43- 𝙎𝙘𝙧𝙚𝙖𝙢&𝙨𝙝𝙤𝙪𝙩 -𝘈𝘮𝘦𝘭𝘪𝘢


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⭐⭐Guess what?⭐⭐

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Grazie 💜





Avrei davvero voluto chiedere a Jordan di venire al nostro dormitorio. Non volevo abbandonarlo così, ma non potevo nemmeno essere io a costringerlo a scegliere tra la sorella e il migliore amico. Sarebbe stato ingiusto.

«Vai con lei» decise lui, nascondendo il ricordo della serata nella manica della camicia permettendomi di tornare a respirare. «Ci vediamo domani.»

«Sei sicuro?»

Aveva l'aria affranta.

«Prima o poi avremo ancora tempo per noi, no?»

«Dopo la gara» lo rassicurai con un bacio. «Spegneremo di nuovo i telefoni.»

Si aprì in un sorriso amaro, prima di farmi cenno verso Lisa, che mi aspettava alle porte del lounge bar.

Ellison era uscita dal Sandpearl senza nemmeno salutare Steven, e aveva pianto inconsolabile per tutto il tragitto in macchina. Una volta varcata la soglia del nostro appartamentino era passata alla fase della rabbia.

«Un mese. Sapeva da un mese che se ne sarebbe andato. Potete crederci?»

Ci lasciò a malapena il tempo di rientrare, prima di richiudere sonoramente la porta alle sue spalle.

«Non ti eri mai accorta che mentiva? Che ne so, di qualche strana espressione mentre ti diceva di non avere notizie da nessuna squadra?» Mi guardò malissimo, prima di far volare i tacchi alla rinfusa e lanciare un pacchetto di popcorn dalla dispensa al microonde, sbattendo gli sportelli.

«È qui che mi sento una completa stupida. Sono sempre stata io la numero uno nel mentire. Pensavo di conoscere tutti i trucchetti.» Premeva i tasti del fornello che emetteva dei beep nervosi tanto quanto lei. «E invece no, mi sono fatta fregare dal primo coglione di turno.»

Lasciammo le nostre scarpe accanto a quelle di Elly e, mentre io presi qualche bibita dal frigo, Lisa tornò dal bagno con salviette struccanti e qualche maschera per il viso che appoggiò sopra il tavolino. Aspettammo che Elly ci raggiungesse sul divano mentre la stanza si riempiva di piccoli scoppiettii e di un profumo caldo e burroso.

Si accomodò in mezzo a noi due, con una terrina fumante da condividere.

«Magari voleva solo essere sicuro, prima di parlartene.» Provò a intermediare Lisa fermandosi i capelli con un mollettone.

«Lo stai difendendo?» Ellison prese a pizzicarsi il ponte del naso, come a cercare un gesto dall'effetto sedativo.

«Assolutamente no.»

«Bene.» Tornò a guardare dritta davanti a sé masticando i popcorn. «Che poi, l'hai sentito, no, Lisa? Una relazione a distanza.» Disse nervosa. «Una relazione a distanza.» Ripeté prendendo in giro il tono di voce di Steven con qualche strana espressione facciale che non le apparteneva. «'Fanculo.»

«Elly, hai provato a valutare davvero una relazione a distanza?» Lisa provò di nuovo a parlare «È il suo sogno, l'hockey.»

«Devo ricordarti com'è finita in The Kissing Booth e La la land? O tra Hannah Montana e Jake?» Ellison prese a strofinarsi il viso con una salvietta umida, mescolando i residui di trucco a qualche altra timida lacrima.

«Devo ricordarti che esistono anche Tutte le volte che ho scritto ti amo, Le pagine della nostra vita, Seth e Summer? Addirittura Chuck Bass si è separato da Blair Waldorf, e poi sono tornati più forti di prima. Fermatemi, perché posso continuare all'infinito.» Lisa era quasi sul piede di guerra.

«Il senso è che avete una vita davanti a voi.» Provai a spiegare cauta, sperando di non ricevere le risposte acide che dava alla nostra amica. «Steven non giocherà a hockey per sempre. Prima o poi smetterà, e tu avrai finito di studiare. Potrete trasferirvi in qualsiasi parte del mondo vogliate. Nel frattempo, l'America ha un traffico aereo non indifferente: potete andare a trovare l'altro più spesso di quanto pensiate.»

«Perché tu sei sempre così tranquilla e razionale?» sbottò Elly.

«Sinceramente? Non lo so.»

Probabilmente perché non è Jordan a voler andare in un altro stato americano, mi ritrovai a pensare afferrando la bustina con gli eye patch lanciatimi da Lisa.

«Come siete rimasti, prima che venissi a chiedermi di andare a casa?»

«L'ho mandato a 'fanculo e sono venuta da te», disse come se fosse la cosa più ovvia, «a te che ha detto, Lisa?»

«Che si aspettava quella reazione da parte tua. Ha detto che devi sbollire la rabbia e rifletterci a freddo.»

«Comodo, così. A proposito, perché tu Amy avevi la faccia in esplosione? Eri viola, addirittura.»

Jordan e quel maledetto miscelatore per cocktail.

«Niente. Avrò avuto caldo. Troppe persone» cercai di sviare il discorso, cercando tra il bottino di skin-care una maschera in tessuto per coprirmi la faccia, che stava diventando rossa al ricordo.

«Tu non me la racconti giusta. Ma non so se voglio saperlo.» Prese il telecomando per cercare un nuovo film da guardare insieme, lasciando intendere di volere del tempo per riflettere da sola sulla sua situazione.

Il mattino seguente il suono del campanello ci fece sobbalzare sul divano. Non so nemmeno a che ora ci addormentammo, ma al nostro risveglio io e Lisa avevamo ancora i capelli attorcigliati sotto un mollettone da bagno, i patch per le occhiaie e il vestito da sera.

Un bel vedere, insomma.

«Chi cazzo è a quest'ora?» Ellison arrivò in zona giorno per andare dritta alla finestra. Non riuscendo a capire chi fosse, imboccò la porta d'ingresso e la sentimmo scendere rumorosamente le scale.

«Buongiorno» dissi a Lisa rimuovendo i resti di una skin-care che non ero abituata a fare.

«Devo rifare le valige» sbadigliò sonoramente, provò ad alzarsi per poi stendersi di nuovo sul divano accoccolandosi sulla mia spalla.

«Quando torni?» mi aggrappai al suo braccio, pensando che sarebbe stato bello se tutte e tre avessimo avuto la possibilità di vivere insieme, o per lo meno vicine.

«Non appena ho tre giorni liberi di fila. Tra qualche mese, sicuramente.»

Ellison rientrò con un vassoio colmo di brioches e tre bicchieroni di caffè.

«Era il fattorino della pasticceria in centro. Sono da parte di Steven.» Per un brevissimo istante ebbe la faccia di chi non sapeva se dare di matto o essere felice.

«Lo vedi?» si rallegrò Lisa. «Mica vuole mollarti.»

«Come stai, Elly?» domandai.

«Sto bene.»

La squadrai da capo a piedi alla ricerca di un minimo segno che smentisse le sue parole. Della serata trascorsa non vi era più traccia: si era fatta la doccia, aveva indossato dei vestiti puliti e raccolto i capelli in una morbida treccia. Non aveva un minimo segno di occhiaie o gonfiore dovuti al pianto, e nel volto era tornato il suo miglior sorriso.

Si era rialzata. Al primo mattino aveva già preparato la borsa per le lezioni al college e la sacca per la danza.

«Avete ragione. Non posso costringere una persona con cui sto da qualche mese ad abbandonare il sogno per cui lavora da una vita. Se è destino, la faremo funzionare. Nel frattempo, FaceTime e voli last minute, no?»

Qualche giorno prima mi aveva scritto una lettera in cui dava a me della resiliente, ma forse non ero l'unica a esserlo. C'era la totale probabilità che tutte noi, uscite dal Fairwinds con la lettera che custodivo gelosamente nel cassetto, lo fossimo.

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In quella settimana ogni momento venne occupato dai pensieri per la prima gara mia e di Jordan. Faticavo anche a prestare attenzione alle lezioni. Ci eravamo allenati molto e, con il programma di gara facilitato, mi sentivo abbastanza sicura. Pur non sapendo ancora con certezza i nomi degli altri partecipanti, sapevamo in partenza che non avremmo mai potuto vincere.

Puntavamo a un programma pulito. Questo era il nostro solo obiettivo.

Il giorno della gara mi svegliai in preda all'agitazione e con lo stomaco completamente chiuso. Non riuscivo nemmeno a stare seduta, tanta era la tensione. Mi sforzai comunque di fare una colazione regolare, per poi dedicarmi alla preparazione dei pattini: verificai che passasse un dito tra il freno e il pavimento, mi accertai che i bulloni delle ruote fossero stretti al punto giusto e infine oliai i cuscinetti con quello spray il cui profumo pungente riusciva sempre a darmi una certa tranquillità.

Riposi tutto nel trolley, aggiungendo i miei calzini fortunati, il body di gara e le ruote di durezze diverse nel caso in cui la pista al quarzo, in cui si sarebbe svolta la gara, fosse stata più umida del previsto. Sarebbe stata più scivolosa, in quel caso.

Tirai i capelli al massimo in uno chignon stretto, assicurandomi con gel e più forcine del necessario di non avere ciuffi svolazzanti fino a sera. Poi passai al trucco, ottenendo un mediocre smokey eye. La mano tremolante durante la stesura dell'eye liner non si sarebbe vista da lontano.

«Reed? Dove vai così?» mi fermò Ellison mentre girovagavo nervosa per la sala pensando a cosa potessi aver dimenticato.

«Così come?» indossavo un paio di leggins da allenamento e una felpa in tessuto tecnico. Come in ogni gara da quindici anni a quella parte.

«Ti prego, vai a struccarti.» mi implorò «Ti aiuto io.»

Andai in bagno a osservare di nuovo il mio riflesso allo specchio.

Obiettivamente, mi ero truccata malissimo.

In poco tempo Ellison trasformò la mia faccia da panda in una faccia con un ottimo make up.

Allungò lo sguardo con dell'ombretto nero, creando dei punti luce nell'angolo interno con un illuminante. Aggiunse tre strass argentei sotto la linea arcuata dell'eye liner, per poi infoltire le ciglia con il mascara.

«Oh là! Adesso puoi andare.» disse battendo le mani fiera del suo lavoro.

Subito dopo, ricevetti un messaggio da Jordan, che era già arrivato al dormitorio. Recuperai il trolley e mi infilai in macchina con lui e Martina, pronti per le due ore abbondanti che ci dividevano dal palazzetto di Gainesville.

Furono interminabili ore di silenzio, perché dentro di me urlavo così tanto da sentire la gola in fiamme.

L'agitazione crebbe a dismisura mentre me ne stetti ad ascoltare le chiacchiere di Martina, che provava a stemperare la tensione ottenendo buoni risultati su Jordan e scarsi su di me.

Al nostro arrivo, al parcheggio c'era già qualche macchina. Il palazzetto in realtà era un prefabbricato di modeste dimensioni, un capannone riadattato a pista di pattinaggio nel mezzo di una zona industriale.

Jordan aspettò che sua madre entrasse nel palazzetto per confermare la nostra presenza in segreteria, prima di aprire il bagagliaio e prendere i nostri trolley.

«Vieni qui.» Mi afferrò prima che mi incamminassi per stringermi a lui. «Tutto ok?»

No.

Mi allungai sulle punte dei piedi per dargli un bacio casto, annuendo semplicemente.

«Andrà tutto bene» provò a tranquillizzarmi con uno sguardo tanto dolce quanto sicuro.

Le parole sembravano incastrate nelle corde vocali. Temevo che la voce tremante che sarebbe uscita dalla mia bocca mi avrebbe completamente tradita, lasciando trapelare uno stato d'animo più grave del previsto.

Quando entrammo in palazzetto, come immaginavo, le poche anime già presenti si voltarono in direzione di Jordan e io, da perfetta codarda, provai a nascondermi alle sue spalle. Mi concentrai sugli spalti, poco capienti rispetto alla media dei luoghi di gara.

Gli sguardi di ammirazione che avevano nei suoi confronti si trasformarono in stupore quando lui, accortosi che me ne stavo in disparte, intrecciò le dita alle mie in una presa salda e confortevole.

Ci separammo solo una volta imboccato il corridoio e scoperto che gli spogliatoi erano stati divisi tra maschili e femminili. Non sempre era così, ormai eravamo abituati a stanze miste, anche se io preferivo sempre cambiarmi in bagno.

«Possiamo fare riscaldamento fuori?» domandai.

Aria. Avevo bisogno di aria.

«Certo che sì.»

Lasciai le mie cose su una panchina ancora libera, e poi uscii con Jordan.

Avevo fatto centinaia di gare, ma quel giorno sentivo che la mia testa non c'era, occupata com'era dalla paura. Avevo poco tempo per cercare di tornare in me e fare una gara decente.

Dovevo assolutamente ritrovare lo stato mentale di assoluta concentrazione che mi accompagnava in ogni competizione da quando ero bambina.

Qualche minuto di corsa, andature, salti a secco e sollevamenti ed eravamo pronti per mettere i pattini. Poi, saremmo entrati in pista per le prove non ufficiali: una ventina di minuti per prendere bene gli spazi della pista, di poco più piccola dell'Arhena, e soprattutto per verificare che la combinazione di ruote fosse adatta alla pavimentazione.

Quando uscii dallo spogliatoio, quasi calmata dai profumi di gel e lacca di cui alcune ragazze si stavano riempiendo la testa, Jordan era lì, pronto ad aspettarmi.

Mi strinse il viso tra le mani, puntellandomi lo sguardo alla ricerca forse di un mio segno di cedimento, prima di posarmi un bacio sulla fronte e trasmettermi la forza di cui avevo bisogno.

«Siamo solo noi, piccola Reed. Solo noi.»

Gli rivolsi un piccolo sorriso e intrecciai le dita alle sue per andare verso la pista, ma quando mi voltai mi trovai di fronte all'inimmaginabile.

Audrey Clark aveva fatto il suo ingresso imperiale nel corridoio, tenendo stretta al fianco la sua borsa firmata.

Al suo fianco, a passo altezzoso, Kevin Dawson.

In quel momento, capii il perché non avevo avuto il permesso di entrare nel palazzetto quando ero andata a Daytona per chiedere alla mia ex allenatrice la firma per il cambio società.

Ero stata una stupida a pensare che Audrey avesse scelto una ragazza della mia vecchia società per prendere il mio posto in coppia con Kevin.

Stupida.

Stupida.

Stupida.

Perché a impressionarmi più di tutti fu l'angelica Chloe Riley, che camminava dietro di lui a testa alta. Schioccò le labbra dopo aver steso un generoso strato di burrocacao. Tutti e tre ci vennero incontro con la faccia di chi era assolutamente certo di avermi fatto la più spiazzante delle sorprese.

Audrey mi salutò con un sorriso tanto falso quanto educato, fermandosi davanti la porta per poi mettersi a smanettare con il suo iPhone.

Kevin mi rivolse un cenno con il capo, come se mi conoscesse solo di vista, prima di infilarsi nello spogliatoio.

Mentre Chloe, costretta a incrociarci prima di andare nella stanza femminile, si soffermò un breve istante dedicando a me tutte le sue attenzioni.

Aveva un volto raffinato e l'espressione da vipera.

«Pensavo ti fossi data ai passi base del gruppo spettacolo, Reed.»

Fuggì nello spogliatoio senza guardarsi più alle spalle, senza nemmeno aspettare una risposta.

«Stronza.» Jordan mi rubò le parole di bocca. E non si preoccupò nemmeno di abbassare il tono di voce.

Buongiorno 💜

Mi sono svegliata presto e ho deciso di aggiornare in anticipo!

Qualcuno di voi aveva già intuito la nuova coppia Chloe/Kevin 👏 , e nel prossimo capitolo capirete tante cose!

Vi andrebbe uno spazio domande/commenti su instagram anche questa sera? 

🫵 Seguitemi: amelieqbooks 🫵

vi aspetto!


ps. Nemmeno una settimana fa Resilient ha superato le 100MILA LETTURE!!

Grazie, grazie, grazie, ancora grazie, per sempre grazie! 

A stasera 💜

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