6. Le ceneri di una città

Il lungo sentiero di terriccio, man mano che avanzavano, prendeva un colorito rossastro che rendeva lo scenario quasi simile ad una foto di Marte appena scattata da un satellite, Skye aveva notato che poco oltre ai campi non vi era più nessun tipo di tendone ma solo vuoto.

Non conosceva la loro meta, ma più di tutto Skye era impaziente delle prossime parole che Adil avrebbe pronunciato da lì a poco.
Al suo fianco, se ne restava racchiuso in un sacro silenzio, prendendosi del doveroso tempo per pesare attentamente le parole che avrebbe dovuto dirle e che, ormai ne era certo, avrebbe cambiato radicalmente la sua vita.

Il fardello di ciò che stava per raccontarle avrebbe fatto oscillare la bilancia su un unico lato, spezzando l'equilibrio per sempre. 

Ad ogni passo, il pensiero che Skye e tutti loro fossero sotto terra, divenne sempre più concreto. Tutto di quel posto lo diceva, l'aria opprimente, la luce scarsa, le pareti rocciose, era come essere in una profonda grotta.
Era passato un po' di tempo dall'inizio della loro passeggiata, e finalmente vide altro oltre alla parete rocciosa. Infondo, un palazzo a tre piani prese forma. Archi si susseguivano ritmici verso l'androne. Sarebbe stato un bel palazzo, se non fosse stato totalmente sconnesso dal resto che li circondava. Le poche finestre presenti, erano sigillate da inferriate di ferro battuto.
Ma non entrarono lì, lo affiancarono solo, proseguendo alla sua destra. Skye stava per aprir bocca, quando vide dove molto probabilmente si stavano recando.
Aprirono una porta in legno cigolante, ritrovandosi nell'atrio spazioso di una torre. Alzando lo sguardo, fu impossibile non accorgersi dalla miriade di rampe di scale che si protendevano verso l'alto.
Suo malgrado, vide Adil iniziare a salirne i gradini stretti. Skye lo imitò.
Scoprì presto, che la torre si erigeva da sotto terra per finire a qualche decina di metri di altezza. 
Quando Finirono gli ultimi gradini e aprirono un'ultima porta in legno, la luce naturale li abbagliò per un istante e gli occhi le si chiusero involontariamente.
Fu immersa dalla luce diurna, un sole caldo e rovente le sferzò in viso, e l'aria divenne più respirabile.
Era libera.
Ma quando si guardò intorno, non capì bene cosa vide seppe solo che il suo cuore sembrò arrestarsi.
La bellissima giornata di sole, era in contrasto con i resti di una città sottostante che si estendeva a perdita d'occhio.
Detriti, case diroccate, mura totalmente crollate erano state rase a suolo.
Non c'era nessuno lì, nessuna forma di vita e niente che avesse potuto ospitarli.

Le vecchie mura di quelle case erano deteriorate dal tempo, le pareti erano rimaste sospese nel vuoto in attesa della loro sorte e rimaste bloccate in un lasso di tempo tormentato e senza fine.

vi era soltanto sabbia fine che si insinuava ovunque e accelerava la corrosione dei resti.
Era una scena desolante.

Da quella torre sentiva tutta la città ai suoi piedi e era come essere in cima al mondo con quella visuale; solo che il mondo che stava guardando con occhi sgranati non era quello che desiderava.

Adil la guardò, mentre sui lineamenti della ragazza si formarono varie espressioni, perlopiù afflitte. Si chiese come mai Saleem avesse deciso di portarla in quelle terre.
Non erano mai stati in condizioni di poter aiutare o salvare le vittime dei vari attacchi avvenuti in quegli anni. Portandola con sé, l'aveva messa in salvo da quella notte, ma il vecchio sapeva bene che non esisteva nessun posto sicuro, e il Villaggio non era un'eccezione.
Lì se non si moriva per stenti e infezioni, si moriva per i conflitti.
Eppure l'aveva portata lì. Si era fidato di lei, oppure aveva visto altro, forse coraggio?

Ora, la stessa fanciulla avrebbe avuto l'amaro privilegio di conoscere una verità critica.

«Pronta?» chiese il Vecchio passandosi una mano sulla barba ispida. La vide annuire a malapena, gli occhi di lei erano immersi in quella che una volta era una ricca città brulica di persone.

«Veniamo spesso qui io e gli abitanti del Villaggio» iniziò allargando le mani indicando lo spazio circostante.

Il sole non le era mai sembrato più vicino e sembrava essere ad un passo dalle sue mani. A dividerli era solo una vetrata che li circondava e un campanile con un tetto in cupola dava fine alla struttura.

Dovevano essere i resti di un'antica moschea dapprima imponente e maestosa, ora offriva come panorama solo i reduci di una città in rovina. Bombardata e lasciata a se stessa per poi essere ancora devastata.
Tanta crudeltà... non trovò parole da dire, afferrò il suo petto che sembrò ristringersi e farsi minuscolo.
Si sentì troppo piccola e sopraffatta da tutte quelle sensazioni cosi intense dovute a quel silenzio forzato che sottostava a loro.

Non ebbe forza di parlare o conciliare un pensiero sensato. Si prese un momento di silenzio per assemblare una parola di senso compiuto, con gli occhi vagava su quelle vie ostentandosi nel cercare ancora qualche forma di vita, qualche bambino correre in quelle vie a giocare con i suoi compagni. Di qualche madre che stendeva il bucato sotto al bel sole.
Dov'erano tutti? che cosa ne era stato di tutto il resto? eppure non le era sembrato di essere rimasta tanto tempo sotto terra assieme a Saleem. Il suo cuore la supplicò di ricevere risposte, seppur dolorose.
Voleva sapere delle sorti di Dover, di Parigi, di Doha.

«Cosa...dove sono tutti?» provò a dire, ma la voce si affievolì come se fosse stata settimane senza parlare.

Il Vecchio era rimasto ad osservare ogni reazione della ragazza che rimaneva ancora una perfetta sconosciuta, molto diversa dal suo mondo. Eppure dalle emozioni che le passarono in viso, notò della pietà di fronte a quelle macerie che prima ricordava esser casa sua.

Lui era abituato a vedere la morte, spesso addirittura la fronteggiava per salvare i membri della piccola comunità che formavano il suo Villaggio ed era  abituato a quell'immagine terrificante in cui si era trasformato il luogo in cui aveva vissuto felice fino a quattro anni fa.
Guardò afflitto la stessa strada principale dove prima c'era le fondamenta di casa sua, ora sommersa dalle rovine quella stessa strada era un ricordo di  numerosi negozi artigianali che vendevano cibo locale per i turisti che venivano spesso a far loro visita.

«Alcuni sono ancora qui, costretti a vivere sotto terra. Abitano in ciò che siamo abituati a chiamare Villaggio, esso è ciò che resta delle nostre dimore.
Viviamo nella speranza che molto presto tutto questo cambierà. La stessa speranza che ci accompagna da quattro anni ad oggi. Andiamo avanti nonostante tutto, nonostante non abbiamo più i nostri cari, e le nostre comodità.  La maggior parte però sono morti.» spiegandò parte della loro storia.

E Skye si stupì di fidarsi pienamente di quelle parole.

«C'è un Villaggio sottoterra?» Domandò, Adil annuì e riprese a passare la mano sulla propria barba in un segno di riflessione. Il suo sguardo era immerso di fronte a sé in luoghi remoti della sua mente.
«Sì. Dal conflitto ci siamo rifugiati e radunati insieme qui. Ma abbiamo fiducia delle nostre...risorse

«Risorse?» imitò, guardando quella stessa terra tormentata e priva di vegetazione. Non vi era nulla che potesse più donare qualcosa ad un popolo neanche se piccolo. Il Vecchio annuì lentamente e riportò gli occhi sulla ragazza.

«Skye, giusto?» chiese, ricevendo un sì come risposta.

«Le nostre risorse sono le stesse persone di cui ora tu temi. I ragazzi sempre armati che tanto ti spaventi di vedere in giro, gli stessi che ti hanno anche puntato contro un'arma ho saputo, sono anche gli stessi che difendono i resti del Villaggio. Ma non solo, difendono a denti stretti ciò che resta della scorsa vita o delle loro sorelle e i loro fratelli per continuare a sopravvivere.
Lo stesso Saleem è uno di questi. Non sopprimiamo innocenti, ma per ora resistiamo Agli attacchi dei nemici, alimentando il nostro coraggio con l'utopia di essere di nuovo felice un giorno e di rivangare le nostre terre sperando in una rivincita. Solo per vedere molto meno povertà fra la nostra gente e di vivere il resto che rimane della nostra vita in pace. Saleem, come noi tutti, spera che ben presto il resto della sua comunità non sarà più costretta a nascondersi e a vivere con il capo chino sottoterra e morire di carestia fino a pochi mesi fa» frenò per un istante lo sproloquio, soffermandosi sul battito d'ali di un piccione che passò accanto alle loro vetrate.

«Questo luogo per tutti noi rimane la nostra chiesa, ci riuniamo per diversi minuti al giorno per pregare in un religioso silenzio, pensando a tutte le vittime che ci portiamo nel cuore per colpa di questa guerra. Veniamo qui per guardare ancora la luce del sole che a noi è stata privata. Anche in questo momento, mia cara Skye, rischiamo di morire per via dei cacciabombardieri.» svelò guardando l'orizzonte dove poco prima era sparito il volatile.

Skye venne colpita dalla potenza di quelle parole, pensò per quanto tempo avesse dato lei stessa per scontato di veder nascere giorno dopo giorno il sole e respirarne la leggera ebrezza dell'alba.

Era ancora confusa ma in tutti quei pensieri ne emerse a galla uno.

Si sentì come illuminata da un lampo d'improvviso dopo notti buie e senza stelle.

Quante convinzioni potevano cadere nel giro di un giorno?

«Adil, di che guerra parli?» Interrogò guardando il profilo spigoloso del vecchio.
Improvvisamente si diede della stupida per essere sempre stata cosi superficiale, ingrata e cinica. Non aveva mai dovuto combattere per avere una pagnotta sul tavolo, tantomeno l'aveva fatto negli ultimi anni mentre loro... loro morivano di stenti. Le sembrò che  quella fantomatica guerra, che non aveva neanche mai combattuto, le fosse entrata dentro marchiandola per sempre.

«Skye, sai qual'è la più grande condanna dell'uomo?» Chiese invece l'uomo, lo sguardo profondo incorniciò le folte sopracciglia grigie. Scosse il capo guardandolo e attendendo che si spiegasse meglio.

Adil prese a camminare lentamente accanto alla vetrata, con lo sguardo proiettato su un punto indefinito che lo ricongiungesse al passato, in un luogo ancora prosperoso e virtuoso che tanto aveva amato sin da bambino, la sua vecchia scuola.

«Essere avari. è il vizio che condanna ogni uomo più debole d'animo. In questo caso e in questa storia almeno, ha condannato uno di essi in particolare: figlio di Gor, Re di Shiraz, Icaro.
Un giovane che, alla presunta morte del padre accaduta troppo prematuramente e alquanto misteriosa, ha preso il suo comando come legittimo erede al trono.
Ma quella poltrona gli è stata da subito troppo stretta per i suoi scopi, cosi di fronte a chi chinava il capo al suo cospetto con l'obbligo di servire il suo sovrano, decise di allargare i propri confini. Avanzò con le truppe per conquistare i d'intorni, tra cui Doha e molto altro ancora.
Il nostro popolo non era pronto a nessun attacco, tantomeno dal figlio del Re di Shiraz, nostro alleato da anni ci aveva addirittura protetto in molte occasioni precedenti.
Immagino saprai bene che siamo sempre stato un paese povero. Non gli è stato difficile conquistare i confini e, non soddisfatto neanche da quello, o forse accecato dal potere, si è spinto molto oltre, creando nient'altro che urla, morte e macerie al suo passaggio.

Icaro è sempre stato un giovane pretenzioso, lo ricordo bene il figlio di Gor, ma non ha mai capito la giusta differenza fra essere Re e un tiranno. Dopo aver conquistato le nostre terre, dichiarò di voler essere il Re dei Re.
Forse ciò che aveva iniziato e bramare fin dall'inizio era piccolo. Si trattava di voler conquistare un nuovo territorio circostante ma mai avrebbe pensato che per lui e le sue truppe potesse essere tanto facile.
Ora Icaro è seguito da un esercito altrettanto mostruoso, formato da esseri rivoltati senza nessun principio o coscienza, non conoscono cosa vuol dire la misericordia. Sono però disposti a spingersi ovunque per il proprio Re, gli resta o questo o perdere la vita per alto tradimento al sovrano.  Per questo oggi decine di raid sovrastano il nostro cielo distruggendo tutto ciò che non gli è mai appartenuto. Da qualche mese a questa parte, il nuovo giovane Re si vocifera stia mirando a conquistare i grandi stati, già da tempo rende schiavo chiunque scienziato sappia essere in grado di equipaggiare meglio il suo esercito.

Skye, presto capirai che il male genera male.

Si nasconde in paesi lontani dove noi stessi non possiamo raggiungerlo, costruisce giorno dopo giorno una città dove selezionerà personalmente chi avrà il privilegio di vivere all'interno delle mura intrinseche di sangue del suo palazzo. Tutto il resto per lui sono solo innocenti non degni di essere risparmiati.» la pelle di Skye si accapponò per quel racconto. Icaro era tanto pericoloso? Si sarebbe mai fermato?

«Nessuno fino ad ora ha avuto i mezzi necessari per contrastarlo. E il resto del mondo è ignaro perché Icaro controlla e riesce a fermare persino la propaganda e le fonti di conoscenza grazie ai agganci.
Il mondo non sa chi diavolo si sta formando in queste terre e chi, prima o poi, sarà pronto per affrontarli.
Per questo non ci resta che stare rintanati nel Villaggio, lontano dai suoi radar, allenando i nostri soldati per aspettare l'ora della nostra vendetta. Attrezzandoci nel frattempo al meglio per poterlo sfidare ad armi pari.
È l'unico desiderio che ci resta, Skye, quello di riportare l'ordine delle cose com'erano.» finì. Le parole del Vecchio però, riecheggiavano nella sua mente ancora e ancora.
C'era una minaccia in quelle terre, che rischiava di espandersi molto presto. Aveva un nome, un palazzo nascosto e un esercito numeroso. Lo stesso che aveva raso al suolo quelle terre, costringendo i superstiti a rintanarsi sotto terra per quattro anni, un notevole lasso di tempo.
C'erano ancora tantissime domande che le premevano, ma man mano il quadro prendeva colore.
«E quindi che cos'è successo quella notte a Doha?» Domandò ciò che la tormentava.

Adil continuò a girare il perimetro circolare di quella torre, con il naso all'insù ammirava il cielo limpido che, molto probabilmente, sarebbe stata l'unica cosa irraggiungibile per il Re.

«Quella notte hai avuto il dispiacere di assistere all'ennesima ingiustizia di Icaro. Hai avuto io dispiacere di vedere l'ira dei suoi uomini. Non sappiamo ancora se avevano direttive da Icaro oppure avevano agito di testa propria, era alquanto... brilli. E spesso hanno creato sommosse inutilmente. Solo per il puro piacere del potere.
Saleem e gli altri non si sono mai spinti cosi oltre come in quelle due giornate, il Villaggio aveva bisogno di provviste, ed avevano un aggancio poco fuori Doha. Un mio vecchio amico disposto a darci un carro zeppo di alimenti, poco dopo il rifornimento, a Saleem era giunta voce che vi erano delle armi a Doha lasciate incustodite dai soldati, capirai bene che ci avrebbero fatto molto comodo. Cosi lui e la sua squadra non ci hanno pensato due volte, sono giunti lì per stanare il magazzino in questione. Ma quando sono arrivati hanno sentito delle grida e... la nostra squadra non ha resistito er hanno provato lo stesso ad entrare nel teatro per sterminare o dimezzare le forze nemiche.
Come te, non so altro della fine di quella giornata o di quella gente. So solo che la squadra si è presentata dopo poche ore alle porte della grotta, portandoti definitivamente qui.»
Persino Adil non sapeva altro. Si sarebbe rivolgere alla squadra, anche se oltre Saleem non conosceva da chi era composta.

«Alla domanda del perché ti avessero risparmiata alla tua sorte, hanno risposto vagamente sul tuo coraggio, che era ciò che ci serviva per ampliare il nostro esercito. Credo molto nel soldato Saleem, ogni sua azione è calcolata ed ha sempre avuto idee geniali.»
Skys pensò che se non fosse stato solo caos creato dai soldati ma la decisione di Icaro stesso a farli inoltrare nel teatro quella notte... se davvero si era spinto fino a tanto voleva dire che era già iniziata la marcia verso gli altri stati.
E se in realtà, fosse già arrivato a Dover mentre lei era rimasta lì? che fine avevano fatto le altre ballerine?
Quella serie di domande avevano una forza impetuosa dentro di lei, in grado da farla tremare dalla testa ai piedi. Non sapeva più cosa avrebbe fatto senza la sua famiglia.

«Ti posso assicurare che non siamo gli unici a reclamare vendetta. Siamo in contatto con ogni superstite di ogni paese vicino. Chi più fortunati e chi meno. ma stiamo sulla stessa barca e con lo stesso obiettivo: quello di annientare Icaro e far tornare tutto alla normalità. Siamo pronti a giocarci tutto, a partire dalle nostre vite.» la rassicurò.

«Ho bisogno di sapere se la mia famiglia è viva o no! se Icaro è giunto alle porte di Dover o del resto del mondo.!Devo andare da loro!» sparò a raffica in  preda ad un attacco di panico.

«Non puoi. Come pensi di arrivare a Dover? probabilmente non saresti nemmeno in grado di arrivare ad una manciata di kilometri fuori dalla grotta illesa. Ti farebbero fuori, Skye» si avvicinò alla ragazza, la guardò dall'alto della sua altezza farsi più piccola, comprendeva che il suo mondo le stava collassando addosso.

«Devo saperlo ugualmente!» Ribadì. il vecchio portò le mani sulle spalle della ragazza e la guardò.
Avrebbe riscosso timore in chiunque con quello sguardo gelido e penetrante, eppure per lei non fu cosi.

«Non puoi ora. Devi aspettare che l'ordine delle cose torni alla normalità prima. Che non ci siano più i suoi seguaci in agguato ad ogni passo. Devi attendere che questa guerra sia finita per poter ritornare alle tue origini, è ciò che stiamo attendendo tutti noi. Aspettiamo il momento giusto. I soldati lì fuori non saranno clementi con te, farebbero cose inammissibili per compiacere il loro sovrano e la loro mente contorta» Skye si allontanò dalla sua presa, fece un passo indietro per guardarlo meglio
«Aspettare dici?! come puoi dirmi di starmene qui ad aspettare di sapere se mio fratello, mia madre e mio padre stiano bene?! Cosa dovrei fare nel frattempo? L'uncinetto?» gli riserbò un'occhiata truce. Non metteva in dubbio la storia del vecchio, c'era un'intera città sottostante a testimoniare. Ma non poteva chiederle di aspettare qualcosa che forse non sarebbe mai successo.

«Credi di essere l'unica in questa situazione? tutti noi lo siamo. Saleem compreso. Non c'è molto che possiamo fare ora se no studiare un piano che abbia senso.»

Gli occhi del Vecchio gli si pararono davanti e per un attimo fu annebbiata dalle lacrime che minacciarono di fuori uscire.

Diede retta al Vecchio per un momento, rilassò le spalle e mise in paura i pensieri che l'attanagliavano il cuore in una mossa crudele. Aveva creduto ad ogni singola parola dell'uomo, impotente era rimasta a guardare le ceneri di una città.Una prova tangibile del passaggio di Icaro in quelle terre.

Non era mai stata brava ad attendere in silenzio. Desiderava potersi rimboccare le maniche. Sentiva un disperato bisogno di essere a Dover ora, per avere il giusto tempo di avvisare la sua famiglia del pericolo imminente.

E invece veniva schiacciata dalla realtà di ritrovarsi dall'altra parte del mondo, costretta a vivere sotto terra fra estranei.

«Forse hai bisogno di riposare un po' ti ho dato molte informazioni da dover elaborare.» proferì Adil vedendola abbacchiata. Lei si limitò ad annuire flebilmente ed infatti era cosi, si sentì prosciugata dalle sue forze. Con ancora gli occhi incollati a quella che una volta era una vecchia capitale lasciò la torre aprendo la porta in legno che rivelò le scale sommesse nel buio opprimente.
Si sarebbe presto adeguata a quelle ombre?

Adil ebbe la premura di riaccompagnarla fino al dormitorio assegnatole momentaneamente.

Entrata nello spazio angusto che ormai era la sua camera, non ebbe bisogno di darsi un pizzicotto per capire di non star sognando e che non era un incubo;

Eppure avrebbe voluto che lo fosse.

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