14 Ti accompagno cantando
Erano passati altri tre giorni da quando Skye non aveva più visto Saleem dopo quell'alba alla Torre. Si era limitata a tenersi alla larga da quel posto.
Wave e Finn le avevano spiegato che stavano procedendo con gli ultimi preparativi prima della partenza, cosi lei non aveva più fatto domande sul perché il suo superiore era assente.
Aveva iniziato ad impiegare il suo tempo libero dopo gli allenamenti a dare una mano a Muna e Indie al Villaggio e si separava da loro solo quando le vedeva entrare in uno degli ospedali.
Questo fino al giorno prima della partenza, quando si era costretta ad entrare nello stesso tendone vicino ai campi dove era già stata. Stava seguendo Indie e reggeva un secchio pieno di acqua e attrezzature chirurgiche che avevano costruito i fabbri del Villaggio.
In quei giorni si era spiegata come mai i ronzii dei tendoni non cessavano quasi mai, i fabbri erano sempre a lavoro, costruivano di tutto. Sedie per il villaggio, stoviglie, e i più esperti si cementavano alla produzione di armi.
Indie aveva fra le mani pulite delle garze, e passava dinanzi ogni brandina ad osservare le ferite dei pazienti, perlopiù anziani.
Skye si limitava a stare a qualche passo indietro, sentendosi gli occhi di ognuno addosso. Molti di loro non li aveva mai visti prima, il che significava che giacevano in quel letto da troppo tempo.
Nessuno le rivolse la parola, ma ognuno di loro era affettuoso con Indie.
E Skye sapeva il motivo, Indie era generosa e premurosa. Un sorriso stanco ma rassicurante le incorniciava sempre le labbra, e lei invece era l'esatto opposto in quel momento.
Ogni lamento, le fece accarpionare la pelle, per questo si tenne alla larga quando Indie entrava a far visita ai pazienti.
«Come sta andando?» sbucò Indie, chiudendosi una tenda alle spalle prima che Skye potesse vedere la ferita infetta di un ragazzo.
«Uhm, bene» mentì, distogliendo lo sguardo e puntandolo alle sue spalle. Con la treccia sfatta, seguiva l'infermiera dinanzi a lei, che le apriva la strada.
«Bene. So quant'è difficile per te accettare di dover restare qui al Villaggio» era a conoscenza infatti del fatto che sarebbe rimasta lì e non avrebbe seguito la sua squadra. E questo era ancora un tasto dolente.
«Ma credimi, servirai anche qui» si voltò e le sorrise rassicurante, prima che una donna ammalata la chiamasse dall'altro lato.
Avevano quasi finito il giro, Skye sistemò su un tavolo l'attrezzatura sterile e il secchio, si guardò intorno facendo scivolare lo sguardo sulle brandine che intravedeva da alcune tende socchiuse.
Le si strinse il cuore quando vide un peluche di pezza a terra. Prima di chiedersi il motivo, iniziò a camminare verso quell'orsetto e solo quando arrivò ad aprire la tenda, si chiese cosa stava facendo.
La luce era fioca, ma intravide ugualmente una bambina dormiente. Si avvicinò e le posò il peluche sulla sedia vuota accanto al suo letto.
L'osservò respirare piano e fu attenta a non far rumore. Le fu impossibile non notare il viso scarno e pallido. Era coperta da una coperta sottile, che le lasciò intravedere i bendaggi che partivano dalla spalla e finivano all'avambraccio, parte del braccio e della mano erano totalmente assenti.
Quella guerra pensò, era totalmente sbagliata.
Indietreggiò piano, non staccando gli occhi dalla piccola distesa sul letto, si fermò solo quando riuscì a toccare la tenda alle sue spalle. Fece un altro passo indietro prima di richiuderla davanti a sé. Aveva ancora lo sguardo fisso sulla tenda quando sentì dei passi alle sue spalle.
Si voltò e vide subito la sagoma alta e inconfondibile di Saleem.
Il suo cuore, che già era attanagliato in una morsa crudele, le si strinse ancora di più se possibile.
«Che ci fai qui?» si guardò intorno velocemente, poi tornò a guardarla impaziente. I suoi battiti le risuonarono nella gola, bloccandole quasi il respiro.
«Io...» iniziò, ma non riuscì a finire la frase. L'immagine della bambina dietro di lei era ancora vivida. Continuava solo a vedere il viso scarno e il suo braccio.
«Io... Non...Non lo so...» balbettò piano abbassando lo sguardo ai suoi scarponi.
«Calma» le ordinò Saleem, appoggiandole una mano sulla spalla.
Non le permise di perdersi altrove, le alzò il viso e stabilì subito un contatto visivo con lei.
A quel tocco gentile e quella voce suadente, l'immagine di un Saleem rude e sgarbato, in quel momento, la lasciò.
Era forse cosi evidente la sua agitazione? Se quel posto non era fatto per lei...come poteva anche solo pensare di buttarsi in un campo da guerra?
Si sentì schiacciata. «Calma» schiarì ancora una volta Saleem, la voce in un sussurro udibile solo a loro.
Sentì la presa sotto al suo mento stringersi appena. E in quel momento, lo guardò davvero. E appena vide i suoi occhi in mezzo a quella leggera nebbia di panico, tutto si dissipò.
Quella nebbia venne completamente inghiottita dal buio senza confini dei suoi iridi. Eppure...nonostante quel buio immenso, si tranquillizzò.
«Sto bene» mentì, facendo un piccolo passo indietro per sfuggire alla sua mano.
Lui la fece ricadere nel vuoto e per un'attimo gli si formò un profondo cipiglio solcò fra le sopracciglia.
Sentirono i passi di Indie arrivare, ed entrambi in simbiosi fecero un altro passo indietro per allontanarsi.
«Oh eccovi!» Batté pulendosi con un panno e rivolgendo lo sguardo a Saleem.
«Allora...Dove ti sei ferito?» gli chiese guardandolo. Skye scattò a fissarlo, saettando gli occhi lungo tutto il suo corpo.
«Allora?» intimò Indie, appoggiandogli una mano sul braccio tonico.
Quel contatto le sembrò cosi intimo, un'intimità che lei non sarebbe mai stata capace di instaurare. Ma ad Indie sembrava naturale, lei era cosi, si prendeva cura di chiunque come se fosse un membro della propria famiglia. Lo stava facendo persino con lei.
«E' solo un graffio» ringhiò quasi Saleem, ma non distolse gli occhi cupi da Skye, come se stesse tracciando ogni suo movimento. Aspettava forse di vederla crollare da un momento all'altro?
«Beh, il Vecchio non la pensa cosi, sai che domani è un giorno importante è dovrai essere al pieno delle tue energie» gli ricordò Indie. Era vero, la loro partenza era imminente.
«Alla mano» sbruffò. Portando infine verso la ragazza dai capelli folti e neri che gli esaminava accuratamente la mano destra.
La osservò, rigirandosela fra le lunga dita sottili con occhi indagatori e Skye si sentì di troppo.
«Guarirai presto, vieni che ti faccio una piccola medicazione» sentenziò, poi iniziò a camminare e fu seguita dal superiore.
Skye restò lì per un primo momento, pronta per vederli scomparire dietro ad una tenda.
Ma tutto si fermò.
Le pareti quasi tremarono sotto ad un insieme di voci che si issarono in coro tutte insieme. Prima una, poi fu seguita da almeno una trentina di altre voci che si unirono alla perfezione tra loro.
Bicchieri iniziarono a tintinnare contro pareti, tavolini, spalliere, qualsiasi cosa potesse scontrarsi contro.
«Oh» mormorò Indie portandosi una mano al cuore e abbassando lo sguardo.
Saleem anche abbassò lo sguardo al pavimento mentre tutte quelle voci continuarono il loro canto.
«Che succede?» chiese allora Skye, avvicinandosi e guardandosi intorno.
«Mia cara Skye...mi dispiace che tu sia qui ora, ma questo è quello che succede quando un'anima ci lascia» mormorò, quando la guardò, Skye seppe già di trovare nei suoi occhi un immenso dispiacere.
«I membri del Villaggio cantano e attirano gli spiriti, affinché loro possano guidare l'anima tormentata in un luogo di pace» spiegò, quando il coro si ridusse ormai in un mormorio flebile.
Nessuno piangeva, persino i lamenti cessarono perché tutti cantavano, erano impegnati ad accompagnare l'anima di qualcuno all'aldilà.
«C'è bisogno di me da un'altra parte» dedusse poi sorrise rassicurante alla ragazza. «Ti ricordi vero come fare una medicazione?» indicò con un cenno del capo Saleem al suo fianco.
«Oh. Credo di sì» mormorò in imbarazzo. Non voleva controbattere in un momento simile, era sicura che Indie avesse ben altro da fare e non sarebbe stato in grado di seguirla ovunque quelle voci la portassero.
Se c'era un'anima da accompagnare, voleva dire che qualche persona dietro quelle tende li aveva lasciati per sempre.
«Bene, prenditi cura del nostro miglior soldato» sentenziò, dandole un colpetto sulla spalla.
Solo quando la sagoma di Indie sparì, sentì subito Saleem parlare «Non c'è n'è bisogno» chiuse il discorso, entrando in una piccola stanza che si chiuse alle spalle con l'ennesima tenda rattoppata.
Sbruffò, e silenziosamente lo seguì «Non facciamone un dramma» consigliò lei, raggiungendolo.
Nel frattempo Saleem si era seduto su uno sgabello in ferro, e con uno sguardo torvo la seguiva in ogni movimento.
«Davvero, non c'è n'è bisogno» ricalcò, aprendo una mano e cercando il betaine o un qualsiasi tipo di disinfettante nei cassetti malandati, alla fine lo trovò.
«Diamine, lo so, non hai mai bisogno di aiuto, sei indipendente e bla bla bla» proruppe esausta, mentre raccoglieva da un ripiano poco distanza della garza.
Senza neanche rendersene conto, si frappose fra le sue lunghe gambe guardandolo dall'alto mentre versava il contenuto del flacone, appena rubato dalle sue man, sulla garza.
Pensò a quanto era strano, questa volta, poter guardare Saleem dall'alto dopo che era sempre stato l'opposto.
La sua altezza incombeva su chiunque, anche su di lei nonostante non si era mai classificata come una ragazza bassa, anzi tutt'altro.
Anche lui si sentiva schiacciato dal suo sguardo ora che era lei a sovrastarlo?
Per quanto provò ad essere indifferente, sentiva le sue gambe distese sfiorarle le estremità delle ginocchia, e tutta la sua tensione si focalizzò a in quel minuscolo punto di contatto.
Si chinò piano verso di lui, prendendogli la mano destra fra le dita e aprendogliela con il palmo verso l'alto.
«Esattamente» brontolò cupo, ma si lasciò comunque avvicinare e toccare.
«Farà male» lo avvertì prima di premergli la garza imbevuta sul piccolo taglio che gli attraversava parte del palmo. Come si era ferito? Aveva preso ad allenarsi ad un orario diverso dal suo?
Lui non sussultò minimamente al contatto del disinfettante, né trattenne il respiro, e si chiese quante ferite aveva già dovuto disinfettare per rimanere cosi impassibile.
Lei non conosceva la sua storia, lo comprese appieno in quel momento.
I suoi occhi scivolarono sul viso di lui, concentrato ad osservare le dita sottili di lei girovagare sulla sua mano disinfettandola con delicatezza.
Tolse la garza, medicandolo subito dopo con la garza che fu in grado di coprire tutta la ferita.
«Ecco» sussurrò, osservando minuziosamente il suo lavoro. Chissà se avesse retto durante tutta la loro missione.
Stava per allontanarsi quando lo risentì parlare, spezzando cosi il silenzio che si era creato «Come stai?» chiese, guardandola ancora dal basso. Non fece segno di volersi alzare, cosi anche lei rimase immobile con le sue lunghe gambe che quasi la circondavano.
Si sentì avvampare leggermente. «Sai, riguardo a quello che è successo prima» continuò e indicò l'aria circostante. Sapeva a cosa si riferiva. Ed era strano che Saleem si fosse accorto come certi eventi potevano scombussolarla tanto interiormente.
Medicargli la ferita era stata un'ottima distrazione, ma non avrebbe mai più dimenticato i cori che accompagnavano un membro del Villaggio, né la crudeltà di una guerra che era stata capace di mutilare una ragazzina.
«Vorrei partire con voi» domandò infine cambiando argomento, omise il fatto che per lei, sarebbe stato atroce rimanere lì a Villaggio, con il continuo pensiero che correva a loro e la preoccupazione che montava come uno tsunami. Il cuore le riiniziò a batterle forte fra le scapole. Era la speranza.
Desiderava che lui glielo permettesse.
«Lo so» ammise, ma la sua posizione rimase invariabile. Ritrasse la mano dalla sua.
Sentì la rabbia accrescere rendendola quasi cieca.
«Potreste non far più ritorno, lo capite?» ringhiò indietreggiando, non gli diede il tempo di controbattere.
Non gli avrebbe mai perdonato i giorni che avrebbe speso a preoccuparsi per la sua squadra. Né avrebbe compreso la vera ragione che lo portava ad essere cosi irremovibile nel portarla con loro.
Non lo avrebbe perdonato, quindi se ne andò.
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