40. Una grande speranza
La notte precedente, Wave li aveva raggiunti di corsa mentre tutti gli abitanti del Villaggio, al suono dei due spari che spezzarono la notte, si erano svegliati di soprassalto e non erano più riusciti a dormire dallo spavento, anche dopo aver scoperto che i due colpi erano indirizzati ad uno sciacallo e non ad un nemico delle truppe di Icaro, i loro occhi erano rimasti spalancati dal terrore.
Ancora prima delle luci del mattino, erano pronti a partire, avevano già scuoiato e preparato la carne dell'animale che avrebbero bollito la sera stessa, cosi facendo, si erano messi subito in marcia.
Da lì a poco avrebbero raggiunto presto la fine del monte, giungendo così all'ipotetica base che Adil e Saleem avevano sperato fosse rimasta illesa dagli attacchi aerei.
Tutto questo sarebbe avvenuto se davvero i due avevano avuto ragione, se George era riuscito a leggere bene l'unica mappa rimasta.
Per George la base era una vecchia leggenda, gran parte del loro popolo non ne era mai stato realmente a conoscenza, a smentirlo era stato il Vecchio, consigliere di Arnold e del padre di Saleem, era stato messo a corrente della strategia di creare una base nascosta nel deserto per spionaggio o riparo.
Arnold stesso aveva dettato ordine di costruirla prima che la sua malattia gli impedisse di regnare, e suo fratello aveva ultimato la costruzione in suo onore.
Aveva acceso cosi un barlume di speranza dovuto al fatto che forse nemmeno lo stesso Icaro era a conoscenza della posizione di quella base e questo poteva essere un enorme vantaggio.
Le vesciche ai piedi presero a dolerle, non dormiva da molto più di ventiquattro ore, era assettata ed esausta, ma tutto si dissipò quando il sole calò dietro alle loro teste oltre l'orizzonte.
«Ci siamo quasi» rantolò a fatica lo stesso Adil, quando tutti scesero finalmente i pendii di quel monte.
Riducendo gli occhi in due fessure, guardarono in lungo e in largo per svariati minuti, ma oltre al sentiero spianato, alcune rocce e le dune, non vi era nient'altro.
Sotto all'ombra della montagna, non si celava nessuna struttura rimasta per lo più integra, forse i bombardamenti avevano ridotto in cenere tutto ciò che prima avevano costruito.
Adil e Saleem salirono la discesa per ottenere un punto d'osservazione migliore, con i palmi sugli occhi, aguzzarono la vista verso il panorama desertico.
Tutti i membri, compresa lei, restarono in attesa con il fiato sospeso, i minuti scorrevano lenti e inesorabili e il caldo si incollò alla pelle madida.
«Ci accamperemo qui dunque?» chiese Wave, chinandosi verso il vecchio che scendeva silenzioso il pendio.
Le spalle che andavano all'ingiù e il viso chino non faceva presagire una buona notizia.
Le mani rugose, accarezzarono la barba crespa come solito fare quando era pensieroso o dubbioso.
Tutti attesero.
E la mera paura che forse avevano attraversato per chilometri quel deserto per nulla si fece largo in loro con prepotenza, lentamente sentirono tutte le speranze fluire via.
Adil alzò il viso verso tutti loro, lo sguardo severo si mescolava alla tristezza; guardò il viso di tutti loro, la stanchezza e l'ansia divorava le loro espressioni, avevano camminato per giorni senza ottenere nessun risultato.
Era difficile ammettere che non avevano altre vie di fuga, era la fine.
Alcuni fedeli, si inginocchiarono e portarono il viso sulla sabbia ai loro piedi.
Mormorii di preghiera si alzarono nell'aria afosa, pregavano più forte di qualsiasi voce per non udire le parole che il Vecchio aveva incastrate nella gola.
Non vi è nessuna base.
Adil attese che finissero di pregare, restando eretto in silenzio davanti a tutti loro, mentre a pochi metri da loro, Saleem continuava a scrutare avidamente la zona.
«Aspettate» a parlare fu proprio il soldato, rimasto ancora in alto rispetto a loro, indicò un punto indefinito dove un masso sembrava incombere su altre rocce incastonate tra loro.
«Lì» tenne puntato l'indice aspettando che Adil lo raggiungesse, fecero lo stesso anche Joseph e George, quest'ultimo con la mappa spianata al vento.
«Proprio lì forse c'è qualcosa» confermò Joseph, aspettando che anche il Vecchio vedesse lo stesso punto. George alzò la mappa sulle loro teste.
«Combacia!» urlò estasiata, mostrando la mappa anche ai due accanto.
«Beh, non ci resta che scoprirlo» sentenziò Adil guardando il punto che ora sembrava risplendere appena sotto agli ultimi raggi del tramonto.
Rilasciarono tutto un gran sospiro, e proseguirono verso quella nuova meta, quando arrivano alle rocce incastonate l'un l'altra, furono attenti nel passare poiché le pareti rocciose che si estendevano per molti metri di altezza erano strette l'un l'altra facendo passare poca aria, ma se Skye issava il capo, poteva vedere ancora il cielo limpido color arancio sopra di loro.
Addentrandosi dentro quei massi, sembravano finiti in una sorta di labirinto, fra cunicoli e spazi ristretti, si fermarono presto disorientati.
I malati facevano difficoltà a proseguire per quelle stradine anguste, sudati li fissavano smarriti.
«Aspettateci, proseguiremo noi» ordinò Saleem ad un certo punto, raggruppando i soldati a sé.
Il Villaggio non si oppose, restarono fermi accasciati vicino alle rocce e annuirono incitandoli ad incamminarsi.
Wave e Saleem aprirono la strada fra le strettoie, passando fra le pareti che si estendevano fino a formare grossi archi a intermittenza.
«Non sembra qualcosa di...Naturale» osservò Lama, guardando gli archi in pietra ruvida.
«Adil forse non era a conoscenza di questo labirinto» sussurrò Wave con la voce che veniva inghiottita dalle stesse pareti.
Girarono in tondo fino ad un passaggio laterale sottile che sfociava in quello che da lontano sembrava un campo desertico.
La speranza prese a fremere.
«Che Dio ce la mandi buona» commentò George, seguendo i compagni di squadra. Il passaggio era cosi compatto e lungo, che dovettero ingobbirsi e piegare la schiena per arrivare alla fine.
Sopra alle loro teste, avevano un tetto di roccia che li coprì per pochi secondi dal sole rovente ormai quasi calato, ma vi era ancora una leggera luce che filtrava attraverso le crepe.
«Ci siamo» informò Saleem, Wave al suo fianco, stringeva saldamente l'arma al petto.
Quando uscirono da quel passaggio, sfociarono come premeditato in un campo, la luce del tramonto illuminava ancora di arancione e rosa tutte le rocce circostanti, il terreno quasi rosso si estendeva circolare per pochi kilometri di fronte a loro, ma al centro di quel campo, vi era una struttura in acciaio corroso che si ereggeva per almeno 7 metri di altezza.
Enormi vetrate racchiudevano specchi che riflettevano di rimando il tramonto ma che erano crollati in mille pezzi in alcune parti alte, mentre un'enorme porta a due battenti stabiliva quello che molto probabilmente aveva tutta l'aria di essere l'ingresso della castra.
«La base» sussurrò Finn incantato accanto a lei, gli occhi non si staccavano dall'edificio a cupola.
«Cazzo si!» tuonò Joseph, che in un attimo di euforia prese Lama fra le braccia e la fece volteggiare, quest'ultima era cosi contenta da ridere a crepapelle anziché imprecare come il suo solito.
Sembravano aver trovato tutti un baule pieno zeppo d'oro e gemme preziose.
«È bellissima» mormorò Wave, avvicinandosi all'ingresso e battendo un palmo su di esso, l'acciaio rovente rispose come una chiamata sulla sua pelle.
Skye e Saleem si scambiarono un'occhiata fugace, quella era davvero la base pensarono entrambi prima di ritornare a guardare l'edificio.
«Spostati» ordinò Saleem all'americano, che si mise di lato. Il soldato mirò alla serratura e sparò, finché dopo l'eco del colpo non susseguì un suono che anticipava il cedere della porta, la serratura cadde e si aprì cigolando cosi tanto, da dare tutta l'aria di non essere aperta da svariati anni.
«Ci siamo» sussurrò Saleem, infilando un piede all'interno della struttura, anche loro entrarono, guardandosi intorno.
Quelle erano mura reali, vetrate, soffitti di una comune base, non era un sottoterra, né un accumulo di macerie dove erano destinati a dormire.
L'espressione incisa su tutti i suoi compagni di squadra, era puro stupore.
Finn e George avevano le labbra socchiuse dalla sorpresa.
Lama toccò quelle pareti fino a raggiungere l'interruttore, premette le dita sottili sopra, e queste dopo un lieve ronzio di elettricità, illuminarono con luci a neon i due corridoi laterali all'ingresso.
«Cazzo» ripeté stupito Joseph, continuando a balzare lo sguardo fra l'interruttore, Lama e poi la luce funzionante sopra alle loro teste.
«Qui le cose...funzionano! Che geni! Luce nel deserto!» George batté le mani prima di ripotarsele in viso, come se quel gesto potesse aiutarlo a stabilire se fosse tutto un sogno o no.
«Funziona!» esclamò pieno di stupefazione Finn, continuando a vagare con lo sguardo.
Skye non riusciva a parlare, lei stessa era emozionata nonostante avesse vissuto nel buio molto meno tempo rispetto a tutti loro. Fu difficile ricacciare indietro le lacrime di gioia, ma lo fece. Per questo restò in silenzio, aspettando che anche il groppo alla gola andasse via.
«Ricordiamoci che questa era una vera e propria base militare, funzionante» ricordò Wave, allentando la presa dal fucile.
«Adil quindi aveva ragione» confessò Finn, sorridendo a trentadue denti, sfregando le mani tra loro come se stesse per mangiare un piatto succulento.
«Bene, perlustriamo questo posto e andiamo a prendere il resto della ciurma. Dividiamoci» avvertì il superiore dopo essersi schiarito la voce, voltandosi verso la squadra.
«George e Finn, con me. Tutti il resto, andate dall'altra parte» indicò il corridoio opposto.
«E mi raccomando, state attenti e tenete gli occhi aperti» avvisò, prima di proseguire con la sua squadra verso il corridoio.
«Su, non perdiamo altro tempo» borbottò Lama, ma nella voce vi era ancora tanto stupore.
«A chi interessa scoprire questo posto?» disse Wave, facendo strada accanto a Joseph.
Le loro teste continuarono a girarsi intorno, perlustrando stupefatti ogni centimetro di quel posto, dalla luce funzionante, ai tubi che molto probabilmente potevano far passare acqua, al pavimento in cemento.
Un lungo corridoio si estendeva per parecchi metri, lateralmente si susseguivano delle stanza dove scoprirono presto che le luci funzionavano in quasi tutte le stanze, trovarono poi una scorta di medicinali, sicuramente molti erano scaduti ma alcune bende e garze erano certi potessero ancora tornare utili. Vi erano brandine, postazioni di spionaggio, binocoli, mappe, due depositi pieni di armi, tende, tessile e accampamenti vari. Il corridoio alla fine portò in una una grande mensa dove trovarono gli altri tre soldati all'altra estremità, probabilmente anche il loro corridoio finiva sulla stessa stanza e percorreva circolare il perimetro della castra.
Un'oasi, pensò Skye.
Numerosi tavoli si estendevano per tutta la stanza, delle vetrine vuote separavano la sala dall'enorme cucina dotata anche di stoviglie varie.
La mensa risultò vuota come il resto delle stanze, eccetto per la dispensa in cucina piena di scarafaggi e ratti del deserto dalle zampe lunghe e sottili.
«Nessuno?» chiese Saleem e Wave scosse il capo con un sorriso. «Nessuno» confermò, ricevendo in cambio il sorriso del superiore.
Quel posto era tutto per loro.
«Bene, è ora di portare qui il Villaggio» disse solenne.
Quello sarebbe stato un nuovo inizio per tutti loro.
Skye pensò che finalmente la ruota della fortuna aveva iniziato a girare anche dalla loro parte.
Avevano ascoltato Adil ed erano giunti in una vera e propria base segreta, certo abbandonata da anni, ma comunque ancora colma di un bel arsenale e di comfort che non avevano mai avuto negli ultimi mesi.
Quando andarono a recuperare i membri e li portarono negli stretti cunicoli, aiutarono i più deboli a chinarsi per passare sotto al soffitto corto, ma la vista che si palesò avanti, ne valse la pena.
Per questo cercò di tenere a bada le sue emozioni e la gioia che premeva forte sulle sue labbra quando anche i membri del Villaggio sgranarono gli occhi di fronte all'edificio, degno di essere chiamato oasi.
«Signori» disse Adil con voce solenne prima di entrare tutti dall'ingresso, si voltò verso tutti loro gioioso.
«Benvenuti nella nostra nuova casa»
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top