47. Il buio fa meno paura
Il Vecchio li attendeva fuori dal campo, aveva la schiena rivolta ad un cielo impetuoso che sfoggiava un tramonto aranciato carico di colori vividi e densi che Skye non aveva mai visto prima; come se qualcuno avesse preso a pitturare con forti pennellate tutte quelle nuvole sfumando poi leggermente il resto del cielo. Anche se la tempesta di poco prima si era completamente diradata, il terreno risultava ancora fangoso e scivoloso sotto ai loro piedi.
Per questo Adil udì i ragazzi molto prima che loro apparissero alla sua vista, attese comunque che gli altri quattro gli furono definitivamente di fronte prima di proferire parola.
Lama, Joseph e Finn erano al suo fianco, guardavano il cielo sopra alle loro teste in attesa che iniziasse quella conversazione, immaginarono fossero stati convocati per qualche ordine in particolare, ed era la prima volta che Skye partecipava ad una loro riunione.
«Eccovi tutti» ovviò, passando in rassegna tutti quei volti giovani, iniziò dal viso arrossato di Skye, passando a quello impassibile di Saleem accanto a lei poi notò lo sguardo pigro e assonnato di Wave e giungendo a quello divertito di George, gli altri erano tutti al suo fianco aperti lateralmente.
Skye intercettò lo sguardo di Finn, curioso si protese di lato aguzzando la vista, gli occhi grandi si concentrarono sulle sue nuove armi e le labbra sottili si aprirono in un sorriso ampio.
«Come vi trovate alla nuova base? Questo è il nostro primo incontro ufficiale da quando siamo qui» domandò, per loro infatti era cosi, quello sarebbe stato la loro prima riunione alla base. Contrariamente, solo il loro superiore, Saleem, aveva modo di interfacciarsi ogni singolo giorno con Adil per progettare piani, creare allenamenti assidui, sorvegliare, attuare nuove regole, salvaguardarne i procedimenti e studiare nuove mappe.
II Vecchio d'altro canto, era anche lui impegnato dietro al superiore, la notte spesso non dormiva pensando a come scovare la soluzione ad alcuni dei loro problemi, la sua vita era diventata una vera impresa che creava vari grattacapi.
«Alla grande» rispose Joseph sghignazzando, il Villaggio sottoterra era stato incredibilmente facile da sostituire, soprattutto quando nella nuova base c'erano scorte di armi abbondanti e una vera e propria mensa, per non parlare della possibilità di farsi una doccia, seppur l'acqua era stantia, riusciva comunque a lavar via le incrostazioni di fango e terra dai loro corpi.
L'indice incredibilmente ossuto del capo del Villaggio si parò davanti al viso di Skye. «Noto che hai scelto le tue armi» asserì, perlustrando avidamente ciò che aveva scelto, le guancette delle sue pistole fuoriuscivano appena dai due tasconi, notò che le stesse guardando con fervore.
«Sissignore» si mise sull'attenti, lui annuì compiaciuto e riportò l'attenzione su tutti gli altri.
«Come sapete, questa volta non siamo partiti del tutto svantaggiati» indicò la struttura che proiettava quel fantastico cielo nelle vetrate. «Abbiamo trovato molto materiale utile, beni primari e non solo...» lasciò in sospeso, e il ricordo della loro prima notte lì, barcollanti per via del vino fece capolinea nella mente di lei, scosse il capo come per cacciar via quel ricordo anche se... sorrise impercettibilmente, non solo per quello che era successo con Saleem, ma perché ricordò i canti e i membri del Villaggio che danzavano, sembrava averli visti per la prima volta felici, e questo le riscaldò il cuore, mentre un vento lieve portò sabbia nei suoi capelli fini.
«Siamo riusciti a trovare una grande cisterna di acqua, che dobbiamo razionalizzare per tutti, inoltre proprio oggi ha piovuto e siamo riusciti a riempire diversi secchi d'acqua» elencò i punti positivi, alzando allora il viso verso il cielo, quelle nubi scure erano ormai lontane. La voce era emozionata, e Skye lo capiva bene, in molti avevano chiamato quel raro evento ''miracolo''.
«Le lattine in dispensa che siamo riusciti a salvare però, insieme alle vecchie scorte che abbiamo trasportato in furgone, non saranno sufficienti ancora per molto» arrivò presto al dunque, lunghe dita ossute allisciarono qualche pelo crespo della barba, dedicò uno sguardo d'intesa al superiore perennemente imbronciato di fronte a lui come se stesse attendendo un cenno.
«Fra quattro giorni, partiremo per una nuova missione» fu Saleem a prendere parola, avvisando tutta la sua squadra rimasta con le orecchie tese. Non fece giri di parole né preamboli, dedicò loro solo la dura realtà, quella che ormai tutti loro erano abituati.
«L'obiettivo sarà esclusivamente la ricerca di qualsiasi tipo di alimento. Ci siamo allontanati molto dalle nostra vecchia zona» indicò con il capo le sue spalle, come se potessero scorgere da lì la Torre, il posto sacro in cui si erano riuniti per diversi mesi.
«Con l'aiuto dei furgoni, ci indirizzeremo ad Ovest, e una volta giunti lì, dovrei saper riconoscere bene la strada» indicò l'estremità d'occidente con l'indice.
«Le strade dovrebbero portarci ad un bosco» sussurrò Lama attingendo a ricordi lontani, sapeva già dove volessero andare a parare, nella sua mente sbiadita, un ricordo sbiadito di un bosco fuori città a cui era solita andare la domenica, si dissolse.
Finn e Skye si riscambiarono un'occhiata fugace entrambi erano interdetti, di quale bosco parlavano? Anche Wave aveva la fronte corrugata, ma non proferì parola mentre rimaneva con le braccia conserte ad ascoltare attentamente i suoi compagni di squadra.
«E se non riuscissimo a trovare il bosco?» allora chiese Finn, aveva seri dubbi che dopo un anno avessero saputo riconoscere delle strade desertiche inghiottite dalle macerie e da cumuli di sabbia grandi quanto intere montagne. «Ci toccherà cercare a fondo nelle macerie delle città, morire di stenti non è un'opzione» rispose atono il superiore.
«Servirà qualcuno che protegga la base quando non ci sarete, inoltre, non possiamo arrestare l'allenamento degli artificieri, anche i Fabbri si alleneranno per mezza giornata e saranno chiamati a scegliere le proprie armi, abbiamo bisogno di quante più persone» spiegò Adil, guardando tutti loro, immaginò fosse perché il momento si stava avvicinando, inesorabilmente la fine di quel patto, o l'inizio, premeva su tutti loro esigendo una decisione non facile.
«Due di voi rimarranno qui» a quelle parole l'aria si bloccò nei suoi polmoni. L'avrebbero lasciata di nuovo alla base per paura che Icaro la rintracciasse? o che potesse creare involontariamente nuovi guai? quelle due domande, per il restante dei minuti che proseguirono, la tormentarono.
Il Vecchio le aveva detto che era la chiave, l'aveva fatta entrare definitivamente nella squadra, datogli delle armi, continuava a dimostrarle di fidarsi, per questo non voleva restarsene di nuovo indietro, combattere per avere anche solo la possibilità di rimediare ai suoi errori.
Rimanere alla base per insegnare gli allenamenti agli altri, non voleva dire non aiutare il Villaggio, questo lo sapeva bene. Ma come sarebbe riuscita a colmare quell' impulso di correre in prima linea per tutti loro? Battersi le era sembrata l'unica opzione di salvezza lì, e ormai era un istinto selvaggio che le pulsava dentro come un leone pronto a scattare via dalle catene che l'avevano tenuto a bada per anni.
«Joseph, George, voi non partirete» dettò indissolubile. I due si scambiarono un'occhiata eloquente e annuirono, senza alcuna protesta. «Joseph già sei un'ottimo insegnante, hai svariati anni di esperienza al riguardo e saprai certamente da dove iniziare con loro. George, la tua convalescenza ti ha rubato molti giorni di allenamento, per questo ti converrà allenarti con tutti loro. Ma hai anche tu un'esperienza decennale, innegabile che potrai insegnare loro molte strategie e trucchi preziosi» chiarì il motivo della sua scelta.
«Sarà fatto» disse George mantenendo la spina dorsale rigida.
«Tutti gli altri quindi, partiranno per la missione all'alba, utilizzando entrambi i furgoni per aver più stivaggio, sperando di vederli ritornare tutti colmi di cibo» confessò con una lieve risatina. «Resterete il tempo necessario, noi avremmo un'autonomia di a malapena cinque giorni prima di finire tutti i pasti a disposizione, porterete con voi lo stretto indispensabile come acqua e conviene portare anche armi di lungo raggio da utilizzare a distanza, il resto lo lascerete qui per non occupare inutilmente il resto dello spazio» iniziò a spiegare tutti i tecnicismi di quella missione e i dettagli, tutti i soldati gli si radunarono intorno, facendo domande e ricevendo tutte le risposte in merito ai piccoli dubbi che avevano al riguardo.
Mentre ascoltava le ultime risposte che Adil rivolgeva a Wave e Finn, Skye osservò di sottecchi Saleem, che seguiva il discorso del Vecchio con interesse e precisione. Era restia a credere che sarebbe davvero partita con loro, si aspettava che lui sbottasse e gli inveisse contro, iniziando a dire quanto fosse inutile che lei li seguisse fin lì, si mettesse inutilmente in pericolo, che era come offrire un agnello ad un predatore letale e altre fandonie simili. Ma invece non fu cosi, Saleem non le ordinò di non partecipare e di restarsene buona e immobile alla base... e anche solo per quello il cuore le si gonfiò in petto.
Quando ebbero finito, era ormai orario di cena, si accomodarono al tavolo ancora discutendo della missione, guardò il piatto di riso scondito di fronte a lei, pensando a quanto poco cibo gli fosse rimasto a quella gente e una piccola sensazione di nausea fece largo.
Muna e Indie, mangiavano frettolose sedute dirimpetto mentre Lama e il resto della squadra erano seduti alla sua destra. Nel grande chiasso di quella mensa, riusciva a malapena ad udire le loro chiacchiere, la notizia sulla loro spedizione, era già volata in tutta la base quello stesso pomeriggio.
Per questo quando erano entranti in mensa, molte donne si chinarono al loro passaggio devote. «Alcune credono che il miracolo l'abbia fatto tu, altre semplicemente pregano per la nostra missione» le aveva spiegato Lama con un sorriso divertito in volto, per niente a disagio da quella loro reazione, forse abituata a gesti simili mentre lei era rimasta imbarazzata da quelle attenzioni, non era neanche riuscita a ricambiare lo sguardo dei fedeli e dei membri, perché leggeva nei loro occhi ammirazione e fiducia, tutte emozioni che Skye aveva paura di tradire.
Quando si fossero resi conto che lei non era la chiave, sarebbe stato troppo tardi, l'avrebbero ripudiata e cacciata fuori pur di accettare ancora la sua presenza.
«Karim chiede di te» assonò Muna, fra una boccata e l'altra, gli occhi di Indie volarono nei suoi mentre posava la forchetta nel piatto, attendendo una sua risposta.
Con la coda dell'occhio, guardò l'altra estremità del tavolo e sembrò vedere perfino Saleem arrestarsi con la forchetta a mezz'aria era certa che avesse un udito cosi sviluppato da riuscire a sentirle anche fin lì.
In effetti era passata più di una giornata da quando non gli aveva più fatto visita, dopo le parole di Leon, era quasi scappata via, lasciandolo inerme sul letto senza neanche dargli la possibilità di seguirla.
Sapeva che se fosse rientrata in quella stanza, l'avrebbe ritrovato lì, e che molto probabilmente gli avrebbe privato di quel suo sorriso caldo e gentile perché era rimasto ferito e molto probabilmente anche Saleem l'avrebbe seguita in quella camera, e solo l'idea di rivedere il connubio fra il suo corpo mezzo nudo e lo sguardo nebuloso che le aveva rivolto poco prima nella sala degli arsenali, le faceva contorcere e stritolare tutte le viscere nello stomaco.
«Come sta?» chiese invece, ovviando alla domanda e lasciando intatto il suo piatto.
«Si sta riprendendo bene» rispose Indie, e quando alzò lo sguardo su di lei, non vide alcun giudizio, le stava solo rispondendo, evitando di farle domande scomode sul perché avesse smesso di andarlo a trovare.
«Sì...ci vuole ancora un po' per riprendere a camminare, però si rimetterà» concordò Muna, prendendo un'altra forchettata dal suo piatto. Poi portò gli occhi in quelli chiari e spenti di Skye.
«Però tu, vallo a trovare. Ne ha bisogno.» le consigliò, prima di togliere il discorso di mezzo.
Anche quando tutti ebbero finito di mangiare e lasciarono il posto vuoto accanto a lei, non si mosse, continuando a guardare il cibo nel suo piatto freddo, quei chicchi di riso bianchi e lucenti sotto al neon erano stati l'unica sua visuale per diversi minuti.
Non voleva ritornare nella sua stanza, per paura di leggere giudizio e ribrezzo negli occhi delle loro amiche anche se a tavola non le era sembrato cosi, e non aveva ancora il coraggio di rimettere piede nella stanza di Karim.
Quando non vi fu più nessuno, si alzò dal suo posto e andò in dispensa, dove appoggiò il suo piatto ancora pieno sulla cucina e si avvicinò al frigo in disuso, lo spostò di lato e le ruote stridettero sotto al peso, ma ressero.
Scese i gradini fino ad arrivare alla cisterna che incombeva al centro della sala poi spense le luci rimanendo in quel buio, dove sapeva che centinaia di armi erano lì a disposizione per lei.
Si mise supina sul pavimento in pietra leggermente più fresco dell'esterno, respirò a fondo abituando gli occhi a quella penombra.
La vecchia Skye, non avrebbe mai accettato di mettere piede in un posto come quello, avrebbe negato fino alla morte anche solo di reggere una di quelle armi, la più piccola magari. Avrebbe poi provato paura e mai tutta la sicurezza che invece provava in quel momento.
Lì si sarebbe potuta proteggere per sempre, si sarebbe nascosta da quegli sguardi accusatori o da tutte le aspettative che avevano su di lei, forse anche dallo stesso Icaro.
Anche di fronte ai soldati nemici, avrebbe potuto reagire perché possedeva una sciabola, delle pistole e una mitragliatrice.
Lì poteva essere solo un soldato, e non la Skye irrazionale che continuava a provare cose che rinnegava e non comprendeva. A volte si sentiva sopraffatta da tutti quei sentimenti che provavano in tutti i modi di insinuarsi in lei e perfino il suo sangue, sembrava ribollire in risposta ogni volta che gli era vicino.
Chiuse le palpebre pesanti, ignorò come solito ciò che provava a risalire a galla, affogandolo. Poi dormì.
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