capitolo 1- l'arrivo e il ritorno

Immaginavo l'amore come quello descritto nei romanzi. Lo immaginavo delicato, etereo, come una sinfonia dolce e soave, come un battito di ciglia, come una pioggia leggera. Invece è stato un uragano, un temporale estivo che porta via tutto quello che c'era prima. È stato impetuoso come l'eruzione di un vulcano, rapido come uno tsunami, e come esso ha distrutto tutto quello che ero in passato, trasformandomi in una persona che a stento riconosco.

Quando l'ho incontrato per la prima volta, ho letto subito nei suoi occhi quel dolore, così simile al mio, che non gli permetteva di provare emozioni. Era coperto da un'armatura, d'oro, sì, ma pur sempre una gabbia dal quale non usciva mai.

Per molti sarà stato anche un criminale, un depravato, un mostro, ma per me era molto di più, e molto di meno al tempo stesso. Non posso negare il fatto che non è, e probabilmente mai sarà, una brava persona, ma il dolore che ha passato l'ha reso quello che è oggi. Non lo giustifico, ma lo comprendo, come mai nessun altro, al mondo, ha fatto.

Non mi aspettavo che mi amasse, né speravo di salvarlo, ma ci ho provato con tutte le mie forze. L'ho preso per mano e l'ho diretto verso la luce che tanto voleva, ma che sapeva di non poter raggiungere. Alla fine, è stato lui a condurmi nell'oscurità.

Non tutte le persone possono essere salvate, ma vale sempre la pena provarci. Per amore.

Lui è stato la mia ancora di salvezza, il mio tormento e il mio più incredibile errore, che rifarei altre mille volte.

Ma per lui sono stata solo una vendetta.

❤️‍🔥

Nasciamo senza un motivo, moriamo allo stesso modo, e nel mezzo, che facciamo?

Facciamo di tutto per goderci la vita, secondo uno standard che ci impongono da quando siamo bambini.

Tutto, nella nostra vita, è standardizzato. Andare a scuola, laurearsi, sposarsi, avere dei figli. E poi, ad un certo punto, ti accorgi che la tua vita è piatta, monotona, e che faresti qualsiasi cosa per provare anche una singola emozione, quel briciolo di adrenalina che ti riporta all'essenza della vita. Il problema è che non proviamo più niente, semplicemente perché la nostra vita non ha un senso. Non sappiamo, in realtà, cosa ci piace, cosa non ci piace, cosa desideriamo e cosa invece non vogliamo. Non ci conosciamo.

Veniamo persuasi, sin dalla nostra nascita, a seguire degli standard predisposti, a farci piacere determinate cose, ad avere degli obiettivi che, a pensarci, bene, anch'essi sono persuasioni di qualcun altro.

Ed ora io mi sento così, come se fossi in un limbo. Voglio con tutte le mie forze provare qualche emozione, avere una via di fuga da questa vita che mi sta tanto stretta, ma non so in che modo fare, non so nemmeno da dove cominciare.

Mi sento un cappio addosso, stretto proprio attorno alla gola, che mi impedisce di respirare.

«Potevi truccarti un po', almeno oggi, Ariel», mi rimprovera mia madre, mentre mi accompagna nella mia nuova università.

Frequento il secondo anno, ma sono stata costretta, da colei che sta guidando l'auto, a cui lancio un'occhiata truce, a cambiare città per il suo lavoro, data la separazione con mio padre.

Dovrei essere felice, a detta sua, di trovarmi in California. Ma la verità è che ho dovuto lasciare tutte le persone che conoscevo a Detroit, ed ora mi sento totalmente persa. Non perché avessi molti amici nella mia vecchia città, ma perché sono una persona abitudinaria, e cambiare di punto in bianco stile di vita mi fa sentire vuota, come se non avessi più nulla tra le mani.

«No, non mi andava, mamma», le dico continuando a guardarla male.

Non la odio, ma a volte provo un istinto omicida per lei. Mi ha costretta ad andarmene, quando potevo benissimo rimanere là con mio padre. Ma poi, quando tua madre ti dice cose del tipo: «non mi vuoi bene, che non vuoi venire con me?» «non vuoi stare con la tua mamma?» allora ti senti costretta ad andare con lei. Anche perché non sono sicura che mio padre mi avrebbe voluta con lui. Non è una persona cattiva, ma diciamo che ha i suoi...impegni.

«Va bene, come vuoi, ma sappi che così ti giudicheranno male.»

«Oh, siamo tornati nell'800 e non lo sapevo?» la prendo in giro, consapevole della sua mentalità a tratti retrograda.

Mia madre è fatta così, pensa che l'aspetto esteriore conti più di quello interiore, ma io sono di un'altra convinzione. Per me, la vera bellezza risiede nell'essenza dell'anima. Non nel trucco, non nel vestiario, ma bensì in tutto ciò che sta dentro di noi. Risiede nelle nostre paure, nei nostri sogni, nei nostri più reconditi desideri, e nei nostri demoni, con cui combattiamo ogni giorno, ma da cui troviamo la forza di uscirne vincenti, ogni singola volta.

Quando accosta, mi rendo conto di essere di fronte ad un'università enorme. Davvero. Sembra un palazzo. È molto diversa dalla mia precedente, che era minuscola e con pochissime classi.

Mi sento in un film di Hollywood.

«Ricordati di fare la brava, Ariel Smith» dice con quel tono di rimprovero, come se già sapesse che non farò la brava.

Non mi sono mai comportata male. Certo, devo ammettere che i miei voti non sono mai stati il massimo, soprattutto nell'ultimo periodo, prima della separazione. Ma non sono stata una cattiva figlia. Non mi sono mai drogata, non sono mai uscita di nascosto, non ho neanche mai avuto dei segreti con lei. Eppure, lei ha quest'assurda convinzione che se non prendi il massimo dei voti, allora non sei una brava persona, e questa cosa mi ha portata all'esasperazione ed allo stress più assoluto, solo perché continuava a ripetermi di prendere dei bei voti, di impegnarmi di più, quando io già facevo ciò che riuscivo. Mi ha anche fatto venire l'acne, qualche anno fa, per lo stress di compiacerla. Studiavo notte e giorno, e comunque non riuscivo ad ottenere i risultati che voleva lei, e questo mi ha portato ad uno stress allucinante, che è sfociato poi nel mio corpo, risentendone abbastanza.

Se solo si rendesse conto che i veri mostri camminano in giacca e cravatta.

«Certo, madre.» La prendo in giro di nuovo, dato che non capirebbe comunque i miei pensieri, che per lei sono contorti e da persona malata di mente.

Alza gli occhi al cielo e mi lancia un'ultima occhiata, «Passo a prenderti dopo. Fai la brava», ripete, dandomi sui nervi. Sbuffo rumorosamente solo per farle capire che mi sta innervosendo.

Scendo dall'auto senza neanche salutare, ancora arrabbiata per essere venuta qui, e m'incammino verso il maestoso castello di fronte a me.

Ma a quanto pare, il destino non è dalla mia parte, dato che vado a sbattere contro un muro. Un muro fatto di pelle e ossa.

«Oddio, scusami», dico prontamente, quando mi accorgo che di fronte a me c'è un bellissimo ragazzo, con capelli color cenere e gli occhi di ghiaccio, che mi sta fissando senza dire una parola. «Sono sbadata», mi giustifico.

Sento fisicamente il mio viso che arrossisce, tanto sono imbarazzata per l'accaduto.

Lui sorride, «Tranquilla. Sei una matricola?»

«No, sono al secondo anno. Mi sono appena trasferita», gli dico, cercando di mantenere il contatto con il suo sguardo che è ghiacciato, letteralmente. Mi fa venire la pelle d'oca.

«Oh. Io sono Logan, piacere» mi porge la mano, cordialmente.

«Ariel», dico, sapendo già che riderà di me come fanno tutti quelli a cui lo dico.

«Come la sirenetta?» ridacchia.

Esatto.

«Si, mia madre ha una fissa per la fiaba...»

«Frequenti criminologia?» mi chiede.

«Si, anche tu?» lo chiedo con troppo entusiasmo, di cui mi pento subito, ma sarei felice di sapere che qualcuno frequenta il mio stesso corso, così almeno potrei avere un amico.

«Si, ti accompagno?»

Nello stesso istante in cui sto per acconsentire, una voce stridula si fa strada nelle mie orecchie, prendendo a frustate i miei poveri timpani.

«Logan! Ma che stai facendo?» Una ragazza biondissima, con un fisico da modella di Victoria's secret, si avvicina a noi.

«Ehi, Carmen, stavo per accompagnare Ariel a lezione», dice con naturalezza, come se quest'ultima non gli stesse urlando contro.

«Ciao.» Rivolgo un sorriso timido alla ragazza che non sembra per niente contenta di vedermi.

«Ciao, e tu saresti Ariel?» Mi rivolge un'occhiata truce.

È una ragazza bellissima, così tanto che mi mette in soggezione. Ha i capelli perfettamente ordinati, lisci come spaghetti e setosi al punto giusto. Gli occhi truccati che sembrano quasi trasparenti, per quanto sono limpidi.

Vorrei tanto essere come lei.

«Ehm...» faccio per dire, ma Logan m'interrompe.

«Dai, andiamo. Carmen, vieni anche tu, tesoro?» le chiede.

Lei, dapprima stizzita, si calma subito e accetta la proposta di quello che credo essere il suo ragazzo.

Ma dove sono finita, in una soap opera giapponese?

«Allora...» Inizia a parlare Carmen mentre raggiungiamo l'aula, «Scusa per prima, è che Logan mi fa sempre incazzare. Comunque, piacere di conoscerti», dice ora in tono gentile.

Okay, questa ragazza ha sicuramente dei problemi di bipolarismo, penso, ma decido di tenere a freno la lingua e di fare la ragazza gentile, almeno il primo giorno.

«Il piacere è mio.»

«Allora...come mai ti sei trasferita proprio qui?» chiede la ragazza, che al momento sembra davvero incuriosita dalla mia storia.

«I miei si sono separati e...», faccio per concludere, quando Carmen m'interrompe bruscamente.

«Oh, cazzo», sibila, prima di fermarsi in mezzo al corridoio pieno di gente, seguita poi da Logan e da me.

«Che succede?» gli chiede lui, con voce preoccupata, dato il tono della sua fidanzata, che sembra molto agitato.

Lei lancia uno sguardo in direzione di un ragazzo. Un ragazzo bellissimo. E Logan sembra paonazzo quando lo vede. Strizza gli occhi più volte, come per accettarsi che sia reale.

«È tornato», constata.

«È tornato», ripete lei, continuando a guardarlo, con un misto di preoccupazione e disagio intrisi nello sguardo ghiacciato.

Tossisco appena per attirare l'attenzione. «Scusate, chi è tornato?»

«Lui. Thomas Walker», mi risponde Carmen, come se io sapessi chi accidenti è.

«Okay...», farfuglio, ora imbarazzata, «E quindi...?»

La bionda si volta verso di me, «Tu non capisci.» Sento la sua paura trasparire dalla voce, un tono di terrore ed angoscia che sento solo nei film horror, quando l'assassino sta per uccidere la vittima.

«Ma non era in carcere?» chiede Logan, con lo stesso tono preoccupato della ragazza.

«Ora non lo è più. Cazzo. Ci farà il culo, lo sai?» sibila, portandosi una mano alla fronte, con fare disperato, per asciugarsi il sudore.

«Farà il culo a tutti.» 

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top