57. Tell my why this has to end

Erano passati due giorni dal picnic sul tetto con Karim che imperterrito continuava a ronzarle intorno facendo gesti carini, le aveva fatto cucire dalla moglie di Leon un fodero per le sue pistole, l'aveva portata nella sala dello spionaggio per farle guardare le mappe del deserto mentre lui le scriveva una poesia.
Nonostante continuasse a respingere i suoi sentimenti, lui continuava ad impegnarsi e a reinventarsi pur di far cambiare ciò che lei nutriva.
In netta opposizione con Saleem, che invece non la degnava di uno sguardo dopo che lei aveva interrotto bruscamente il loro ultimo bacio, figuriamoci parlarle.
Aveva invece confidato a Finn ciò che era successo, l'amico aveva strabuzzato gli occhi quando seppe che si erano scambiati un altro bacio e aveva sorriso sornione. Quando poi aveva evidenziato la loro situazione attuale, aveva riso divertito, mormorando qualcosa su quanto fosse semplice l'amore ma complicati loro.
Guardavano i primi filamenti dell'alba spargersi nel cielo come scie fatte da un pennello morbido, era distesa nel campo e attendeva il resto della sua squadra, intorno a lei il tempo scorreva inesorabile come una ghigliottina.
Mancavano pochi giorni alla fine del loro patto, Icaro le aveva parlato di un segnale, lei avrebbe dovuto correre dalla parte opposta. Sembrava un piano semplice, se solo quello non avrebbe segnalato la sua condanna a morte.
Sospirò sonoramente, perdendosi nella volta immensa. Avrebbe potuto ammirarla anche dal Palazzo di Icaro? O sarebbe stata rintanata in qualche cella? Oppure... poteva accadere anche di peggio.
Strinse i pugni, mentre cacciava via quei pensieri assidui.
A volte, si chiedeva come riusciva a mettere da parte quelle emozioni e ad andare avanti come se non stesse mettendo in gioco la sua stessa vita, mentendo a tutti.
Al solo pensiero di rivederlo, brividi di freddo la oltrepassavano innescando in lei scie di pelle d'oca.
La sola cosa che l'aiutava a rimanere lucida era poter aiutare realmente tutte le persone di quel Villaggio.
Respinse indietro i pensieri che scalpitavano riguardo a Saleem, il modo in cui si sentiva protetta e nel posto giusto quando la toccava.
Guardò da lontano il resto della squadra che li raggiunsero, si alzò «Oggi farò io gli allenamenti» brontolò Joseph, guardandosi intorno non c'era ombra del loro superiore, George rispose al suo sguardo interrogativo «Non c'è» disse solo, prima che iniziasse a spiegare la nuova frequenza di allenamenti.
Nonostante non si parlassero da quel giorno desiderava ugualmente rivederlo, per questo sentì il cuore pesante quando non lo trovò neanche in mensa e neanche il giorno dopo ebbe sue notizie.
Era il terzo giorno quando rivide Saleem mentre lei stava ritornando dall'allenamento, apparve silenzioso appoggiato di schiena fuori al portone d'ingresso, capì che stava aspettando proprio lei quando attese che tutti entrassero, e fu tutto più chiaro quando le barrò la strada d'ingresso con un braccio.
Nonostante fosse esausta per tutte le energie spese ad allenarsi assiduamente in quei giorni, quando lo vide cosi vicino, esse si ricomposero dentro di lei inondandola di pura elettricità.

In quel momento la fissava, attese che lei si avvicinasse per parlarle «Dove vai?» chiese quando Skye provò comunque a passargli in avanti.
Lei allora si fermò, alzando un sopracciglio. «Non sapevo che ora improvvisamente t'importasse ancora io dove vada» obiettò acida ricevendo come risposta un sorriso storto, uno di quelli che faceva prima di scuoiare viva la sua preda.
«Sono il tuo superiore» provò a giocare quella carta, ma sapeva bene che con lei non avrebbe mai funzionato, neanche quando respingeva il suo arruolamento.
«Che c'è adesso sono di nuovo sotto tuo sequestro per caso?» sentì salire i nervi da cima a piedi.
E vide tutta la sua spavalderia sciogliersi in un attimo dopo aver sentito quella frase «Non lo farei mai» ammise incredulo, la sua corazza si allentò vacillando appena, le braccia gli ricaddero lungo i fianchi e quella maschera crepò impercettibilmente per un secondo, era sincero.
Si sentì in colpa per aver detto o anche solo pensato quelle parole. Sapeva che Saleem l'aveva salvata da morte certa quella notte e che non le aveva mai fatto del male, perfino nei primi giorni, le aveva sempre lasciato la porta libera, proteggendola dall'esterno solo per evitare un'altra povera vittima.
Il nemico non era mai stato Saleem, il suo carnefice sarebbe stato Icaro semmai.
Il patto che ora le sembrava incredibilmente vicino, in quei giorni era come se avesse posto sulla testa un orologio che stava per segnare inesorabilmente l'ora della sua fine.
E il suo nervosismo le era quasi incontenibile a volte, per questo non riusciva a tenere a freno la lingua.
«Si lo so» ammise anche lei in un sospiro, distolse lo sguardo da lui per calmarsi.
«Cosa vuoi allora?» chiese irritata, dubitava che la sua fosse semplice curiosità, lui non era effimero, ogni suo pensiero e domanda era ben mirato a sapere qualcosa di preciso, forse era addirittura più calcolatore di suo cugino.
«Che tu mi dica la verità» la sua espressione cambiò celere, l'incredulità di poco prima rese posto ad un volto impassibile, quello a cui era stata abituata. Si avvicinò di più, facendo scivolare i suoi occhi su tutto il suo corpo in cerca di prove.
«Questi lividi, te li ha fatti soltanto uno di loro?» domandò, guardando più approfonditamente i polsi alle due estremità ancora segnati. Ancora quella domanda? Pensava di aver risposto e sviato finalmente l'argomento la scorsa volta.
«Sì» rispose troppo velocemente, il suo cuore già in una leggera tachicardia.
Lui rise amaramente scuotendo il capo in diniego, era certo che le stesse mentendo e Skye si chiese se li avesse visti quella notte, se non fosse stato più vicino a loro di quanto credeva.
«La verità» l'ammonì spazientito, quel sorriso storto gli incorniciava ancora le labbra, la incuteva e stupiva al tempo stesso. La volta scorsa aveva messo fine a quel discorso baciandolo, le loro lingue avevano danzato reclamandosi come se avessero aspettato una vita intera per potersi finalmente congiungere ma adesso... non si azzardò ad avvicinarsi e a fare ancora lei il primo passo, nonostante trovasse incredibilmente allettante la cosa.
«Sì» ripeté, lui abbassò gli occhi studiando ancora quei lividi, un indice le scivolò lungo il bracco, intrattenendosi sulla pelle violacea.
«Skye, te lo domando per l'ultima volta, ho bisogno di sapere se l'hai visto» mormorò, e non serviva nominare chi. Non distolse gli occhi dal suo indice ancora fermo sulla sua pelle.
Non sapeva se lui sospettasse di quell'incontro solo per la mira precisa del colpo assestato al soldato di Icaro, o se aveva imparato cosi bene ad interpretare i suoi silenzi.
«Andiamo, ho già risposto a questa domanda, non ho visto nessun altro quella notte» fece per andarsene ma la sua mano si chiuse a scatto sul suo avambraccio.
Non fu un gesto premeditato, ma servì a tenerla ferma.
Quella sensazione le fece ritorcere le budella, mai più avrebbe voluto che qualcuno la tenesse immobile contro la sua volontà, quando succedeva si sentiva come un uccello in una gabbia che batteva frenetico sulle sbarre di ferro e mai avrebbe voluto rivivere tutto quello.
Saleem la rilasciò subito e riaprì il suo palmo di scatto, come ustionato dalla sua pelle.
«Voglio solo la verità» e in quella nuova voce, c'era il tono che ricordò avesse usato quella stessa notte, quando urlava lontano il suo nome con cosi tanta disperazione.
Non aveva mai mentito, ma con Saleem l'aveva fatto cosi tante volte, andando contro se stessa anche, che ormai aveva compromesso tutto ciò che di buono poteva esserci.
«Non ho incontrato Icaro» scandì bene le parole, sotto al suo sguardo si sentì sciogliere dalla vergogna per la menzogna.
Fece per andarsene di nuovo, sentiva il cuore in gola e odiava la sensazione che stava provando, ma Saleem fu più rapido di lei, e le si parò davanti di nuovo.
«Perché vai via? mi stai nascondendo qualcosa?» tutto avrebbe dovuto rispondere, ma quella voce le spezzò qualcosa dentro che pensò fosse impossibile da risistemare.
«Saleem» l'avvisò pacata, spostandosi di lato per passare, lui provò a riafferrarle il polso, ma lei se lo tirò a sé continuando a camminare veloce per allontanarsi, girando intorno alla base dall'esterno essendo che gli privava l'ingresso ad essa.
Era stata stupida probabilmente a pensare di poter scappare da lui, Saleem la raggiunse in due falcate e questa volta non la fermò delicatamente, le sue dita affusolate si appoggiarono sui suoi fianchi e la spinse lentamente verso il muro, facendo forza con il suo peso, incastrando cosi i loro corpi in una posizione familiare.
Deglutì a fatica, sentendo trasformare intorno l'aria piena di tensione ed elettricità.

In un attimo fu in trappola, una gabbia incredibilmente inebriante per i suoi sensi, e stranamente non ebbe il voltastomaco che le ricordavano di ciò che era successo qualche giorno prima, no, erano soltanto lei e Saleem in quel loro spazio, quella dimensione che erano soliti ricrearsi dal nulla, piena di tensione, passione e desideri.
Anche se la sensazione di oppressione non si annullò del tutto perché ad opprimerla era lei, Icaro e tutte quelle bugie dette, alle verità nascoste che dolevano da matti.
Provò a scappare di nuovo via, ma lui le portò le braccia sopra alla testa, tenendogliele ferme con entrambe le mani, sentiva le sue dita evitare quei dannati lividi con troppa cautela.

E quando fu costretta a guardare quegli occhi in cui incombeva una notte perenne, perse ogni certezza e lucidità come spesso accadeva.

Non aveva mai visto Saleem scomporsi cosi, tantomeno per lei.
Da quando era diventata lei quella che scappava e lui a rincorrerla invece?

«Non ti posso aiutare se non mi racconti cos'è successo. Agogni cosi tanto la libertà per potertene ritornare a casa, ma sappi che Icaro non ci penserà due volte a strappartela via e a non ridartela più» la voce in un sussurro caldo che le riempì il viso.
"Per potertene ritornare a casa" ma si chiese se Dover era ancora casa sua, cosa avrebbe mai potuto fare lì dopo aver vissuto tutto quello e dopo aver trovato cosi tanto in quelle terre.

Strinse la presa sui polsi e si avvicinò cosi tanto da sfiorarle la punta del naso con il suo.

«E se non riuscissimo più a ritrovarti per salvarti?» chiese infine e la voce gli si incrinò dando vita alle sue stesse paure.

Era a conoscenza del fatto che avrebbe potuto non rivedere mai più nessuno di loro se avesse rispettato il patto. Ma aveva anche l'opportunità di conoscere la dimora di Icaro e magari distruggerla dall'interno, se ne avesse avuta l'opportunità.
«Basta» allora supplicò, se era questo che voleva, l'aveva finalmente ottenuto. Era sfinita, nervosa, esausta e tutto questo non lasciava spazio alla tristezza e alla paura.
Non dovette ripeterlo perché lui la liberò di getto e quasi lei si sentì ricadere su se stessa. Quando sarebbe andato via, avrebbe dovuto raccogliere i pezzi delle sue bugie e del suo cuore in mezzo a quei granelli di sabbia.

Annuì contrariato.

«Bene» sentenziò, facendo qualche passo lontano.

«Va via da me» mormorò cacciandolo, si guardò i polsi tremanti, li nascose dietro alla schiena, stava per crollare e non gli avrebbe dato la soddisfazione di farsi vedere in quello stato.
Lo vide aprir bocca ma lei lo interruppe ancora.

«Via!» urlò cosi forte da sferzare l'aria circostante, meritandosi un'occhiata sconcertata da parte sua, che fece altri passi indietro.

«Saleem, va via» ripeté con urgenza ancora più forte, lo vide finalmente voltarsi, e sentì qualcosa in lei cedere lentamente.
Una parte di lei, desiderò che non l'ascoltasse, che tornasse indietro e l'abbracciasse.
Dopo un attimo di esitazione, alzò il capo, serrò i pugni e se ne andò via, proprio come lei aveva chiesto.

Non ebbe forza di aspettare che se ne andasse del tutto dalla sua vista, ricadde a terra con un tonfo, portandosi un palmo sul petto che si alzava e abbassava freneticamente, non sentiva più aria nei polmoni, boccheggiò per inalarla, ma sembrò avere una ragnatela cucita in gola.

Pensò di piangere, ma non le uscì nessuna lacrima.
La vista si rabbuiò e stava per cedere «Respira» intimò una voce, una mano calda le accarezzò le scapole muovendosi su e giù a ritmo per confortarla. «Va tutto bene» le sussurrò all'orecchio. «Stanno arrivando delle persone, non farti vedere cosi, ricomponiti, respira, tranquilla» continuò mentre lei si concentrava sulla mano rassicurante che l'accarezzava.

«Prendi una grande boccata d'aria» anche se i polmoni le bruciarono, seguì quella voce che la riportò alla realtà. Di fronte a lei si estendeva il campo deserto, in lontananza tre membri e un bambino minuto stavano trasportando delle ceste colme. Il bambino la fissava in lontananza con occhi da cerbiatto, mentre gli adulti dietro di lui ancora non l'avevano vista, impegnati com'erano nella loro accesa discussione.

Prese un'altra boccata d'aria che finalmente le riempì le narici ed espirò lentamente, il petto le si gonfiò nonostante bruciasse e sentì di nuovo le mani.

«Ecco. Cosi. Brava, stai meglio?» passò un'attimo, ma alla fine annuì voltandosi verso di lui.

Il biondo cenere spiccò in quella terra arida, gli occhi verdi dell'americano la stavano guardando con una dolcezza disarmante.

«Cos'era?» balbettò respirando ancora lentamente. I tre individui gli passarono accanto sorridendo ai due soldati, per poi ritornare subito alla loro conversazione, il bambino fu l'unico a scuotere la mano per salutarli.

«Un'attacco di panico, è passato» lei sospirò lasciando che Wave la cingesse in un abbraccio.
«Andrà tutto bene» le mormorò appoggiando la sua testa sul suo capo, si fece cullare proprio come faceva da piccola quando per via di un temporale correva nel letto dei genitori.
Quando il respiro si regolarizzò, si distaccò lentamente «Grazie» Wave sorrise e i suoi occhi furono uguali ai prati rigogliosi di Dover. «Ti ho sentito cacciar via Saleem dall'altra parte della vetrata» ammise indicando la finestra.
«Poi ho visto lui andar via come una furia. So che non è un carattere facile da gestire, ma ci tiene a te» lei non rispose, abbassò solo gli occhi. Era la seconda volta che lo respingeva via con tanto fervore. Gli avrebbe mai più rivolto la parola?
Se solo non l'avesse fatto... non sapeva cosa era disposta a fare.
«Comunque, non solo io ho sentito parte del vostro discorso» si voltò di scatto per guardarlo, indicò la vetrata socchiusa poco distante.

«Dovresti parlare con Karim»

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top