo tutto il suolo, scivolò spedito al centro di quel piccolo corridoio. Puntò infine due magnum in avanti e sparò una quantità indefinita di proiettili. E lo stesso fecero loro.
Skye non indugiò, si fiondò nella mischia con il cuore che le pulsava in gola. Per proteggere Wave, ridiventò una macchina da guerra. Corri, spara, uccidi e prosegui.
Afferrò per la gola un soldato rivolto verso il suo amico, puntò la canna della pistola verso la mascella e senza remore sparò.
L'aveva ucciso? non si diede il tempo di valutarlo perché passò subito al nemico successivo. Uno di loro la stava fissando con occhi spalancati dal terrore, non fece in tempo a prendere la mira che Skye gli assestò una ginocchiata diritta nello stomaco e, quando si piegò in due, gliene diede un'altra alla testa, colpendolo in fronte cosi forte da proiettarlo contro alla parete. Quando sentì il suo cranio urtare l'acciaio, capì che non c'era bisogno di dargli il colpo di grazia. Fece un giro su se stessa, Wave si schiacciò contro la sua schiena, ruotando all'unisono premendo ripetutamente il grilletto all'occorenza.
«Direi che ce l'abbiamo fatta» ansimò Wave dopo un po', studiando i corpi che giacevano intorno a loro in angolazioni disarticolate. «Erano...in sei» constatò, abbassando definitivamente la magnum. «Corretto» asserì, erano tutti morti.
Tremò di fronte a l'evidenza. Si sforzò che la cosa non la urtasse, invece capì che forse quello non la rendeva tanto diversa da Maicol.
«Andiamo» propose Wave distaccandosi dalla sua schiena. Spezzò il contatto visivo con quei morti e si voltò verso la porta infondo al corridoio. «Pensi che lo tengano rinchiuso lì?» domandò seguendola e scansando tutti i corpi.
«Sì» rubò la mitragliatrice da uno di loro e la ricaricò in un gesto cosi veloce che avrebbe fatto invidia perfino ad uno come Saleem. «Non sappiamo cosa troveremo oltre quel muro. Come pensi che dovremmo aprire la...» la voce di Wave si spense senza mai finire la frase perché Skye sfondò la maniglia con uno stivaletto. Aveva affondato il calcio con cosi tanta veemenza che cedette senza troppe difficoltà, non attese che si spalancasse del tutto, entrò senza alcuna esitazione.
Il mondo sembrò decelerare fino a rallentare mentre perlustrava l'ambiente. Ancora una volta ringraziò mentalmente la presenza del suo amico poiché fu lui a proteggerla contro i tre soldati che li stavano attendendo ad arme sguainate. Sembravano cosi impauriti, che a malapena riuscivano a reggere fra le dita il loro equipaggiamento.
Incurante delle pallottole che ripresero a sfrecciare insistenti intorno a loro, si focalizzò unicamente sull'uomo rimasto maldestramente seduto a terra. Prigioniero da spesse catene.
«Yuri» tutta l'aria defluì dai suoi polmoni mentre pronunciava quel nome. Si precipitò da lui abbassando ogni singola difesa.
Scivolò sulle ginocchia, a terra fino ad arrivare al suo corpo, gli afferrò subito entrambi i lati della faccia con mani tremanti dall'agitazione. Ficcò poi il suo sguardo in lui.
«Sei vivo» bisbigliò con estrema meraviglia. Non c'erano più dubbi. A guardarla di rimando erano proprio quegli occhi verdi di cui ricordava a memoria ancora tutte le screziature. In quel momento erano leggermente diversi. Più spenti, stanchi, divorati.
Scansionò il suo corpo in cerca di ferite. Era a torso nudo, un pantalone scuro e una cintura in cuoio erano gli unici indumenti che indossava. Entrambi i polsi erano legati a due estremità opposte della parete rocciosa. La pelle dorata era sia terrea in viso che insolitamente rossa su troppi punti del suo corpo. Perfino sull'aquila era incisa una striscia di carne aperta.
Impallidì all'evidenza: avevano torturato il suo Re.
La rabbia scavalcò il resto delle emozioni. Affiorò sotto alla sua pelle come un belva incapace di trattenersi oltre. Agitata come un mare d'inverno durante una forte burrasca.
Icaro alzò debolmente un angolo della bocca. «Skye» la voce roca che aveva appena pronunciato il suo nome le rammentò che effetto le provocasse.
Accecata dalla rabbia, sotto al suono della sua voce, come una pioggia fredda si spense. L'abbracciò d'istinto e il suo corpo sussultò per poi fremere sotto alle sue braccia che lo cingevano stretto.
Emise un profondo respiro tra i suoi capelli, come se stesse assaporando la libertà o una brezza mancata. «Dimmi che non ti trovi davvero qui» si discostò per osservarla meglio.
«Tu...diamine. Sei davvero qui» biascicò riluttante. Annuì in risposta e, ancora tremante, afferrò i lucchetti che tenevano fermi i suoi polsi.
«Cosa ti hanno fatto?» sussurrò e le fu incredibilmente difficile trattenere i singhiozzi. Riuscì nell'intento di afferrare la piccola serratura della manetta ma quello che vide non le piacque.
«Chi è stato?» chiese assumendo una voce più decisa, controllò entrambi i lucchetti.
«Non devi preoccuparti per questo, ho subito torture peggiori» disse, come se la cosa potesse realmente rincuorarla. Quelle parole la riportarono a Gor. Suo padre. Colui che non aveva indugiato un solo attimo ad uccidere la sua stessa figlia.
Guardandolo di sottecchi mentre armeggiava con le catene, si chiese quante cose ancora non sapesse di lui. Quanto aveva sofferto in passato? e quante cose cercava ostinatamente di affogare nei suoi abissi?
Le ci volle tutto il suo autocontrollo per capire che doveva smettere di tremare e cercare invece le chiavi che servivano a liberarlo.
«Skye!» vagò con lo sguardo in cerca di chi l'aveva appena chiamata.
La sala dov'erano era immensa. Sembrava essere stata incisa direttamente al centro del monte che conteneva l'intera Fortezza. Delle scale in ferro si ergevano su un lato in quattro piani. Non era arredata, né sembrava servire a qualcosa in particolare. Le voci e le detonazioni poco distanti, creavano echi in grado di far scendere dalle rocce continui granelli di sabbia. Come se tutto il monte rischiasse di collassare presto su se stesso.
Intravide Saleem che correva nella sua direzione. Anche Ronald li aveva raggiunti ed insieme a Wave, era impegnato in due scontri diversi. Purtroppo per loro non erano i soli ad averli raggiunti. I tre uomini che l'avevano attesi nella sala erano già stesi a terra, ma li stavano raggiungendo presto anche altre guardie.
«Dannazione!» imprecò lei quando non riuscì a trovare quelle maledette chiavi.
«Dove tengono le chiavi?» gli domandò con la speranza che lo sapesse. Icaro puntò lo sguardo su uno dei tre uomini. «Dovresti trovarle proprio lì...in quello con il codino e la barba lunga» indicò uno di quelli che giacevano senza vita. Andò frettolosamente nella sua direzione e iniziò a tastare gli indumenti nella ricerca disperata di un mazzo di chiavi o qualcosa del genere.
«Cosa stai facendo? dobbiamo andarcene da qui, ne sono in troppi!» sbraitò il superiore appena la raggiunse.
«No...qui non ci sono...» farfugliò mentre affondava le dita nella giacca insanguinata. La guardia era stata colpita diritta al cuore, e la quantità di sangue che aveva perso prima di morire era spaventosa. «Andiamocene!» sancì Saleem. Non lo ascoltò, stava facendo vagare lo sguardo sui corpi mentre continuava ad frugare nelle tasche dei pantaloni.
Il suo cuore perse qualche battito quando vide attaccato ad una parete un frustino.
Osservò di nuovo il corpo di Yuri. Quella che aveva definito pelle rossa erano in realtà cicatrici...e la conferma che l'avevano frustato cosi tante volte da perderne il conto le risaliva in gola come bile. Aprì la bocca per rispondere ai continui rimproveri di Saleem, ma invece vomitò bile sulla schiena della guardia. Resistette alla tentazione di vomitare ancora su quel povero uomo e tastò ad occhi chiusi il tessuto che girava intorno alla vita dell'uomo. «Ecco!» esclamò tirando verso di sé la chiave.
Si alzò, ritrovandosi il suo superiore davanti. «Skye, mi stai ascoltando?» gli occhi neri ricaddero sul suo vomito con un'espressione preoccupata.
«Ci sono quasi» farfugliò agitando la chiave, se fosse stata in grado di tremare di meno per l'emozione sarebbe stato meglio.
Si rivoltò verso Yuri che guardava ogni suo singolo movimento, le sembrava così diverso eppure nello stesso tempo cosi immensamente lui.
Avendolo finalmente vicino, sentì il bisogno irrefrenabile di dirgli cosa provava. Urlargli in faccia cosa provava. Che vivere lontana da lui era stata la cosa più difficile di tutta la sua vita. Anche più dura di aver ucciso Edwin. Di aver combattuto contro un'altra Regina a mani nude. Di aver attraversato mezzo deserto alla sua ricerca.
Tutte quelle cose non significavano più nulla.
Avrebbe attraversato mezzo continente un'infinità di volte pur di essere lì.
Nel trambusto di spari, emozioni e agitazione, percepì troppo tardi dei passi che li stavano raggiungendo. Quando si voltò di spalle per fissare la porta che aveva spalancato con un calcio, stavano entrando già diverse figure.
Tra cui Maicol.
Saleem alzò d'istinto l'arma e mirò. Lei invece si limitò a correre verso Yuri stringendo fra i palmi sudati la piccola chiave in ottone. Al suo posto trovò Ronald che, con fiato ansimante e gocce di sangue che colavano già da una tempia, sorrideva sornione verso Icaro.
«Guardate chi abbiamo qui!» proruppe Maicol in un tono particolarmente euforico. «Ero stato avvisato del fatto che avevano catturato una squilibrata che continuava a blaterare qualcosa sul volermi incontrare perché era la Regina e bla bla bla...» ormai vicina a Yuri, inciampò sulla gamba di una donna senza vita e cadde, la chiave le scivolò dalle dita. Imprecò mentalmente mentre si lanciò un'occhiata alle spalle.
Maicol stava facendo lentamente qualche passo al centro della sala. Intorno a tutti loro c'erano almeno una ventina di soldati. Nessuno di loro però si accinse ad aprire il fuoco, in attesa di nuove direttive. «Colpa mia, non gli avevo creduto» aggiunse con finto rammarico. «Perché non esiste nessun'altra Regina» sottolineò con un sorriso che gli dipingeva le labbra. Skye si affrettò a cercare fra la sabbia e il terreno la chiave. Non la trovò.
«Vero, Yuri?» domandò con complicità.
«Sì» sillabò Icaro dietro di lei.
Stupidamente, perfino in quel momento, il suo cuore minacciò di fermarsi. Era come se una freccia fosse scoccata proprio al suo centro. All'esterno però, Skye non lasciò trapelare nulla di ciò che stava accusando in quel momento. Ricompose ciò che poteva essere incollato e si rialzò.
Da piccola sua nonna le aveva insegnato l'importanza di risultare impeccabili. Anche se ci fosse stata la fine del mondo, sua nonna non avrebbe mai avuto un capello fuori posto.
Nonostante le aveva ribadito più volte l'importanza di quel concetto, Skye in passato era stata restia a comprenderlo ed eseguire il suo consiglio.
Tranne quella volta, non desiderava mostrare quanto fosse ferita al suo avversario, quindi serrò le labbra in una linea sottile e guardò torva il suo nemico.
Ottenendo la risposta desiderata, il fratellastro rise fragorosamente.
«Ridicola» decretò acidamente mentre assaporava deliziato Skye.
«Diamoci un taglio» intervenne Saleem, con un palmo tirò Skye per una spalla che si scontrò con il suo gomito mentre riportava l'occhio nel mirino ed iniziò a sparare a raffica.
Prima che potesse farsi vincere dagli ultimi eventi, raddrizzò la schiena e sistemò la mitragliatrice per aver maggiore stabilità. Tenne stretta l'impugnatura mentre il rinculo dell'arma minacciava di imprimersi in mezzo ai suoi occhi.
Nel giro di pochi minuti, la caligine si sollevò impetuosa nell'aria, rendendo difficile individuare i suoi bersagli nella coltre.
«Combattere non ti servirà» pronunciò il suo rivale. La sua voce proveniva da qualche parte remota. Si discostò leggermente dal mirino, scandagliando la zona e cercandolo tra la polvere da sparo.
«Scappare non ti aiuterà» elencò, sembrava essere in alto. Alzò il naso verso le rocce del soffitto e solo allora si ricordò delle scale in ferro.
Senza pensarci ulteriormente, corse verso le rampe stringendosi la mitraglietta contro il petto.
«Fingerti una Regina non ti basterà...Non più» non capiva il motivo del perché Yuri gli avesse confidato quel loro segreto, rimandò a dopo tutte le domande che aveva in merito. Raggiunse i primi gradini e li percorse tutti fino alla prima rampa.
«Dove sei?» latrò contro alle rocce.
La sua risata era ancora più in alto.
Arricciò il naso e tossicchiò mentre lo seguiva su un'altra rampa. Tutta la battaglia insieme al flacone dei continui colpi erano concentrati ai loro piedi a qualche metro di distanza. Da quell'altezza la visuale era migliore. Controllò la sagoma di Icaro ancora intera contro alla parete. Sembrava contorcersi fra le catene, come se fremesse dall'impazienza di liberarsi. Anche a quella distanza però riuscì a captare il suo panico.
«Attenta!» gridò ma la sottile ringhiera che Skye teneva fra le mani si spezzò sotto al suo peso. Maicol l'aveva spinta in giù e non poté far altro che cadere diritta nel vuoto sottostante.
Una volta Saleem le aveva detto che, in guerra, era un male concedersi di tenere a qualcuno. Figuriamoci amarlo.
Questo perché sarebbe stato un punto debole facile da attaccare. Per lui era un po' come servire la propria testa su un piatto d'argento al proprio nemico.
E Maicol non aveva esitato a tal proposito. Tutte le sue parole, non voleva ammetterlo, l'avevano ferita, distratta e disarmata.
Aveva abbassato la guardia per lanciare un ultimo sguardo verso Yuri, piuttosto che difendersi.
Ad ucciderla non sarebbe stato Maicol.
No. A farla fuori era ciò che provava.
Era l'amore stesso.
Si schiantò sul terreno con un vortice di urla e ossa rotte. Ad attenderla vi era la medesima fine che aveva riservato a Constance.
La spalla, il braccio, l'anca, tutto le mandò fitte contrastanti. Scariche di elettricità percorsero tutto il suo corpo fino a farle mancare l'aria dai polmoni. Il sangue defluì dal suo viso.
Spalancò gli occhi mentre si trovava stesa in malo modo a terra, si rese conto che erano passati solo pochi secondi dalla sua perdita di coscienza perché intorno a lei incombeva ancora una battaglia senza fine. E lei si ritrovava nel suo centro.
Ancora incredula di essere sopravvissuta a quell'altezza, provò a sorreggersi su due mani. Come poteva immaginare tutti i muscoli, soprattutto le costole, protestarono reclamando di rimanere ferma.
Mani gentili e sottili come steli di un fiore la sorressero e più di una volta perché continuava miseramente a scivolare. Ma quel qualcuno non si arrese, continuò a provarci e riprovarci.
«Resisti. Per favore alzati e andiamocene via di qui!» a supplicarla era la voce acuta di Koraline, la scrutava cercando di valutare le sue condizioni. Le fece girare un braccio intorno alla spalla e fece in modo che il corpo di Skye venisse sorretto dal suo, anche se piuttosto gracile, riuscì a tenerla.
Batté le palpebre più volte per mettere a fuoco la sua dama.
«Sta arrivando qualcuno» bisbigliò appena captò un'ombra agitarsi fra la coltre di polvere.
«Indietro!» urlò contro chiunque si stesse avvicinando. La figura non arretrò.
Skye provò a toccarsi un fianco in cerca della sua mitraglietta o di qualsiasi altra arma ma sussultò subito dopo, era ormai più che certa di avere qualche costola rotta.
«Dietrofront!» biascicò Koraline, che mise le mani in una sua tasca e alzò tremante una calibro.
Quando la polvere da sparo si dissipò abbastanza da svelare il viso di un uomo grosso quanto il doppio di loro, era ormai troppo vicino. «Non avvicinarti!» squittì l'amica e senza darle il tempo di ragionare, schiacciò il grilletto.
Il rinculo dell'arma la colpì ad una guancia facendole mollare subito la presa sulla calibro. Trascinandola, arretrarono entrambe in cerca di un equilibrio.
L'uomo di fronte a loro rimase con la bocca spalancata per quel che sembrò un'eternità. Prima che Skye potesse chiederle se l'avesse centrato o meno, il corpo grosso cadde a terra con un ruzzolone.
«Ho ucciso un uomo!» esclamò inorridita la sua dama, portandosi una mano convulsa sulla bocca aperta in una smorfia di dolore. Le lacrime non attesero allungo prima che le rigassero le guance chiare.
«Koraline» arrancò con il respiro mozzo.
«Non l'hai ucciso. Tu mi hai salvata» la corresse. Poi con passi affaticati si frappose fra il corpo della guardia morta e quello della sua amica.
«Hai capito? Tu mi hai appena salvata!» in risposta lei si schiacciò contro alla parete spaventata.
«Koraline» sussurrò addolcendo il tono.
Provando a riacquistare la sua attenzione, per destarla dal suo panico, sensazione che conosceva piuttosto bene.
Barcollò impedita nel vano tentativo di raggiungerla prima che una mano si chiudesse a pugno sulla lunghezza dei suoi capelli, strattonandola in modo brusco via.
Nel momento in cui il suo corpo si scontrò di nuovo con la terra, il dolore le privò della vista e di ogni altra sensazione.
«Inginocchiati!» abbaiò il suo nemico.
Sentì la suola di una scarpa premerle sul petto, schiacciandola verso il basso.
Avrebbe voluto mantenere la sua integrità, eppure non riuscì a contenere le urla di agonia che fuoriuscirono direttamente dal profondo della sua gola.
«Inginocchiati al cospetto di un vero sovrano e non ad una falsa come te» il disprezzo era palpabile nella sue parole. Tentò di dimenarsi sotto alla scarpa in cerca di una breve tregua.
Afferrò saldamente il piede, e con tutta la forza che le restava, spinse per scrollarselo di dosso. Ci riuscì a malapena ma abbastanza per consentirle di rotolare via su un fianco. Fece tre lunghi giri prima di fermarsi e rialzarsi stremata.
«Perché l'hai fatto?» fra tutto ciò che poteva dire o fare, scelse quello. Si portò una mano sulle costole, incurante di mostrare il suo punto debole all'avversario. Era troppo sofferente per pensare di poterlo anche solo nascondere. Sputò del sangue che sentiva sulla punta lingua ai suoi piedi e si asciugò le labbra con il dorso di una mano.
«Che diamine stai blaterando?» sfoggiò il suo miglior sorriso ostile. Perfido e sfaccettato come lui.
«Voglio sapere perché l'hai ferito! come puoi anche solo pensare di torturare tuo fratello!» era furiosa di fronte a tanta crudeltà.
Fu solo una frazione di secondo, ma le sembrò che per un attimo lo sguardo del suo rivale vacillasse insieme a tutto il suo sorriso.
«Ho visto il suo corpo» continuò con la voce che le si spezzava tra un respiro e l'altro. Odiava farsi vedere in quello stato, ma non riusciva più a mostrarsi impeccabile come sua nonna le aveva suggerito.
«Da dove hai trovato il coraggio di frustarlo?» accantonò la sua dignità e il suo orgoglio e si inginocchiò davanti alle sue scarpe, proprio come lui aveva desiderato poco prima. Fra rabbia e dolore, si arrese a pregarlo.
«Se davvero l'ami» le era insolitamente difficile parlare per via delle fitte.
«Se davvero tieni in qualche modo a lui...Ti scongiuro, liberalo» chinò di più la testa ai suoi piedi e quando non ottenne risposta, si accinse a sollevare il capo verso di lui. C'era pura confusione sul suo volto.
Se dal principio Maicol aveva socchiuso la bocca con l'intento di parlare, cambiò subito idea e si limitò a raschiandosi la gola. Alzò un piede e lo premette fra le clavicole, costringendola ad indietreggiare.
«Sei un idiota» sentenziò, come se davvero di fronte avesse avuto una senza cervello.
«Solo una stupida può pensare che sia stato io a fargli quello» le diede un piccolo calcio al petto per allontanarla del tutto.
«Che significa questo?» chiese accigliata.
Una forte detonazione esplose nell'aria, molto più vicina. Tutte le pietre di quel posto vibrarono sotto alla forza d'urto.
«Prendetela!» Ordinò ai suoi soldati. Uno di loro l'afferrò per le spalle e la costrinse a rialzarsi.
Quando il secondo boato fu cosi fragoroso da scuotere la terra sotto di loro, tutti si fermarono per costatare se la Fortezza sarebbe crollata o meno.
La polvere nera calò su tutti che si bloccarono. Skye lanciò un ultim sguardo ad Icaro, che continuava a dimenarsi inasprito tra le catene. Intorno a lui c'era Ronald, Wave e Saleem.
Avevano combattuto arduamente contro dodici soldati. Un numero difficile da battere.
Ma avevano perso, erano stati disarmati e perlopiù catturati. Koraline dall'altra parte, veniva tenuta ferma da una guardia di mezz'età.
«Portatela via» dettò Maicol ai suoi uomini, non rivolgendole più nessuno sguardo.
«In quale cella la mettiamo?» domandò l'uomo che le teneva per i polsi. Riconobbe la voce di Karim. Ancora una volta era in una situazione di svantaggio, dovette limitarsi a digrignare i denti.
Karim la costrinse a fare un passo.
«Per ora facciamo il più lontano possibile da lui» indicò con un accenno di mento Yuri.
«Non» la voce di Icaro spezzò l'aria. Un grugnito capace di far tremare ancora la Fortezza.
«Azzardarti a portarla ancora...» i suoi occhi verdi incenerirono con lo sguardo Karim, poi guardò il suo fratellastro.
Sebbene la sua espressione era fredda e calcolatrice Skye conosceva bene la furia che invece si agitava dentro di lui.
«Via da me!» tuonò infrangendo ogni barriera e riecheggiando ovunque.
Contro ogni aspettativa, strattonò le braccia via dalle catene ed i suoi polsi si liberarono dalle manette che l'avevano costretto a rimanere seduto per chissà quante settimane. La chiave che prima le era scivolata via, luccicò nel lucchetto che cadde a terra. Dandole la prova che era riuscito a trovarle lui al suo posto.
Fulmineo, Icaro afferrò il frustino appeso alla parete accanto a lui.
Ed esplose, diventando pura furia.
Tutto divenne un turbinio di frustate, grida e morte. E perfino quando Yuri spezzò il frustino per strangolare una guardia, non si fermò. Sganciò celere la cintura di cuoio intorno alla sua vita e la utilizzò per fustigare ogni nemico circostante. Lo schiocco del cuoio che si infrangeva violentemente contro alla pelle dei soldati, non cessò un solo istante.
Aveva sempre sottovalutato Icaro, credendo che il soldato migliore del regno fosse Saleem. L'avevano creduto tutti, in realtà.
Ma in quel momento, mentre videro cadere a suolo un soldato dopo l'altro, incapaci di contrattaccare la sua ira, si ricredettero seduta stante.
Quello che stavano guardando a bocca aperta era l'Icaro degno che per anni aveva spaventato ogni membro del Villaggio. Quello che perfino lei aveva temuto prima di entrare nella tenuta.
Portò feroce gli occhi in quelli di lei mentre stringeva la cintura intorno al collo dell'ultima guardia rimasta presente. Annaspava ossigeno senza forze e in breve tempo soffocò, morendo e crollando ai suoi piedi.
Era certa che quella scena avrebbe inorridito chiunque perché era contorta, sadica ed estremamente violenta. Invece non la spaventò.
In realtà non l'aveva mai visto cosi bello.
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