44. Vecchi amici e nuovi nemici
L'indomani, prima di andare agli allenamenti, Skye passò da Karim e fu lieta di vederlo dormire. Quando ritornò al campo, Saleem non la degnò di uno sguardo, tutti i discorsi in sospeso fra loro erano destinati a rimanere tali. Cosi continuarono tutti insieme gli esercizi, fra il parlottare di Joseph su quanto facesse caldo e le lamentele di Finn per i dolori articolari, proseguirono anche quella giornata estenuante.
Skye si lasciò andare come un sacco di patate al suolo, facendo alzare un accumulo di terriccio e sabbia. Da quando erano arrivati alla base, non erano più usciti da quelle rocce per andare nel deserto. Nonostante avessero trovato anche dei rifornimenti di benzina per i furgoni, non si erano ancora spostati, ma questo non sarebbe durato molto allungo essendo che prima o poi avrebbero dovuto fare di nuovo scorte di cibo.
Gli artificieri e i fabbri, grazie alle scorte di armi trovate, si erano fermati con i lavori precedenti. Ora si dedicavano a monitorare la sala di spionaggio per accettarsi che nessuno si avvicinasse a loro, ma da lì a breve Saleem e Joseph avrebbero dovuto allenare anche loro per l'imminente guerra.
Gli unici a rimanere ancora fermi erano i malati e gli anziani, che si rendevano utili preparando i pasti e facendo lavoretti utili come quello di Camille.
Servivano regole, aveva detto perentorio Adil.
Ma lei era certa che anche se avessero seguito categoricamente tutti quei dettami, non sarebbe cambiato tantissimo.
Ma tutti seguivano fedelmente il Vecchio, come dargli torto se no, grazie a lui erano giunti sani e salvi a quella base segreta incontaminata da Icaro, vi avevano trovato scatolame ancora integro, anche alcuni medicinali, due ampi arsenali e altri comfort primari come acqua, letti, un tetto sulle loro teste, benzina e molto altro.
Indie e Muna erano ripartite con tutte le operazioni che avevano dovuto rimandare, lo stesso Karim ne era alla prova.
E anche loro si erano dedicati agli allenamenti intensivi per recuperare tutto il tempo perso ma speso nella marcia per arrivare fin lì.
Il sottoterra e della torre ormai erano solo lontani ricordi, ma non sembrò mancare a nessuno d'altronde; il Vecchio si era difeso sul perché non li avesse portati lì prima, avrebbero senza dubbio incontrato le truppe di Icaro durante i giorni estenuanti di cammino fra le dune del deserto.
Se ora c'era quella sorta di tregua, era soltanto per il patto che Icaro stesso aveva offerto a Skye.
Una piccola tregua che sarebbe scaduta fra poche settimane, e se lei avesse accettato, sarebbe continuata invece almeno fino alla fine quell'anno, ovvero per altri cinque mesi.
Abbastanza per lasciar scappare via tutti da quel posto.
Era un sacrificio accettabile, pensò Skye sentendo il cuore più pesante.
Voltò il capo verso il terreno, guardò i suoi amici riprendere fiato sotto alle luci del tramonto, erano mantidi di sudore e stanchi, ma parlavano animatamente fra loro, facendo alcune battute su come grugniva rumorosamente George quando si allenava.
Gli sarebbero tutti mancati, semmai avesse accettato le condizioni del loro più acerrimo nemico.
Tutti loro, scrutò bene in viso, non avevano niente eppure le avevano offerto cosi tanto...
Emozioni e affetti che non aveva mai provato a Parigi.
«Resti lì?» chiese divertito Joseph, stringendole la mano per aiutarla ad alzarsi.
Quando entrarono tutti nella base, si separarono dandosi appuntamento per la cena nella mensa, annuì anche lei salutandoli mentre si incamminava, non sorprendendosi che il loro superiore era già a metri di distanza da loro.
Avrebbe fatto rapporto ad Adil, per questo né approfitto per andare anche nella sua camera, per risalutare Karim e chiedergli come stava.
Lo trovò lì, seduto su due cuscini, parlava con un'anziano barbuto, quando la notò, sorrise timidamente.
«Skye!» salutò allegro, fece per alzare la mano, ma la tirò subito giù serrando un po' gli occhi.
«Fa ancora male?» chiese lei, facendo un saluto con il capo. Lui annuì, l'espressione di dolore sul suo viso cambiò celere, sorrise ancora.
«Sopportabile, Muna dice che per ora fila tutto liscissimo» sorrise ancora, rivelando denti diritti e perfetti.
«Lui è Leon» indicò l'uomo che li stava osservando, lo vide alzarsi e andargli incontro. «Piacere, Skye» allungò la mano, che lui prese prima di poggiare le labbra sul suo dorso in gesto di venerazione.
«So chi sei» rivelò, chinò il capo sotto al suo sguardo sorpreso «Sei quella che ha conquistato la fiducia di Adil e Saleem, e anche di Karim» indicò il ragazzo steso a letto. «Di conseguenza anche la mia» si chinò di nuovo, poi le lasciò andare finalmente le mani, mentre lei portava un peso da un piede all'altro leggermente imbarazzata. Leon la fissava dalla sua statura tozza incorniciata da folti capelli ricci «Mia moglie dice che sei la nostra salvezza, come un miracolo» continuò a lusingarla, creando in lei quella strana sensazione viscerale. Capitava spesso a chi non aveva niente, di porre fede anche nelle più piccole cose, come il suo arrivo al Villaggio. Speravano, pregavano, riponevano fin troppa fiducia in lei.
Non era la chiave, non avrebbe salvato nessuno di questo passo, semmai il contrario. Era per colpa sua che avevano dovuto attraversare per miglia il deserto sotto al sole arido.
Si sorprese anche per il fatto che sua moglie era viva, non solo anime sfortunate erano lì, ma erano riusciti a salvarsi anche piccole famiglie come loro.
«Leon, cosi la metti in imbarazzo» replicò Karim, scuotendo il braccio dell'uomo.
«Non era mia intenzione» ammise ridendo, alleggerendo cosi l'aria diventata satura. Si sposò e rimise al letto di fronte a quello di Karim.
«Stavamo parlando che anche io avevo avuto un'operazione mesi fa, proprio qui» si indicò la gola sommersa dalla peluria. «Sono riuscito a ritornare a saldare nel giro di poche settimane» confessò a Karim, che lo ascoltava sorridendo.
«A me andrà meglio, riuscirò a guarire in me che non si dica grazie alla mia morfina» prese per una mano Skye attirandola sul letto, quando ricadde su di esso, fu cauta a non finirgli sulla gamba. Arrossì in imbarazzo mentre gli occhi di Leon si illuminarono di nuovo «L'amore fa a volte fa miracoli!» rise di gusto annuendo.
L'amore.
Karim si irrigidì appena sotto al tocco delle loro mani, e non seppe se fu per una fitta di dolore o perché anche per lui quella parola sembrava stonare particolarmente. Lei portò gli occhi sulle loro mani con un cipiglio in viso.
«Io...volevo sapere solo come ti sentivi, ora devo davvero andare» trovò una scusa per divincolarsi da quelle mani e quel letto, salutò frettolosa Leon prima di sgattaiolare via come una ladra.
Una volta nel corridoio, rallentò i passi, guardandosi dubbiosa gli scarponi. Era questo che vedevano gli altri? Leon pensava fossero innamorati? scavando più affondo, pensò se anche Saleem avesse sospettato la stessa cosa la notte prima, ma conoscendolo non si sarebbe fatto abbindolare da piccoli gesti come le loro mani intrecciate.
Una spalla massiccia la colpì di striscio, facendole perdere per un attimo l'equilibrio, che recuperò subito dopo «Attenta a dove metti i piedi» rombò una voce velenosa che conosceva fin troppo bene. «Patrick» lo chiamò, serrando già i pugni, era rimasta immobile nel corridoio, faceva fatica a credere che fosse stata proprio lei a colpirlo. Voltandosi verso di lui, trovò il sorriso sghembo di lui, la fissava divertito, massaggiandosi la spalla.
«Dovresti stare più attenta» consigliò, togliendosi una polvere invisibile dalla spalla. «Anche tu» ringhiò. Ma lui non la sentì nemmeno «Altrimenti finirai come uno dei tuoi amichetti...com'e che si chiamava? Kim? Hassan?» portò la mano sotto al mento pensieroso. «Insomma, qualunque nome avesse, era un soldato, proprio come te. E ho la sensazione che anche tu non durerai molto sul campo da guerra» minacciò con sguardo venefico. «Almeno noi ci stiamo provando, tu non riusciresti a reggere neanche un'arma» obiettò lei, fronteggiandolo. «Io le costruisco le armi» sorrise sornione, avvicinandosi «Ma d'altronde so che basta poco per entrare in squadra, se lo volessi, basterebbe che schioccassi le dita oppure che mi portassi, come te, il superiore a letto, insieme a qualche altro membro» l'alito caldo le sfiorò le goti, le fece l'occhiolino ad un palmo dal viso e rise divertito quando notò l'espressione rabbiosa affiorare sul viso di Skye.
«Ridillo se hai il coraggio» intimidì in un ringhio selvaggio, la furia che nasceva impetuosa in lei.
«Pensi che abbia paura di farlo? o di mettere le mani addosso ad una ragazzina come te?» si fece serio, gli occhi adombrati di puro odio.
Non conosceva il motivo di tutto quell'astio, del perché Patrick l'avesse presa di mira più volte e perché fosse cosi scortese, ma si sarebbe accontentata di torcergli da bocca delle scuse una volta che l'avesse guastato per le feste, e non aveva timore di farlo.
«Bene» abbaiò ma prima ancora che lei potesse fare un passo verso di lui per colpirlo, venne spinta con le spalle al muro cosi forte, che la testa colpì il muro di cemento, facendole serrare gli occhi. Quando li riaprì, trovò il viso contorto dalla rabbia di Patrick ad un centimetro da lei, con gli avambracci la chiudeva lateralmente. «Sei ridicola, non riusciresti a spezzare la gamba neanche ad uno come Karim» rise amaramente, ma Skye fu più veloce di lui, le sue mani si aggrapparono intorno al suo collo in una mossa ferrea, strinse forte, non perché voleva ucciderlo, ma perché desiderò ardentemente poter spostare via il suo corpo dal suo.
«Puttana» sputò fuori lui, provando a staccarsi le mani dal collo, divincolandosi più volte, ma lei stringeva sempre più forte. Lui afferrò le sue mani e provò a tirarle via ringhiando, prima che lei e Patrick venissero scaraventati via di lato.
Quasi ricadde a terra, dovette fare qualche passo prima di riprendere l'equilibrio.
Ma cos'era stato? si voltò di lato verso Patrick, che finì con un tonfo a terra e percorse qualche metro prima che il suo corpo si fermasse. Lui scattò in avanti, lo sguardò felino volò su di lei, e solo allora notò il sangue che sgorgava dal suo naso aquilineo. Poi si rivoltò, il viso rosso per la rabbia divenne pallido quando riconobbe chi gli stava di fronte.
«Queste potrebbero essere le tue ultime parole» disse una voce, lei seguì quel suono storpiato dall'ira che riuscì a malapena a riconoscerlo prima che la sua figura si scagliasse di nuovo su Patrick, rimasto ancora inerme sul pavimento, venne colpito di nuovo in viso, più e più volte.
«Basta» mormorò, guardando ipnotizzata il groviglio di corpi che si azzuffavano a pochi metri. Rinsanì quando Patrick provò a controbattere, fallendo miseramente e incassò cosi tanti colpi, che ebbe paura svenisse all'istante.
Si fiondò su quella figura, attirandolo a sé «Basta!» urlò, provando ad afferragli le spalle, le braccia, qualsiasi cosa pur di fermarlo.
«Ti prego Saleem, smettila!» strillò per farsi sentire, ma non riusciva a tenerlo fermo, continuò a stringere l'aria fra le dita.
Una mano le afferrò il polso, scattò a quel contatto ma il volto familiare di Finn la calmò. «Vieni» le disse spostandola, in contemporanea, Joseph e Wave entrarono in quella zuffa finché Joseph spazientito non attirò per il colletto Patrick, alzò il suo corpo tramortito e lo portò dietro di sé.
«Calma amico» mugugnò quando Saleem si alzò e fece qualche passo verso il soldato, i suoi occhi erano ancora fissi sulla sua preda, ci misero qualche secondo per focalizzare chi altro aveva avanti. Wave si frappose fra loro, afferrando Saleem per le spalle per costringerlo a fare qualche passo indietro «Calma, cosi lo uccidi» gli sussurrò, puntando gli occhi verde accesso in quelli dell'amico.
Quando sembrò essersi calmato, Joseph rilassò le spalle e allentò la presa sul colletto di Patrick «Va in infermeria» tuonò, quest'ultimo non se lo fece ripetere due volte, appena fu libero, guardò spaventato Saleem per accettarsi che non lo seguisse, e poi puntò gli occhi in quelli di Skye, facendola saltare sul posto.
Il suo viso, era chiazzato di rossori che si sarebbero trasformati presto in lividi, il sangue che fuoriusciva dal naso si univa a quello delle labbra spaccate.
«Non» ammonì Saleem facendolo saltare sul posto «Non guardarla nemmeno» disse a denti stretti, Patrick allora scappò dal lato opposto, non girandosi mai indietro.
Joseph e Wave rimasero lì, pronti a scattare ad ogni movimento folle del proprio superiore, rimanendo in attesa che lui si rilassasse quel poco per potergli parlare. Come un lampo a ciel sereno, lui si voltò, andandosene via senza dare nessuna spiegazione.
Quando fu andato, nessuno ebbe il coraggio di inseguirlo. Ci misero diversi secondi di silenzio per realizzare ciò che era appena successo.
«Stai bene?» chiese Finn, che con un pollice le accarezzò la vena del polso, che ancora teneva fra le mani, per richiamare la sua attenzione. Lei lo guardò, capì perfettamente che attendeva una sua risposta, ma le mancarono le parole, riuscì solo a dischiudere le labbra, per poi ricchiuderle.
No.
Non stava bene, affatto. Era stata prima attaccata da Patrick senza ragione, sbattuta al muro e derisa, poi Saleem li aveva separati come un tornado, pestandolo di botte in un modo cosi crudele che avrebbe potuto rompergli qualche osso.
Lei non aveva bisogno di essere salvata, tanto meno in quel modo.
«Vedrai, gli passerà» asserì dopo poco Joseph, ma nessuno gli chiese se si riferisse a Patrick o Saleem.
Wave le si avvicinò, afferrandole dolcemente il viso fra le mani. «My Lady» alzò il viso in modo da poterle vedere gli occhi «Non hai ancora parlato, dobbiamo preoccuparci?» si accigliò, osservandola bene. «S-st-o bene» farfugliò con voce rauca. «Ottimo, ti va di raccontarci cos'è successo?» indicò con il pollice dietro alle sue spalle, dove solo poco prima c'era stata una rissa.
«Lasciala stare, non la vedi? non lo sa neanche lei» brontolò Joseph, afferrando Wave per le spalle. «Qui nessuno ci ha capito niente» concordò con Wave, prima di spostarlo via da lei.
«Beh penso che lei stia bene, anche se non ho capito cos'è successo» gli occhi bruni del ragazzo scivolarono lungo tutto il suo corpo per accettarsene «So solo che è arrivata ora di cena, e che se non arriviamo in tempo si rimpinzeranno anche da parte mia» diede una pacca sulla spalla di Wave, incitandolo a camminare.
Finn non mollò la presa sul suo polso, anzi la attirò verso la direzione della mensa
«Vieni?» chiese con occhi speranzosi. Lei annuì, facendosi trasportare da lui fino al tavolo.
Non aveva fame e quando entrò in mensa, soltanto l'odore di selvaggina che vi era nell'aria, fu abbastanza da farle avere un capogiro allo stomaco.
Si accomodò al tavolo con loro, poco dopo li raggiunsero anche Lama e George.
Lei non chiese dove fossero finiti Saleem e Patrick, non gli importava.
Quella sera però, non sarebbe andata neanche nella camera di Karim pur di non vederlo.
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