51. Notte senza stelle
Sfrecciavano ancora per le vecchie strade della città, dopo quella notte, quando aveva incontrato i loro amici integri era corsa a riabbracciarli e poi era sgattaiolata dentro il furgone di Wave e nessuno aveva più fatto domande quando fu Lama ad andare con Saleem nell'altro furgone.
Si allacciò la cintura di sicurezza e rimase in silenzio ad ascoltare Finn e Wave parlare di un vecchio telefilm americano che guardavano da piccoli nonostante vivessero quasi in due poli opposti, si focalizzarono su alcuni personaggi e avvenimenti della storia e sul fatto che Finn non ricordava assolutamente il finale della stessa.
Guardando fuori dal finestrino, voleva tenersi alla larga da tutte quelle emozioni contrastanti che provava negli ultimi giorni. Perfino Icaro era sceso in secondo piano nella sua lista priorità, dava la compa a tutti i pensieri che le affollavano la mente su Saleem, e si odiava per questo. Erano in guerra, avrebbe dovuto pensare solo a quello, o al massimo a Karim che era stato male e invece...Si dannava ogni volta che si sentiva al sicuro solo accanto a lui, oppure a come l'aveva stretta la notte in cui avevamo bevuto.
''Nessuno potrebbe impedire il nostro divertimento, se solo lo volessimo''.
Cancellò definitivamente quelle parole dalla sua mente. Focalizzandosi esclusivamente sulla missione.
«Quando ci manca per raggiungere il bosco?» chiese, guardando il veicolo di fronte, il braccio di Lama fuoriusciva dal finestrino aperto e le sue dita giocavano con il vento, per loro fortuna erano riusciti a recuperare diverse taniche di benzina, garantendo non solo quel viaggio ma anche altri in futuro.
«Allora se stiamo percorrendo la strada giusta...per questa notte siamo arrivati» capì che fosse difficile riconoscere la loro vecchia città, era completamente stata rasata al suolo, le strade erano state occupate perlopiù da detriti ed edifici franati e la sabbia aveva corroso le poche segnaletiche rimaste in piedi, per non parlare dei cumuli di polvere e terricci che rendevano impossibile individuare la via. Saleem probabilmente stava andando a tentoni sperando che la sabbia non avesse coperto una voragine gigantesca che avrebbe potuto inghiottirli.
«Dubito che con le nostre torce riusciamo a trovare del cibo, al massimo diventeremo noi stessi un ottima preda per qualche animale selvatico» mormorò Finn aguzzando gli occhi verso la città come se potesse vedere un coyote oltre quella distanza.
«Credo che Saleem ci lascerà dormire nel furgone mentre qualcuno fa la guardia. L'indomani ci metteremo a cercare tutte le provviste necessarie» con quella notte sarebbero passati due giorni dall'inizio della missione, per il ritorno ne avrebbero impiegati almeno altri due. Dubitava che riuscissero a tornare alla base entro quattro/cinque giorni come proclamato da Adil, ma sapeva che ugualmente li avrebbero attesi a braccia aperte al loro ritorno. Chissà se Joseph e George stavano facendo ancora allenamento alle nuove reclute, da quando avevano armi a sufficienza alla base, gli artificieri avevano ottenuto un nuovo compito per il Villaggio, quello di entrare a far parte della squadra, e lo stesso era stato per i fabbri, che impiegavano però soltanto metà giornata a svolgere gli esercizi rigidi che Joseph assegnava ad ognuno di loro.
Sospirò, riportando lo sguardo sul veicolo di fronte. «Paura dei predatori?» scherzò Wave, osservando dallo specchietto retrovisore la faccia preoccupata di Finn, lui caricò meglio il fucile e deglutì.
«Ricorda che hai un'amica che con la sua sciabola andrà molto lontano» sghignazzò l'americano al suo fianco, mentre lei strinse il fodero. «Fossi in voi non scherzerei cosi tanto, questa lama è molto affilata» avvisò, estraendo la spada che luccicò sotto alla luce del sole che filtrava dal finestrino.
Finn deglutì di nuovo, osservando meglio la punta spessa della lama. «Come mai hai scelto un'arma cosi ravvicinata?» chiese curioso, gli occhi grandi e castani la guardavano senza alcuna malizia mentre studiava più da vicino l'oggetto in questione.
«Già, ti ci vedo con la Beretta e La mitragliatrice, ma la sciabola è davvero cazzuta» osservò Wave sorridendole. «Una roba da duri» ammise Finn. Lei ridacchiò riposando l'arma nella fodera. «Non so. Sentivo semplicemente che fosse giusta per me» ma la realtà dei fatti era che sognava di tagliare la gola di Icaro proprio con quell'arma, il desiderio era cosi forte da pulsarle nelle vene.
«Capisco» mormorò Finn, mostrandole il suo AK-47, grande quasi quando metà del suo corpo.
Come aveva previsto Wave, arrivarono al bosco a notte fonda, Saleem era riuscito a riconoscere la strada e quando videro le prime conifere spuntare oltre l'orizzonte, sospirarono tutti di sollievo.
I fari del furgone illuminarono le strade sterrate, gli aerei di Icaro erano giunti anche lì, ma la natura aveva ripreso a crescere indisturbata subito dopo. La pioggia di qualche giorno prima, era un lontano ricordo anche per quelle piante inaridite, ma abituate a quel clima torrido.
Skye e Finn erano appiccicati al finestrino, osservavano il panorama circostante composto soprattutto da grossi tronchi e cespugli fitti, il rumore delle ruote sulla leggera ghiaia che copriva come una fodera il terreno era l'unica cosa che si udiva, come se tutto il bosco restasse in silenziato durante il loro passaggio.
Lesse sul viso di Finn un briciolo di timore, e lo comprese, avevano trovato uno sciacallo sopra ad un monte desertico, in quel posto, potevano trovarne molti altri.
Si fermarono dopo che si erano addentrati per più di mezz'ora, entrambi i veicoli parcheggiarono sul ciglio della stradina, una volta chiusi, finalmente potettero sgranchirsi le gambe dopo tutte quelle ore di auto.
«Si sta divinamente» disse Lama, stendendo le braccia verso l'alto per distendere meglio la schiena, l'ombra creata dagli alberi regalava un abbassamento di gradi facilmente percepibili. «Già, le foglie sono un'ottimo scudo contro il sole, quindi le temperature qui sono leggermente più tollerabili» osservò Wave, camminando con il naso all'insù.
«Dovremmo approfittarne per farci una bella dormita» consigliò la ragazza dai capelli corvini mentre Saleem le fece un'occhiataccia. «Ma se hai dormito per tutto il viaggio» constatò, mentre lei gli faceva una linguaccia.
«Mi offro io per il turno» si propose Skye, prendendo le sue armi dal furgone. «Dormite pure» tutti si scambiarono un'occhiata fugace, si aspettava che qualcuno le dicesse che non riteneva opportuna la sua offerta, per questo insistette. Saleem e Wave avevano guidato per tutto il giorno, e lei aveva dormito bene la notte precedente, quindi si sentiva abbastanza riposata per permettersi altre ore sveglia e vigile.
Nessuno obiettò alla fine, concedendole quella possibilità. Quando andarono nei furgoni, lei si sistemò meglio spostando una roccia per accomodarsi fra i due e perlustrare la zona nell'oscurità.
Le luci interne dei veicoli erano accese, lasciando un lieve chiarore al di fuori, sobbalzò quando sentì il rumore stridulo dei sediolini mentre si abbassarono cigolanti, a notte fonda, si concentrò sul leggero chiacchiericcio di Finn e Lama, sussurrarono e risero per un bel po', prima di addormentarsi.
Allora ascoltò il rumore del bosco come non l'aveva mai sentito prima, sembrò tanto silenzioso quanto rumoroso, i leggero zigare la mise in allerta, soprattutto perché non vedeva a due spanne da lei, ma non sentì nessun pericolo avvicinarsi, per tutta la notte, solo il lieve russare di Wave e qualche uccello che volava da un ramo all'altro sulla sua testa creò suoni.
Le luci arrivarono presto, e Skye si era persa nei suoi pensieri per tutta la notte.
Quando sentì i primi movimenti nei veicoli dietro di lei, decise di alzarsi.
Il primo ad uscire fu Finn, assonnato e con ancora i segni del sedile sul volto, le sorrise.
«Non siamo stati sbranati da nessuno» constatò con la voce impastata dal sonno.
«Già. Nel frattempo che ti riprendi, io inizio con l'esplorazione. Non mi allontanerò di tanto» lo assicurò «Ci rincontreremo qui» salutò poi, andando via prima che potesse fermarla.
Aprendo gli sportelli del furgone dove era appena uscito, tirò piano e silenziosa uno zaino vuoto, che sperò potesse presto riempire di selvaggina ed erbe varie.
Iniziò ad incamminarsi nel bosco fitto, lo scricchiolio dei suoi passi sui rametti caduti era l'unica cosa che sentiva intorno a lei. Si insinuò di più fra i tronchi e la poca erba rinsecchita, nella speranza di trovare presto qualcosa di utile per il Villaggio.
Guardò i suoi scarponi, pensando alla prima volta che era finita in un bosco, era quando il furgone a cui era stata aggrappata per diverse ore beccò un fosso cosi grande, da farle perdere tutto l'equilibrio. Era caduta e non era più riuscita a raggiungere i suoi compagni. Lì, aveva incontrato per la prima volta Icaro e aveva provato una paura sconfinata.
Non sapeva se era per via del rapporto saldo con la sua squadra, oppure per le sue armi, ma contrariamente da allora, si sentiva diversa, più forte e sicura delle sue capacità per la prima volta nella sua intera vita.
Mise il piede nell'erba, e un odore pungente e inconfondibile le entrò nelle narici. Fece altri due passi, e nell'aria si sprigionò quel profumo che tanto aveva amato da piccola quando la nonna le preparava il tè.
«Menta» esultò, abbassandosi verso le foglie frastagliate dell'erba aromatica. Ne staccò subito grosse quantità dalle radici, riempiendosi il fondo dello zaino quanto più poteva.
L'odore restò con lei per tutto il resto della ricognizione, ad ogni passo e movimento d'aria, il profumo fuoriusciva inebriante dallo zaino, rilassandola e aprendole lo stomaco.
Doveva darsi una mossa quando passarono ore e aveva ottenuto soltanto quel bottino, dubitava del fatto che sarebbero potuti andare avanti ad erbe aromatiche. Cosi accelerò il passo.
Nessun animale sembrava essere nella zona, continuò ad incamminare per ore in lungo e in largo, stando attenta a non perdere l'orientamento.
Dopo diverse ore, stanca stava per sedersi a riposare, quando sentì il gracchiare di un volatile che aveva riconosciuto immediatamente.
Guardò oltre i rami sopra di lei, foglie verdi si estendevano e ramificavano sulla maggior parte del tronco, ma dell'avvoltoio non c'era l'ombra.
Estrasse piano la Beretta dal tascone, per quell'occasione aveva ricevuto delle munizioni, quindi aprì il fusto del caricatore con uno scatto secco, cacciò dall'altra tasca le munizioni conservate in un piccolo fodero in stoffa che Camille e altri membri avevano cucito per lei da altri rattoppi.
Infine caricò e tenne l'indice vicino alla leva del grilletto.
Poi attese.
Lì ferma immobile, aspettò di nuovo che il rapace comparisse nella sua visuale. Wave gli aveva insegnato molto riguardo alle armi o a come mirare, ma non sapeva ancora se la sua mira fosse tanto scaltra rispetto ad un grosso pennuto in volo.
Un guizzo composto da un collo lungo e un becco giallo volò verso un altro ramo.
Quando si posò su di esso, notò l'animale grande, gli occhi vitrei si spostavano di scatto in varie direzioni, prima di concentrarsi su di lei.
Uno, due, tre...
Premette il grilletto prima che svolazzasse di nuovo, il rimbalzo dell'arma le finì quasi sul naso se non avesse perso prima l'equilibrio e non fosse caduta a terra sui suoi glutei.
Dalla terra su cui ormai era seduta guardò l'avvoltoio prendere il volo e posarsi su un altro rame, stordito dal suono, si preparò ad un altro volo.
Skye ci riprovò, mirando di nuovo al rapace prima che potesse scappare definitivamente via.
Espirò a fondo, poi si concentrò per prendere di nuovo la mira e non lasciarsi tramortire dal rinculo.
Premette ancora il grilletto, anche se sembrò a vuoto.
Portò l'arma lontana dagli occhi, osservando a cosa avesse effettivamente mirato.
Una foglia secca scolorita scese roteando a cerchio nell'aria, socchiuse gli occhi per guardarla meglio, non era una foglia quella che scendeva, ma una grossa piuma scura, la vide qusi cadere prima di sentire il tonfo sordo dell'animale accanto a lei.
Sobbalzò, guardando ciò che ora giaceva ai suoi piedi.
Il grande grifone era disteso privo di vita accanto a lei, non si diede modo di dispiacersi troppo, se solo si fosse fermata a riflettere non l'avrebbe più fatto, e sapeva di dover raggiungere il furgone prima che la squadra si preoccupasse per i rumori di quegli spari.
Afferrò le zampe con lunghi artigli affilati fra le mani, poi lo issò tenendolo contro la schiena.
Percorse al contrario i suoi passi, sfinita e sporca per via della carcassa che trasportava, arrivò al furgone nello stesso momento di Wave senza mai smarrirsi.
«Tutto bene? Ho sentito degli spari» chiese appena la vide, scrutando tutto il suo corpo per accettarsene, lei annuì, poi lasciò finalmente cadere al suolo il grosso rapace, spiegando cosi il motivo di quei suoni.
Lui fischiò in apprezzamento, poi corse ad afferrarla sorridendo, la fece volteggiare in aria due volte, prima di rimetterla a terra.
«My lady! L'allieva supera il maestro a quanto vedo» scherzò, annusando poi l'aria.
«Sei tu che hai questo buonissimo odore?» dilatò ancora le narici verso di lei.
«Menta» spiegò indicando lo zaino, lui sorrise ancora.
«Di questo passo, li sfamerai tutti tu» rivelò, appoggiando anche lui lo zaino prima di estrarre dei datteri.
«Spero che gli altri siano stati fortunati quanto te» aggiunse, rivelando le sue fossette e il contenuto del suo zaino essere composto solo da poche erbe e datteri.
«Ci puoi contare» entrambi si voltarono verso la voce proveniente alle loro spalle, Lama stava arrivando con lo zaino pieno.
«Solo che io faccio meno rumore» ammiccò, aprendo lo zaino come se fosse un forziere pieno.
E cosi fu, tirò fuori una manciata di salamandre stecchite e delle piante commestibili.
«Dobbiamo però trovare ancora altro» constatò comunque.
«Bene. Abbiamo tempo, questa era solo la prima ricognizione» spiegò l'americano guardando il cielo sulle loro teste per valutarne la luce.
Poi si separarono di nuovo, andando in direzioni opposte.
Skye superò l'altro lato del furgone, scrutando bene il terreno nella mera speranza di trovare orme o sterco da poter seguire.
Per ore non trovò nulla di simile se non una carcassa putrefatta dove neanche più gli avvoltoi si cibavano. Poco lontano, fu fortunata a trovare delle palme, dove si arrampicò stando attenta alla corteccia tagliente e spigolosa, arrivata alla cima, riempì lo zaino di datteri.
Quando ritornò al suolo, era ormai tardo pomeriggio, osservò sotto al tramonto che filtrava dalle foglie di un albero le lunghe braccia piene zeppe di tagli che il tronco rigido le aveva provocato.
«Brutta bestia» sentì poi urlare poco distante, si voltò di scatto e seguì la direzione di quella voce inconfondibile.
«Maledetta» imprecava a denti stretti, questa volta seguiti anche da un altro suono, un ringhiare profondo.
Quando sbucò dalla spianata di alberi, finalmente la vide.
Lama era sdraiata al suolo, le spalle e le braccia sollevate tenevano salde il fucile che era l'unico scudo contro i denti aguzzi del coyote che l'attaccava.
Sparando, avrebbe rischiato di colpire il soldato che si dimenava come un pesce sott'acqua sotto alla presa della belva.
Lama premette il grilletto nella speranza che il suono potesse spaventare l'animale, ma il colpo andò a vuoto ed ebbe come risultato solo la stretta degli artigli più profondi verso di lei.
Non pensò ulteriormente, prima che l'amica venisse sbranata, cacciò di nuovo la pistola dal tascone, puntò al piccolo mirino e attese il momento in cui entrambi fossero più stabili possibili, poi sparò.
Un guaito spezzò l'aria, furono attimi interminabili mentre si accertava di non aver colpito l'amica ma poi l'animale ricadde su di lei, che si scostò a spallate e scivolò di lato.
«Dannazione» inveì alzandosi, poi si voltò verso di lei.
La canotta era chiazzata di sangue, sperò del coyote e non suo, anche se sapeva che quegli artigli l'avevano graffiata parecchio.
«Potevo farcela» sottolineò scrutando la canna della pistola che aveva ancora puntata sull'animale morto.
Mise la sicura e poi la ripose nel tascone silenziosa, avvicinandosi.
«Ho notato» borbottò, colpendo con un piede l'animale per assicurarsi del suo stato.
Non si mosse per fortuna.
«Quel bastardo, meritava di essere calato nell'acqua bollente vivo» ringhiò lei osservando alcuni graffi sul suo corpo «Nulla di grave» assicurò dopo.
«Ti ha attaccata perché eri nel suo territorio» spiegò, guardandosi intorno «Stava proteggendo qualcosa» osservò l'aria circostante, come se avesse potuto stanare la sua tana da lì.
Lama si guardò intorno «Magari ha dei cuccioli che possono diventare ottimi spuntini» si leccò le labbra, ma anche solo il pensiero di aver ucciso molto probabilmente la madre di un piccolo branco di lupi, le fece rimpicciolire il cuore.
«Beh, riguardo ai tagli vedo che neanche tu sei messa bene» sottolineò indicando le sue braccia, Skye annuì.
«Un consiglio, attenta alle palme, sono meno morbide di quanto sembrano» ridacchiò in risposta, poi prese il coyote e il fucile.
«Li poso al furgone, poi continuo e spero di potermi dare una lavata» avvisò, indicandole poi il lato opposto.
«Lì c'è uno stagno, datti una pulita se ti va prima che faccia sera» consigliò, le prime stelle stavano già affiorando in cielo nonostante ci fosse ancora la luce del sole che stava calando.
Annuì, seguendo quella direzione, pochi minuti dopo, trovò lo stagno aprirsi di fronte a lei, era piccolo e la sabbia chiara rifletteva l'acqua bassa e il fondale. I greisen circondavano la fossa e prima che fosse troppo tardi, si levò la maglia appoggiandola su un masso, rivelò cosi il vecchio reggiseno blu che portava dalla sera del suo spettacolo, posò tutte le armi sulla sponda, e si gettò nell'acqua.
Si aspettò fosse fredda, ma sulla sua pelle non ebbe un impatto da farla rabbrividire e ritirare indietro, si tuffò quindi verso il basso, riemergendo poco dopo con i capelli appiccicati al viso, li tirò indietro e aprì la sua treccia, provando a passarci le mani all'interno per districare i nodi già formatosi.
L'ultima volta che si era tuffata in una palude, ad attenderla aveva trovato Icaro.
Aveva addirittura contemplato la sua bellezza prima di scoprire realmente chi fosse.
Sentì dei passi dietro di lei, guardò le armi lontane e fece qualche passo per raggiungerle, ne afferrò l'impugnatura di una prima di rendersi conto che quello che sbucava da un albero era proprio Saleem.
«Anche tu qui» osservò, la guardò distrattamente prima di togliersi gli scarponi e la maglia.
«Cosa hai fatto?» chiese, guardando gli abiti zuppi di quel che le sembrava fango.
«Sabbie mobili» rispose come se fosse la cosa più ovvia del mondo, poi si tolse anche i pantaloni, e Skye si voltò di scatto dalla direzione opposta, il cuore le schizzò quasi fuori dal petto.
«Ma che fai?!» non trattenne un urlo isterico.
«Possiamo saltare i convenevoli e mi fai lavare ora?» chiese spazientito, afferrando gli indumenti con la mano e portandoseli in acqua con lui.
«Mi tirerebbero giù» spiegò, lavandoli.
Il dorso muscoloso leggermente bagnato risplendeva sotto ai bagliori del tramonto. Lo osservò sfregare forte i tessuti fra loro, prima che li gettasse sulla sponda e si voltasse verso di lei.
Paonazza, si rese conto solo allora di essere in reggiseno, abbassò la testa sott'acqua veloce come un missile prima che potesse notare la faccia chiazzata di rosso per la vergogna. Non era mai stata una ragazza particolarmente pudica, ma Saleem aveva un potere tortuoso in lei, la denudava a volte con un solo sguardo, non immaginava se fosse rimasta in intimo davanti a lui.
Si chiese come aveva fatto a finire in quella situazione.
Com'era possibile che avesse cercato di evitarlo per tutto il giorno, e in quel momento invece fosse in mutande davanti a lei?
Quando risalì, fu attenta a nascondersi dal collo in giù sotto l'acqua, sperando fosse cosi melmosa da nasconderle il corpo.
Saleem era a qualche passo da lei, si passava le mani fra i capelli bagnati e lungo le braccia per togliersi via la sabbia grumosa e appiccicosa, poi spostò lo sguardo su di lei quando captò il suo sguardo poi sulla maglia che era rimasta sulla sponda e infine capì.
«A breve me ne vado» disse, intuendo il suo disagio.
«No» rispose troppo veloce, preferiva rimanergli accanto e combattere qualsiasi impulso, piuttosto che restarsene a rimuginare su Icaro e ciò che era successo tempi addietro.
Inoltre, se perfino Lama stava rischiando di diventare pasto per lupi, doveva restare molto vigile mentre girava da sola di notte per il bosco.
«Ritorniamo insieme» propose abbassando la voce di un ottava, poi si ributtò sotto all'acqua per sfuggire dai suoi occhi.
Si diede uno slancio dal fondale, e iniziò a nuotare, stando attenta a non andare mai nella sua direzione.
Per un singolo attimo, si beò semplicemente dell'acqua che si muoveva sinuosa intorno a lei, della leggerezza del suo corpo mentre nuotando le sembrava di volare in un cielo dipinto di blu.
Quando si arrestò e si concesse di lanciargli un'occhiata, venne risucchiato dalle acque, poco dopo, risalì di fronte a lei.
I capelli bagnati erano attaccati alla fronte e gocce scintillanti scendevano lungo il busto circondandone le forme definite, ciò la distrasse per un attimo dai suoi occhi, che si incupirono di più guardandola rimettersi in piedi mentre l'acqua le si arrestava poco dopo l'addome piatto.
«Dovremmo andare» suggerì, ma entrambi non si mossero di un singolo centimetro.
Occhi cupi come una notte senza stelle la stavano divorando dolcemente.
Schiuse le labbra a disagio, voleva dirgli di spostarsi e lasciarla passare, ma la voce le rimase incastrata in gola quando sentì le sue dita sfiorarle la cicatrice che aveva sulla spalla sinistra.
Essa era stata causata dal proiettile che si era presa, evitando che centrasse in pieno lui solo pochi mesi prima, era stato un gesto che Saleem non gli aveva mai perdonato.
«Stupida» ringhiò guardando quel marchio, la pelle più chiara rispetto al resto del corpo si richiudeva in una piccola linea frastagliata.
«Avresti fatto lo stesso» sapeva che lui si sarebbe preso mille volte quel colpo, pur di evitarglielo, glielo leggeva in viso ogni volta che guardava quella ferita.
«Non deve avvicinarsi mai più a te» disse d'impeto e le si bloccò il respiro.
«Perché?» anelò, ricomponendosi prima di continuare «Non devi sentirti responsabile di me solo perché mi hai portata qui. Ora so difendermi, da chiunque. Non sono una bambina che devi sorvegliare e proteggere» Il suo sguardo scivolò sul segno della spalla, conteneva per la prima volta un'emozione che non seppe decifrare.
«Non è questo» schioccò ogni parola fra i denti.
«E cosa? Perché improvvisamente sembra che Icaro non si debba avvicinare soltanto a me?» non le rispose, e sentì essere arrivata al culmine della ragione quando la rabbia montò in lei come uno tzunami che si infrangeva sulla costa «Dunque è per quello che disse Icaro quel giorno?» i suoi occhi scattarono di nuovo nei suoi feroci ma lei calcò la presa infierendo con il dito nella piaga. «È perché lui pensa che io sia il tuo punto debole?» disse ad alta voce le parole che le erano frullate in testa per giorni interi e che poi, per quieto vivere, aveva rimosso.
Suo cugino, Icaro, pensava di aver trovato finalmente qualcosa su cui far leva per ferirlo.
Ma a Saleem era stato tolto tutto, i genitori, una corte, i suoi soldati, un'intero popolo, perfino la sua città da sotto i piedi.
Non vi era altro su cui poteva far leva, ed era restia a credere che lei avesse fatto davvero breccia nel suo cuore.
«Non. Osare. Ripeterlo.» ordinò reciso, minacciandola.
Ma le fiamme che si celavano nel profondo dei suoi occhi, iniziarono a danzare invitando Skye ad intraprendere quella strada tortuosa.
«No, non è vero. Non lo sono. Tu non hai punti deboli, non hai sentimenti e non hai il lusso di pensare a queste cose» rise sarcastica con una punta di amarezza nella sua voce.
«A te non frega di nessuno» sentì i suoi battiti accelerati arrivarle fino alle tempie. «Né io né nessun altro, potremmo mai essere il tuo punto debole. Il massimo che si può ottenere da uno come te è... com'era?» chiese con astio e veleno nella voce «Ah si! divertirsi!» citò le parole del loro amico.
«Pensi che io faccia questo?» inclinò il sopracciglio, se fosse stato cosi però, quella notte alla base avrebbe potuto andare oltre con lei e invece...
Quel pensiero, fece sfumare tutta la sua rabbia che poco prima ribolliva nelle sue vene, non doveva a Saleem la sua furia, non poteva prenderlo a pugni come un sacco di pugilato perché non era per lui che covava quel sentimento d'odio.
Avrebbe potuto approfittarsi di ogni sua debolezza, per usarla. Ma l'aveva sempre evitata, tenendola lontana.
Solo che... tutta quella lontananza le doleva, e ammetterlo era difficile.
«Rispondi» canzonò, ma lei abbassò le spalle, guardando fisso il suo addome piatto.
Quella verso Saleem non era rabbia, semmai frustrazione perché non voleva sentirsi rifiutata e allontanata continuamente. Per questo tutte le ferite che lui aveva scalfito in lei, gliele aveva restituite cariche d'odio.
Due lunghe dita scattarono al suo mento, alzandoglielo per poterla osservare meglio, ma quando vide gli occhi azzurri vacillare dalla tristezza, il suo sguardo si ammorbidì e divenne meno rude, anche le sue fiamme tacquero e smisero di scalpitare.
«Non mi sono pentito di averti portata qui» ripeté abbassando il tono. «E hai reso chiaro anche il fatto che tu sappia difenderti benissimo da sola» aggiunse, alleviandole il peso che sentiva premere sul petto.
I suoi occhi scintillarono riversi nei suoi, come lo skagen posto nella punta più al nord della Danimarca, e proprio come quei due mari sono destinati ad incontrarsi ma non a mescolarsi mai.
Allora Skye alzò la punta dei piedi, facendo un passo verso di lui chiuse gli occhi e lo baciò.
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