Capitolo XXV
Rachel abbassò la testa, congiunse le mani e fissò il pavimento: non aveva più riparlato ad Alexander. L'aveva sempre evitato, aspettava che uscisse prima di sgattaiolare fuori, afferrare qualche pezzo di pane e vedere di farselo bastare per tutta la giornata. Era abituata ai morsi della fame, poteva aspettare.
Poteva sopportare.
Non era tanto diverso da Vexhaben alla fine: tutti la evitavano per una sua mancanza. Prima le mancava un garante, poi il coraggio di combattere. Era rimasta a sognare ad occhi aperti il momento in cui sarebbe tornata a casa, ma non aveva mai fatto qualcosa per ottenerlo davvero. Alla fine, se anche non aveva un garante e gli altri flammas ferentes non sembravano essere così disposti a stare con lei e finché avesse fatto il proprio dovere negli scontri, aveva la certezza di restare in vita.
"Non voglio dare ragione a mio padre, ma... hai intenzione di fare qualcosa?"
"Se solo sapessi cosa." Si alzò di scatto, lanciando indietro la coperta.
Vivian era nell'angolo della stanza, illuminava appena la tenda dietro di sé. "Rachel. Non è che sei qui per Vexhaben, vero?"
Serrò le labbra e afferrò la giacca. "Questa non conta nulla. Non ha mai contato per me."
Era solo diventata la normalità uccidere per la cena e aspettare i dolcetti di Selah. Far finta di non esistere per il resto della corte, le era solo rimasto il dubbio perché Miriam le sorridesse sempre e alle volte cercasse di far conversazione.
"È che..." Vivian scosse la testa. "Vedila per gli altri: torni dopo aver sprecato l'opportunità di uccidere... quella lì e ora? Ora non cerchi nemmeno di fare qualcosa? Pensi che sia visto di buon occhio evita–"
"Se tuo padre non mi insultasse forse sarei più felice di collaborare."
"Il tuo è scappato. Almeno Alexander sta facendo qualcosa per la Voragine."
Aveva sempre pensato che Vivian con la madre condividesse solo i lineamenti, ma era sempre stata più vicina ad Alexander, ma non era da lei che si aspettava quella pugnalata.
"Pensi sia stata felice di rimanere qui? Sarei andata volentieri con la mia famiglia."
"Pure noi eravamo... siamo la tua famiglia."
"Non mi pare."
"Ci vuoi abbandonare? Per cosa, poi? Vexhaben?"
"No. Jelas." Strinse la radice del naso tra le dita. "Troverò il modo di arrivarci."
"Sai almeno... dov'è?"
"No. Ma troverò il modo."
Vivian annuì, poco convinta. La conversazione sembrava essere finita: non arrivavano più le voci degli zii. Forse Alexander era uscito.
Si avvicinò alla tenda, ignorando le parole di Vivian. Sarebbe tornata volentieri ai bracciali di astalt: aveva sottovalutato troppo il silenzio.
"Come hai promesso di prenderti la vendetta? Di farlo per Julia? Forse mio padre ha ragione. Sei una codarda."
Strinse una mano sulla stoffa, fissando un punto indefinito. "Cosa vuoi?"
"Che torni almeno a Vexhaben. Va bene, non vuoi fare nulla. Io sono sempre disposta a dare fuoco alla città, ma ho bisogno che tu sia lì."
"Ne parlerò a tuo padre."
"Sì?"
Strinse di più il pugno e la stoffa sotto le dita prese fuoco. Un altro buco si allargò nella tenda. "Ti preferivo quasi quando avevo l'astalt."
"Ma..."
"Appunto" le rispose prima di gettarla dietro di sé. Quella discussione le aveva fatto anche passare la fame: sembravano accanirsi tutti sul fatto che il padre si fosse allontanato dalla Voragine. Non era l'unico e lo sapevano. C'erano stati altri che se n'erano andati, forse tutti a Jelas.
Se solo avesse saputo dove fosse o come arrivarci. Sarebbe partita anche in quel momento.
Quando arrivò in cima alla Voragine il giorno già brillava. Si fermò a riprendere fiato, poi riprese a camminare in direzione di una delle colline più vicine.
Anche quella volta sarebbe tornata sulla cima di una delle più alte, da cui si riusciva a vedere il profilo delle ciminiere di Vexhaben. Nient'altro che elementi neri che si stagliavano contro il cielo. Anche in quel momento a Rachel apparivano troppo distanti per rappresentare una minaccia, ma quello erano.
La scusa di voler cercare qualcosa da mangiare continuava a reggere, ma non l'avrebbe fatto per sempre. Prima o poi avrebbe dovuto affrontare Alexander. Erano due giorni che non gli parlava, da quando ci aveva litigato.
Anche gli spiriti si erano allontanati. Solo Vivian ogni tanto le diceva qualche parola – una falsa pietà come quella che Miriam aveva avuto a Gabes.
Forse sarebbe stato meglio per tutti se avesse saltato.
Ogni problema si sarebbe risolto.
O forse sarebbe stato meglio se avesse insistito ad andare con i genitori. Jelas doveva essere abbastanza distante da Vexhaben e poco rilevante, non aveva mai sentito quel nome.
Diede un morso al tozzo di pane che aveva sgraffignato dalla cucina. Aeve non se la sarebbe presa.
Proseguì lungo il crinale della collina: non ricordava che il terreno fosse così arido o che fosse così difficile trovare qualcosa da raccogliere.
Ovunque guardasse erano rami secchi e scricchiolanti sotto i piedi. Le foglie verdastre erano solo un'illusione, di bacche non ne avevano. Il caldo aveva bruciato tutto in quelle settimane che era rimasta ferita.
Si fermò e si voltò verso Vexhaben.
Non c'era nessuno che le avrebbe impedito di tornare in città e, una volta lì, affidare al destino la propria vita. Non aveva idea di cosa aspettarsi se fosse tornata. Di certo, non una festa in proprio onore.
Si sedette e staccò un ramo. Se lo rigirò tra le mani prima di dar fuoco a un'estremità. Se l'avessero messa al corrente del piano di Gabes avrebbe potuto dare una mano, ma conosceva a malapena i loro nomi che era ovvio fosse una sconosciuta anche per loro. Condividevano solo il destino e la magia, ma non aveva mai trovato nessuno.
Guardò la fiamma mangiarsi il legno fino all'altra parte e diventare cenere nel palmo.
Essere da sola non aveva mai pesato come in quel momento.
Aveva rifiutato anche Katherine, convinta che se la sarebbe cavata.
Staccò un altro ramo e di nuovo gli diede fuoco. Avrebbe potuto far bruciare tutto, lasciare che le fiamme la circondassero.
Il rumore di rami spezzati le fece girare la testa di scatto. Il rametto le cadde di mano.
«Pensavo te ne fossi andata.»
Alexander era a pochi passi da lei, con l'espressione contratta che si aspettava sul volto.
«Cosa vuoi?»
«Magari che tu contribuisca in modo utile alla Voragine? Sarai qui da un mese ormai.»
«È che...»
«Cosa? È che cosa?» urlò Alexander afferrandole un braccio.
Forse la discussione con Vivian era stato il suo modo di avvertirla.
Di prepararla.
Non sapeva nemmeno cosa rispondere: non le era venuta un'idea che fosse buona.
Rachel non reagì. Abbassò lo sguardo: non aveva trovato il coraggio di affrontarlo fino a quel momento, perché avrebbe dovuto essere diverso?
«Per quale motivo sei qui?»
«Fortuna» mormorò.
Fortuna che i Sackville volessero andare contro natura, fortuna che Selah avesse approvato l'idea e fossero tornati alla Voragine.
Fortuna che non le avesse sparato al cuore.
«O è quel che vuoi far credere? Sei una spia di Vexhaben?»
Si voltò verso sinistra, dove il calore solleticava i vestiti: lingue di fuoco si alzavano da un altro cespuglio.
Serrò il pugno e quelle si alzarono.
«Allora?»
«No. Perché dovrei?»
«Perché hai passato quattro anni senza ribellarti.» Alexander la strattonò e Rachel alzò lo sguardo verso di lui.
«Non potevo. Non potevo farlo.»
«Qui ne avevi la possibilità. Ma a quanto pare sei come tuo padre, preferisci fuggire dalle responsabilità. Ti ha proprio cresciuta ma...»
«Basta!»
Le fiamme si allargarono ad altri cespugli. Piegò le dita e si inclinarono verso di lei. L'avrebbe ucciso, se avesse potuto.
«Non so cosa fare con Vexhaben, pensi che possa tornare come se niente fosse successo? Hai idea di chi abbia tentato di uccidere?»
Aveva affrontato diversi dissidenti politici negli scontri, ma nessuno aveva mai tentato di uccidere un membro della famiglia reale: avrebbero fatto di lei un esempio per tutti.
«Fallito.» Gliel'avrebbero rinfacciato tutti.
«Posso andarmene, se è quel che vuoi.»
«E va bene. Hai fino a stasera per decidere: o vuoi aiutarci e ci dai qualche informazione utile sulla città o è bene che domani mattina tu non sia qui. Se salti o te ne vai non mi interessa, mi basterà non averti di fronte. O mi prenderò la responsabilità di farti fuori.»
Rachel annuì con la testa.
Il bruciare sulla guancia arrivò prima che potesse capire quel che le aveva detto. Avrebbe fatto meglio a prendersi una parte di colpa a Gabes.
«Mi hai capito?» le urlò Alexander.
«Sì.»
«Non farti vedere fino a cena» le disse prima di spingerla a terra. Rachel rimase immobile, la mano stretta su un arbusto vicino alla faccia. Non le importava che le spine premessero contro la pelle, che continuassero a bruciare accanto a lei: non facevano male come le parole di Alexander.
Era brava solo a sbagliare.
Si tirò a sedere solo quando si fu allontanato abbastanza da non sentire più lo scricchiolio sotto le sue scarpe.
"Non era così."
«Vattene» sibilò Rachel. Vivian era sempre stata una compagnia che aveva cercato, ma in quel momento non voleva vedere nemmeno lei. Non poteva essersi già dimenticata cosa le aveva detto poco prima. Come se non pensasse le stesse cose di Alexander.
"Rachel..."
"No. Lasciami in pace. Lasciatemi in pace."
Avrebbe rivoluto il silenzio dell'astalt, non doversi sforzare per tenere lontani gli spiriti.
"Se cambi idea, sono qui."
Non l'avrebbe fatto.
Allargò un braccio e abbassò le fiamme fino a farle scomparire. In mezzo agli arbusti secchi c'era una macchia nera.
Scosse la cenere di dosso e poi si avviò in direzione contraria alla Voragine. Strinse i pugni, cercando di trattenere le lacrime.
*
Non aveva idea di quanto tempo avesse perso a camminare senza una meta quando il piede si impigliò in una radice seminascosta sul terreno. Rachel cadde in avanti. Gli arbusti secchi le graffiarono la pelle nonostante i vestiti, le spine punsero qua e là su tutto il corpo.
Era un dolore di cui non le importava: non avrebbe mai superato quello che le aveva detto lo zio.
Le parole di Alexander le erano rimbombate in testa per tutto il tempo.
Era solo un peso per loro, si erano convinti che la Voragine avesse smesso di essere anche casa sua quando si era arresa a Selah.
Aveva ragione chiunque le dicesse che avrebbe fatto meglio a morire quella notte.
Rimase rannicchiata, a stringersi il braccio.
Tirò su con il naso, poi si lasciò andare ai singhiozzi. Avrebbe voluto scomparire lì, in mezzo alla terra. Allungò una mano, sfiorando con le dita una pianta poco distante: poteva darle fuoco e rimanere ad aspettare che le fiamme la circondassero. Ma saltare nell'abisso sarebbe stato più facile. Più rapido. Con nessuna possibilità di ripensarci.
Un'ombra si allungò sopra la propria testa.
Borbottò di andarsene, nella speranza che chiunque fosse le desse ascolto. C'era un motivo se non era tornata alla Voragine.
«Per Idall, che patimento che sei. E non far finta di essere morta. Lo so che non lo sei.»
Rachel si mise a sedere, senza avere il coraggio di alzare lo sguardo su Selah.
Un biscotto alle mandorle le cadde sulle cosce.
Se qualcuno l'avesse vista, non avrebbe avuto modo di giustificarsi.
Sarebbe stata una spia di Vexhaben.
La guardò quando qualcosa di freddo e metallico puntò contro la gola. Lo stesso pugnale con cui l'aveva minacciata più volte.
«Dammi solo un motivo per non tagliarti la gola.»
Alzò le spalle e fissò la spilla a forma di falena. «Tutta qui la pena?»
«Ucciderti mi risparmierebbe burocrazia, considerare tutto questo come un intoppo. Ma forse puoi renderti utile.» Le strinse con forza il mento e Rachel mugolò. «Cosa voleva quell'uomo da te?»
Era sbagliato su ogni piano dirle la verità, ma che altra scelta aveva?
Selah l'ascoltò in silenzio, con le braccia incrociate e la fronte aggrottata.
«Dovrebbe essere una scelta facile, anche per feccia come te» le disse non appena si zittì.
«Pensano sia una codarda. E una traditrice.»
«Oh, mia cara.» Rachel rabbrividì a sentirsi chiamare in quel modo. «Sei entrambe le cose.»
Strinse il biscotto tra le dita e distolse lo sguardo. Non aveva mangiato niente dalla sera prima, ma continuava a non avere fame.
«E io non posso certo perdonarti quello che hai fatto, ma posso... farti un'offerta. Tradisci davvero, torna a lavorare per me.»
«Non... non posso» mormorò Rachel.
Non c'erano le voci degli spiriti, ma le sentiva lo stesso rimbombare nella testa: le richieste erano state sempre le stesse per quattro anni, ma se avesse fatto quel passo, non l'avrebbero più considerata allo stesso modo.
«Che altre alternative hai? Saltare? Tornare da loro? Provare a uccidermi e fallire di nuovo?»
«Che certezze ho?»
«Tutte quelle che vuoi chiedere alla regina di Vexhaben.»
Rachel ingoiò la saliva. Non aveva tolto la festa al regno, le aveva permesso di arrivare fino al trono. Ma poteva sfruttarlo a proprio vantaggio: lei doveva sapere dove si trovava Jelas. Aprì la bocca per chiederlo, ma Selah le mise un dito sulle labbra.
«Ma lo avrai dopo» continuò Selah. «Prima devi fare quello che ti dico.»
«Cosa?»
«Hai un mese di tempo per convincerli: tra ventotto giorni inizia la festa delle lanterne a Vexhaben. Con gente che arriva da tutto il regno, nessuno farà caso a qualcuno... a feccia come voi. Portami a Vexhaben chi è rimasto alla Voragine.»
«Come?»
Selah alzò le spalle. «Problema tuo, non mio. Ti sto già aiutando abbastanza, avrei dovuto spararti e basta.»
Prima che potesse risponderle, Selah si era già allontanata. A quel punto avrebbe solo voluto sprofondare nell'abisso.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top