capitolo 9- Sbagliata

Non ho mai amato il sabato sera.

Sicuramente i miei coetanei passano tutta la settimana aspettando questo giorno, questa serata, solo per andare in qualche locale e divertirsi. Ma quando hai pochi amici, e sei solita a passare questa serata a casa a guardare la tua serie tv preferita del momento o a leggerti un libro, allora non speri così tanto che arrivi in fretta.

Soprattutto se sei costretta a vedere le stories su Instagram di tutti quelli che sono usciti a divertirsi, mentre tu sei stata a casa.

Non è che li invidiavo, quando vedevo tutte queste persone divertirsi, però, in un certo senso, avrei voluto anch'io essere così, fare quella vita.

Non sono mai stata una ragazza che ama uscire e divertirsi, ubriacarsi e fare festa fino alla mattina successiva, però vedere tutti i miei coetanei farlo mi faceva sentire sbagliata.

Ed è così che ho passato gran parte della mia vita, a sentirmi sempre anormale. Tutti si divertivano a fare serata in qualche discoteca, ed io preferivo leggere. Tutti uscivano e io mi rannicchiavo nel divano a guardare la tv.

Non invidiavo il fatto che loro lo facevano ed io no, invidiavo il fatto che loro volevano farlo ed io no.

Non lo volevo, ma mi sarebbe piaciuto volerlo. E questo mi ha sempre fatta sentire come se non fosse giusta la mia vita, come se ci fosse qualcosa che non andava in me. Qualcosa che andava aggiustato.

Ed è per questo che quando Carmen mi ha chiamata, dicendo che sarebbero andati in discoteca, ho deciso di dire di sì. Per una volta, in tutta la mia vita, voglio provare quello che provano tutti. Voglio uscire e divertirmi, almeno voglio sforzarmi di farlo.

E lo so che non dovrei sforzarmi di fare qualcosa, se non mi va. Ma come faccio a capire se non fa per me questa cosa, se non l'ho mai provata?

Per una volta, voglio vedere quelle benedette stories senza sentirmi sbagliata o perennemente in errore.

«Prova questo», mi dice Carmen porgendomi un tubino nero, non troppo corto ma neanche troppo lungo, con una scollatura a cuore.

Sono andata a casa sua per trovare qualcosa da mettermi, dato che il mio armadio ha proprio bisogno di una ricondizionata. Non avevo nulla da mettermi.

In più, oggi ho deciso che dirò si a qualsiasi cosa. Cioè, ovviamente non proprio a tutto. Ma cercherò di dire di si a più cose possibili per non privarmi di nessuna possibilità. Soprattutto perché questo è il mio sabato di prova.

«Va bene», concedo prendendo il vestito.

Lo tasto. So che può sembrare stupido, ma sono molto pignola sul tessuto dei vestiti. Mi piacciono morbidi, e questo lo è.

Lo indosso e mi guardo allo specchio.

«Stai benissimo», mi dice Carmen.

In effetti non sto male. Il vestito mi fascia bene il corpo, mettendo in risalto i punti giusti, come i fianchi e il seno. La scollatura è profonda, ma non da un'impressione volgare. Mi arriva sotto la coscia, ma non mi fa sembrare le cosce grandi.

Non sono solita ad indossare questi vestiti. Ma oggi è il giorno delle opportunità, no?

«Dici?» chiedo volandomi verso di lei, che è bellissima. Indossa anche lei un tubino, solo che il suo è rosso. Le sta davvero bene.

Ma oggi decido di non mettermi in paragone con lei, né con nessuno.

«Si, sei bellissima, Ariel» dice lei con apparente sincerità. «Vieni, ti trucco» Mi sorride.

«Truccarmi? Ma sono già truccata» le dico, puntandomi l'indice vicino all'occhio. «Ho il mascara.»

«E che ci facciamo solo con il mascara, scusami? Oggi ti trucco io, vedrai che non te ne pentirai» Mi fa l'occhiolino.

Sicuramente è brava a truccarsi, dato che lei lo fa ogni giorno, e neanche poco.

È il giorno che devo dire sì, giusto?

«Va bene», concedo prima di sedermi nella postazione trucco e lasciarmi fare tutto quello che vuole, sia al viso che ai capelli.

Quando ha finito, dopo circa una mezz'ora, in cui mi rilasso totalmente grazie al suo tocco delicato, lei mi sorride, soddisfatta della sua opera.

Mi guardo allo specchio. Mi ha messo l'eye-liner nero negli occhi e un rossetto ciliegia sulle labbra. Non è troppo, mi piace.

Mi ha acconciato i capelli con dei boccoli, che devo dire che non mi stanno male. Ma sono abituata a vedermi sempre con i capelli disastrati, quindi non vale.

«Se ti mettessi sempre così, tutta l'università sarebbe ai tuoi piedi, Ariel.»

La guardo scettica. «Non sono così diversa.»

«No, non lo sei. Però così ti valorizzi molto di più.»

Non posso darle torto.

Le sorrido. «Andiamo.»

Dopo circa cinque minuti, il telefono di Carmen segna l'arrivo di un messaggio da parte di Logan che ci è venuto a prendere, quindi scendiamo di sotto e ci dirigiamo in auto.

Fortunatamente quando entro in macchina vedo che Tiffany non è presente e spero che rimanga così. Non ho nulla contro di lei, ma è una ragazza che mi mette a disagio, dato che si vede lontano un miglio che non le sto simpatica.

«Ehi, ragazze», ci saluta Logan, «Siete delle fighe da paura.»

Carmen ridacchia e lo bacia sulle labbra, non è un bacio casto, ma neanche troppo passionale, dato che ci sono io nel sedile posteriore. Apprezzo il fatto che, per una volta, si siano contenuti.

«Grazie, è tutto merito di Carmen.» Ridacchio, passandomi le dita tra i capelli, leggermente in imbarazzo.

«Oh, no, tesoro. Io ti ho solo valorizzata, ma tu sei già bella di tuo. Mi fa incazzare che una ragazza come te non capisca di essere sexy. Insomma, occhi azzurri, capelli biondi, bel fisico, che vuoi di più?» Ride lei, passando gli occhi su tutto il mio corpo.

Se solo sapessi i complessi che ho nella testa...

Quando arriviamo, ci dirigiamo dentro al locale. Non è troppo affollato, forse perché siamo entrati dall'ingresso vip, grazie ai ragazzi.

Al tavolo ci attendono Tayler e...Thomas, James e Sam.

Ma che ci fanno qui?

«Perché ci sono loro?» chiedo a Carmen poco prima di sedermi accanto a lei, proprio di fronte a Thomas. Dalla mia voce, seppur non volendo, traspare l'agitazione che mi scorre dentro le vene.

«Quando veniamo al locale ci sono sempre. È grazie a loro se possiamo entrare nella zona vip», mi spiega lei.

Faccio un sorriso a Tayler per salutarlo e sorrido anche agli amici di Thomas, ma faccio di tutto per non incrociare il suo sguardo.

Il problema sta nel fatto che quando entro in un posto, la presenza di Thomas si sente anche se non mi guarda, anche se non mi tocca o anche se non mi parla. È come se l'aria intorno a me cambiasse. Non riesco più a respirare come prima. È come se sentissi il fuoco scorrermi nelle vene, viaggiare di pari passo con il mio sangue e pompare dritto al cervello.

Dopo quello che è successo ieri con Thomas, la sua presenza mi mette leggermente a disagio, per il fatto che non so se lui stia provando lo stesso che provo io, se ha provato la stessa eccitazione e lo stesso bisogno che ho sentito scorrere dentro di me. Per non parlare di quello che è successo subito dopo, che non fa altro che impappinarmi il cervello. Vorrei tanto sapere che cosa volessero quei tizi in casa mia, e del perché hanno ammesso di volermi spaventare.

Faccio un lungo sospiro per calmarmi, prima di iniziare la serata, anche se i miei nervi non fanno altro che salirmi a fior di pelle.

«Tu sei la Sirenetta?» mi chiede James, fissandomi di capo a piedi, «Wow, a scuola non sei così di solito.»

«Ariel, non la Sirenetta.» Lo guardo torvo. Odio e amo il nomignolo che ha deciso Thomas per me, amo quando lo dice lui, con quella sua voce roca, e odio quando mi ci chiamano gli altri. No, non è vero, odio anche quando mi ci chiama lui, ripensandoci. Anche se sento le farfalle nello stomaco...«Dovrebbe essere un complimento?»

Lui mi sorride e si rivolge a Sam, «Non è figa stasera?»

L'amico annuisce ed io mi sento le guance andare a fuoco, sia per il mezzo complimento che mi fanno, sia per gli occhi dei due ragazzi puntati su di me.

«È una ragazzina, smettetela», li redarguisce Thomas.

Non lo guardare. Non lo guardare...

Lo guardo.

Indossa una camicia nera. Tiene i primi due bottoni aperti che mi permettono di indugiare sul suo corpo, sul collo grande e con un accenno di barba, per poi scendere verso il petto ambrato, di cui vedo molto poco, ma che mi basta per farmi seccare la gola. Le gambe sono fasciate da dei jeans dello stesso colore.

I capelli sono disordinati, come sempre. Mi viene voglia di toccarglieli.

No, ma che stai dicendo, Ariel? Calmati.

Appena raggiungo i suoi occhi, noto che anche lui mi sta guardando, ma più che i miei occhi, sta guardando la scollatura a cuore. Mi sento come se il suo sguardo fosse qualcosa di concreto, come fossero dita che mi tracciano tutte le curve del corpo.

L'espressione sul suo viso, però, rimane sempre seria e imperscrutabile, mentre mi accarezza con lo sguardo.

Chissà cosa sta pensando.

Che sono bella? Che gli faccio schifo?

Dal suo sguardo, che si schioda dal mio seno per raggiungere i miei occhi, posso vedere che forse un po' gli piaccio, e mentirei se dicessi che questo non mi inorgoglisce almeno un po'. Mi sta guardando come un predatore che sta valutando la sua preda. Si lecca le labbra con un gesto istintivo e poi si porta la sigaretta alle labbra, accendendola poco dopo.

Distolgo lo sguardo quando Sam interviene: «Champagne per tutti?»

«Fatti portare anche da mangiare», dice Carmen.

Poco dopo arriva da bere e, con esso, dei bignè alla crema, che prendo subito.

«La ragazzina ha fame», bofonchia Thomas, vedendomi con il dolcetto in mano, pronto per essere addentato.

«Problemi?» Inarco il sopracciglio e lo guardo negli occhi, sfidandolo a dire quello che pensa.

Si, sono timida. E si, la situazione di ieri mi ha messa a disagio, ma la risposta pronta non mi manca mai.

«No, no, dico solo che dovresti stare attenta a mangiare queste cose, non vorrai mica ingrassare?» mi dice con finta premura, per poi portarsi una mano sul petto, fingendosi dispiaciuto.

Mi vuole umiliare.

Nessuno ascolta la conversazione, siamo solo io e lui.

Mi sento sprofondare per quelle parole. Prima Carmen mi ha detto che ho un bel fisico, ma se non fosse vero? Se me l'avesse detto solo per farmi felice o, peggio, prendermi in giro?

Thomas pensa che ho un brutto fisico?

Al diavolo. Non mi faccio intimidire da lui e dalle sue parole acide.

In tutta risposta, lo guardo negli occhi e addento il dolce. La crema è decisamente troppa e mi cola sul lato delle labbra, che mi affretto a raccogliere con il pollice e che poi metto in bocca per succhiare i rimasugli di crema. È deliziosa, dolce al punto giusto.

Alzo gli occhi su Thomas, pensando di aver fatto una figuraccia, ma mi guarda come se volesse mangiarmi, quasi scioccato dal mio gesto innocente.

«Non hai mai visto una ragazza mangiare?» lo provoco, cercando di stemperare l'imbarazzo che avverto crescere sempre di più nel mio corpo.

Lui distoglie lo sguardo dalle mie labbra per raggiungere i miei occhi. «Direi che sei pronta per fare un pompino, Sirenetta. La prossima volta esercitati con un cazzo vero, però, non con un dolcetto», sputa amaro.

Non ho mai pensato a come uccidere un uomo, ma adesso che guardo Thomas che si morde l'interno della guancia, cercando di nascondere un sorriso dopo avermi umiliata, penso che farlo per autodifesa non sia una cosa così sbagliata.

Mi guardo intorno sperando che nessuno lo abbia sentito, e infatti tutti stanno facendo gli affari propri. Carmen e Logan si sono alzati per andare a ballare, e Tayler è impegnato a parlare con Sam e James.

Tiro un sospiro di sollievo.

«Hai paura che diventi più brava delle tue amiche?» ribatto, guardandolo nel modo più truce che posso. Sento la rabbia aumentare dentro di me come una furia impazzita, tanto che sento persino le orecchie scaldarsi.

«Se vuoi dopo proviamo, magari ti insegno come soddisfare per bene un uomo. Anche se credo che tu non saresti mai capace di sfamare uno come me.» La sua voce è così sensuale anche se non ci si sforza per niente, gli viene naturale come bere un bicchier d'acqua. Le sue parole mi fanno trasalire e per un attimo immagino davvero come sarebbe a letto. Immagino un Thomas pretenzioso, che assaggia ogni parte del mio corpo, che non si limita a baci casti, ma che mi mangia letteralmente, che mi doma e mi sottomette come una furia selvaggia, come se potesse dissetarsi bevendo ogni parte di me.

«È una fortuna allora, che non verrò mai a letto con te», dico con voce tremante, così poco decisa rispetto a quella che volevo che mi uscisse dalle labbra.

Pensa che non potrei soddisfarlo? Bene, problema risolto. Non succederà mai.

«Tranquilla, stavo scherzando. Preferirei vivere senza cazzo che scoparti», dice secco, con voce piatta e disinteressata. Prende un bignè e se lo mangia, ignorandomi completamente.

Bene, la conversazione è finita, ma qui dentro inizia a mancarmi l'aria; quindi, mi alzo e mi affretto ad uscire da quella che sta diventando una bellissima gabbia d'oro. 

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