26 Rebecca.

Cosa fai quando vorresti stare meglio? Fai tutto ciò che serve a farti stare peggio. 

Rebecca aveva sperimentato questo a distanza di una settimana dall'accaduto tra lei e Chris. Era una settimana che era rimasta chiusa in casa, in special modo in camera sua, senza andare a scuola o studiare, mangiare o danzare. Ormai nulla aveva più senso ora che Christopher non c'era più. Era andato via, così com'era andato via Terrence prima di lui. Era andato via come un fulmine una volta aver capito il suo disagio mentale, la sua pazzia. Ormai le parole di Christopher non facevano altro che vorticarle nella mente. Tu sei malata, le aveva detto. Io sono malata, malata, malata, aveva continuato a ripetersi lei. 

Così tante volte che aveva cominciato a crederci la stessa sera dell'accaduto. Solo una persona malata avrebbe potuto inventarsi una nuova personalità, solo una persona malata avrebbe finto davanti al ragazzo che amava di essere un'altra persona nonostante questo ragazzo lo conoscesse da tutta la vita. Rebecca non trovava altre spiegazioni alle sue azioni, doveva per forza avere qualcosa che non andava per mentire in quel modo. E quale poteva essere, se non una malattia mentale? Daniel aveva provato a convincerla che non c'era niente che non andava in lei; bugie ovviamente. Quando gli aveva chiesto se lo pensava davvero e aveva guardo i suoi occhi, aveva notato al loro interno incertezza. E come dargli torto? Una persona sana di mente non avrebbe mai fatto quello che aveva fatto lei in tutti quegli anni e soprattutto negli ultimi mesi. 

E dal momento in cui era malata e non c'era più niente capace di farla guarire perché sapeva di aver perso tutto, Rebecca aveva deciso di non lottare neanche per continuare a vivere. Ad esempio erano giorni che non mangiava, solo il pensiero del cibo le faceva venire il voltastomaco. Viveva praticamente nel suo letto, si alzava solo per farsi una doccia e poi tornare a piangere sotto le coperte. Aveva deciso di chiudersi in camera, così da non dover vedere nessuno e sentirsi in colpa. Non sapeva cosa ne era stato dell'amicizia di suo padre con Vincent e quella tra suo fratello e Chris, ma non voleva neanche saperlo. Non voleva morire con un altro peso sul cuore, quello che aveva era già abbastanza.

Nonostante le sue intenzioni, i suoi genitori avevano deciso di rispettare la sua privacy ma di non smettere di lottare. Ogni volta che lei non apriva le scrivevano un bigliettino, la maggior parte dicevano sempre la stessa cosa "Tesoro, apri la porta. Ti vogliamo bene, questo non cambia". Non cambia, come no. Rebecca aveva visto lo sguardo di sua madre quando Chris le aveva tolto la parrucca e la delusione negli occhi di suo padre quando aveva scoperto che fingeva di essere un'altra persona. Forse era vero, le volevano ancora bene, ma era una delusione e questo non cambiava le cose. Era una delusione e una persona malata, che senso avrebbe avuto vivere ancora con quei pesi? 

Durante quella settimana desiderò così tanto ricongiungersi a Terrence che aveva finito per sognarlo tutte le sere. Ogni volta, svegliarsi la mattina era un vero e proprio trauma, perché avrebbe desiderato dormire ancora e non svegliarsi affatto. Terrence era così dolce, con lei. Non la considerava malata o una delusione, ma la sua migliore amica. Insieme avrebbero potuto fare tantissime cose, come nei loro sogni. Avrebbero preso ognuno una laurea e svolto le professioni che sognavano. Rebecca nei suoi sogni era la ballerina migliore del mondo e Terrence metteva in cella ogni cattivo grazie alle sue abilità da avvocato. Rebecca esprimeva a suo fratello il desiderio di rendere realtà quei sogni, Terrence le sorrideva e sempre le ripeteva che non era ancora il momento. 

«E quando lo sarà?» chiedeva Rebecca con le lacrime agli occhi. 

«Quando sarai davvero pronta»

«Ma lo sono, Terrence. Io lo sono»

«No, Beth, tu hai ancora tanto da vivere e lo sai»

E allora Rebecca si svegliava. Scoppiava a piangere non appena apriva gli occhi, poi il suo pensiero saettava su Chris e un po' si calmava, finché non le tornavano in mente le parole che le aveva rivolto al Club e ricominciava a piangere con ancora più forza. 

Il sabato mattina successivo, però, le cose non andarono come sempre. 

Solitamente Daniel bussava qualche volta alla porta di sua sorella, vedeva che lei non la apriva e andava via dopo averle lasciato un biglietto con il  buongiorno, ma quel sabato mattina Daniel non volle fare come sempre. Cominciò a battere la porta con più prepotenza.

«Apri questa stramaledettissima porta, Rebecca, o giuro che la butto giù!»

Rebecca sapeva che suo fratello ne avrebbe avuto il coraggio. Così a malincuore si alzò, sentendo i muscoli supplicarla di tornare a stendersi, e aprì la porta. Neanche lo fece che suo fratello la strinse in un abbraccio. «Finalmente, Becky» mormorò, accarezzandole i capelli e la schiena. «Finalmente» disse di nuovo, staccandosi un po' e osservando il viso di sua sorella. 

Daniel aveva gli occhi lucidi e uno strano sorrisino sul viso. Rebecca non aveva neanche la forza di chiedergli cosa ci fosse da sorridere, ma la figura di un'altra persona distolse i suoi pensieri. «Miss Leroux?» sussurrò Rebecca, osservando la figura della sua insegnante di danza. «Cosa.. cosa..»

Rebecca cercò lo sguardo di suo fratello e Daniel le accarezzò il viso. «Perché non andate in palestra?»

«Ma io non voglio ballare» asserì Rebecca abbassando lo sguardo. 

«Non è detto che dobbiamo farlo per forza» le disse Jaqueline, ponendo il palmo a Rebecca. «Vieni con me, Rebecca»

Era la prima volta che Jaqueline Leroux la chiamava col suo vero nome. A Rebecca venne in mente Beth. Poi Chris. E le si riempirono gli occhi di lacrime. «Andiamo, piccola, vieni con noi» le chiese dolcemente Daniel, cingendole i fianchi con un braccio. «Andrà tutto bene»

Non va niente bene, avrebbe voluto urlare Rebecca. Ma rimase in silenzio e altrettanto silenziosamente seguì Daniel e la sua insegnante di danza in palestra, dove solitamente Rebecca danzava. La stanza era vuota ma bella come sempre e Rebecca si sentì un po' più a suo agio rispetto alla camera sua. Un formicolio la fece tremare, le scarpette lasciate in un angolo della stanza sembravano chiamarla. Ma che mi succede? si chiese. Poi si sedette a terra insieme a Jaqueline, mentre Daniel rimase in piedi. «Avrete tanto da dirvi, io sarò proprio qui fuori. Va bene?» disse, poi andò  via. 

Fu così che Rebecca e Jaqueline rimasero da sole e in silenzio. Rebecca si portò le gambe al petto e chiuse gli occhi. Dato che la sua insegnante non voleva saperne di cominciare il discorso, ci pensò lei. «Come mai è qui?» le chiese con un filo di voce. 

«A inizio settimana ho sentito delle voci, a scuola, su di te. Non ci ho dato peso, si sente di tutto tra i corridoi, poi ieri non sei venuta a lezione e quando ho chiesto di te a Christopher lui non mi ha risposto. Ho capito che c'era qualcosa che non andava e stamattina sono passata per sapere come stai. I tuoi mi hanno spiegato cos'è successo, sarà stata dura per te»

Rebecca alzò lo sguardo e incrociò gli occhi della sua insegnante. «Cosa ha sentito a scuola?» chiese. 

«Che c'è stata una sceneggiata al Country Club, tutti parlavano di te e Beth, di quel ragazzo» Jaqueline le prese le mani. «Rebecca, com'è potuto succedere tutto ciò?»

«La paura mi ha paralizzata, Jaqueline» ammise finalmente Becky. «Non sapevo cosa fare, sembrava più semplice continuare a far finta di nulla, ma sarebbe stato più semplice non arrivare proprio a questo punto» Jaqueline si avvicinò a Rebecca così da poterle asciugare il viso rigato dalle lacrime. 

«Tu lo ami, vero?»

Rebecca sospirò e guardò il soffitto. «Con tutta me stessa» sussurrò, poi tornò a piangere e si gettò tra le braccia della sua insegnante. «Ormai l'ho perso, Jaqueline. L'ho perso per sempre come ho perso Terrence. Lui era diventato tutto per me. Non riesco a trovare un perché senza di lui. L'ho perso. Io l'ho perso»

Miss Leroux accarezzò la schiena di Rebecca. «Becky, finché c'è vita c'è speranza. Tu non l'hai perso, non per sempre almeno»

«Come può dire che non l'ho perso? Mi ha detto che non devo avvicinarmi a più a lui, non lo devo cercare, mi ha dato della malata e mi ha bloccata ovunque, sia a me che a Beth!» quasi urlò Rebecca, alzandosi e mettendosi una mano tra i capelli. «Lui mi odierà, adesso. Mi ha messo in ridicolo davanti a tutti e nel suo sguardo non c'era pentimento. È vero, io ho sbagliato, ma lui ha fatto vedere a tutti i miei errori! Per me non prova niente se non odio, Jaqueline»

«Se fosse così, allora perché quando ieri gli ho chiesto di te lui mi ha guardato per dieci secondi senza dire niente, prima di andar via? Lui è innamorato di te, Rebecca, solo che si sente ancora troppo ferito per poter fare un solo passo. Prova a comprenderlo, si è sentito tradito, ha bisogno del suo tempo» Jaqueline si alzò a sua volta e prese di nuovo le mani della sua alunna preferita. «Rebecca, purtroppo ciò che è fatto è fatto. Ora non puoi piangere sul latte versato, né puoi chiuderti in camera tua. Che ne è dei tuoi sogni? Cosa vuoi che ne sia della tua vita?»

«Io voglio solo incontrare mio fratello» sussurrò Rebecca, dicendo finalmente a qualcuno cosa provasse davvero dentro di sé. «Voglio solo andare da Terrence»

«Morire non è la soluzione, Rebecca» La ammonì dolcemente la sua insegnante. «Pensa per un secondo alla tua famiglia. Sono distrutti, tutti. Ti basterà guardarli per vedere quanto gli manchi. Hanno già perso un figlio, Daniel ha già perso un fratello. Vuoi che perdano anche te? Cosa ne sarà di loro?» Rebecca abbassò lo sguardo, sentendosi egoista forse per la prima volta. «Sono sicura che se li lascerai entrare nella tua vita ti aiuteranno ad affrontare tutto. Insieme potrete risalire da questo periodo buio, ma morire, Becky, morire non è la soluzione»

«Non vedo una via d'uscita, Jaqueline» sussurrò Rebecca. «Mi sento così male che non so cosa fare se non piangere»

Jaqueline le prese le mani e la guardò negli occhi. «Io so cosa puoi fare»

Rebecca guardò la sua insegnante di danza allontanarsi e collegare il suo cellulare allo stereo. Si tolse le scarpe e invitò Rebecca a fare lo stesso. Anche se titubante, la ragazza tolse le sue ciabatte, chiuse gli occhi sentendo il pavimento sotto ai piedi e le prime note di "Hola (I say)" echeggiare dagli altoparlanti. Un brivido le percorse l'intero corpo quando si rese conto che stava per tornare a danzare per la prima volta dopo più di una settimana e, quando si mosse, sentì ogni emozione uscire fuori dal suo corpo. 

«Noi abbiamo un dono, Rebecca. Abbiamo il dono di amare qualcosa così tanto da non riuscire a fermarci. La danza è il tuo dono, usalo come valvola di sfogo. Balla, Rebecca, facendo sì che ogni emozione negativa e ogni dolore scompaiano. Lascia che la danza ti liberi la mente, lascia che sia la cosa più importante per te. Sarà la tua salvezza, la tua ancora. Vedrai, ti sentirai meglio»

Jaqueline si avvicinò a Rebecca e le portò una mano sulla spalla. «Confido in te» le disse, guardandola negli occhi. 

Rebecca si lasciò trasportare dalla musica, fece in modo che questa le entrasse nelle ossa. Chiuse gli occhi e perse la concezione del tempo e dello spazio, facendo ciò che era più brava a fare e no, non era mentire, ma ballare. Danzò per ore, forse, sta di fatto che Jaqueline andò via e Rebecca neanche se ne rese conto. Danzò finché il sole non tramontò e i piedi non presero a farle male così tanto da implorarla di fermarsi, così si sedette a terra e si guardò allo specchio. I capelli erano spennacchiati, il viso scavato, gli occhi rossi. Gli occhi azzurri erano ormai spenti; seppur accaldata, il suo aspetto era ugualmente pallido. Lo stelo di lavanda tatuato sull'orecchio però brillava, e la maglia tirata fin su l'ombelico la fecero sentire di nuovo Beth. 

Sospirò a quel pensiero, poi Daniel entrò in sala da ballo con una spremuta d'arancia e delle crêpes. «Non puoi non mangiarle con me, le ho cucinate con le mie mani e Dio solo sa come io abbia fatto»

Rebecca abbozzò un sorriso. «Non ho molta fame, Dany» ma venne tradita dal suo stomacò che brontolò. 

«Magari solo una?» Rebecca sospirò, ma prese la crepes arrotolata che Daniel le stava porgendo. La morse, e venne sorpresa dal sapore. Poi scoppiò a ridere quando vide il viso di suo fratello: sporco di cioccolata e decisamente sorpreso. «Ma sono un cuoco!» sbottò stupefatto, mangiando in un sol boccone tutta la crêpe e mordendone subito dopo un'altra. 

Rebecca sorrise ancora. «E sei anche sporco» mormorò, pulendogli con il pollice il labbro, poi Daniel le succhiò il dito per farla ridere. 

«Pensi che io debba cambiare mestiere? Forse potrei fare più successo con le crêpes. Ammettilo, sono una bomba»

«Non posso negarlo» sorrise dolcemente Rebecca, poi prese un sorso dal bicchiere pieno di succo d'arancia. «Grazie, Dany»

Daniel si avvicinò a sua sorella. «Sei mia sorella, Becky. Non condivido le tue scelte, ma non ti abbandonerò mai. Lo sai, non voglio perdere anche te. Sei la parte migliore di me»

Rebecca sentì di nuovo le lacrime salirle agli occhi e poggiò la sua testa sulla spalla di Daniel. «Papà e Vincent?»

«Sono dispiaciuti per entrambi, Vincent è venuto qui un sacco di volte per vedere come stavi»

«Sul serio?» chiese Rebecca stupita. «E non hanno litigato lui e papà?» 

Daniel le accarezzò il viso. «Un'amicizia come la loro difficilmente si può rovinare, Becky. E poi, non hai sbagliato solo tu, lo avete fatto entrambi»

«E la mamma?» Rebecca guardò suo fratello negli occhi. «L'ho delusa, vero?»

Daniel sospirò. «Non comprende come sia potuto succedere. Si rimprovera di non aver capito prima che nascondevi questa cosa di Beth. Ma la cosa che l'ha sconvolta di più è stato sapere dei tatuaggi, lo sai? Quando le ho detto che ne avevi quattro è sbiancata e quasi stava per svenire. Poi le ho detto che ne avevi due in posti più intimi ed svenuta sul serio» Daniel rise e anche Rebecca si lasciò scappare un sorrisino. 

«Tu ridi, ma penso che questo non me lo perdonerà mai»

«Invece ti sbagli, Becky. Ha detto che il suo astio per i tatuaggi era dovuto al fatto che ha sempre voluto farsene uno ma che non hai mai trovato il coraggio di farlo per la paura degli aghi. Pensa che l'ho sentita dire a papà che vorrebbe farsi accompagnare da te dal tuo tatuatore per farsene fare uno»

«Stai scherzando» mormorò quasi sbigottita Rebecca. Daniel scosse la testa e rise ancora. «E, Dany.. Chris?» A quel punto Daniel sospirò. «Siete ancora amici?»

«Non voglio parlarti di lui adesso, Becky» Daniel le accarezzò di nuovo i capelli. 

Rebecca decise di lasciar perdere, non era pronta a sentire la risposta alla sua domanda. Se l'amicizia tra suo fratello e Christopher fosse davvero finita a causa sua, Rebecca non se lo sarebbe mai perdonato. Così si lasciò andare tra le braccia di suo fratello, sentendo la stanchezza prendere possesso del suo corpo. «E adesso?» chiese sussurrando.

«Mamma e papà hanno pensato che potremmo chiamare uno specialista, magari uno psicologo. Io penso che sia una buona idea, insomma io ho fatto varie sedute con lo psicologo dopo la morte di Terrence e mi è stato utile. Parlare con una persona estranea mi ha aiutato a non concentrarmi troppo sul dolore ma sul fatto che fossi ancora vivo e che avessi ancora te. Forse potrebbe essere utile anche a te. Ma sempre e solo se tu vorrai»

Perfetto, pensò Rebecca. Uno strizzacervelli è l'ultima cosa che mi serve. Ma: «Okay» rispose, motivata dal bene che suo fratello provava per lei. Se le aveva proposto una cosa del genere, nonostante sapesse  del suo astio nei confronti degli psicologi, allora la sua famiglia doveva essere davvero preoccupata per lei. «Forse mi aiuterà davvero» sussurrò Rebecca, pur non essendone del tutto convinta. 

«Fidati di me, tesoro mio» la abbracciò suo fratello. «Vedrai che andrà tutto bene. Le cose non saranno come prima, ma niente toglie che un giorno potranno essere migliori. Abbi fiducia e coraggio e lascia che io sia presente nella tua vita. Sei mia sorella, Becky. Farò di tutto per farti tornare a sorridere»

«Mi basta sapere che ci sei» rispose Rebecca commossa. 

Daniel sorrise, credendo davvero a quelle parole. «Ci sarò sempre»

«Lo so» sussurrò Becky, prima di chiudere gli occhi. 

Poi vide il volto di Christopher lontano, sbiadito, quasi come se fosse stato un miraggio. «Lo so» sussurrò ancora, sperando che, nonostante tutto, Christopher per lei ci sarebbe stato, sempre, e ancora.

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