capitolo 3- Ora nuota

Non sono abituata ad andare ad una festa, soprattutto non dopo il mio primo giorno di scuola.

Tutti sarebbero felici di essersi fatti subito degli amici, e in fondo lo sono anche io, ma chi diavolo da una festa in piena settimana?

Non posso dire di essere una persona che si è divertita chissà quanto nella vita. O meglio, l'ho fatto a modo mio. Il mio sinonimo di divertimento era guardare una serie tv fino alle tre del mattino, oppure leggere un libro tutta la notte, per immergermi in storie diverse ogni giorno, e provare una miriade di emozioni che non riuscirei mai a provare nella vita reale.

Sbuffo rumorosamente mentre apro l'armadio, cercando qualcosa di adeguato da indossare stasera.

Jeans, una gonna, un vestito striminzito, un top.

Cosa mi metto?

Opto per i jeans e un top non troppo stretto e nero. Anonimo. Come me.

Metto delle normalissime scarpe da ginnastica e mi dirigo al piano di sotto.

«Mamma, esco», annuncio, senza troppa enfasi.

«Dove? Come, esci? Ma che dici?» La sua voce sbalordita mi arriva fin dentro il timpano.

Bene, mamma, grazie che mi ricordi che non ho molta vita sociale.

«Si, dei miei amici danno una festa per me.»

Ma quant'è strana questa frase, detta da Ariel Smith?

Talmente tanto che anche lei si sorprende, e non cerca neanche di nasconderlo.Vedo il suo viso assumere un'espressione esterrefatta, e le sue labbra allargarsi, dando proprio l'impressione di diventare una "O".

«Degli amici danno una festa per te, il primo giorno di scuola?» ripete, come se questo potesse rendere la cosa più credibile.

Annuisco.

«Oddio, mi prenderà un accidente!» esclama, drammatica come sempre.

«Io vado», taglio corto.

«No, aspetta!» strilla lei correndomi incontro. «Non bere, mi raccomando.»

Annuisco ancora.

Mi tratta come se avessi dodici anni, dovrebbe capire che ormai non ne ho più. E che ho anche l'età per bere...quasi!

Ma non voglio darle altre preoccupazioni, non da quando siamo partite e si è separata da mio padre; quindi, mi faccio andare bene questo suo comportamento da genitore apprensivo.

Mia madre non è sempre stata così, quando abitavamo a Detroit non mi controllava come se fossi una bambina, ma posso capire che per lei è un periodo difficile e forse ha paura di perdere anche me, come è successo con mio padre.

Per lei è stata una grande batosta.

Non che per me sia stata una passeggiata.

Esco nel vialetto di casa e sento subito l'aria pungente di settembre. Non è freddo come a Detroit, ma comunque non è così caldo come pensavo. Annuso l'aria e ne adoro l'odore, mi ricorda proprio una serata estiva della mia vecchia città.

Avrò freddo?

No, dai, siamo al chiuso.

L'auto di Tayler si ferma proprio davanti casa mia ed io mi affretto a salirci. Dopo aver acconsentito a questa tortura chiamata festa, lui si è offerto di venirmi a prendere, ed io ho accettato all'istante, almeno non dovrò disturbare mia madre.

«Ehi», lo saluto, un po' imbarazzata.

«Wow», esclama appena i suoi occhi azzurri si posano su di me, facendomi arrossire come una bambina.

Che begli occhi, Tayler.

Gli sorrido per ringraziarlo, mentre lui accende il motore, pronto per partire.

«Come sono le feste da voi?» chiedo cercando di prepararmi psicologicamente alla serata.

«Non molto tranquille. Ma tu rilassati, non è davvero una festa per te. Qui ogni scusa è buona per darne una, e tu sei una scusa valida», ridacchia portando di nuovo i suoi occhi su di me, su tutta la mia figura.

D'istinto mi porto una mano sulla pancia, cercando di coprirla il più possibile dai suoi occhi indagatori. Ho sempre paura che qualcuno possa vedermi come mi vedo io, che possa notare i rotolini, soprattutto. È la mia parte debole.

Dopo pochi minuti di auto, arriviamo e scendiamo di fronte a casa di Carmen, che è molto più grande di come la immaginavo.

Ha anche la piscina, cavolo!

Ci dirigiamo verso l'interno, che è già pieno di studenti. Alcuni bevono, altri ballano, nessuno sembra far caso a noi.

Mi guardo intorno e non posso fare a meno di invidiare Carmen per la sua enorme abitazione. Tutte le pareti sono bianche, che conferiscono alla casa un'aria maestosa, per non parlare dell'arredamento, che sembra quello di un palazzo ottocentesco.

«Ariel», strilla Carmen abbracciandomi, sussulto per quel contatto inaspettato. Non sono solita ai gesti d'affetto.

Inoltre, dal suo alito posso capire che ha già bevuto abbastanza.

«Tieni» mi porta alle mani un bicchiere con una bevanda sconosciuta all'interno, ma ringrazio e me lo porto alle labbra, ma non prima di annusarne l'odore.

Non sono solita a bere, ma oggi è un'occasione speciale. Insomma, come farò a superare la serata, altrimenti?

Bevo un sorso e mi accorgo che non è male. Credo sia Vodka alla ciliegia. Mi lascia le labbra appiccicose, ma ha un buon sapore.

Mi volto alla ricerca di Tayler, che però sembra essersi volatilizzato.

Bene, Ariel, adesso sei da sola.

Vedo che anche Carmen ha deciso di abbandonarmi, con un bicchiere in mano, per andare a ballare. La vedo in mezzo alla folla, bellissima come poche, che ondeggia i fianchi come se non ci fosse nessuno a parte lei nella pista.

Mi chiedo se un giorno riuscirò anche io a ballare così, a sentirmi così libera da fregarmene di tutto il resto, di divertirmi senza pensare alle conseguenze. Vorrei tanto sentire questo senso di libertà.

Decido di uscire dall'abitazione e sedermi a bordo piscina, dove non ci sono troppe persone, così da avere del tempo per me stessa. È brutto sentirsi soli anche quando si è circondati di persone, ed io al momento mi sento proprio così.

«Sei qui.» La voce di Tayler mi fa sussultare, ma sono felice che sia tornato. Si siede accanto a me. «Non sei un tipo da feste, eh?» mi chiede lui sorridendo.

«Non proprio», ammetto. «Tu?»

«Io...diciamo che sono abituato, per colpa di mio fratello.»

«Oh, hai un fratello. Frequenta la nostra scuola?» chiedo incuriosita, anche perché non saprei di che altro parlare. Non mi piacciono i silenzi imbarazzati, quelli in cui nessuno dei due sa cosa dire. È una situazione che mi crea uno strano disagio, perciò cerco di riempire sempre questi vuoti, anche parlando a vanvera, delle volte.

«Be'...si», fa per dire, quando una voce ci interrompe.

«Sirenetta.»

Oh, cielo.

Ancora?

Finisco di bere la Vodka in un sorso solo, prima di voltarmi verso di lui, un errore che mi costa caro, perché rimango folgorata dal suo corpo.

Indossa una maglietta nera, molto attillata, che fa vedere quanto lui sia muscoloso. Ha le cosce coperte da jeans dello stesso colore. I capelli neri, tutti spettinati, che gli conferiscono un'aria estremamente sexy.

Ma da dove vengono questi pensieri, Ariel Smith?

Mi do uno schiaffo mentale.

Ma non posso non farci caso. Ha la mascella rigida, con un velo di barba che gliela ricopre insieme al mento spigoloso, lo sguardo perennemente corrucciato, come se fosse sempre turbato nel profondo.

«Che vuoi?» domando infastidita.

È strano, perché la sua presenza mi infastidisce, pur non conoscendolo nemmeno, per le sensazioni contrastanti che sento nel mio corpo quando lui è vicino. Sensazioni che non ricordo di aver mai provato. Sento la bocca dello stomaco che si contorce, facendomi un male fisico, per non parlare delle mani che iniziano a tremare.

«Thomas, vattene, dai» gli dice Tayler, infastidito anche lui.

Lui non sembra neanche ascoltarlo, ma poi risponde.

«E dai, fratellino, fammi divertire un po' con la nuova arrivata. Vuoi approfittarne solo tu?»

Fratellino.

Mi giro verso Tayler e lo trovo con un'espressione colpevole in volto, cosa che mi fa intuire subito che...è Thomas il fratello di cui parlava poco prima.

«Thomas» lo minaccia Tayler, con un tono di avvertimento nella voce. Un tono che mi fa davvero capire quanto i due si somiglino, cosa che fino ad ora non avevo notato.

«Tay» ridacchia lui. «E va bene, me ne vado. Ricordati il preservativo, Tay-Tay, anche se penso che questa non sappia neanche che cosa sia un cazzo», dice con voce sprezzante, prendendomi in giro.

Scatto in piedi. Non mi piace essere insultata gratuitamente, e non mi piace per niente il suo modo di rivolgersi a me, come se fosse un Dio ed io una semplice sguattera.

Non sei superiore, Thomas Walker!

«Ma chi ti credi di essere? Brutto idiota!» gli punto un dito contro, avanzando leggermente verso di lui.

«Smettila di insultarmi, Sirenetta, o qui non finisce bene per te», mi minaccia, stringendo le labbra in una linea retta.

«Tremo dalla paura, Thomas», lo prendo in giro.

Mi fa paura? Ovvio.

Glielo dirò? Mai.

«Faresti meglio a starmi a sentire, ragazzina. Levati dai coglioni e non guardarmi neanche più in faccia, se non vuoi scoprire di cosa è capace Thomas Walker.»

«Parli di te in terza persona? Adesso si che ho paura. Me la sto facendo sotto, Walker», sputo.

Forse dovrei stare zitta, ogni tanto.

«L'hai voluto tu», mi avverte, prima di prendermi per i fianchi e tirarmi su, per farmi calare nella sua spalla.

Il contatto con la mia pelle mi provoca un sussulto, poi dei brividi che percorrono tutta la lunghezza delle mie gambe, ma rinvesco subito, quando mi rendo conto di ciò che sta facendo.

Sento il calore del suo corpo che si irradia nel mio, dandomi una sensazione piacevole allo stomaco. È come le sensazioni di prima si siano placate, come se bramassi questo contatto e il mio corpo me lo stesse urlando, ed ora che l'ho toccato, il mio corpo si rilassa.

«Ma che diavolo fai?» strilla Tayler.

«Lasciami, stronzo!» grido, perché nonostante tutto, ho paura delle sue intenzioni, che sono di sicuro maligne.

Ma lui non sembra intenzionato a lasciarmi andare.

Inizio a dargli calci nello stomaco, che non sembrano neanche fargli il solletico, e mi rendo conto di quanto sia duroquesto ragazzo. Dentro e fuori.

Mi accorgo che ci muoviamo e ci fermiamo subito dopo.

Ma che intenzioni ha?

«Lasciami andare, Thomas» ringhio di nuovo.

Vorrei dire che non sento il fuoco divampare dentro di me, che non sento i tremolii e i brividi sottopelle per averlo così vicino, a contatto con la sua pelle bollente. Vorrei dire che questo semplice contatto non è, per me, come lava calda, che mi scivola addosso.

E invece è tutto questo.

Irragionevole.

«Subito, Sirenetta. Adesso nuota» dice prima di lasciarmi cadere in acqua, vestita. 

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