Capitolo 7: Sorrisi e Lampadine scheggiate

Ero fermo di fronte alla porta di casa vestito, truccato e imparruccato come Conchita, non sapendo cosa fare.

Per tutta il giorno non avevo fatto altro che pensare a Lyn, al suo buonanotte, al modo in cui mi aveva chiamato, alla gentilezza che aveva avuto nel lasciarmi le lasagne.

Per quanto ci avessi provato non ero riuscito a levarmela dalla testa e avevo avuto un'aria distratta che non ero riuscito a dissimulare. Il risultato era stato un interrogatorio da parte di Tamara, Matthias e Nicole, la mia migliore amica con cui lavoravo, ed un invito al bar gay in cui mi sarei esibito due giorni dopo per quella che avevo descritto come la mia nuova governante.

Perfetto.

Tirai un profondo respiro, presi coraggio ed aprii la porta, entrai e rimasi incantato.

L'appartamento splendeva talmente era lucido, non c'era un granello di polvere, la sera prima avevo notato che era in ordine ma non in questo modo.

Mi ripresi dallo stupore - non avevo mai avuto l'attico così pulito - e guardai Lyn.

Se ne stava davanti alla pentola a pressione, a guardare se quel che aveva cucinato era cotto, con una sedia a fianco ed intanto cantava a squarciagola quello che il canale musicale della televisione trasmetteva. Indossava di nuovo i miei vestiti, le stavano larghi e la facevano sembrare ancora più piccola di quel che era in realtà.

Chiusi la porta e lo scatto della serratura l'avvertì della mia presenza.

<<Ciao Thom... Conchita, la cena è quasi pronta>> disse girandosi. Si era corretta, tutti mi chiamavano Conchita anche quando non lo ero e lei, che aveva quasi sbagliato perché mi dava la schiena, appena mi aveva visto, si era corretta.

Rimasi stupito, la volta scorsa aveva davvero capito allora.

<<Tom ed io abbiamo cambiato idea>> annunciai di punto in bianco senza un motivo <<Puoi parlare anche con me>> tanto avrebbe fatto come voleva.

<<Come mai?>> chiese mentre tirava fuori l'arrosto dalla pentola.

Già, come mai? chiese la mia coscienza. Doveva essere finito l'effetto delle lasagne.

<<È impossibile che tu non mi veda, abiti qui adesso, perciò abbiamo deciso così>>

E dovrà andare con te, mentre sei Conchita, in un bar a conoscere i tuoi amici fingendo di essere la tua governante, aggiunse la mia coscienza.

<<Bene, mangi con me?>> chiese mettendo la cena in tavola.

<<Sì>> dissi sedendomi, lei spense la televisione e mi raggiunse, tra noi calò il silenzio.

<<Come mai c'è la sedia lì?>> chiesi, più per alleggerire la tensione che per vero interesse.

<<Non arrivavo a prendere le cose>> rispose iniziando a mangiare.

La imitai, quell'arrosto era veramente delizioso, quasi quanto le lasagne.

<<Appena vedi Thomas ringrazialo per le garze per favore. Mi sono state molto utili.>> disse guardandomi negli occhi, sembrava un'altra persona <<Ah, ed anche per il the>> aveva usato addirittura il per favore, non l'aveva mai fatto prima.

<<Certamente, lui ti ringrazia per le lasagne>>

<<Gli sono piaciute?>> non si ricordava della sera prima dunque.

<<Tantissimo, erano squisite, la cosa migliore che abbia mai mangiato>> dissi guardandola negli occhi.

Lei sorrise, un sorriso sincero, naturale, dolce, felice e assolutamente meraviglioso. Non ne avevo mai visto uno più bello e non perché aveva i denti dritti e bianchi ma per quello che trasmetteva, mi ritrovai a ricambiarlo.

<<Grazie>> disse ancora con il sorriso sulle labbra <<Mi fa molto piacere>>

Finimmo di mangiare in silenzio, lei era visibilmente più contenta e, in quel momento, mi accorsi che, anche se per tutta la sera mi aveva chiamato Conchita e aveva parlato di me in terza persona ed io indossavo ancora i panni della drag queen, nemmeno per un attimo ero stato Conchita ma sempre Tom, e lei aveva sempre parlato con lui. Era come se fosse andata oltre la maschera della drag queen senza che io me ne rendessi conto e potessi fermarla.

Rimasi sconcertato da quella rivelazione e ritornai a guardarla.

Lei mi fissò di rimando con un accenno di sorriso.

<<Dovresti sorridere più spesso, sei bellissima quando lo fai>> dissi senza pensare.

Lei spalancò gli occhi.

<<Grazie...>> disse in imbarazzo <<anche tu>>

Questa volta toccò a me sbarrare gli occhi.

<<Hai.... hai ancora bisogno delle garze?>> dissi imbarazzato iniziando a sparecchiare, ecco che il mio lato timido veniva a galla <<Intendo, hai bisogno che Tom ti porti delle nuove garze?>>

<<Sì, ma posso andarle a comprare da sola>> rispose finendo di pulire la tavola.

<<NO!>> sbottai, quelle parole riuscirono a mandarmi fuori di testa .

<< Perché no?!>> disse, era di fronte a me e mi guardava negli occhi, riusciva a stento a trattenere l'irritazione.

<<Perché no>>

<<Spiegami il perché>>

<<Te l'ho già spiegato>> avevo smesso di essere Conchita...

<<No, tu hai detto che non dovevo uscire di casa ma non mi hai mai spiegato il motivo>> ... e lei mi rispondeva di conseguenza.

<<PERCHÉ NO, NON USCIRAI, NON TI LASCERÒ ANDARE VIA PER ENTRARE NELLE CASE DEGLI ALTRI . SCORDATELO, TU RIMARRAI QUI!!!!!>> dissi mettendomi ad urlare non riuscendo più a contenere tutto lo stress, l'ansia e lo sconcerto della giornata e non volendo spiegarle i veri motivi.

<<MEGLIO ENTRARE NELLE CASE DEGLI ALTRI CHE ESSERE UN TRAVESTITO>> urlò.

<<Non uscirai>> sibilai, ferito dalle sue parole.

<<LASCIAMI ANDARE!!!!!>> urlò con tutto il fiato che aveva in corpo e fu in quel momento che accadde.

L'occhio sinistro le divenne verde, un verde brillante, quasi fosforescente, la luce in casa saltò e le lampadine si scheggiarono pronte ad esplodere.

<<Un blackout>> dissi mentre mi guardavo intorno terrorizzato non capendo cosa stesse succedendo e la luce si riaccendeva, poi guardai Lyn e i suoi occhi.

Mi guardava con un'espressione dispiaciuta e aveva messo una mano sull'occhio verde come per nasconderlo.

<<Lasciami andare>> ripeté a bassa voce, calma come se non fosse successo niente.

<<No>> risposi <<Rimarrai qui>> girai i tacchi e me ne andai in camera.

Cosa diamine è successo di là? chiese la mia coscienza mentre mi sedevo sul letto.

Non lo so.

Ero triste.

Triste perché avevo passato una bella serata ed ero riuscito a rovinarla, perché ero riuscito a spegnerle il sorriso e l'avevo fatta arrabbiare, perché non capivo cosa fosse successo, non capivo lei e non capivo nemmeno me stesso.

Semplicemente triste.

Ed ero anche ferito dalle sue parole, non per quel che che aveva detto, sapevo benissimo che era vero ed ero io il primo ad ammetterlo, ma per... a dir la verità non sapevo nemmeno io il motivo, però ci era riuscita, e faceva male. Molto.

Sospirai e tornai in cucina, lei era ancora ferma nello stesso punto dove l'avevo lasciata ma non si nascondeva più l'occhio che nel frattempo era tornato normale.

<<Dopodomani verrai con me in un bar e farai finta di essere la mia governante>>

<<Perché?>> chiese dura.

<<Perché i miei amici vogliono conoscerti>> risposi e me ne ritornai in camera.

-----

Complimenti Lyn, ma dovevi proprio offenderlo?, mi rimproverò la mia coscienza, E pensare che sei stata felice per tutto il giorno...

Aveva ragione, come darle torto.

Non dovevo permettermi di urlargli contro quelle cose, ero stata cattiva, insensibile e ...

Oh ma chissenefrega, è stata colpa sua. Se avesse risposto subito invece di urlare come un isterico e minacciarmi, non gli avrei risposto così!

Sospirai.

E adesso sa anche dell' occhio...

Mi buttai sul divano e cercai di addormentarmi. Sapevo che dovevo chiedergli scusa per il modo in cui l'avevo trattato ma lui riusciva a tirar fuori la parte peggiore di me.

Ero riuscita ad essere me, la vera me, quella educata e gentile, avevo rinnegato il mio lato sarcastico pur di non offenderlo ed ero anche riuscita ad averci una conversazione civile, girando intorno a Conchita per parlare con Thomas, ma in un solo colpo avevo mandato tutto all'aria.

E dopodomani dovrai uscire con lui..., mi ricordò la mia coscienza.

Già, risposi, speriamo di divertirci.

Mi addormentai poco dopo con un peso sullo stomaco e, in testa, il suo sguardo ferito.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top