43. Andrà tutto bene

L'indomani era ancora strano per Skye risvegliarsi in quella base, sdraiata sulla comoda brandina nella camera insieme a molte altre donne tra cui Muna e Lama, guardava il soffitto finché non sentì i passi degli altri soldati farsi vivi nel corridoio, segno che era già ora di iniziare gli allenamenti prima che il sole tornasse troppo rovente come i giorni antecedenti.
Aveva dormito bene, non seppe se era per via che il giorno prima non avevano marciato per chilometri e chilometri, se invece a rilassarla era stata la doccia tanto bramata oppure era semplicemente dovuto al fatto che aveva dormito su un materasso, ma quando si presentò agli allenamenti, era particolarmente riposata ed energica.
Quando andò nell'aria laterale del campo, trovò già i cinque uomini della squadra parlare tra loro, quando videro arrivare lei, seguita in lontananza da Lama, si ammutolirono.
Dieci occhi furono puntati subito su di lei, facendola arrestare sul posto. La guardarono minuziosamente, con un cipiglio confuso in volto.
«Che c'è?» chiese accigliandosi. Joseph deglutì, Saleem si limitò ad osservarla meglio inclinando il capo di lato, Finn la guardava inebetito, fu Wave a parlare «Hai qualcosa di... diverso» calcò l'ultima parola, interrogativo continuava a scrutarla in viso.
Anche Lama li raggiunse, incrociò le braccia al petto e attese stizzita che tutti loro si dessero una mossa.
«Sono i capelli, idioti» puntualizzò, afferrando una ciocca di capelli di Skye per mostrarli meglio. Ma non era soltanto lei ad averli diversi, anche Lama li aveva leggermente cambiati, la notte prima aveva accettato l'invito di Skye, dopo essersi rivestite, erano tornate in bagno con la spazzola e le forbici a portata di mano. Camille le indicò quali ciocche tagliare, e nonostante lei avesse molta meno manualità rispetto a Lama, iniziò a sfoltirle la chioma.
In quel momento i capelli del soldato sotto alle prime luci del sole erano splendenti come non li aveva mai visti, corti fino alle orecchie in un unica lunghezza, mostravano riflessi scintillanti di nero lucido.
Skye invece li aveva raccolti nell'ennesima treccia che per via delle lunghezze era riuscita a malapena a chiudere e ad impedire che alcuni ciuffi sfuggissero dalla pettinatura.
«Ecco cos'era!» esclamò George arrivando finalmente alla conclusione dell'enigma, l'espressione si distese e lo sguardo si illuminò.
«Se abbiamo finito..» proruppe Saleem schiarendosi la voce. «Possiamo iniziare» concluse, mettendosi in posizione da corsa, sporgendosi avanti con il tronco diritto e lo sguardo puntato avanti, attese che tutti gli altri lo affiancassero, compresa lei.
Iniziò un'altra giornata di allenamento, lunga ed estenuante peggio della prima.
Dove non ebbe il tempo neanche di parlare né modo di pensare a nient'altro se non portare all'estremo ogni suo singolo muscolo già dolorante.
Per ore, dovetti concentrarsi solo su ciò che stava facendo, escludendo il resto; questo almeno fin quando il sole si indebolì, segnando il pomeriggio inoltrato.

Erano tutti sdraiati sul terreno intenti a ripetere le sessioni di addominali quando lei si alzò e sbucò oltre le gamba sospese di Saleem. «Me ne vado» avvisò, distogliendo subito gli occhi dai suoi. Lui si sporse leggermente di lato per osservarla meglio. «Hai di meglio da fare?» inarcò sferzante un sopracciglio, voleva istigarla, alimentare quel suo fuoco, ma Skye non ebbe tempo di iniziare l'ennesimo conflitto, semplicemente fu lei questa volta a voltarsi di spalle e ad andarsene, lasciandolo lì in attesa.

Quando rientrò nella base, puntò subito all'infermeria, bussando sulla porta in legno lasciato consumare per anni dalle intemperie del deserto arido che li circondava.

«Entra» sentì la voce di Muna che apparve sul ciglio, lei mise un piede dentro, vedendo subito le luci al neon puntate sulla gamba infetta di Karim, solo un lenzuolo copriva parte del suo corpo nudo fermandosi poco dopo le zone intime, Indie aveva già avvicinato il tavolo alla brandina e osservava tutti gli attrezzi medici riposti accuratamente su di esso.

Karim si voltò di scatto verso di lei, sapeva che la stava attendendo, ma comunque lo vide fare un rapido sospiro e poi un altro ancora, che fuoriuscirono dalle sue labbra secche.

«Ehi» sussurrò, avvicinandosi piano a lui, gli sorrise dolcemente come era suo solito e le allungò una mano che lei afferrò.

«Grazie» mormorò, distogliendo gli occhi dai suoi per guardare Indie. «Se mi stavate aspettando, potete iniziare» voltò poi il viso verso il medico, concentrandosi a guardarla piuttosto che osservare tutti quei dannati attrezzi.

«Ciao Skye, avvicina quello sgabello e siediti se vuoi» indicò mettendosi dei guanti in lattice, una volta inseriti, afferrò del disinfettante che gettò sulla ferita.

Karim trasalì e strinse leggermente la mano in quella di Skye.

«Andrà bene» avvisò Muna, mettendogli una mano sul ginocchio per distenderlo meglio, si sporse poi per rimuovere completamente la vecchia garza. «Esattamente, abbiamo a disposizione molti più attrezzi medici oltre ad una piccola infermeria, non c'è nulla da temere. Devi solo resistere» spiegò, iniziando ad abbassare la pinza verso le membrane contaminate dalle escare. Quando la pinzetta ne prese un lembo, anche Skye trasalì. «Non ci sono anestesie che possiamo fare» chiarì Muna captato il suo sguardo spaventato.

A questo non aveva pensato. Karim avrebbe dovuto soffrire di nuovo, se non di più rispetto all'ultima volta, per pulire accuratamente tutta l'ustione. Avrebbero tutti voluto non fare quell'intervento, ma le alternative erano poche e tutte troppo rischiose.

Sospirò annuendo piano e si rivoltò verso il viso del ragazzo che aveva già i denti stretti in una linea rigida e la pelle sudata.

«Andrà tutto bene, bravo, cosi» incitò Indie continuando a togliere con le pinzette e il bisturi parti di tessuto, appoggiandole poi in una ciotola d'acciaio.

«Vedrai che cosi non dovremmo amputare un bel niente» lo incoraggiò, mentre lui stringeva salda la mano di Skye che era cosi scivolosa, da doverlo riafferrare più volte, notò come il suo corpo intirizzito e i suoi muscoli tesi, riuscirono a non farlo urlare dal dolore.

«E che fa male» ammise in un sibilo, le parole uscirono con riluttanza dalle sue labbra tremanti mentre guardava il medico trafficare vicino alla sua gamba.

Indie alzò lo sguardo afflitto «Lo so» mormorò, mentre Muna le passava del disinfettante per poi prendere l'altro braccio e fargli una puntura endovenosa. «Antibiotici» disse solo per informarle.

Erano stati fortunati a trovare quei medicinali, e le sue amiche avrebbero fatto sicuramente il possibile per non dover valutare davvero l'opzione di amputargli una gamba.

Nonostante questo, fu difficile dover chiudere i ponti di empatia che stabiliva con gli altri per poter resistere e stargli accanto.

Sentì dolore anche lei mentre lo vedeva sobbalzare ad ogni movimento di pinza, involontariamente si tirava la gamba verso di lui provando a svincolare, i tendini sotto al suo tocco tremavano mentre stringeva le labbra cosi forte da farle sanguinare.

«Ehi» richiamò la sua attenzione quando lui gemette. Con la mano libera gli voltò il viso imperlato e tirato dalla sofferenza mentre con l'altra teneva salda la presa sulla sua mano scivolosa. «Ce la puoi fare» lo rassicurò, accarezzandogli la tempia per rimuovere il sudore che colava verso le palpebre. Lui annuì seppur poco convinto.

«Abbiamo quasi finito» incitò Muna percependo la sua impazienza. «Sentito? manca poco» lo richiamò, ma lui non rispose.

Gli occhi chiari erano lontani e si chiusero dietro alle palpebre pesanti. «Karim!» urlò preoccupata, con entrambe le mani provò a girare il viso verso di lei ma lui non rispose.

«È incosciente» osservò Muna, allontanandosi dalla sua gamba «I valori?» domandò Indie, l'altra allora andò verso il suo polso, poi prese uno sfigmomanometro e misurò la pressione. «Normali, leggera tachicardia molto probabilmente dovuta al dolore» Indie annuì lentamente ascoltandola. «È solo svenuto per il dolore» spiegò dopo averci rimuginato, non distogliendo gli occhi concentrati esclusivamente su quella ferita.

«Chissà, forse cosi avrà un po' di tregua» mormorò Muna, preparando una nuova medicazione.

Indie si fermò asciugandosi con il dorso il sudore «Non è di quarto grado» proferì, lasciando per un momento il bisturi sul tavolo, l'amica prese a sterilizzarlo e sorrise vittoriosa. «Per fortuna» sospirò, fu Indie a spiegarsi meglio. «È una buona notizia, vuol dire niente carbonizzazione alle strutture osteotendinee quindi niente amputazione» sorrise cimentandosi di nuovo in quell'intervento.

«Cosa gli aspetterà ora?» sussurrò, non togliendo però la mano dell'uomo dalla sua.

Indie sollevò lo sguardo. «la convalescenza sarà di almeno cinque settimane, proverà sicuramente dolore e dovrà effettuare vari impacchi, resteranno molte cicatrici e non siamo in grado di reperire ed effettuare innesti cutanei, ma se la caverà se riusciamo a tenere ben disinfettata questa ferita» concluse, accettando la medicazione che Muna le passava.

«Ancora dieci minuti» promise mentre Muna effettuava un'altra iniezione, Indie sollevò poi lo sguardo verso la porta che si aprì, e anche Skye si voltò verso la sua direzione, si sarebbe aspettata di vedere Adil o chiunque altro membro del Villaggio, ma non Saleem e Wave che invece apparirono dietro di essa.

Gli occhi del primo, non tardarono a fiondarsi su di lei come frecce ardenti, il viso piatto e impassibile non lasciava trapelare nessun'emozione. Skye si rivoltò verso Karim ancora incosciente, e solo allora lasciò andare le loro mani unite.

«Ancora un attimo...Sì, pronto» disse Indie chiudendo bene la medicazione. «Ciao a tutte» salutò Wave, avvicinandosi alla brandina, seguito dal suo superiore che si mise nell'altra estremità, sollevandola di poco dal suolo.

«Dove lo portate?» chiese lei «Avrei potuto trasportarlo io» si propose «Credo nella sua camera, puoi raggiungerlo lì» li informò l'americano, prima di portarlo via dall'infermeria.

«Non abbiamo spazi allibiti, avremmo potuto tenerlo qui ma il tempo di pulire e dovremmo operare Falak, se riesci, stagli vicino» suggerì Muna, dandole una pacca sulla spalla.

«Sei stata brava» sorrise Indie guardandola.

«Io? io non ho fatto niente. Siete voi quelle ad essere state brave» precisò sentendo tutta la tensione scivolare di poco via, non le sarebbe mancata per niente quella stanza.

Quando entrò nella camera dove avevano lasciato Karim, notò subito che vi erano altri uomini coricati, era già diventata tarda notte e lei non aveva fatto caso al tempo che era trascorso cosi velocemente nell'infermeria. Karim dunque avrebbe dovuto condividere la camera con altre persone, e se le quattro camere a disposizione nell'edificio avevano ognuna dei soldati che vigilavano in caso di attacco, si chiese chi della sua squadra avrebbe dormito lì.

Si sedette cauta sul capezzale del suo letto, lo guardò ancora dormiente e si chiese quando si sarebbe risvegliato.

«Mangiato?» chiese Wave, riapparendo sul ciglio della porta. «Non ho fame, grazie» sussurrò lei, ma lui non andò in mensa, si avvicinò invece al loro letto.

Si chinò sulle ginocchia portandosi all'altezza dei suoi occhi «Non salverai quest'uomo non mangiando» le disse, appoggiando una mano sul suo ginocchio. «E ora sei un soldato, hai insistito perché tutti lo sapessero, credo tu sappia che un soldato è dovuto a mangiare forse più di chiunque altro perché ha bisogno di recuperare tutte le forze spese negli allenamenti» ammonì con voce mielosa, come se stesse facendo una piccola ramanzina ad un bambino.

«Quindi ora verrai con me in mensa, e mangerai. E sono sicuro che per quando si sveglierà sarai già qui» offrì la sua mano per issarsi, e dopo un attimo di esitazione dove Skye valutò il da farsi, l'accettò.

Wave aveva ragione, non mangiando non avrebbe salvato nessuno e cambiato niente. Ma sentiva il suo stomaco essersi chiuso completamente, forse a causa del dolore che Karim aveva provato e aveva cercato di contenere a tutti i costi, quando arrivarono in mensa continuò a non avere fame.

«Gli altri?» chiese atona, vedendo la mensa quasi vuota. «Hanno già cenato, è mezzanotte inoltrata» spiegò confermando che era notte inoltrata, le indicò un tavolo. Lei ci si accomodò e poco dopo apparve di nuovo l'amico con un piatto di riso e tonno. «E questo?» chiese accigliata riferendosi al pesce in scatola. «Non tutto in dispensa era da buttare, e i topi non ce l'hanno fatta ad aprire alcune lattine» spiegò, osservandola mangiare.

«Conosci Karim?» chiese fra un boccone e l'altro, sotto al suo sguardo attento, lui scosse il capo. «Non come lo conosci tu o chiunque altro. È del Villaggio, tutti infondo ci conosciamo» disse, guardandola mangiare. «Suppongo tu sia andata via dagli allenamenti per assistere all'operazione» dedusse, portando una mano sotto al mento. Lei annuì flebile, prendendo l'ultima boccata.

«Non dev'essere stato bello» mormorò alzandosi e togliendole il piatto vuoto rimasto davanti a lei. «Sono certa che a Karim sia andata peggio» ironizzò amara, un sorriso nervoso le affiorò sulle labbra secche. «In effetti...» scomparve dietro alla dispensa e riapparve poco dopo con dell'acqua.

«Possiamo andare» disse, lanciandole la bottiglietta di plastica che lei prese a volo. «Hai mai...assistito ad un'operazione?» chiese, seguendolo fra i tavoli. «Molte più di quanto credi, My Lady. Mio padre è stato operato la prima volta da Indie quasi un anno fa nel tendone» spiegò mentre lei lo affiancava. «Immagino come sia andata a finire...» sussurrò, da quando Skye era giunta, fra quelle persone non vi era mai stato suo padre. «Ho assistito a tre sue operazioni, purtroppo non siamo comunque riusciti a salvarlo» raccontò con voce dura, come se quello fosse un ricordo lontanissimo appartenuto ad un'altra vita. «Mi dispiace» confessò lei, lui le sorrise. «Acqua passata» si chiese se non avesse stretto rapporti con la maggior parte dei membri del Villaggio proprio per questo, per evitare di soffrire alla perdita di qualcun altro; dopotutto meno legavi con quelle persone e meno avresti sofferto in caso di una loro perdita. Quando entrarono nella stanza, Karim dormiva ancora assieme agli altri membri.
Lei entrò silenziosa e scaltra fra quegli uomini, rimettendosi sul suo capezzale attendendo che si svegliasse.
Quel silenzio la stava portando lentamente in un leggero sonno, quando si svegliò sentendo «Che ci fai qui?» tuonò la voce accanto alla porta.
Aprì gli occhi assonnati, alzandoli vide il suo superiore interrompere molto probabilmente anche il sonno di tutti gli altri.
«Almeno per questa notte... desidero restare qui» non era una richiesta la sua, che lo voleva o meno sarebbe rimasta.
«Se non l'hai notato prima, dormono solo uomini qui» sottolineò l'ovvio. Lei fece spallucce.
Suo malgrado, Saleem entrò nella camera, non aveva le energie per battibeccare con lui, né aveva voglia di svegliare gli altri, ma lui non disse altro, prese dalla brandina un'asciugamano e incrociò le braccia, fissandola dall'alto verso il basso.

Suo malgrado, questo voleva dire che l'altro soldato che dormiva nella camera con Wave e gli altri era proprio Saleem, era certa che se le fosse capitato Finn, o chiunque altro non avrebbero dovuto fare tutte quelle storie.
«Non puoi restare qui» scandì meglio quelle parole, come se la prima volta non l'avesse udito. «Non mi muoverò» rispose arricciando le labbra, si mise più comoda nel materasso, appoggiando la schiena al muro, sbadigliò. Sul viso dell'uomo guizzò repentina una smorfia che non riuscì a decifrare, ma lui non aggiunse altro, come un tornado uscì dalla stanza, e solo quando fu completamente fuori, lei sospirò e si rannicchiò seduta contro al muro.
In quel momento, la mano debole di Karim si sollevò impercettibilmente e un'espressione accigliata gli si formò in viso.
«Karim» sussurrò, mentre Wave balzò in piedi dalla sua brandina e li raggiunse frettoloso.
«Si sta svegliando» avvertì, toccandogli la fronte indicò con un capo l'uscita «Avviso Muna o Indie» bisbigliò prima di uscire anche lui dalla camera.
Gli occhi di Karim si aprirono e una leggera smorfia avvilita incorniciò il suo viso pallido.
«Ehi» bisbigliò, allungandosi per spostargli i capelli lunghi dagli occhi. Lui la fissò, portando poi lo sguardo lungo tutta la stanza, studiando il posto in cui era. «Sei rimasta» rantolò a fatica con la voce roca e graffiante.
Lei annuì, sorridendogli. «Come stai?» chiese, e lui osservò la sua gamba avvolta nella garza spessa. «Tutto intero a quanto pare» osservò, un sorriso tirato fiorì sul suo volto ma i muscoli continuarono a restare tesi, Indie entrò nella camera, appena li individuò, sorrise.
«Ciao Karim, stai meglio?» chiese, appoggiandogli una mano sulla fronte, poi osservò meglio la medicazione, rimisurò la pressione e i battiti «Pensavo peggio» grugnì lui in risposta, seguendola con lo sguardo durante tutti i suoi movimenti. «Punturina» mostrò la siringa prima di iniettare il liquido in endovena, dopo poco li salutò e si dileguò.

La camera rimase per un attimo immersa in quel silenzio che solo la notte poteva portare. Era certa che se non fosse per le luci accese nel corridoio, avrebbe potuto vedere il bagliore della luna arriva fin lì.
«Skye, va pure ora, non preoccuparti per me» disse con voce debole quando la rivide appoggiare la schiena al muro. Lei scosse il capo leggera, con la vista annebbiata dal sonno. «Davvero» grugnì di nuovo dal dolore, lei appoggiò una mano sullo stinco, provando a rassicurarlo. In quel silenzio, dove i respiri di Karim si fecero più lunghi e pesanti, si udirono dei passi che anticiparono Saleem.

Sapeva che non le avrebbe dato vinta facilmente, lo guardò controvoglia, ma il sonno defluì completamente dal suo corpo quando lo vide. Non riuscì a trattenere i suoi occhi che si spalancarono alla vista del soldato a petto nudo che entrava nella camera, disinvolto e impeccabile, camminò sfoggiando il suo fisico degno di un Dio Greco.

Non l'aveva mai visto senza maglia, neanche nel calore del deserto. Ora poté ammirare il beneficio di tutti quegli allenamenti, i muscoli tesi e contratti scolpiti avidamente su tutto il suo corpo.

Socchiuse le labbra prima di serrarle, respirò a fatica quando seguì la linea diretta dei suoi addominali bassi che finirono sotto al tessuto che gli avvolgeva tutto basso ventre.
Per pudore si rivoltò verso Karim, paonazza, avrebbe voluto avere la forza di non sbirciare più il suo superiore, ma fu difficile resistergli. Sembrava come ogni suo atomo, la spingesse a voltarsi e guardare, calamitata dalla sua figura.
E Saleem lo sapeva bene, era un gesto degno di una ripicca quello, perché per l'ennesima volta lei non aveva ubbidito ad un suo ordine, era un altro suo modo di farle capire chi comandava lì, chi aveva più potere fra i due.
La gola improvvisamente secca la fece deglutire a fatica mentre provava a tenere gli occhi fissi su Karim «Skye, puoi andare» bisbigliò con voce flebile percependo chiaramente il suo disagio, anche lui guardava di sottecchi il soldato, che camminò spedito verso la brandina poco distante da loro.

«Bene, ora dovrei mettermi le mutande, se vuoi assistere, accomodati pure» proruppe l'altro, afferrando un paio di boxer scuri da sotto alle lenzuola e portando le mani sui fianchi.

Se le goti di Skye poco prima erano tinte di un rosso acceso, ora sbiancarono.

«Ok!» disse esasperata, saltando subito all'in piedi. Quello era troppo. Non avrebbe voluto dargliela vinta cosi facilmente, ma non poteva sentirsi più agitata e in fiamme di cosi.

Wave rientrò nella camera, saettò lo sguardo da Saleem mezzo nudo di fronte a Skye e Karim, poi sospirò rumorosamente, capendo anche lui quali erano state le intenzioni del superiore.

«Tranquilla, ci sarò io questa sera se Karim avrà bisogno» le disse, rivolgendo poi gli occhi verdi verso il ragazzo supino, che annuì debolmente per convincere Skye.

«Grazie» riuscì a dire sforzandosi di non balbettare, voltandosi di schiena verso Karim proferì «Cerca di riposare» poi si rivoltò verso tutti «Se ha bisogno di qualsiasi cosa, chiamatemi» aggiunse incamminandosi alla porta, per farlo dovette passare anche accanto a Saleem, con la pelle umida che brillava e l'odore che invase le sue narici, lasciò che i suoi occhi si chiudessero per un istante, assaporando se possibile meglio quella scena.

Una volta che fu fuori, si appoggiò al muro spoglio, sentendo un vivido calore espandersi in tutto lo stomaco, avrebbe voluto non provare quelle sensazione contradditorie, voleva sentire la preoccupazione pungente per Karim e concentrarsi solo su quella, ma Saleem destabilizzava sempre i suoi piani.

Non era mai stata superficiale, una che apprezzava soltanto la bellezza effimera eppure...L'avrebbe osservato per ore se ne ha avesse avuto la possibilità.

Ispirò dal naso ed espirò dalla bocca più volte, ricomponendosi.

Skye incassava i colpi rimanendo in disparte quando lui aveva finto di dimenticare la notte alla torre, poi la prima notte alla base, ferendola quasi. Anche questa volta aveva vinto lui, si disse, ma prima o poi, avrebbe avuto la sua rivincita.

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