capitolo 6- Voglio aiutarti
«Raccontami di te», mi dice Tayler mentre ci sediamo nelle sedie lasciate deserte fuori dal locale.
Appena mi siedo, il contatto con il legno gelido della sedia mi fa sussultare, ma è anche una sensazione piacevole, dato che la vicinanza con Thomas mi stava letteralmente facendo prendere fuoco la pelle.
«Non ho molto da raccontare» Alzo le spalle. «Sono figlia unica, i miei genitori si sono separati, non è una bella storia» faccio una smorfia che dovrebbe essere un mezzo sorriso.
«Oh, genitori separati, brutta storia», commenta lui annuendo.
«Tu? Insomma, non dev'esse facile essere il fratello di quel pallone gonfiato.» Ridacchio.
«Siamo...» Fa una breve pausa che mi lascia intuire che c'è qualcosa che lo disturba, ma lascio correre, «io e lui, da sempre.»
«Avete entrambi vent'anni?» chiedo, visto che questa domanda non mi era saltata in mente prima.
«No. Io ne ho venti, Thomas ne ha ventitré.»
Si scoprono sempre cose nuove, anche se non ne sono stupita. Appena ho visto Thomas ho dedotto subito che fosse più grande. Non so spiegarlo, è stata una sensazione a pelle. È come se avesse gli occhi più grandi della sua età, che celano dietro di essi molti anni e vite vissute, molte più di una semplice vita da comune umano.
Tayler sembra infastidito a parlare di cose familiari. Non me lo dice espressamente, ma sono molto brava a capire le persone. Ho un lato molto empatico, e riesco a sentire a pelle quando un argomento mette a disagio qualcuno con cui sto parlando, perciò cambio argomento. «Ti piace leggere?»
«Leggere? No! Per niente!» ride lui, come se avessi detto la cosa più stupida del mondo.
Peccato.
«Io amo leggere, ma capisco che non tutti hanno il mio stesso hobby.»
«Cosa leggi?» Sembra realmente interessato, e la cosa mi stupisce. Tutte le persone con cui sono uscita, che siano stati amici o persino parenti, si sono sempre annoiati quando iniziavo a parlare dei libri che tanto amo.
«Tutti i romanzi. Li adoro, davvero. Starei ore ed ore a leggere, infatti ci sto, talmente tanto che dopo un po' mi si appanna la vista e sono costretta a smettere», confesso, sfociando in una risata.
Parlare con Tayler è facile, mi fa sentire a mio agio. Non sento le farfalle nello stomaco né i brividi lungo il corpo, però mi sento bene. Questo deve pur dire qualcosa, no?
Si, che lo vedi come un amico, Ariel, dice il mio subconscio.
«Sono felice di averti conosciuta, Ariel», confessa avvicinandosi un po' a me.
Le nostre ginocchia si sfiorano, dato che siamo seduti uno di fronte all'altra, ma non mi da fastidio. In altre situazioni, mi sarei sentita in imbarazzo e mi sarei sottratta subito a quel contatto, ma non lo faccio stavolta.
Ci guardiamo negli occhi e gli sorrido. Non m'imbarazzo.
«Anche io», ammetto. È vero, senza di lui ora sarei dentro con due coppie che si stanno baciando. Il che è anche strano, se penso che sia Tiffany che Carmen siano state con Thomas, e che ora lui stia baciando Tiffany, mentre Logan bacia Carmen davanti a lui.
Mi chiedo se a Thomas interessi la cosa.
Ad un tratto, il cellulare di Tayler suona per la notifica di un nuovo messaggio e lui lo prende subito per leggerlo, poi mi guarda negli occhi con espressione preoccupata.
«Che succede?» gli chiedo, quando un misto di ansia e preoccupazione si fa strada dentro di me.
«È Carmen, dobbiamo rientrare. Thomas è ubriaco e sta facendo un casino.»
Si alza di scatto ed io lo seguo.
Ma che diavolo vuol dire?
«Non capisco. Perché devi andarci tu? Ci sono Tiffany, Logan e Carmen dentro.»
«Ariel, non capisci. Thomas ha bisogno di me, adesso», risponde secco, non dandomi la possibilità di ribattere.
Thomas ha bisogno di lui? Che succede?
Ma soprattutto, quando ha bevuto? Io e Tayler saremo stati fuori una mezz'oretta, non può essersi ubriacato così tanto in poco tempo.
Si è drogato?
Era già ubriaco quando è arrivato?
Entriamo alla velocità della luce e individuo Thomas subito. Se ne sta sul bancone, con una bottiglia di Whisky in mano, e sta lanciando una sedia a terra con una furia disumana. I muscoli delle sue braccia guizzano ogni volta che tira su una sedia e la scaraventa a terra, e il suono sordo come sottofondo non fa altro che rendere l'atmosfera ancora più terrificante. Ma la cosa strana è che nessuno sta facendo nulla, tutti lo guardano con paura, ma nessuno osa intervenire.
Vederlo così, furioso e con gli occhi privi di vita, mi spaventa.
«Rimani qui», mi intima Tayler avvicinandosi a lui. Lo vedo raggiungerlo e parlargli in modo calmo, tranquillo, mentre Thomas sembra tutto fuorché sereno.
Mi avvicino a Carmen, che se sta seduta con gli occhi sgranati.
«Che gli è preso?» chiedo. Nella mia voce si può sentire l'ansia e il panico che provo in questo momento.
«Non lo so, ma quando fa così mi spaventa», ammette lei.
«Lo fa spesso?»
«No, di solito si ubriaca, sì. Ma non fino a questo punto. Non sempre.»
Continuo a guardare Tayler e Thomas che parlano, il primo che cerca di calmare il secondo, ma con scarsi risultati. Thomas spacca la bottiglia sul bancone, facendomi trasalire e spaventare tutti quelli del locale, per il frastuono che fa. I vetri si sparpagliano anche a terra, ma lui non se ne bada e ci pista sopra con la scarpa, rompendoli ancora di più.
Non dovrei mettermi in mezzo, ne sono consapevole. Tutto il mio corpo mi dice di non avvicinarmi, ma non riesco a vedere questa scena penosa da lontano.
Sembra che Thomas stia soffrendo, e per quanto io lo odi, nessuno merita di stare così.
Non ho mai amato vedere la gente soffrire, nemmeno mai tollerato. Per quanto certe persone mi avessero ferita, in passato, non sarei mai rimasta a guardarli marcire nel loro dolore. Thomas, secondo me, è una persona che ha sofferto molto nella vita, lo sento sottopelle, lo vedo nei suoi occhi stanchi, e nel modo furioso in cui se la prende con il mondo, come in questo momento. Immagino la sua sofferenza, e immagino che voglia liberarsene sfogandosi con questi oggetti inanimati, sperando che frantumando essi, la sua anima si liberi di tutto quel dolore. Ma non funziona così, non ti aggiusti se rompi qualcos'altro.
I miei piedi si muovono da soli verso di lui. Mi avvicino cauta, mentre Tayler mi lancia un'occhiata, come se mi stesse dicendo «non avvicinarti». Ma io faccio di testa mia e arrivo a un palmo dal viso di Thomas. I suoi occhi sono iniettati di sangue, quasi completamente rossi e persi nel vuoto. La sua espressione non è nemmeno più furiosa come prima, ma semplicemente rassegnata, stanca.
«Ariel, vattene», mi sussurra Tayler.
Ma ormai è troppo tardi, Thomas mi ha vista. Sul suo volto compare una smorfia di disgusto, che mi fa pentire per un attimo di essermi avvicinata tanto.
«Sirenetta», dice sprezzante, come se mi odiasse, «Levati dal cazzo.»
«No», ribatto decisa. «Andiamo fuori, per favore», gli dico piano, con delicatezza.
In certi casi bisogna essere delicata.
Lui scoppia in una risata amara. «Ma che cazzo vuoi? Chi ti credi di essere, eh?» Arriva a un palmo dal mio viso, sento il suo alito di Whisky e faccio una smorfia.
«Voglio aiutarti», confesso, nel modo più sincero possibile.
«Ariel, ti prego», mi sussurra Tayler, avvisandomi con lo sguardo di andare via, di non mettermi in mezzo. Avvisandomi di ciò di cui potrebbe essere capace Thomas.
«Aiutarmi?» sputa amaro, «Sei tu il cazzo di problema.»
Io? Il problema? Ma che sta dicendo?
Sta vaneggiando, chiaramente. Sarà l'alcol.
«Ariel, basta, vattene», mi ordina Tayler ad un tratto.
Rimango stordita per le sue parole taglienti e il suo tono di voce che tende molto alla cattiveria. Ci rimango male. Mi volto verso di lui che neanche mi guarda negli occhi.
Mi sento umiliata, talmente tanto che gli do retta e me ne vado.
Volevo aiutarli, ma evidentemente ho sbagliato.
A disagio, mi avvicino a Carmen e le chiedo di portarmi a casa.
***
È venerdì mattina. È passata quasi una settimana da quando sono andata al locale. Da allora non ho più parlato con Tayler. A mensa non è più venuto a sedersi con noi, è stato sempre con Thomas e i suoi amici, che a quanto pare sono loro amici.
Non ci siamo più parlati, io non l'ho cercato e lui non è venuto a dirmi niente.
Non so chi dei due abbia sbagliato. Ho avuto modi di pensarci e sono arrivata alla conclusione che io ho sbagliato a non farmi gli affari miei, come sempre, ma vedere Thomas in quello stato, per quanto io lo possa odiare, mi ha creato disagio e preoccupazione. Lui, d'altronde, ha sbagliato a cacciarmi in quel modo.
Magari dovrei andarci a parlare io?
Sto percorrendo il corridoio dell'università, quando Carmen mi raggiunge.
«Ehi», mi saluta. Ha il respiro affannato, penso che abbia corso per raggiungermi.
Le sorrido. «Ehi. Secondo te dovrei andare a parlare con Tayler?»
Non sono solita a confidarmi con le persone, ma adesso ho davvero bisogno di un parere.
Mi dispiace di questo "litigio", se così possiamo chiamarlo. Tayler mi piace.
«Si», risponde subito.
«Dici? Non lo so. Lui ha sbagliato, no?»
«Ha sbagliato, ma tra lui e Thomas le cose non sono semplici. Li conosco da molto, quei due hanno i loro segreti», confessa.
E questo non fa altro che alimentare la mia curiosità.
Maledetta curiosità!
«Poteva parlarmi lui.»
«Avrà avuto i suoi problemi. Parlaci tu, sei una donna forte e indipendente, credo che potresti fare il primo passo, no?»
Sono felice del suo complimento, e alla fine ha ragione. Perché aspettare che un uomo faccia il primo passo? Posso farlo io.
«Hai ragione. Vado a lezione e ci parlo subito. A dopo», la saluto e inizio a correre per raggiungere l'aula.
Appena entro lo individuo subito e mi siedo accanto a lui.
«Ehi.» Ci vado piano, tasto il terreno.
Lui mi guarda all'istante, mi sorride come se non aspettasse altro che vedermi. «Ehi, Ariel.»
«Volevo parlarti...»
«Scusami», m'interrompe. «Sono stato brusco. È che conosco Thomas e so che quando fa così...»
«No, scusami tu», lo interrompo a mia volta, «Non devi darmi spiegazioni. Ho sbagliato a non farmi gli affari miei. Ho il naso troppo lungo.» Ridacchio per smorzare l'imbarazzo.
Mi sorride. «Volevo parlarti giorni fa, ma non ero sicuro di come potessi reagire», confessa.
«Non ti preoccupare.»
In quell'istante, Thomas entra in classe. Tutti si voltano nella sua direzione ed io non sono da meno.
Ha il labbro gonfio e un taglio sul sopracciglio. Mi acciglio all'istante, chiedendomi cosa gli sia capitato.
È pericolosamente bello, anche conciato così.
Viene verso di noi e si ferma una volta che ci ha raggiunti. Lo guardo, ha un'espressione fredda, assente.
«Mi servono le chiavi della macchina», dice a Tay, senza neanche degnarmi di uno sguardo.
«Perché?» chiede lui.
«Vado a casa.»
«Ma sei appena arrivato.»
«E ora torno a casa. Che cazzo vuoi, Tay? Dammi le chiavi», dice brusco. «E tu, hai finito di fissarmi? Cazzo», dice rivolgendosi a me.
Non mi guarda neanche.
«Non ti sto guardando, smettila di montarti la testa», mento, perché lo stavo guardando eccome.
«E io come torno a casa?» chiede Tayler.
«Passo a prenderti dopo, muoviti», insiste Thomas.
«Non voglio che tu faccia cazzate, vengo con te.»
«No.» Lo respinge subito Thomas, «Devi dare un esame dopo, lascia perdere.»
«Non m'importa...»
«Tay, cazzo! Non rompermi i coglioni e dammi quelle cazzo di chiavi», sbotta.
Poi, inaspettatamente, Tayler si rivolge a me, «Ariel, so che ti sto chiedendo tanto, ma ho un esame e non posso rimandare. Puoi andare tu con lui e assicurarti che non faccia delle cazzate? So che ti chiedo molto ma...»
«Okay», lo interrompo.
La mia curiosità ha la meglio, e voglio sapere di più su di lui, quindi accetto l'offerta, anche se stare con lui da sola non so cosa potrebbe recarmi.
«Ma scherzi? Non ci pensare proprio. Tu rimani qui, Sirenetta», dice Thomas, sorpreso dalla proposta del fratello e dal fatto che io abbia accettato.
«Se vuoi le chiavi vai con lei», risponde Tay in modo autoritario, poi si rivolge a me: «Grazie, Ariel. Grazie davvero. Sei fantastica. Mi farò perdonare, te lo giuro.»
«Non ti preoccupare.» Sorrido. «Non mi andava di stare a lezione, quindi» faccio spallucce.
Thomas sbuffa rumorosamente, «Va bene, dammi le chiavi.» Tay gliele porge. «Muoviti, Smith», mi dice iniziando a incamminarsi verso l'uscita.
Mi alzo di scatto e lo seguo, quasi correndo, dato che le sue gambe sono il doppio delle mie e sta andando abbastanza veloce.
«Dove andiamo?» grido dietro di lui.
«Noi da nessuna parte. Tu vai a casa», risponde secco.
«Cosa? No! Devo stare con te, l'ha detto Tay», ribatto con voce affannosa.
Thomas si ferma in mezzo al corridoio ed io, non accorgendomi, gli vado praticamente addosso. Lui mi sorregge, prendendomi per le braccia, prima che possa cadere e mi rimette in piedi, di fronte a lui.
Inutile dire tutte le sensazioni travolgenti che mi fa provare il suo tocco.
Il fatto che mi abbia presa e rimessa in piedi, come se pesassi nulla, mi ha fatto immaginare quanto forte e potente potrebbe essere mentre...
«Tu vai a casa», ordina guardandomi negli occhi, interrompendo i miei pensieri indecenti, e da una parte gliene sono grata.
«No», ribatto.
Sei testardo, ma io lo sono più di te, Thomas.
«Non farmi incazzare, Ariel», ringhia. È la prima volta che mi chiama per nome. Avverto un brivido che mi scorre in tutto il corpo a sentirglielo pronunciare.
Sono avvolta dal suo profumo al gelsomino e dall'odore della sigaretta che ha probabilmente appena fumato, e questo mi causa una capriola allo stomaco.
«Sto con te», dico piano in modo da calmarlo. «Dimmi dove andiamo.»
Emette un ringhio infastidito. «Che rompicoglioni che sei, ragazzina del cazzo.»
Sorrido, capendo di averla avuta vinta. Ma poi mi guarda e ghigna, come se gli fosse appena venuta in mente un'idea geniale, che riguarda me.
«Va bene, vieni con me», concede, ma so già che mi aspetterà qualcosa di terribile.
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