31- 𝙒𝙞𝙨𝙝 -𝘈𝘮𝘦𝘭𝘪𝘢

Lasciate una stellina,

voi ch'entrate ⭐

Completamente intorpidita per l'aver dormito in un divano troppo scomodo per passarci la notte, quando arrivai in sala per la colazione era chiaro che la situazione all'interno del Fairwinds fosse drasticamente cambiata.

Sorseggiavamo il nostro tè nel silenzio alleviato dallo sgranocchiare dei biscotti, ognuna al proprio posto. Nessuno aveva voglia di parlare. Anche Greg faticava a smuovere la situazione, tant'è che fu lui stesso a scegliere Taylor Swift tra le playlist di Spotify. Un evento raro, considerato il fatto che più volte aveva ribadito quanto quell'artista così acclamata da noi giovani non gli piacesse.

Karmen era stata del tutto isolata. Nessuno osava nemmeno guardarla in faccia.

Se nei primi giorni avevamo provato a coinvolgerla, a parlarle, a farla sentire a casa, dopo l'episodio nessuno voleva averci a che fare. Era troppo, anche per le veterane della clinica.

Camminava di continuo lungo il corridoio nonostante i ripetuti richiami delle infermiere, saliva spesso le scale per andare nel suo angolo in una delle aule studio, perché Karmen dipingeva. Le era stato dato il permesso di allestire un angolo tutto suo, in cui aveva appoggiato tutti i contenitori per le tempere e i vari set di pennelli. Stare in piedi a dipingere, davanti a una tela bianca e con la piantana della flebo accanto, sembrava essere l'unica attività che riuscisse a distrarla dalla sua ossessione per calorie e attività fisica.

E nei momenti in cui lei dipingeva, potevamo respirare.

Se noi faticavamo ad averla intorno, lei non si dimostrò sofferente. Stava nella sua solitudine come se fosse la normalità, qualcosa cui era ormai abituata e che dimostrava di non voler cambiare.

Un po' come me, prima di entrare in quella clinica.

Era il giorno del SAT, l'umore non era certo dei migliori, e la Cameron era arrivata al Fairwinds in anticipo rispetto al suo orario con il preciso intento di accompagnarmi in auto al St. Petersburg College.

Per tutto il tragitto la dottoressa Ilenia, concentrata alla guida, provò a rassicurarmi sul fatto che per quanto fosse grave il gesto di Karmen, andava perdonato. Come per tutte noi, la malattia parlava al posto della persona. E se la malattia si presentava in modo irruento e irrispettoso, non significava che lo fosse anche la persona che ne portava il peso.

«Oggi pomeriggio non vai ad allenamento.» Mi disse accantonando il suo tono dolce appena arrivata al parcheggio del college. «Informo io Jordan e Martina in mattinata.»

«Perché?» Un colpo al cuore. Non potevo perdere un altro giorno.

«Perché faremo qualcosa tutti insieme.» La Cameron non ammise repliche. Si accertò che avessi in tasca il telefono dell'anteguerra per avvisare Tamara di venirmi a prendere una volta finito il test e mi augurò buona fortuna, ritornando alla dolcezza cui mi aveva abituata.

Con la testa piena di pensieri, stanchezza e preoccupazioni, ringraziai la Cameron chiudendo la portiera e mi incamminai verso la grande entrata dell'istituto.

Non fu difficile arrivare alla grande aula predisposta per l'esame. Le pareti del college erano state tappezzate da fogli con la stampa SAT a caratteri cubitali, con sotto una freccia che indicò il tragitto fino alla destinazione finale. Impossibile sbagliare.

Arrivai giusto in tempo, perché trovai un piccolo gruppo di studenti in attesa di sostenere l'esame per poter frequentare il semestre successivo. Se ne stavano in piedi, alcuni con un tic nervoso alla gamba, alcuni tranquillamente appoggiati al muro, altri che passeggiavano lungo il corridoio facendo di tanto in tanto dei respiri profondi.

Non appena un professore aprì la porta per farci accomodare, presi posto in fondo all'aula, lasciando fuori qualsiasi preoccupazione riguardo la situazione al Fairwinds. Avevo le mani sudate per l'ansia di sbagliare, continuavo a sfregarle sul tessuto dei jeans con fare nervoso e quando ricevetti il plico di fogli del test mi accorsi che tremavano pure.

Avevo più paura di quanta ne volessi ammettere.

Ed era tutto un dire, per una abituata al sangue freddo necessario a entrare in pista pronta a ricevere il giudizio della giuria con lo sguardo di tutti addosso.

Se non avessi superato quel test, voleva dire che avevo smosso mari e monti per trasferirmi dall'altra parte della Florida per seguire solo la metà dei miei progetti. Dovevo superarlo. Fallire non era proprio concepibile.

«Da questo momento avete tre ore e mezza di tempo.» Disse il professore una volta finita la consegna dei test. «Potete iniziare.»

Entrai nella mia bolla di concentrazione, e iniziai dalla lettura critica di un testo sulle scienze sociali, completando la sezione delle domande a risposta multipla.

Passai poi alla matematica, i cui problemi erano stati disposti in ordine di difficoltà crescente, perché più andavo avanti più tempo mi serviva per ragionare. I metodi appresi sugli schemi di Jordan, si rivelarono efficaci, perché mi permisero di ridurre i tempi di esecuzione lasciandomi lo spazio necessario per affrontare le ultime domande, due equazioni che sicuramente sbagliai. I risultati erano quasi più lunghi del testo iniziale, ma lasciai perdere perché nonostante la maggior parte dei quesiti fosse facile, le domande erano tante e il tempo stringeva.

Quasi sorrisi quando, arrivata alla produzione scritta, lessi il titolo del testo che avrei dovuto argomentare: "Alimentazione: perché il tasso di obesità in America è tra i più alti al mondo?"

Mi immedesimai semplicemente in Greg, perché era stato un argomento ampiamente discusso in una delle sue sedute di gruppo. Un flusso di pensieri che andò dai costi bassi del junk food al finto appagamento psicologico. Scrissi tutto il possibile, immaginandomi la sua s sibilante in testa.

Riconsegnai le schede compilate tra gli ultimi, quasi allo scadere del tempo, senza riuscire a rivedere le equazioni dai risultati astronomici e aspettai che Tamara venisse a prendermi per fare ritorno al Fairwinds.

Avrei dovuto attendere la fine dell'anno per sapere con certezza i risultati del test, e mi imposi di non darci troppo peso.

Dopo pranzo, stanca ma parecchio arrabbiata per il dover saltare anche il secondo allenamento di coppia senza saperne il motivo, la Cameron rientrò in clinica trascinando con sé un enorme albero di natale finto, seguita da John della portineria che camminava cauto trascinando una valigia.

La dottoressa passò in rassegna ognuna di noi, per accertarsi che, attratte dal frastuono, fossimo tutte presenti in sala per ascoltare la sua proposta, anche se era facilmente intuibile. Non appena poggiò le finte ramaglie a terra, si pulì le mani con una salvietta umida che teneva nascosta in borsa.

«Oggi tutte le attività sono state annullate.» Iniziò a parlare. «L'acquagym con Hailey è stata annullata, come gli studi delle ragazze che si stanno rimettendo in pari con la scuola e così come l'allenamento di Amelia.» Sorrise, certa di fare un favore almeno a chi avrebbe dovuto passare il pomeriggio con HaileyPaloInCulo.

Prese la valigia e la portò sopra il grande tavolo dietro il divano, e noi la seguimmo incuriosite. «Oggi attività di gruppo, nessuno escluso. Anche lei, dottor Greg, venga pure qui.» Se l'attività avrebbe coinvolto anche il dietista, iniziammo a preoccuparci. «Oggi facciamo l'albero di natale.»

Greg la guardò malissimo, come se fosse un condannato al patibolo.

Ma la Cameron non si fece intimorire, e riprese a spiegarsi aprendo la valigia e rivelando tante confezioni di carta quadrata dai colori più disparati. «Gli addobbi saranno fatti da voi: in ogni foglio, scriveteci quello che più vi piace, un desiderio, un disegno, una preoccupazione, una frase che vi ha colpito. Fatto questo potete usare i vostri telefoni per seguire i tutorial di youtube e piegare i fogli a formare degli origami che verranno appesi all'albero. Va benissimo anche in forma anonima, d'accordo? Li leggeremo nel nuovo anno.»

Eravamo basite da quella proposta, perché il clima del natale che si stava avvicinando non lo sentivamo, e nessuna di noi era internata da così tanto tempo da poter vantare ben due natali in quella clinica.

«Se becco qualcuna di voi a farmi foto, sognatevi le dimissioni.» Minacciò Greg spezzando il silenzio che si era creato.

Non che sognassimo una foto con lui, ma apprezzammo comunque lo sforzo nello sdrammatizzare la situazione, mentre Tamara ci consegnava i telefoni. Presi posto accanto a Lisa, e Karmen silenziosamente si sedette alla mia sinistra. Lisa iniziò subito a cercare qualche tutorial su youtube, rispondendo ad alcuni messaggi senza farsi beccare. Io avevo già chiara la frase da scrivere: "Splendide farfalle nasceranno da queste profonde ferite".

La stessa che Jordan, al mio compleanno, aveva modificato e inserito nel bigliettino di auguri che continuava a restare nel mio comodino.

L'aveva dedicata a me, ma io sentivo che potesse appartenere a qualsiasi persona si trovasse nel mezzo dei nostri stessi disturbi.

«Miss Reed.» mi chiamò il dottor Greg. «Lei e il moscone avete deciso di gareggiare con le canzoni dei Guns quindi?»

Ridevo sempre, ogni volta che chiamava Jordan così. «Sì.»

«Allora li ascoltiamo mentre spiegazzate i foglietti.» Doveva avere una playlist già pronta, perché non feci nemmeno in tempo a rispondere che le note di November Rain partirono.

A frase scritta, scelsi un video contrassegnato come per principianti, e iniziai a piegare la carta seguendo le istruzioni per creare passo passo un fiore. Era un'attività per cui evidentemente non ero portata, perché iniziai ad accartocciare troppi fogli colorati senza aver concluso niente di carino.

Un allenamento perso per delle palline.

Ci rinunciai senza grossi patemi e curiosai quel che stava facendo Karmen. Aveva scelto un foglietto bianco disegnandoci delle linee casuali, e stava riempiendo gli spazi bianchi con delle sfumature di colori a pastello. Aveva una mano stupenda, perché le gradazioni erano perfette. Non ero mai stata nell'aula studio in cui era solita rintanarsi, ma vedere i colori distesi in quel modo mi rese curiosa di vedere le meraviglie che creava nelle ore al primo piano.

«Guarda.» Mi fermò Lisa, alla mia destra, passandomi un foglietto voltato al contrario. «Non avevo voglia di scrivere.» Quando girai quel foglietto verde menta rimasi letteralmente a bocca aperta.

Lisa aveva disegnato un bozzetto da perfetta stilista.

«Non ho mai usato i tessuti per il pattinaggio, ma se ti piace posso provare a fartelo.» Si scusò.

Nel disegno aveva scritto una legenda con i tessuti che sarebbero andati a formare la tutina: una finta ecopelle elastica e tulle nero.

La parte superiore era tutta in tessuto nero trasparente, con dei generosi intarsi in ecopelle che coprivano il seno e l'ombelico per poi diramarsi lungo le braccia. La parte inferiore, invece, era un leggins in ecopelle aderente che andava ad allacciarsi sotto il tacco dei pattini.

«E'....bellissimo, Lisa. Davvero.» Ammisi. «Devo mostrarlo prima a Martina e Jordan, però.»

«Posso disegnare qualcosa anche per lui, se vi va.»

«Sai cosa?» Ci interruppe Karmen. «Vedo la schiena troppo vuota. Il davanti è ricco, ma dietro... sembrerebbero due cose diverse» Studiava il foglietto che aveva preso dalle mie mani da ogni angolazione con aria pensierosa. Fu strano, perché Karmen non prendeva mai iniziativa nelle conversazioni.

«Ci sono!» esclamò illuminandosi. «La musica è dei Guns, no? Cosa ne dite se dietro, all'altezza delle scapole, ci fosse il loro logo? Due pistole con il manico intrecciato e le canne che puntano in direzioni opposte, unite dal gambo spinato di due rose. Che ne dite?» Prese entusiasta a stilizzare il logo sullo schizzo di Lisa.

«Idea super, Karmen.» Le rispose Lisa, noncurante del fatto che stesse disegnando sul suo bozzetto. «Dovrei cercare una stampante per tessuti per poterlo fare, in caso. Poi, si può cucire.»

«Se vi va...» prese coraggio Karmen «posso dipingerlo io. So usare gli acrilici. Li ho di sopra.» Karmen mi guardava con occhi imploranti, lievemente lucidi. Non erano spenti, come ero abituata.

«Devo avere l'ok da Martina, ma mi piacciono le vostre idee. Grazie!»

«Devo scusarmi in qualche modo.» Mi riconsegnò il disegno con le labbra strette in un'espressione piena di sensi di colpa.

«Non fa niente.» Dissi non del tutto sincera.

«No, scusa Amelia.» Cercò il contatto con il mio sguardo. «Ti prometto che non accadrà più. E che non ti sveglierò più la notte, perché in quel vaso ci nascondevo anche le benzo che facevo finta di prendere, ma da stasera mi hanno imposto di restare in infermeria fin che non fanno effetto.»

Karmen era...buona. Aveva quindici anni di furbizia, un talento artistico e due occhi spenti che sembravano prendere vita solo quando teneva una matita in mano.

«Scusa anche tu.» Ammisi. «Ho reagito male.»

«Nah, sei stata gentile.»

«Questo lo dici perché non sai cosa mi è passato per la testa.» Le confidai.

Mi guardò con quei due occhioni che forse un po' di affetto in fondo lo desideravano, e fece trasparire un velo di incredulità prima di ridere.

«Avrei fatto lo stesso al tuo posto, probabilmente. Scusa ancora.»

«Quindi?» Interruppe Lisa la sequela di scuse. «Che si scrive qui?»

Non sapevo quanto tempo fosse passato, ma alla fine di quelle ore non avevamo concluso niente, perché decisi che il foglio di Lisa non sarebbe andato sull'albero di natale. L'avrei custodito io.

«Il classico hashtag» propose Karmen intrecciando le dita per mimarne il simbolo «guarire si può. Frase presente in ogni porta dell'ospedale di Boise.»

«Frase standard di noi sfigate rinchiuse in una clinica per disturbi alimentari.» La corresse Lisa.

«E sfigate sia, allora.» Conclusi mentre scrivevo la frase proposta da Karmen.

Tutte noi, piegato il foglio in quattro, forammo un angolo dei nostri origami da principianti per farci passare un piccolo filo dorato e appenderli all'albero che nel frattempo la Cameron aveva sistemato.

Era un clima natalizio ben diverso da quelli dei film, diverso da quelli reali fatti da spese pazze dell'ultimo minuto, ma era pur sempre la nostra realtà. Eravamo lì, chi vicino casa, chi distante, senza alcun legame di sangue a scorrerci nelle vene.

Ma quando alla fine ci riunimmo accanto a quell'albero colorato, operatori e pazienti, per guardare il nostro lavoro, la sensazione fu la stessa di quando, nello stesso salotto, avevamo aspettato che Ellison scendesse le scale senza sondino: l'atmosfera sapeva di famiglia.

Quella non scelta, a tratti non voluta, che tra liti, pianti e risate restava pur sempre famiglia.

Nei libri che leggevo il trope azzeccato sarebbe stato quello della forced proximity, senza alcun dubbio. Una convivenza forzata tra sconosciute che diventavano conosciute. Tra loro, alcune erano addirittura diventate amiche da cui mi augurai di non separarmi mai più.

Cercai di proposito lo sguardo della Cameron, perché se al mattino mi ero arrabbiata per la sua scelta di farmi saltare un allenamento, in quel pomeriggio ci avevo guadagnato molto di più. Chi era ancora spezzato, chi faticava a incastrare i pezzi, e io...che capii di aver quasi riaggiustato tutto. E lei, mi sorrise fiera, perché da gran terapeuta qual era, sapeva leggermi negli occhi.

Era stato ristabilito un bel clima, al Fairwinds. La notte finalmente dormii nel mio letto, e Karmen iniziava a lasciarsi andare. Era pure simpatica.

Bonjour!

Mentre tutte vi preparate all'estate, la solita ritardataria arriva a natale!

So che avevo detto che probabilmente non sarei più riuscita ad aggiornare con costanza, ma le ultime sono state notti insonni, e ho scritto un lungo capitolo che raddoppiava la lunghezza cui vi ho abituati. 

Questa è la prima parte, e spero che anche se Jordan non è presente, vi abbia incuriosito il modo in cui nelle strutture (o almeno, in quella in cui ho bazzicato per un po' troppo tempo) si affrontano le difficoltà tra i pazienti.

Quando ho scritto della forced proximity, lo intendevo davvero! E' probabilmente la peggior interpretazione di un trope che abbiate mai letto, ma la realtà è che quando le dinamiche tra pazienti non vanno, c'è sempre chi aiuta e prova a farle andare per il verso giusto. 

Ci si riesce? NO! Ma dovrei scrivere un'altra storia a riguardo 😅

Dicevo che il capitolo è stato diviso in due parti: la prossima...sarà interamente con Jordan, lo vorreste in anticipo o preferite aspettare lunedì?

Fatemelo sapere nel box domande su ig di stasera 💜

(amelieqbooks)

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