34- 𝘼𝙧𝙞𝙖 𝙨𝙪𝙡𝙡𝙖 𝙦𝙪𝙖𝙧𝙩𝙖 𝙘𝙤𝙧𝙙𝙖 -𝘈𝘮𝘦𝘭𝘪𝘢



Lasciate una stellina,

voi ch'entrate ⭐


«Qualsiasi cosa, ricordati di chiamarci.» La Cameron mi aiutò a togliere dal baule della sua auto la valigia con i vestiti e la borsa dei pattini, prima di fermarsi per leggermi nello sguardo quello che non riuscivo a dirle. «E' un grande passo, questo. Non avere paura.»

Annui silenziosamente, piena di preoccupazioni che nella mia mente facevano a gara per vedere chi tagliasse per prima il traguardo dell'importanza.

«Non hai nessuna data di scadenza, Amelia. Inizierai una vita davvero impegnativa finite le vacanze, quindi non avere fretta. A costo di essere ripetitiva, un passo alla volta, ricordatelo sempre.» E io che la vita volevo prenderla a grandi morsi. Mi posò una mano sulla spalla per rassicurarmi, prima di salutarmi. «Goditi i prossimi giorni di meritata libertà, noi ci vediamo la prossima settimana, d'accordo?»

La ringraziai e aspettai che partisse prima di voltarmi per andare verso l'entrata di un grazioso dormitorio a tre piani, che aveva più l'aspetto di un condominio. Il referente al mattino aveva portato in clinica le chiavi che stringevo tra le mani, scusandosi di non poter essere presente al mio arrivo perché sarebbe partito per i giorni successivi. Stanza undici al primo piano, si era raccomandato. 

Mi aspettavo un dormitorio caotico, disordinato, con il chiacchiericcio degli studenti in sottofondo. Invece, era così deserto da risultare inquietante. Probabilmente erano tutti a casa per le vacanze di natale. Attraversai la sala comune, arredata in perfetto stile moderno tra divani, televisore e un biliardino, e una volta salite le scale appoggiai le borse a terra per studiare il corridoio del primo piano in cui le stanze pari erano a sinistra e le dispari a destra. In fondo, all'ultima porta, adocchiai la targhetta con il numero undici.

Non sapevo cosa mi sarei trovata davanti una volta entrata. Sperai che la mia nuova compagna fosse assente, per prendermi del tempo per me e per sistemare le mie cose con calma in modo da ambientarmi. Dato il totale silenzio del Solaris Key, entrai a colpo sicuro.

Non appena spalancai la porta, trascinai la valigia e la borsa dei pattini sulla moquette dai toni del beige che rivestiva il bilocale deserto. Nel tavolo accanto al piccolo angolo cottura, sedeva un peluche a forma di orsetto. Angosciante. Chi è che se ne va lasciando un pupazzo seduto a tavola?

«Ciao!» fece una voce troppo conosciuta alle mie spalle. «Sono Ellison!»

Non potevo crederci.

Impossibile.

Quasi con la paura di girarmi per scoprire che fosse solo un caso che quel nome e quella voce appartenessero davvero alla mia Ellison, mi accucciai per verificare che il peluche a tavola avesse un tutù e delle scarpette da danza cucite sulle zampe.

C'erano.

Non ancora convinta, mi rialzai guardandomi intorno, mentre la persona alle mie spalle prese a ridere divertita. Nell'angolo cottura, accanto a una macchinetta per il caffè, era stato appeso un quadro con una farfalla: una Morpho, blu. 

Quel quadro, lo stesso che Greg non mancava di ricordarmi di far riportare da Ellison, era stato appeso alla parete della stanza. La stanza che da quel giorno sarebbe stata mia e di Elly. 

«Di nuovo insieme?» Domandai voltandomi a squadrare quella personcina dagli occhi lucidi di gioia che se ne stava ancora all'ingresso.

«Sorpresa!» Squittì Ellison portando le braccia al cielo.

Non ero mai stata una persona da urli e schiamazzi. Riuscivo sempre a contenermi, perché trovavo fastidiose le persone che si comportavano così. Ma quel giorno, mi fu impossibile resistere. Presi addirittura a saltellare, abbracciando Ellison più forte che potevo e probabilmente acutizzai qualche versetto, uno di quelli di cui in passato mi sarei vergognata. Ma non in quel momento, quando l'Amelia esaltata diede un calcio nel didietro all'Amelia diffidente contro mezzo mondo.

«Il Pelican, eh?» Le domandai incapace di staccarmi da lei con il mento poggiato sulla sua spalla.

«Pensavo di aver fatto una cazzata, perché sei una che controlla ogni cosa. Ma devi aver pattinato troppo in questi giorni.» Continuava a picchiettare la mano sulla mia schiena, in tono di rimprovero. «Il Pelican non esiste, me lo sono inventato.»

Mi aveva mentito. Mi scostai da lei a mostrarle una linguaccia infantile. «E come siamo finite di nuovo in stanza assieme?»

«Semplice. Quando tu hai scelto Jordan e il college, io ho rotto le palle al referente. C'è stato un po' di trambusto, ma l'importante è che siamo qui.»

«Quindi? Devi spiegarmi le regole anche in questo posto?»

«Ovvio.» Assunse di nuovo la stessa espressione quasi seriosa che mi riservò al primo incontro al Fairwinds, prima di aprirsi in un sorriso. «L'unica regola è che qui fai quello che vuoi. Cellulari sempre presenti, bagni sempre aperti, puoi fare da mangiare qui oppure puoi andare in mensa o in ristorante. Quello che vuoi.»

«Siamo libere.» Finalmente.

Mi aiutò a sistemare le cose nella nostra nuova camera, più piccola e modesta rispetto a quella che ci aveva legate, con due letti a una piazza divisi da due comodini in nodato bianco. Gli armadi invece, erano sempre gli stessi: le mie due ante si chiudevano in battuta, mentre quelle di Ellison faticavano già a restare chiuse nonostante avesse portato lì le sue cose solo pochi giorni prima di me.

Il piccolo bagno della nostra stanza aveva una chiave. Da quel giorno avrei potuto abbandonarmi a lunghe docce senza la fretta di lasciare il posto alla prossima paziente, senza il terrore che qualcuno fingesse di non vedere il cartellino appeso alla porta del bagno del Fairwinds.

Non avevamo più orari. Non ce ne fregava nemmeno delle altre coinquiline. Ne avevamo avute fin troppe negli ultimi mesi, e volevamo goderci la solitudine. Tant'è che dopo una cena da asporto ci stendemmo sul piccolo divano con una coperta sulle gambe e tra chiacchiere e risate arrivammo a notte fonda, quando la luce lunare rischiarava la stanza e le battute di Joey e Chandler facevano da sottofondo. Ellison mi raccontò di essersi ufficialmente messa insieme a Steven. Non so perché avesse aspettato che fossi sul punto di crollare per dirmelo. Ma fu l'ultima cosa che sentii prima di chiudere le palpebre.


«Amy.» Qualcuno mi aveva tolto bruscamente la coperta in cui mi ero accoccolata.

«Amy.» La mia Elly-sveglia. Di nuovo.

«Jordan è giù che ci aspetta. Alzati.»

Nuova stanza. La sorpresa di Ellison. Jordan? «In che senso?»

«E' l'ultimo dell'anno. C'è una sorpresa per noi. Jordan aspettava che tu mettessi un piede fuori dalla clinica.» Ricordai subito le sue parole: il trentuno sei mia.

«Che ore sono?» Domandai mettendomi seduta per stropicciarmi gli occhi.

«Le sei del mattino. Dai, muoviti!»

Riuscii a malapena a lavarmi i denti, spazzolarmi i capelli e infilarmi nel primo paio di jeans disponibili e una felpa recuperata tra uno sbadiglio e l'altro. Probabilmente avevamo dormito meno di tre ore, ma Ellison aveva già provveduto a preparare due tazze di caffè da viaggio e delle monoporzioni di biscotti da mangiare in auto per colazione.

Jordan non aveva voluto dirmi niente sulla sorpresa di quel giorno, non mi aveva nemmeno detto che ci sarebbe stata anche sua sorella.

Aprimmo la porta principale del Solaris Key per trovare Jordan più raggiante delle prime luci dell'alba, con i capelli scompigliati ad arte ed un sorriso brillante a contrastare la felpa nera che gli fasciava alla perfezione i muscoli delle braccia.

«Che cazzo!» si innervosì Ellison. «Ho dimenticato il cellulare! Torno a prenderlo.» Disse sparendo oltre la porta. 

Mi avvicinai a Jordan con le mani nascoste nelle maniche e il cappuccio calato sul volto, come se potesse nascondere le occhiaie che sentivo appesantirmi i connotati.

«Ehi.» Sussurrò non appena mi avvicinai a lui.

«Buongiorno.» Mi aprì la portiera calcando un fare galante che mi fece sorridere, e mi accomodai al lato passeggero aspettando che salisse al posto di guida. Quando si allacciò la cintura e mise in moto, suonò brevemente il clacson, e tenendo il braccio teso sul volante si voltò a puntellarmi addosso quello sguardo ammiccante.

«Dove la porto, signorina?» 

Scoppiai a ridere, riconoscendo subito le battute di quel film.

«Questo è il momento in cui dovrei risponderti "su una stella"?»

Trattenne un sorriso in risposta.

«Questo vorrebbe dire che poi dovresti trascinarmi sui sedili posteriori, piccola Reed. Bada a come parli.» Si meritò un pugno sul braccio, che in realtà servì più a me per mascherare l'imbarazzo che mi colorò le guance di rosso.

«Sarebbe stato un bel programma di gara, sai?» Cercai di sviare il discorso. «Il Titanic. Jack e Rose.»

«E' al pari delle sculettate in pista. Un grosso no.»

«Che palle. Vorrei sapere perché sei così contrario a certe musiche o coreografie.» Non voleva interpretare storie d'amore che nella coppia artistico stavano alla perfezione. Non voleva musiche in cui erano d'obbligo certi movimenti. Non voleva nemmeno vestiti con i brillantini che tutti usavano: l'avevo scoperto qualche giorno prima quando gli avevo portato i bozzetti di Lisa e con la penna aveva scarabocchiato sulla scritta strass. Che si vergognasse?

«Non...» Strinse ancora una volta le labbra tra i denti, un suo gesto che avevo imparato a riconoscere come segno di nervoso. «Te lo spiegherò. Ok? Solo non oggi. Oggi niente pattini e niente cliniche. Per piacere.»

Elly salì in macchina prima ancora che potessi rispondere. Lui mi stava pregando di non parlare della mia vita e del Fairwinds quando forse ero io che avrei dovuto chiederglielo. Avevo davvero bisogno di staccare la spina da tutto, qualsiasi posto fosse stata la destinazione di quel giorno.

Rimasi un po' delusa quando passammo a prendere anche Steven. Salì in auto spostando il frontino del New Era sulla nuca, prima di dare a Elly un buongiorno con un bacio a stampo che Jordan ignorò completamente. Pensavo che quella sarebbe stata una giornata solo per noi due, come promesso, invece sembrava a tutti gli effetti un'uscita a quattro.

«Abbiamo una cosa da farvi vedere.» Ci pensò Ellison a interrompere il mio flusso di pensieri negativi.

Poco dopo tra i sedili sbucarono due avambracci, uno di Elly e uno di Steven, che sfoggiavano sul polso un tatuaggio ancora fresco imperlato di un leggero strato di crema. C'erano dei simboli, sembrava una formula matematica che non avrei saputo riconoscere:

(∂ + m) ψ = 0

«Sorpresa! E' l'equazione dell'amore! Indica che una volta che due anime sono state insieme per un periodo di tempo, possono essere considerate come un tutt'uno.»

«Wow.» Rimasi senza parole. Un tatuaggio di coppia era affrettato, forse, ma in pieno stile Elly e Steven.

«Che cazzo.» Jordan si stava scaldando, e lo vidi fulminare la sorella attraverso lo specchietto retrovisore. «Perché l'avete fatto?»

«Perché ha un significato bellissimo, e Steven a breve saprà se è stato preso o meno in NHL. Se lo prendessero, dubito resti in Florida.» Ellison era estremamente convinta del suo gesto, e rispose con una calma estrema alla rabbia del fratello. «E poi sei anche tu pieno di tatuaggi, che problema hai?»

«Il problema è che vi siete tatuati un post virale trovato nei social senza controllare prima se fosse vero o meno. Non potevi verificare, prima di farlo? Ti bastava googlare, cazzo.»

«Perché è sbagliata, Jo?» Chiese Steven.

Jordan si prese qualche secondo, prima di iniziare a parlare. Ma dopo un piccolo sospiro, Ellison lo interruppe: «Oh, aspetta, se mio fratello inizia uno dei suoi spiegoni, serve la base musicale.»

Si rimise seduta e la sentii borbottare tra sé e sé prima di far partire la musica che tutta contenta aveva trovato. Riconobbi subito la melodia, anche se sul momento non ricordai quale pattinatrice l'avesse usata sul ghiaccio.

«Elly.» le chiesi «Perché hai messo l'Aria sulla quarta corda?»

«Non è solo una musica di Bach, cara Amelia. E' la sigla di Superquark, un programma scientifico condotto da un anzianotto italiano. I nostri nonni hanno tutte le registrazioni, ce le sparano ogni volta che andiamo in Italia. Se non te ne fossi accorta, Jordan è un po' secchione. Quindi ogni volta che spiega qualcosa, gli metto la musica di Superquark.» Spiegò in breve. «Su, vai Piero Angela, che perdi il tempo.»

Ridemmo tutti sguaiatamente, perché solo a Ellison poteva venire in mente di fare una cosa del genere. Jordan stesso, che tra una risata e l'altra abbandonò del tutto la rabbia iniziale, prese a spiegare sulle note dei violini.

«Perché al primo termine ci andrebbe i, che sta per una quantità immaginaria. Poi, la formula si applica solo a una particella isolata, non a due. In più è valida solo nei microsistemi. E voi siete due macro rotture di coglioni. Senza offesa.»

«Che palle.» Ellison si ammutolì per un breve istante di riflessione, prima di illuminarsi e tornare la solita. «Ci teniamo il trash. Il significato di instagram è più bello delle tue perle scientifiche.»

«Non sono mie. Sono di Dierac.»

«Avessi saputo che mi sarei trovata in macchina con Amelia-jukebox e Jordan-Sheldon Cooper me la sarei fatta a piedi.»

«Io no, mi spiace.» Ammise Steven, che probabilmente sapeva già la meta di quel giorno. «Vado con loro, ma ti aspetto.»

«A proposito, dove stiamo andando?» Domandai per il solo gusto di curiosare.

«Sorpresa. Se guardate la direzione della strada potreste arrivarci. So che vi piacerà.»

Sapevo che non mi avrebbe mai detto niente. Passai l'ora successiva a canticchiare con Ellison e guardando di tanto in tanto la strada, mentre Jordan e Steven parlavano di hockey. Qualche volta la testa mi ciondolava sulla spalla, perché avevo dormito troppo poco a furia di chiacchierare di nuovo con Ellison, senza nessuno che ci imponesse di spegnere le luci e dormire.

Sentii la mano di Jordan farsi avanti, dal mio polso fino a intrecciare le sue dita alle mie per stringermi la mano. «Davanti a te. Guarda.»

Tutto il sonno venne spazzato via da una scritta che sorretta da due colonne fiabesche torreggiava archeggiante sulla strada a quattro corsie:

"The most magical place on earth." 

Disneyworld.

Jordan ci aveva portati a Disneyworld.

Buongiorno! 💜

Piaciuta la sorpresa? Bentornata, Elly!

La scorsa settimana avevo fatto un sondaggio per il box domande e la maggior parte di voi ha scelto di mantenere il lunedì. Provo ad anticipare di qualche ora la pubblicazione del capitolo, ma sappiate che anche se non doveste riuscire a partecipare al box, resto sempre disponibile nei dm!

Grazie ancora per tutti i messaggi che mi avete mandato, vi sento tanto vicine!

A presto,

Amélie ❤‍🩹

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