6. Convocazione
Convocazione
Mi risvegliai poco dopo in Inverso. Era mattina inoltrata, visto che da me era notte fonda. Mi bastò un occhiata per capire che mi trovavo nel posto giusto: ai piedi della Transamerica Pyramid. Il grattacielo in tutto e per tutto identico a quello del mio mondo svettava in tutta la sua altezza ma, sarà stata la consapevolezza di ciò che ci attendeva, ai miei occhi aveva un che di minaccioso, di sinistro. Ricordavo quando lo avevo visitato con la scuola alcuni anni prima: l'eccitazione di vedere la città da quell'altezza. Ora c'era solo paura e ansia.
La mia attenzione fu catalizzata dalla consapevolezza dell'arrivo di Jason: mi voltai ansiosa di non perdermi neanche un istante di lui. Camminava ricoperto di pelle con accanto Kore e Ethan. Proseguivano silenziosi e l'unico di loro che osò avvicinarsi il tanto da sfiorarmi appena fu Ethan, che abbassò lo sguardo azzurro su di me con comprensione.
Jason mi oltrepassò procedendo verso l'ingresso, da parte sua le parole non servivano, il pensiero mi arrivò forte e nitido, come se avesse parlato a voce alta: "Ti amo".
Una volta varcato l'ingresso ci trovammo in una hall ampia e spoglia. Quattro guardiani ricoperti si avvicinarono con sicurezza a noi. Uno dei quattro scoprì il capo per poter parlare. "Ethan 431, Kore 34 verrete scortati verso l'ala sud".
Kore e Ethan seguirono uno dei quattro guardiani senza fiatare, senza voltarsi verso di noi, come se non stessero andando a farsi mettere a soqquadro la mente, bensì a prendere un thè con pasticcini. Vederli andar via in maniera così asettica mi turbò profondamente, rese evidente quanta poca libertà ci fosse, quanto poco controllo gli abitanti di Inverso avessero delle proprie vite. Era triste e allo stesso tempo spaventoso.
La voce del guardiano mi riportò alla realtà. "Jason245, essere ultradimensionale, verrete scortati verso l'attico".
Iniziai a respirare sempre più profondamente, avevo letto da qualche parte che aiutava a tenere a bada l'ansia. Non funzionava.
Fummo condotti verso un ascensore completamente trasparente. Con la coda dell'occhio guardai Jason, in completo panico. Immaginatevi dentro un ascensore che sale centinaia di piani e che potrebbe sparire improvvisamente se dall'alto premessero un semplice tasto.
"Se ci avessero voluti morti lo saremmo da un pezzo".
Sobbalzai al rumore mentale di Jason, non mi ero ancora abituata.
La salita fu rapida, cercai convulsamente qualcosa di positivo, di incoraggiante da pensare, ma come quando più si cerca qualcosa e meno la si trova, mi ritrovai in maniera del tutto incomprensibile e fuori luogo a pensare a un vecchio film: "Mars attack", in cui gli umani facevano esplodere in modo ridicolo le teste degli alieni cattivi facendogli ascoltare una canzone yodel.
Avvertii lo sguardo di Jason su di me. "Attieniti al piano, June, ce la faremo".
Certo, certo, il nostro magnifico piano che faceva acqua da tutte le parti. Ci serviva una scialuppa... E un paracadute... E un miracolo direi.
Una risata triste riecheggiò nella mia mente.
Felice di aver allietato la nostra salita all'inferno, sospirai pesantemente attirando lo sguardo indecifrabile del nostro guardiano. Le porte si aprirono e il mio cuore si contrasse dolorosamente. Non c'era più spazio per gli errori. Lo show aveva inizio.
Ciò che non mi aspettavo fu che Jason venne immediatamente scortato lungo un corridoio da un guardiano che era lì apposta ad attenderlo. Per cui non potemmo dirci nulla, né scambiarci uno sguardo, persino i nostri pensieri ammutolirono. Quello che provai fu un'enorme determinazione, la sua; mi ci immersi e guardai dritto di fronte a me serrando la mascella. Ero pronta.
"Non contraddirli, sii remissiva, ti prego".
Cosa pensava che avrei potuto fare? Nella mia mente balenarono repentinamente "Karate kid" ed "Elektra" e non so perché il mio cervello malato continuasse a propormi vecchi e orribili film.
"Concentrati".
Attraversai il muro e mi trovai in una stanza panoramica, con una vista mozzafiato sulla città. Il mio interesse fu catturato immediatamente dalle figure in nero in piedi di fronte ame.
"Superiori".
Una di loro aveva gli occhi di un verde incredibile. Non riuscii a distogliere lo sguardo, l'idea sul chi potesse essere che si stava formando nella mia mente era a dir poco aberrante.
"Cosa?", mi domandò Jason perplesso.
Non gli risposi, ero troppo presa da ciò che stava accadendo. Si sedettero e uno di loro mi fece cenno di fare altrettanto. Una sedia comparve alle mie spalle e mi ci sedetti rigida, in attesa.
Attendevo con ansia che la donna si scoprisse, ma fu il superiore alla sua destra, che scoprì il volto e per parlò per primo.
"Il contatto interdimensionale è uno spiacevole inconveniente che trattiamo come tale".
Cercai di focalizzare e dare come un eco alle parole che sentivo in modo che Jason potesse ascoltare. Lui era molto più bravo a controllare i suoi pensieri, non capivo cosa gli stessero facendo, il che non faceva che terrorizzarmi ancora di più. Non riuscivo a tenere tutto a bada: i miei pensieri, i miei interlocutori, le mie reazioni, non ultima la mia paura.
La voce del superiore era monotona, quasi ripetesse un copione trito e ritrito. "Oggi, secondo il protocollo di contenimento tu riceverai la tua prima dose di coadiuvante che ti permetterà di non lasciare la tua dimensione durante il sonno. Al termine della fornitura potrai tornare e ne otterrai automaticamente dell'altro, eviterai qualsivoglia contatto non fortuito con Jason245. Ti è altresì vietato raccontare i vostri trascorsi e avere ogni tipo di rapporto. La tua presenza qui sarà limitata al minimo. Pena per ogni tipo di trasgressione sarà la morte".
Un guardiano si avvicinò silenziosamente alle mie spalle, probabilmente per evitare un tentativo di fuga, ma per andare dove poi?
Il superiore, terminato il suo tedioso compito ricoprì la testa di pelle, quasi il dover parlare con me lo avesse schifato, contaminato. Non ci badai più di tanto e mi concentrai sulla donna al centro, non riuscendo a trattenermi - tentando- non avendo alcuna certezza. "Come puoi fare questo a tuo figlio?".
Il mio battito accelerò improvvisamente e contemporaneamente mi arrivò un manrovescio fulmineo e potente che quasi mi fece cadere sul pavimento.
Un ringhio disumano esplose nella mia mente; Stavo automaticamente per avventarmi contro il mio aggressore, preda di un istinto quasi irrefrenabile a contrattaccare: numeri e movimenti si affastellavano ordinati nella mia mente man mano che le ipotesi di di difesa mutavano con lo spostarsi del mio obiettivo, quando un terribile schianto proruppe dalla stanza a fianco. Jason.
"June!".
Mi raddrizzai sulla sedia: "Sto bene! Calmo! Niente più errori, scusa!" Era stata solo colpa mia, ma dovevo sapere. Non c'è che dire, avevo avuto la mia risposta.
E fu così che nel mio campo visivo entrò Christopher, il guardiano rimasto silenzioso alle mie spalle finché non avevo stupidamente parlato. Mi guardò con un misto di odio e schifo e proprio quando stavo per sputargli in faccia - ripresami da un primo istante di terrore e shock - la donna si scoprì, catturando totalmente la mia attenzione.
Naturalmente era bionda, bellissima... E gelida. Inclinò il capo di lato, osservandomi come farebbe uno scienziato con un insetto insolito, ma dall'aspetto repellente e in quel momento la somiglianza con Jason fu lampante. Corrugò le labbra e si rivolse ame.
"Con voi siamo stati piuttosto indulgenti, in virtù del fatto che Jason 245 ha la combinazione genetica necessaria a diventare un superiore, un giorno. Eliminarlo sarebbe stato un vero spreco".
Ora la voce nella mia mente era fredda e categorica. "Lei non sarà mai mia madre June. Lascia andare. Remissiva!".
Remissiva?
Rimasi basita e poi una risata poco divertita proruppe dalle mie labbra tumefatte. "Jason un superiore?". Scossi la testa e la guardai con avversione. "Potrai anche non ricordarlo, ma a questo punto tu devi sapere che la sua combinazione genetica è dovuta anche al padre!".
Un sibilo furioso provenne da Christopher, ma un gesto della mano da parte della donna bloccò ogni sua intenzione discagliarsi nuovamente contro di me.
Dovevo rimanere lucida. Jason aveva ragione, dovevo abbassare la testa, ma questa era la nostra unica occasione per sapere, per capire. In che modo Christopher e la madre di Jason erano legati? Le reazioni del guardiano sembravano andare al di là del fatto che fosse la sua mansione, parevano scaturire da ogni mio riferimento all'origine di Jason, era come se ci fosse del personale, ma le mie elucubrazioni furono nuovamente interrotte.
"Non ci aspettiamo che tu sia in grado di comprendere le nostre motivazioni, per cui possiamo procedere".
Sarei dovuta essere cocentemente offesa per la scarsa intelligenza che mi attribuivano.
"Tu sei lamia famiglia, tu sei e sarai sempre la mia casa".
Impietrii, in ascolto. "Jason?"
"Stai attenta".
Il mio cuore e la mia mente si svuotarono simultaneamente di tutto il panico, la rabbia, di tutti i pensieri d'amore che mi ero ormai così abituata a sentire come parte di me.
Non c'era più. Lo cercai freneticamente in ogni angolo del mio essere, in ogni cellula, ma fu tutto vano. Fu come scoprire di avere un enorme buco all'interno, come se un pezzo di me fosse stato strappato all'improvviso, ma a questo punto la cosa importante era riportarlo indietro. Niente più errori.
Sollevai il mento. "Se devo essere sincera, mi sono davvero scocciata di tutta questa faccenda, facciamola finita".
Parlò nuovamente il primo superiore. "Controlla nella tua tasca".
Infilai la mano nella tasca del pantalone e non fui stupita di sentire una confezione piatta, larga pochi centimetri. Ciò che mi sorprese fu l'avvertire sotto le mie dita un foglio accuratamente arrotolato. Feci attenzione nell'estrarre solo la prima e li guardai con sguardo interrogativo, fingendo sorpresa.
"Procedi".
Feci slittare una minuscola sfera traslucida nella mia mano e senza esitare la mandai giù e il buio e l'oblio finalmente mi avvolsero.
Le cose iniziano davvero a farsi pericolose ed è tornato ad allietarci Christopher! :D
Vi aspettavate di trovare la madre di Jason tra i superiori?
Grazie per essere ancora qui. A martedì prossimo!
B.
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