18 Rebecca.

Rebecca aveva quasi passato la notte in bianco, ma d'altronde era più che normale data la giornata precedente. Aveva capito cosa provava nei confronti di Christopher, ora si spiegavano i minuti persi ad osservare il suo profilo e la voglia matta che aveva di stare sempre con lui. E in più si erano baciati, con estrema dolcezza e passione. Beth non ne avrebbe più fatto a meno, e Rebecca era perfettamente d'accordo con il suo alter ego. 

Inoltre la serata precedente era stata fantastica, tranne che per quel momento imbarazzante in cui Timothy le aveva fatto vedere una foto di Rebecca - quindi una sua foto - asserendo che Beth assomigliasse tantissimo alla ragazza della foto. E come dargli torto? Erano davvero la stessa persona, solo che entrambe si erano costruite una propria personalità. Beth più aperta con il mondo, più estroversa e seducente. Rebecca invece era sempre stata chiusa, timida nonostante non volesse esserlo, tremendamente insicura e perennemente persa nei suoi pensieri. Erano la stessa persona ma allo stesso tempo erano due poli opposti, solo che oltre a lei non lo sapeva nessuno. Trovandosi davanti a Christopher, non poteva cedere e dare un qualche segno di insicurezza. Chris non era stupido, avrebbe capito tutto in un attimo. 

Così si era ritrovata a dover ammettere di avere dei tatuaggi davanti a suo fratello, che aveva sempre pensato che quelli di Beth non fossero veri tatuaggi ma solo disegni impermeabili. Aveva visto la delusione nello sguardo di Daniel, Beth non si era mai sentita così in colpa ma cosa avrebbe dovuto fare? Sapeva di dover dire la verità, ma doveva trovare un modo perché il suo mondo non crollasse all'improvviso. Chris ormai era diventato fondamentale e non voleva perderlo, non ora che si erano baciati. 

Rebecca sapeva che Beth non doveva aspettarsi molto, da Chris. Lui diceva di essere innamorato di una ragazza, doveva dare tempo al tempo prima di aspettarsi una dimostrazione di affetto più audace o in pubblico. Nel frattempo, le era bastato guardare Chris geloso quando lei aveva chiesto a Daniel di riaccompagnarla a casa. Chris se c'era uscito con un «Non esiste! Tu vieni con me» e poi l'aveva trascinata sul suo petto tirandola per il braccio. Allora Beth, con il suo solito fare seducente, gli aveva accarezzato il petto e aveva poggiato le sue labbra all'orecchio di Chris per sussurrare «Oggi mi hai già avuto abbastanza. Devi desiderarmi un po'» prima di andar via. 

Chris era rimasto con le labbra schiuse e un'espressione non si sa se eccitata, divertita o infastidita. Sta di fatto che Beth era riuscita a sgattaiolare in macchina di Daniel e a tornare a casa insieme a lui. Il viaggio non era stato dei migliori, Daniel era decisamente e profondamente deluso dalla sorella, e Rebecca sapeva che era meglio lasciargli i suoi spazi o che almeno si calmasse prima di parlargli. Non riuscì comunque a farlo, perché parcheggiata la macchina Daniel aveva aspettato che sua sorella uscisse dall'auto prima di entrare in casa e chiudersi in camera sua senza degnarla nemmeno di un saluto. 

«Me lo sono meritato»  aveva mormorato Rebecca andando in camera sua.

Dopo essersi spogliata, si mise a letto e attaccò il caricabatterie del cellulare alla presa. Quando lo schermo illuminò, lo sguardo di Rebecca cadde sulla data. Sabato 19 ottobre, ore 00:23. 19 ottobre. 19 aprile. Quel giorno, Terrence era morto esattamente da quattro anni e sei mesi. 

Il pensiero della morte di Terrence aveva influenzato l'intera nottata. Tra lacrime di dispiacere e dolore, si girò a letto cercando di scacciare il pensiero di essere sporca e di non esser stata una brava sorella nei confronti di Daniel. Lo stava deludendo. Lui che era suo fratello, sangue del suo sangue, la sua roccia. Lo stava deludendo e di conseguenza lo stava anche un po' perdendo, come avrebbe fatto Rebecca ad accettarlo? 

Non riuscendo a sopportare oltre, alle quattro del mattino era andata in camera di Daniel. Si era messa nel suo letto in silenzio e, quando Daniel si era reso conto che c'era qualcuno con lui, si era alzato di scatto accendendo la luce. «Rebecca, ma?!» le aveva chiesto con disappunto. Notando le lacrime sul suo volto della sorella però, si era precipitato sul suo viso ad asciugarlo. «Hey, che succede? Hai avuto un incubo? Hai litigato con Christopher?» 

Rebecca aveva scosso la testa. «Non voglio perdere anche te, Dany» aveva sussurrato, prima di ritrovarsi a singhiozzare. 

Non c'erano bisogno di spiegazioni, Daniel aveva capito perfettamente a cosa Rebecca si stesse riferendo. Mettendo da parte il risentimento, aveva avvolto le sue braccia attorno al corpo della sorella e le aveva accarezzato i lunghi capelli castani. «Non mi perderai mai, sorellina» aveva sussurrato lui cercando di darle conforto. Per quanto lo volesse, non riusciva ad essere arrabbiato con Rebecca. Era sua sorella. Avevano entrambi già perso un fratello. Ora erano rimasti solo loro ed erano l'uno la spalla dell'altro. Avrebbero dovuto esserci, sempre, perché è questo che fanno i fratelli: ci sono anche se li cacci, perché il sangue è più forte di qualsiasi altra cosa. Il legame che hanno due fratelli è un qualcosa che non può essere spezzato, neanche a volerlo, perché un fratello o una sorella è tutto ciò che ti rimane. Gli altri possono abbandonarti, ma un fratello non lo farà mai. 

Con questo in mente Rebecca cercò di addormentarsi ma riuscì solo a riposare tra le braccia di Daniel. Quando aprì gli occhi per l'ennesima volta e notò che fossero quasi le sei, Rebecca decise di alzarsi per prepararsi e andare a correre con Christopher. Ogni sabato mattina Christopher la accompagnava nei suoi tragitti perché non voleva che corresse sulla spiaggia da sola. «È triste» le aveva detto per giustificare la prima volta. «Io posso renderlo molto più divertente» 

In effetti da quando Chris andava a correre con lei, Rebecca aveva sempre una marcia in più. Anche quella mattina, pur non volendolo ammettere, si era ritrovata a pensare a Chris che si preparava per correre con lei sul lungo mare con un sorrisino contento sul viso. Dopo essersi lavata e aver indossato la solita tenuta da corsa, Rebecca coprì i tatuaggi visibili e si diede una sistemata ai capelli allo specchio. Dopodiché mandò un messaggio a Chris per chiedergli se fosse sveglio e attese la risposta che arrivò dopo poco. 

"Sono da te tra quindici minuti, piccolina. Ps: buongiorno." le aveva risposto.

Rebecca sorrise al messaggio e scese in cucina nel silenzio più assoluto. Durante il weekend lei era l'unica che si alzava presto, le era sempre piaciuto farlo soprattutto con Terrence. La mattina era il loro momento, quello in cui potevano raccontarsi tutto sotto una coperta mentre erano seduti sul divano. Ridevano a voce bassa, poi finivano per picchiarsi perché uno dei due faceva più chiasso dell'altro. E poi facevano la pace mangiando pane con la nutella come pre-colazione. A Rebecca mancavano tutti quei momenti che aveva condiviso con Terrence. Lui era morto quattro anni e mezzo prima e sentiva ancora il vuoto premerle il petto, quasi a farla smettere di respirare. 

Quella sarebbe stata una giornata pesante da affrontare. 

Chris dovette rendersene subito conto perché non appena la vide uscire di casa corrugò le sopracciglia e le scostò una ciocca di capelli dal viso. «Becky, tutto okay?» le chiese e la ragazza annuì. 

«Sì, sta tranquillo. È stata solo una nottataccia» quasi mentì guardando il pavimento. 

I due cominciarono a correre ma Chris non voleva saperne di desistere. «C'entro io, forse?» chiese con voce triste. 

Rebecca scosse la testa sorridendo sincera. «Di te penso solo cose belle»

Chris le si affiancò e le diede un bacio sulla guancia prima di correre accanto a lei. Rebecca gliene fu grata, probabilmente non sarebbe riuscita ad affrontare un'eventuale conversazione su Terrence già a prima mattina, e per di più con una notte in bianco. I due arrivarono velocemente al mare e presero a correre sulla sabbia. Rebecca cercò di inspirare l'aria salmastra e di rilassarsi il più possibile. Il mare era sempre stato un calmante per lei, soprattutto nei momenti tristi. Quando litigava con i suoi scappava al mare perché guardare le onde la tranquillizzava, oppure quando in passato aveva bisogno di evadere dalla realtà Terrence la portava spesso al mare perché sapeva che l'odore di sabbia e mare le appagavano i sensi. 

Rebecca cercò in tutti i modi di rilassarsi mentre correva sul bagnasciuga, ma i pensieri sembrava non volessero abbandonarla. Chris, d'altro canto, non sembrava messo meglio di lei. Anche lui aveva l'aria assente e il volto spento, sembrava un po' giù di morale e a Rebecca non piaceva vederlo così. Dopo tre quarti d'ora di corsa in assoluto silenzio, mentre tornavano indietro Rebecca si fermò e prese Chris per la mano. 

«A te è tutto okay?» gli chiese, la preoccupazione evidente dalla voce. 

Chris accennò un sorriso e le strinse la mano guardando i suoi occhi. «Diciamo che sono un po' confuso in questo periodo, e le cose non fanno altro che complicarsi. E poi oggi so che non è un bel giorno, per te e.. io vorrei, sì, vorrei cercare di tirarti su ma non so cosa dire. Mi sento impotente e questa cosa mi rende ancora più pensieroso» 

Rebecca ci mise un po' a metabolizzare quelle parole e, quando lo fece, un sorriso si aprì sul suo viso. «Ti sei ricordato di Terrence?» 

«Sono quattro anni e mezzo oggi» annuì il moro. Rebecca schiuse le labbra incredula, poi si attaccò al collo del suo amico stringendolo in un abbraccio. «Lo vedo che sei distrutta. È così brutto sentirsi impotenti e-»

«Chris» lo interruppe Rebecca. «Il fatto che tu ti sia preoccupato per me mi fa capire quanto tu ci tenga a farmi stare meglio. Ed è fantastico. Lo apprezzo tantissimo» 

Chris la staccò un po' dal suo corpo, in modo tale da poterle essere abbastanza vicino da far sfiorare i loro corpi ma abbastanza lontano da guardarla negli occhi. «Davvero basta così poco per migliorarti l'umore?» 

Rebecca rimase ipnotizzata da quei due splendidi occhi blu. Senza rifletterci troppo, stampò un candido bacio sulle labbra di Chris. Chiuse gli occhi a quel contatto, poi si ritrasse imbarazzata e si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Ora sì» mormorò rossa in viso. 

Poi riprese a correre con Christopher che era rimasto immobile nel posto dov'erano poco prima. Aveva gli occhi aperti e le labbra schiuse che stava toccando con la mano. Ci mise un po' per riprendersi e raggiungere la sua amica. Poi, quando le fu abbastanza vicino le chiese: «Facciamo a chi arriva prima a casa?» e partì a razzo verso la strada. 

Rebecca protestò ma era ormai troppo tardi. Christopher era decisamente veloce e Rebecca faticò a stargli dietro. Quando arrivò fuori casa Lewis, Chris alzò le mani in segno di vittoria mentre Rebecca si abbassò sulle ginocchia per riprendere fiato. Quando si rialzò, due mani le presero il viso e Chris le baciò le labbra a stampo ancora una volta facendola sentire un ebete. «Ci vediamo al Club?» le chiese e Rebecca annuì. 

«Ci vediamo al Club» disse, prima di sentire di nuovo le labbra di Chris premere sulle sue e un forte calore espandersi in tutto il suo corpo. 

Rebecca entrò in casa più stordita di quand'era uscita. Erano solo le otto meno venti e il suo umore sembrava uno yo-yo, aveva alti e bassi ma in quel momento era decisamente in alto. Senza fare colazione e ignorando gli sguardi confusi e divertiti dei suoi genitori che avevano assistito alla scena di lei che entrava in casa con aria sognante e le guance rosse, Rebecca andò in sala da ballo e si spogliò completamente per indossare la tuta da ballerina. 

Per le successive due ore, Rebecca cercò in tutti i modi di perfezionare la coreografia per il saggio d'inverno e alcune tecniche che le avevano consigliato miss Lereux e miss Julia. Rebecca sapeva che, per diventare una ballerina professionista, non bastava la passione né bastava il talento. Ci voleva dedizione, sacrificio, spirito d'iniziativa e capacità di imparare, tutte qualità che Rebecca stava cercando di sviluppare. Quella mattina ballò finché non le fecero male i piedi, era decisamente stanca ma per niente al mondo avrebbe abbandonato la danza. Già lo aveva fatto la settimana prima, quando i pensieri le avevano spappolato il cervello. Ora aveva una vera opportunità di dimostrare chi era. E lo avrebbe fatto. 

Finita la canzone, Rebecca rimase in posizione finale per qualche secondo riguardando i passi nella mente. Poi i suoi pensieri vennero interrotti da un battito di mani, che la fecero voltare verso la porta. 

Philip, suo padre, la guardava meravigliato dall'entrata della sala da ballo. Aveva gli occhi lucidi, un espressione fiera sul volto. «Bambina mia.. sei stata.. io non credevo che tu- Dio mio, sono senza parole!» sbottò, quasi incredulo. 

Rebecca prese l'asciugamano e lo portò dietro al collo. «Ed io non pensavo che tu fossi uno spione» rispose la ragazza con un sorriso imbarazzato. 

«Non era mia intenzione. Io e la mamma stiamo andando via e volevo avvertirti, poi mi sono ritrovato davanti te che ballavi in modo così perfetto e non ho avuto il coraggio di interromperti. È a questo che ti è servita la canzone di Marco Mengoni? Per ballare?»

Rebecca annuì e prese un sorso d'acqua. «Sì, sapevo che questa canzone sarebbe stata spettacolare»

«E anche tu sei stata spettacolare, piccola» suo padre la guardò negli occhi, era serio come non lo era mai stato. «Forse sono sempre stato troppo cieco per capire quanto amore provi per la danza. Hai fatto bene a insistere purché miss Julia continuasse a insegnarti, ha fatto un ottimo lavoro con te anche se penso che l'ottimo lavoro lo abbia fatto io con te. Non ci capisco niente di danza, ma conosco te. E posso dire che mentre ballavi io ho visto la Rebecca che non vedevo da anni. Non sei più una bambina che ha bisogno dei miei consigli, tu sai già cosa vuoi perché sei una donna. Oh, piccola mia» Philip abbracciò sua figlia accarezzandole i capelli. 

«Papà, lo sai che il tuo discorso è stato sconnesso e difficilmente comprensibile?» gli chiese Rebecca ridendo sul suo petto. 

Philip aumentò la stretta. «Il punto è, bambina mia, che vedendoti ballare ho capito che questo è ciò che vuoi fare davvero. So che diventare avvocato non è nelle tue corde, era Terrence quello che voleva imitarmi. Da quando lui è andato via io ho messo tutto nelle mani di Daniel e poi nelle tue perché lui non ha voluto saperne di seguire le mie passioni. Tu non mi hai mai dato dispiaceri, né mi hai mai detto che frequentare Stanford e diventare avvocato era la strada che avresti voluto prendere, ed io ho sempre insistito con te. Ti ho riempita di responsabilità su un futuro che non volevi, piccola, e solo adesso lo capisco. Mi dispiace tanto Becky»

Rebecca tirò su col naso e passò il viso sulla camicia del papà. «Papà, cosa stai dicendo?» chiese, cercando di capire meglio il punto. Ormai aveva la testa in panne. Aveva perso il filo del discorso da quando suo padre aveva nominato Terrence. 

«Voglio solo dire che, se vorrai avere un altro futuro, un qualcosa che non abbia a che fare con ciò che io voglio per te, allora potrai averlo. Sono stato egoista a pensare di poterti spingere a fare qualcosa che non volevi»

«Ma io volevo che tu fossi fiero di me» 

«Lo sono già, bambina mia» Philip accarezzò il viso della figlia con un sorriso. «Sono già fiero di te e della donna che sei. E spero che anche Christopher un giorno possa apprezzarti così come sei» 

Rebecca si sentì avvampare «Cosa c'entra Christopher, adesso?»gli chiese, decisamente rossa in viso. 

Suo padre rise dolcemente. «Prima eravate insieme e tu sei tornata a casa stralunata. Non sono un detective, ma so per certo che è successo qualcosa tra di voi. Spero niente di troppo spinto» 

«Papà!» mormorò Rebecca imbarazzata. «Ci siamo solo baciati e non era nemmeno un bacio vero!»

«Tu e il figlio di Vincent, chi lo avrebbe mai detto»

Già, chi lo avrebbe mai detto? Anni prima, per Rebecca Chris era solo un ragazzino rompiscatole, il miglior amico di suo fratello, il ragazzo che balbettava alla sua presenza, quello estremamente dolce e carino ma anche impacciato e tremendamente adorabile. Chi lo avrebbe detto che, di quel ragazzino, un giorno si fosse innamorata così perdutamente?

«Papà» lo richiamò Rebecca sentendo le gote scaldarsi di più. 

«Con tutto che è il figlio del mio migliore amico e collega, se solo dovesse farti del male non mi tratterrò dal rendergli pan per focaccia. Capito, piccola di papà?» 

«Capito» mormorò Rebecca sorridendo, ma al contrario avrebbe solo voluto piangere ancora.

La realtà dei fatti era che sarebbe stata lei stessa a far del male a Christopher quando gli avrebbe detto la verità. E poi chissà.. cosa sarebbe stato di loro, di lei, ma soprattutto del loro amore. 

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