60- 𝙉𝙤𝙩𝙝𝙞𝙣𝙜 𝙚𝙡𝙨𝙚 𝙢𝙖𝙩𝙩𝙚𝙧𝙨 -𝘑𝘰𝘳𝘥𝘢𝘯

🎵Nothing else matters, Metallica (Lucie Silvas' cover)

🛼programma di gara: Ilaria Golluscio, Samuele Stasi, FD 2018

Vi chiedo una stellina di supporto prima di iniziare il capitolo

Ero scappato in Italia perché lì, a casa, non riuscivo più a stare. Non riuscivo a pensare, a muovermi, parlare...accettare.

Finché Amelia non era apparsa a teatro, più donna e determinata che mai, non avevo nemmeno mai avuto voglia di mettere i pattini. Sapevo che avrebbero allontanato i sensi di colpa che meritavo di avere costantemente addosso, a ricordarmi che era impossibile che non mi fossi accorto di niente.

Passavo le giornate a sfogare la rabbia macinando miglia sotto le scarpe da corsa, intorno allo stesso parco in cui mia madre mi spediva ad allenarmi quando in vacanza era costretta a portare il suo lato da allenatrice. E tutti i pomeriggi, quando ormai i muscoli bruciavano, io li passavo seduto a teatro, il preferito di mia sorella.

Ormai mi lasciavano nella platea anche durante le prove degli spettacoli, su musiche noiose che Amelia ed Ellison avrebbero riconosciuto dopo poche note.

Era lì che aveva visto il suo primo spettacolo, stando in braccio a papà in perfetto silenzio perché era troppo piccola per vedere qualcosa stando seduta al suo posto.

E la bambina con i vestitini colorati e i codini ai capelli divenuta ragazzina con il tutù e lo chignon elegante non poteva essere morta invano. Non poteva essere dimenticata. Più i giorni passavano, più la sua assenza mi pesava al punto da sentirmi consumare dal dolore fisico.

Avevo imparato che quando si sta così male da non aver nemmeno voglia di alzarsi dal letto al mattino, quando il dolore è così grande da condizionare il più piccolo e insulso gesto quotidiano, a salvarci sono gli obiettivi.

Avevo bisogno di uno scopo per andare avanti, un traguardo da visualizzare.

Un obiettivo che fosse solo mio, che non dipendesse da nessun altro.

Un qualcosa che mi desse la forza di rimettere insieme i pezzi di me per farmi tornare a casa da Amelia.

Le avevo sempre detto che fuori dai palazzetti c'è vita, e si era accorta da sola di quanto quest'ultima, a volte, facesse schifo.

La verità è che l'amavo davvero troppo per chiederle di restare.

Sarei stato un egoista a tenerla con me nel dolore, non potevo permetterle di rinunciare al suo mondiale. Avevo immaginato che mia madre non avrebbe permesso ad Amelia di fermarsi, non dopo che aveva affrontato mesi di ricovero per realizzare il suo sogno.

Sapevo che avrebbe trovato qualcuno disposto a pattinare con Amelia, ed ero certo che avrebbe tenuto a bada Kevin e che avrebbero trovato un modo per aggirare i regolamenti per farla pattinare con una persona che non fossi io.

Ma l'amavo troppo anche per considerarla il mio fine. Non potevo aggrapparmi a lei in quel modo, non potevo darle la responsabilità della mia ripresa, non avrei potuto mai e poi mai caricarla di un simile fardello.

Doveva pensare solo a se stessa nelle poche settimane che la dividevano dal suo obiettivo. Le avevo chiesto anche per questo di tornare a casa.

Avevo bisogno di stare bene con me stesso per poter stare insieme a lei, o avrei reso tossica la cosa più bella della mia vita.

Sperai con tutto me stesso che avesse capito che in quel bacio c'era la mia promessa e che in quella lacrima c'era il mio inizio.

Perché avrei trovato il mio obiettivo, mi sarei fatto aiutare un'altra volta, consapevole di dover affrontare di nuovo la fatica del doversi ricostruire. Solo così sarei potuto tornare nella miglior versione di me stesso.

E saremmo stati davvero di nuovo noi.

Buon lunedì!

Spero che questo brevissimo capitolo vi abbia fatto capire le dinamiche nella mente di Jordan...Dispiace? Assolutamente sì, ma spero abbiate fiducia in me!

Il prossimo capitolo è quasi finito e spero di poter aggiornare lunedì prossimo, vediamo come vanno gli impegni della settimana 🍀

Questo era l'ultimo pov di Jordan prima...dell'epilogo 😭

A stasera su ig! (amelieqbooks)

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