capitolo 4- Quando meno te l'aspetti
Appena la mia pelle entra a contatto con l'acqua gelata, il mio corpo rabbrividisce e mi sento intorpidita, per quanto cavolo sia freddo. Mentre riemergo, alla velocità della luce, perché odio da morire le basse temperature, penso ad un modo per uccidere Thomas Walker.
Letteralmente.
Tossendo un po', dato che non ho avuto il tempo di tapparmi il naso, cosa che faccio sempre prima di tuffarmi, mi guardo intorno alla ricerca di quel mostro e lo individuo subito. Se ne sta seduto accanto alla piscina, con i piedi nell'acqua, e sta ridendo con i suoi amici.
Ora lo uccido davvero.
Mi avvicino a lui, portandomi i capelli fradici indietro, e metto in atto la più antica tecnica di seduzione del pianeta.
Devo ammettere di essere imbarazzata da me stessa, ma al momento l'unica cosa di cui mi interessa davvero è la vendetta. Potrei sembrare immatura, ma credo quest'ultima sia il principio motore del mondo intero. Forse sono drastica, ma la vendetta è un qualcosa che smuove l'animo umano, che lo attiva, che lo fa arrivare in punti inimmaginabili. È un qualcosa di incontrollabile, così forte tanto quanto lo è il sentimento della paura. Un qualcosa di inarrestabile.
Mi fermo di fronte a lui, e i suoi occhi indugiano per qualche secondo sul mio corpo. L'acqua mi copre dalla vita in giù, e mi rendo conto che il top è completamente bagnato, questo significa che mi si vede il reggiseno. Ma adesso non me ne curo, ci penserò dopo alla vergogna.
«Aiutami», dico con il tono più seducente che posso.
Non so se è l'alcol a darmi coraggio, o se sono talmente arrabbiata che farei qualsiasi cosa pur di fargliela pagare, ma mi sento spavalda adesso.
«Non ci penso proprio, Sirenetta.» Continua a guardarmi negli occhi, ma ora non ride più.
«Mi hai buttata in acqua, potresti almeno aiutarmi a risalire, no?» sbatto le palpebre in modo sensuale e mi mordo il labbro.
Sono sicura che lui non sia attratto da me, ma so anche che uno come lui non può resistere alla tentazione, anche se sono una semplice ragazzina, neanche troppo carina per i suoi standard, deduco.
«Ti aiuto ad una condizione» ribatte.
«Ti ascolto.»
Sto congelando ed inizio a tremare, ma lui non sembra farci caso.
«Appena esci dall'acqua ti spogli. Altrimenti prendi freddo, no?» Sorride beffardo, consapevole che non lo farei mai. Ma mi ha giudicata male.
Mi vuole umiliare.
Stringo i denti per il nervoso e decido di assecondarlo.
«Certo.»
Il suo volto assume un'espressione del tutto sorpresa, gli si alzano le sopracciglia e una smorfia gli compare sulle labbra. Non se l'aspettava, se solo sapesse che non ho la minima intenzione di farlo.
Mi da una mano e io la prendo all'istante, rabbrividendo per quel contatto. La sua mano è ruvida, non morbida come me l'aspettavo. Prima che possa tirarmi su, uso tutta la forza che ho in corpo per spingerlo verso di me. Mi impegno davvero molto, dato che è un ammasso di muscoli. Ma credo che ad aiutarmi sia l'effetto sorpresa, infatti, con una spinta enorme da parte mia, scivola addosso a me e cade in acqua, completamente vestito.
Il suo corpo mi è saltato letteralmente addosso, perciò finisco anche io sott'acqua, ma sono troppo contenta di averlo trascinato giù, quindi, quando riemergiamo ridacchio come una bambina che ha appena ottenuto la sua caramella preferita come regalo.
Lui riemerge, ma non sta ridendo. Mi fissa negli occhi con un'espressione truce. Il suo sguardo è pura rabbia, terrificante come lo sguardo di un demone peccatore, di un angelo marchiato dal male, pronto a condurmi tra le fiamme bollenti dell'inferno. Mi guarda così intensamente che, pur essendo ancora in acqua, sento le gambe cedermi e tremarmi come delle foglie in balia del vento invernale. Sento la sua rabbia scorrermi addosso come lava bollente, incastrarsi nelle pieghe del mio corpo ed entrare direttamente nella mia mente, per fottermi il cervello.
Indietreggio di scatto, impaurita dalla sua sola espressione maligna, come se il diavolo si fosse impossessato del suo corpo, o forse il diavolo è semplicemente...lui.
Lo osservo e ne rimango ammaliata: ha i capelli bagnati tirati all'indietro. Delle goccioline gli scivolano sul viso, dalla fronte alle labbra, ed io seguo quel movimento come se ne fossi dipendente, come se quelle gocce audaci fossero le mie dita, che scivolano fino alle sue labbra che sembrano morbide come la seta, e vorrei davvero non notare quando dannatamente sia bello in questo momento.
Cazzo.
Emetto un ringhio sommesso, sentendomi colpevole per i miei pensieri irrazionali, dettati dalla parte più recondita e inesplorata di me: la mia lussuria.
Non puoi trovare sexy questo ragazzo, Ariel. È un pallone gonfiato! Ribatte la mia mente, ma i miei ormoni impazziscono alla visione di Thomas.
Trattengo il respiro quando mi viene vicino con quell'aria furente, piena di rabbia e terrore. Ho paura di lui, paura di quello di cui può essere capace. Potrebbe uccidermi anche solo con lo sguardo, ed io ne rimarrei pietrificata, se lo facesse, senza neanche la possibilità di sciogliere quel contatto lesivo tra i nostri occhi.
Addio mamma, ti ho voluto bene. Penso, mentre cammina verso di me, come un leone che si avvicina, lentamente, alla gazzella che vuole sbranare. Lo fa in modo cauto, calmo, così da incutermi ancora più timore. Ogni suo gesto è controllato, come se fosse un automa, mentre vira verso di me.
Mi guardo intorno nella speranza che qualcuno possa salvarmi, cerco Tayler con gli occhi, ma di lui non trovo nessuna traccia, forse anche per il fatto che dopo una ricerca di qualche secondo, i miei occhi tornano nei suoi, incapaci di sciogliere quel contatto. È come se i nostri occhi fossero legati tra loro da un filo invisibile.
Arriva ad un soffio da me, poi piega leggermente il viso per far si che i nostri visi si allineino, ed io sento il cuore martellarmi nelle pareti del mio stomaco, come un uccellino che cerca di uscire dalla sua gabbia, sbattendo contro ogni angolo di essa.
Siamo talmente vicini che sento l'odore del suo respiro, che sa di alcol puro, di Whisky. Il suo fiato caldo che mi sfiora la pelle in modo violento, che mi scotta quasi a farmi male.
Lo guardo negli occhi, ora che è ancora più vicino, e posso notare quanto sia compromesso dalle ombre che si celano dietro e dentro quei meravigliosi pozzi bui.
«Te la farò pagare, Ariel Smith. Puoi scommetterci. Ma succederà quando meno te l'aspetti», dice con voce roca, fredda, talmente tanto che mi vengono i brividi, ma mi dico che sarà il freddo, e non per la sua presenza magnetica.
Si allontana da me ed esce dall'acqua, permettendomi di riacquistare il respiro che bramavo da quando si è avvicinato a me. Incamero aria come se ne fossi stata priva per minuti interi, e cerco di calmare i battiti accelerati del mio cuore impazzito.
I suoi amici ora non ridono più, mi guardando tutti con un'espressione seria in volto.
Sono sicura di essere diventata un nuovo bersaglio per questi criminali, e non è una delle cose che prediligo al momento. Di sicuro, non mi aspettavo di venire in questa nuova università per farmi prendere in giro e insultare da questi masochisti, ma non posso che dare la colpa a me stessa. Ho istigato il diavolo in persona, senza rendermi conto di quanto possa essere crudele, ed ora ne devo accettare le conseguenze.
Esco dall'acqua anche io e individuo Tayler, seduto sulla sdraio, che se ne sta al cellulare. Appena mi vede lo posa e viene verso di me.
«Potevi aiutarmi», dico piatta, senza troppe emozioni, ancora scossa per l'accaduto.
Non mi aspettavo un aiuto, ma cavolo, è suo fratello, poteva dirgli qualcosa.
«Scusami, Ariel, è che Thomas è...»
«Uno stronzo», lo interrompo.
Sembra che Tayler abbia paura di lui, contrariamente a ciò che aveva dimostrato a lezione, ma non me ne stupisco. Farebbe paura anche al diavolo in persona.
***
«Perché sei tutta bagnata?» chiede Carmen appena rientro.
«Chiedilo a quello stronzo di Walker», ribatto secca. «Hai qualcosa da prestarmi?»
Carmen annuisce all'istante. Non fa troppe domande sulla mia caduta in piscina. Si limita a portarmi in una camera, che è completamente rosa cipria, e a passarmi dei pantaloncini di jeans e un top.
«Non è il massimo, ma ho solo questo», mi dice.
«Grazie.»
Per me andranno benissimo, così eviterò di dare nell'occhio più di quanto già abbia fatto.
Sono sicura che domani sarò nella bocca di tutti.
La nuova ragazzina che è stata umiliata di fronte a tutti dal famoso Thomas Walker.
Una volta rimasta sola nella stanza, mi spoglio davanti allo specchio che sta di fronte alla porta. Mi vedo tutta, da capo a piedi, e la malinconia si fa strada nel mio corpo come veleno liquido che viaggia tra le mie vene. Non mi piaccio, non mi sono mai piaciuta.
Non ricordo un singolo momento della mia vita in cui mi sono detta «wow, sono bella oggi.»
Ammiro i capelli biondi che ricadono lungo le spalle, tutti spettinati, ed è normale dato che sono fradicia, ma alcune ragazze sono bellissime anche dopo aver fatto il bagno, mentre io sembro appena uscita da un rave. Sono capelli indomabili, né lisci né ricci, ma semplicemente di un mosso disordinato, che mi fa sembrare sempre sciatta.
Gli occhi azzurri sono tutti accerchiati dal nero del mascara, donandomi l'aspetto di un cucciolo di panda. Mi passo il dito proprio nei punti in cui il mascara è colato, cercando di ripulire il disastro che si è creato.
I miei occhi scorrono fino alla pancia, che non è mai abbastanza piatta come invece la desidero, per non parlare dei fianchi troppo larghi, e le cosce troppo morbide, che se le tocchi sembrano un budino.
Ti odio, penso rivolta a me stessa.
Eppure, dovrò vivere tutta la mia vita in questo corpo.
Sarebbe più facile, per me, se assomigliassi a Carmen, o alle sue amiche. Forse, a quest'ora, Thomas non mi umilierebbe così. Anzi, forse gli piacerei.
Ma che stai pensando, Ariel Smith? Perché mai vorresti piacere ad un come Thomas?
È che a volte penso che sarebbe più facile se fossi diversa. Se fossi più magra, più bella. Se le mie ciglia fossero più lunghe e il mio viso più ovale. Forse a quest'ora non avrei zero esperienza con i ragazzi, e forse non mi prenderebbero di mira per i loro giochi malefici.
Ma sono così e devo farmene una ragione.
Con un sospiro, indosso i vestiti di Carmen che mi stanno un po' stretti, ma non ho alternativa quindi me li faccio andare bene.
Esco dalla stanza e mi dirigo al piano di sotto, dove Carmen mi viene subito incontro.
«Stai bene», constata squadrandomi da capo a piedi.
«Mi stanno un po' stretti, tu sei più magra di me.»
«Non si nota, Ariel», mi dice lei con fare rassicurante, come se mi avesse letto nel pensiero e vi avesse scovato tutti i miei dubbi e le mie incertezze.
Dopo un po' decidiamo di andare a ballare, e non posso fare a meno di notare lo sguardo di Thomas su di me qualche volta, che mi causa sempre un mix di emozioni contrastanti. Non mi guarda in modo carino, anzi, sembra voglia uccidermi e che stia programmando il modo per farlo. E sicuramente è la verità, è questo che sta facendo.
Ma, nonostante ciò, il suo sguardo, ogni volta che cade lento su di me, mi provoca paura e angoscia, ma mi pietrifica al tempo stesso, come se ne fossi folgorata.
Mi prendo del tempo per guardarlo quando vedo che è distratto. Anche lui si è cambiato, indossa una maglietta grigia che gli fascia il corpo come una seconda pelle, facendomi seccare la gola alla visione delle sue braccia muscolose che escono dallo strato di stoffa, quegli addominali scolpiti che intravedo sotto lo strato sottile e dei pantaloncini da ginnastica, su cui decido di non indagare oltre.
Lo odio.
Ma, Dio, quant'è bello.
Gli lancio un'ultima occhiata, perché non posso farne a meno, mi sento attratta da lui come una falena con la luce, sperando che lui non si accorga. Lo vedo che sta ballando con una ragazza mora, alta molto più di me e con un fisico da paura. Lo sta baciando nel collo e lui sembra apprezzare, dato che chiude gli occhi con un'espressione di puro godimento in volto.
Quell'immagine, che dovrebbe farmi rivoltare lo stomaco, in realtà mi provoca una strana sensazione al basso ventre. Vederlo così, con gli occhi chiusi, che sta godendo per quello che quella ragazza gli sta facendo, mi crea una sensazione contrastante e strana. Lo stomaco si contorce, creandomi quasi un dolore fisico, ed io distolgo lo sguardo, dandomi uno schiaffo mentale solo per aver pensato a lui in quel modo.
Lo odi, Ariel, ricordatelo.
È uno stronzo, ricordatelo.
Ti odia, ricordatelo.
Eppure, non posso fare a meno di mettermi in paragone con quella ragazza. Lei ha un fisico perfetto, delle curve sinuose e per nulla esagerate, il seno tondo e sodo che si intravede dal top, i fianchi delicati, le cosce piccole e sode, è normale che a lui piaccia.
Se fossi così, sarei più felice?
***
Mi sveglio con la voce di mia madre che sta facendo un attentato ai miei timpani.
«Ariel, svegliati, muoviti. Devi andare all'università!» grida ancora, come se non l'avesse fatto negli ultimi dieci minuti.
È umiliante dovergli ricordare, ogni volta, che ormai sono un'adulta e che so benissimo come comportarmi. Ma è ancora più umiliante il fatto che non sia vero.
Infatti, controllo l'orologio e sono le sette e mezza, ed io devo essere a lezione alle otto.
Cavolo!
«Adesso mi alzo» strillo più forte di lei.
Ripenso alla serata di ieri. Alla fine, si è conclusa in modo decente, molto meglio di come mi aspettavo, dato l'inizio disastroso.
Dopo aver ballato un po', Tayler mi ha riaccompagnata a casa. A parte il fatto che non mi abbia difesa con suo fratello, devo dire che il resto della serata è stato molto dolce. Non ci ha provato con me e questo mi fa sentire meglio. Non sarei stata pronta.
In realtà, lui mi piace. È molto carino, assomiglia a Thomas, anche se il diavolo in persona ha qualcosa di più affascinante e...pericoloso.
Ripenso a quelle strane sensazioni che ho provato per lui e mi rendo conto di non averle mai provate prima. Quando mi si avvicina sento il desiderio che si insinua nelle vene, facendo a gara di velocità con il mio sangue, e la paura che s'incastra nel mio corpo, facendomi tremare e sussultare ad ogni singola mossa.
Rendendomi conto di quanto è tardi, smetto di pensare a quel ragazzo e indosso dei jeans larghi e una maglietta nera che mi copre il sedere. Per un attimo sono tentata di vestirmi come le altre ragazze, ovvero di mettere un top, ma accantono subito l'idea.
Io non sono come le altre ragazze, non starei mai bene vestita così. Mi si vedrebbero i rotolini nella pancia, e il seno un po' troppo grande.
Ed io non voglio farmi notare.
È vero che l'ho indossato ieri, ma è diverso. Ad una festa, le ragazze indossano dei vestiti molto più seducenti di un top, perciò nessuno ha fatto caso a me, che in confronto a loro risultavo del tutto sciatta, ma all'università attirerei di sicuro l'attenzione.
Tay mi ha anche chiesto se volevo un passaggio questa mattina, ma ho rifiutato. Già è tanto quello che ho fatto ieri, quindi voglio andarci piano e fare le cose con calma.
In ogni caso, sono stranamente felice di andare all'università, forse per il fatto di aver trovato degli amici.
Salgo in macchina di mia madre quasi correndo, con lei che mi sbraita contro dicendomi quanto io sia irresponsabile.
Compra un'auto, Ariel. Appunto mentale per il prossimo mese. Non posso continuare a farmi scarrozzare da lei.
«Com'è andata ieri? Sei tornata tardi?» mi chiede il detective.
«No, non tardissimo. Mi sono divertita, in realtà. Non pensavo», ammetto, facendo spallucce.
Lei mi guarda per un attimo. «Hai bevuto?»
Ed eccola, la super protettiva madre di sempre.
«No», mento perché non voglio che si preoccupi. Se le dicessi che ho bevuto anche un solo bicchiere, probabilmente domani mi iscriverebbe agli alcolisti anonimi.
«Mh.»
Non sembra crederci, ma non m'interessa. Non ha le prove.
«Che c'è? Non ti fidi di me, mamma?» le dico con la voce più infantile e carina che posso fare.
«Certo che mi fido di te, è che...»
Non mi fido degli altri.
«...non mi fido degli altri», conclude.
La conosco come le mie tasche.
«Tranquilla, qui sono tutte persone per bene», mento ancora. Non tutti lo sono, soprattutto non lo è
un certo Thomas Walker.
Basta pensare a lui! Mi tiro uno schiaffo mentale.
Per quanti me ne sto tirando in questi giorni, se fossero veri, avrei un livido enorme sulla guancia.
«Passo a prenderti dopo», mi dice quando siamo arrivate davanti al campus.
«Non lo so, ti faccio sapere. Magari trovo un passaggio, senza che ti scomodi.»
Magari posso chiedere a Tay.
«Preferisco venire io. Però va bene, devo fidarmi, no?» Sembra chiederlo più a sé stessa che a me.
«Brava, mamma.» Le sorrido e scendo dall'auto.
Cammino verso l'aula, cercando in tutti i modi di tenere lo sguardo fisso davanti a me. Ho paura di incrociare Thomas e soprattutto ho paura di quello che può farmi dopo ieri. Non dovrei, alla fine è solo un ragazzo, eppure c'è qualcosa in lui che mi fa provare timore, forse sono le ombre che vedo nel suo sguardo, o quel fisico tanto possente che credo potrebbe spezzarmi in due con un singolo dito, il mignolo.
Sembra non aver paura di niente. Ma non lo conosco, magari mi sbaglio. Magari è solo una sensazione.
E proprio mentre cerco di evitarlo, il suo gruppo, compreso dal moro, dal biondo e dalla bestia di satana, mi si parano davanti. Non mi stanno guardando, credo che neanche si siano accorti di me. Ma devo passargli di fronte per andare a lezione.
Stanno parlando tra loro a bassa voce, come se stessero discutendo di un segreto.
Perché la cosa mi incuriosisce così tanto?
Fatti gli affari tuoi, Ariel!
Ma dov'è Tayler? Lui mi farebbe sentire meglio a passare davanti a loro, almeno non sarei sola. Ma non posso aggrapparmi sempre agli altri, non voglio dipendere da nessuno, perciò cammino a testa alta, anche se vorrei abbassarla con tutta me stessa. Non lascerò che credano che mi spaventi stare da sola davanti a loro.
Mi tremano le gambe e sento i palmi delle mani sudare, ma non abbasserò mai la testa. Mai.
Sono ormai davanti a loro, ma non sembrano notarmi, presi come sono dalla conversazione.
«L'hai presa, James?» chiede Thomas al biondo.
«Non ancora, la prenderò appena posso, Thom», bisbiglia lui in risposta.
«Ma che cazzo! Devo farlo entro questo mese, lo sapete», dice Thomas sussurrando, ma si sente dalla voce che è arrabbiato. O forse nervoso.
«Senti, Thomas, te l'ho detto. Non posso rubarla così di punto in bianco. Mi serve tempo», continua a parlare James, credo che si chiami così. «Tu, Sam?» chiede al moro.
Sam e James. Si chiamano così i suoi amici.
«Zitto», ringhia Thomas.
Non sono sicura che mi stia guardando, perché sto fissando un punto di fronte a me, pur di non guardare lui, ma da come si è bloccato nel parlare dei loro loschi segreti, posso intuire che si è accorto della mia presenza.
Continuo a camminare, fregandomene di loro, finché la sua voce mi ferma, e mille brividi si irradiano nella mia pelle sensibile.
«Smith.» La sua voce è così bassa, baritonale, che mi fa sussultare, come se mi stesse toccando, accarezzando con quelle semplici parole.
Sono tentata di ignorarlo, ma così penserebbe che mi sto nascondendo da lui. Ed io non mi nascondo mai.
Mi fermo, mi volto per guardarlo in faccia, in modo lento, proprio come ha fatto lui con me ieri. Il contatto dei miei occhi con i suoi mi causa un fremito inaspettato. Ha il viso corrucciato, come sempre, le labbra schiuse che farebbero venire pensieri indecenti anche ad una suora. Indossa una canottiera nera che gli lascia scoperte le braccia, completamente tatuate fino alle mani.
Ha un sacco di muscoli, deve per forza fare palestra.
I suoi occhi sembrano due pozzi neri, molto profondi, ed io mi ci sto immergendo in pieno.
«Walker», rispondo, cercando di mascherare il tremolio traditore della mia voce.
«Vuoi farti un altro bagnetto?» mi minaccia con un ghigno.
«No, sono a posto, tu?» contrattacco, inarcando un sopracciglio.
Se potesse uccidermi con uno sguardo, ora sarei stesa a terra senza vita.
È incoerente. Mi dice di stargli alla larga, ma poi mi chiama lui.
«Hai finito di farti i cazzi degli altri?» Il suo tono di voce ora è più duro, e intuisco che vuole spaventarmi.
«Stavo solo passando, Walker», rispondo fredda, cercando di non far capire che in realtà ho origliato un po' della loro strana conversazione.
È vero, mi sono fatta gli affari loro. E sto ancora cercando di capire di cosa stessero parlando, ma non lo ammetterò mai. Non posso ammetterlo, non ho idea di cosa potrebbe farmi se lo sapesse.
È più forte di me, non riesco a farmi gli affari miei.
«Levati dal cazzo», sputa, prima di continuare ad ignorarmi e parlare con i suoi amici.
Decido di lasciar perdere e andare avanti, anche se continuano a tremarmi le gambe.
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