Capitolo 10: Rabbia e Rivelazioni

Era passata una settimana da quella notte, una settimana in cui io continuavo a rimanere rinchiusa in casa e lui continuava con la sua promettente carriera.

Le cose erano tornate come prima dell'incidente con le lampadine: io facevo i lavori domestici, mettevo la musica e disegnavo, lui usciva presto e rientrava tardi distrutto.

A volte mi chiedevo perché non fossi ancora scappata, di occasioni ne avevo avute tante, ma poi mi ricordavo che non potevo andarmene e lasciare lì la mia frusta, con le mie impronte digitali sopra, rischiando che lui la portasse alla polizia e mi incastrasse, e rimanevo lì.

Sicura che sia questo il motivo?, mi chiese la mia coscienza.

Certo, risposi.

Non c'entrano per caso anche due occhi marroni che luccicano, vero?, continuò.

La ignorai e continuai a scopare per terra mentre ascoltavo la televisione, avevo scoperto che Thomas collezionava i film della Disney ed io li adoravo, così avevo preso il mio preferito e l'avevo messo nel lettore DVD, l'avevo già visto una marea di volte e sapevo tutte le battute e le canzoni a memoria ma non mi stancavo mai di guardarlo, tra l'altro avrei avuto chi mi avrebbe fatto compagnia per tutta la sera.

Ero vicino al divano dove avevo appoggiato il telecomando quando sentii la mia canzone preferita iniziare, così lo presi ed iniziai a cantare a squarciagola. Ero nel bel mezzo della canzone, quando una Conchita arrabbiata e in lacrime entrò in casa come una furia sbattendo la porta, di colpo bloccai il film nella scena dove i due protagonisti danzano.

<<NON NE POSSO PIÙ DI TUTTO QUESTO, PERCHÉ LE PERSONE NON POSSONO CAPIRE CHE IO SONO IO E BASTA>> urlò sedendosi sul divano e gettando la parrucca sul pavimento, quello arrabbiato e in lacrime non era Conchita ma Thomas.

D'un tratto si girò e mi guardò, aveva gli occhi rossi e gonfi a causa del pianto.

<<VATTENE, PRENDI LE TUE COSE E VAI VIA>> urlò.

Lo guardai confusa.

<<ERA QUELLO CHE VOLEVI NO? SCAPPARE, RIAVERE LA TUA LIBERTÀ, QUINDI VAI, CONOSCI LA STRADA. LA FRUSTA È DIETRO AL COMODINO>> continuó.

Spontaneamente sorrisi ed andai a prendere la mia adorata frusta, non ci potevo credere, potevo andare via, potevo ritornare alla mia vita. Ritornai in cucina e lo guardai, teneva la testa bassa e le mani sugli occhi ma sembrava non piangesse più.

Feci qualche passo quando lo sentii parlare di nuovo e mi girai verso di lui.

<<Tutto quello che ho fatto, io non l'ho fatto con cattiveria, non sono cattivo, io volevo solo... volevo solo...>>

Voleva solo qualcuno con cui parlare, finii per lui tra me e me.

<<La gente non capisce, i miei amici non capiscono, loro si mettono lì e mi chiamano sempre Conchita, io per loro sono sempre e solo Conchita, Tom non esiste più, con Tom non si parla più, per questo quella sera, quando ti ho vista, ho creduto che se fossi rimasta con me ed avessi visto solo me non avresti potuto far altro che parlare con me, niente Conchita, solo Tom. Avrei avuto qualcuno con cui parlare, a cui non avrei mostrato pallettes, tacchi alti e quant'altro, ma è andato tutto a bagno, non sono una persona calcolatrice, non so fare queste cose e mi sono fatto scoprire. Avevo solo bisogno di qualcuno di cui fidarmi, tutto qui.>> spiegò.

Lo guardai ancora un attimo e sospirai, poi presi una decisione.

So che me ne pentirò.

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<<Jocelyn>> disse mentre si sedeva sul divano.

<<Come?>> chiesi confuso, girandomi a guardarla.

<<Jocelyn>> ripeté <<è il mio nome completo, Lyn è il diminutivo. Mi faccio chiamare così in modo che nessuno sappia il mio nome, sono pochi quelli che mi conoscono come Lyn e ancora meno quelli che mi conoscono come Jocelyn>>

La guardai, perché mi stava dicendo quelle cose?

<<Ho ventitre anni e sono una ladra di opere d'arte e gioielli, ho rubato io il dipinto a casa dei Lugner. Non ho mai ucciso una persona, ho un codice d'onore che mi impedisce di colpire le persone disarmate, nessuno conosce la mia identità, non sono mai stata arrestata e i poliziotti non sono mai riusciti ad avere un mio identikit. Faccio parte di una banda di ladre, siamo in tre e ci chiamano le tre tigri, sono le mie due migliori amiche e le uniche amiche che ho, nessuno ci ha mai visto in azione, nessuno sa chi siamo e se siamo uomini o donne e nessuno è mai riuscito a sventare un nostro colpo. Ci chiamano così perché siamo agili, forti e veloci oltre che silenziose e il numero penso che l'abbiano ipotizzato e gli sia andata bene>> continuò, io pendevo letteralmente dalle sue labbra.

<<Se non vi hanno mai visto, come fanno a sapere che siete state voi?>> chiesi.

<<Perché se siamo state noi, non trovano alcun indizio e si accorgono del furto molto tempo dopo... volendo abbiamo anche il tempo di cambiare paese>>

Si fermò e poi riprese.

<<Sono italiana, non ho mai avuto un ragazzo e non ho mai neanche baciato un ragazzo. A scuola ero presa di mira da tutti, continue prese in giro, continue frecciatine, non vedevo l'ora che suonasse la campanella per scappare a casa, non sono mai stata popolare, non sono mai stata quella desiderata né quella bella, solo quella secchiona>>

<<Tu sei bella Lyn, anche se non hai mai avuto un ragazzo non significa che tu non lo sia>> le dissi ed era vero, era bella dentro e fuori.

<<Sono stata io a far saltare la luce e a scheggiare le lampadine,...>>

<<Come? Eri lì con me>> la interruppi.

<<Quando avevo sei anni, ero in bicicletta con mamma e papà, avevo imparato ad andarci come si deve e loro mi stavano portando a fare un giro. Eravamo per strada, io stavo andando dritta ed un tir, proveniente  da destra, veniva nella mia direzione, io avevo il semaforo verde e lui quello rosso ma il conducente aveva sonno e non si è fermato, mi ha preso in pieno. Sono rimasta impigliata nel   paraurti e mi ha trascinato per una trentina di metri sfregandomi sull'asfalto; le ossa delle gambe, dei piedi, del braccio e della mano  sinistra e della parte sinistra della faccia si sono sbriciolate, ho perso la vista all'occhio sinistro, si sono rovinati gli organi riproduttivi e la pelle, ad eccezione della faccia e della pancia, si è rovinata irrimediabilmente, la parte destra del mio corpo è rimasta miracolosamente illesa. Siamo corsi in ospedale, e, dopo un intervento d'urgenza, i dottori avevano detto che non c'era niente da fare, io ero in coma e non sapevano se mi sarei svegliata e, comunque, se lo avessi fatto, non avrei più potuto camminare e muovere il braccio e la mano. Poco tempo dopo si è presentato ai miei genitori Doc, un brillante chirurgo, che ha spiegato loro che un modo ci sarebbe stato per salvarmi la vita e rifarmi avere un corpo, anche se era molto rischioso, ma per farlo doveva portarmi da Genova a Milano e loro avrebbero dovuto firmare un contratto che prevedeva la perdita della potestà genitoriale e si sarebbero dovuti dimenticare di me, loro lo fecero, avrebbero fatto qualsiasi cosa pur di salvarmi la vita, così fui portata al suo laboratorio dove mi mise delle ossa di lonsdaleite superdura, una minerale incredibilmente forte, resistente e leggero, mi riparò i nervi e i muscoli e mise una placca, sempre di quel materiale, sotto alla mia faccia, poi ricucì tutto. Per ultimo tenne l'occhio, mi mise un microchip nel cervello in modo da vedere di nuovo, solo che questo microchip oltre a ridarmi la vista, mi dà anche la possibilità di controllare le cose elettriche. Per gli organi riproduttivi non c'è stato niente da fare, non potrò mai avere figli, ed io adoro i bambini. Purtroppo non posso prendere il sole e fare il bagno al mare e in piscina, mi farebbe bruciare la pelle>> sospirò <<Sono come un supereroe: ho la super forza e resistenza agli arti e comando l'elettricità>>

<<E come fai?>> chiesi. 

<<Le emozioni. Se le emozioni sono positive o intense in senso buono le cose si accendono e s'illuminano e a volte, addirittura, fondono; se le emozioni sono negative o intense in senso cattivo le cose saltano o esplodono, a volte prendono anche fuoco>>

Si tolse il guanto e le fasce e mi mostrò la pelle rovinata, piena di cicatrici e piaghe, e la mano praticamente distrutta, le guardai veramente dispiaciuto.

<<Mi dispiace>> dissi sincero.

<<Ecco perché ho bisogno di tante garze, per proteggere la pelle. Sai, ho dovuto usare la sedia a rotelle fino ai miei tredici anni e Doc mi ha insegnato tutto quello che so, mi ha fatto fare riabilitazione insegnandomi di nuovo a camminare e ad usare la mano, mi ha insegnato a controllare il microchip, mi ha insegnato tutti i vari stili di combattimento, mi ha iniziato al free running, al parkour e al contorsionismo oltre che alla ginnastica, mi ha regalato la frusta e mi ha insegnato ad usarla, per questo ci sono tanto legata. Anche se credo di essere stata un po' un esperimento per lui, e penso che quegli insegnamenti me li abbia impartiti per addestrarmi per qualcosa, sono convinta quando dico che è stato un buon padre dopotutto.>>

<<E poi cos'è successo?>>chiesi, non per farmi i fatti suoi ma perché sembrava che ci fosse dell'altro che voleva dire ma senza sapere come.

Sospirò.

<<È girata la voce che esistevo, o meglio, che esisteva una persona come me e ad un tratto gli scienziati americani, i magnati in fissa con Iron Man e i criminali volevano studiarmi. Quando sono rientrata a casa dalla scuola d'arte, a sedici anni, ho trovato Doc, steso per terra, che respirava a fatica e tutto il suo laboratorio all'aria, mi sono avvicinata e mi ha dato un diario con scritto tutto quello che ti ho raccontato sulla mia famiglia, io ho perso la memoria a causa dell'incidente, e mi ha detto di scappare, ho preso la mia frusta, la mia valigetta da disegno e sono scappata e non mi sono più fermata.>> spiegò.

<<Per questo rubi? Per sopravvivere?>>

<<No. Nel corso degli anni ho studiato e mi sono anche laureata in storia dell'arte, vivo della mia arte; rubo gioielli alle persone che hanno troppo, li vendo al mercato nero e poi do i soldi in beneficenza agli ospedali e alle famiglie bisognose. Do anche dei soldi alla mia famiglia in anonimato, hanno una panetteria ma non sempre gli affari vanno come dovrebbero, così possono pagare le bollette e i miei fratelli non devono preoccuparsi di mamma e papà. È quello che fa una brava figlia, giusto?>>

<<Hai dei fratelli?>> non risposi volontariamente alla domanda, non sapevo cosa dirle.

<<Sei fratelli più grandi, cognate e nipotini, sono andata a comprare lì il pane anni fa e gli ho visti tutti, ero camuffata non potevano riconoscermi neanche volendo>> rispose sorridendo.

<<E con i dipinti cosa ci fai?>> chiesi.

<<Me ne prendo cura, li restauro, li tratto come si deve. Io rubo e vendo solo le cose che non mi piacciono, se mi piacciono e li rubo, faccio in modo che vengano trattati con il dovuto rispetto, se non posso rubarli, mi fermo e me ne prendo cura. Adoro l'arte e i suoi colori e credo che non dovrebbe rimanere chiusa in una cassaforte di qualche riccone ma, piuttosto, che andrebbe esposta in qualche museo; gli artisti non creano per poi far finire le loro opere a impolverarsi, creano per essere liberi e per mostrare al mondo quello che pensano e ciò che sono, ma questo tu dovresti saperlo, no?>>

Si stava riferendo a me e a quello che era successo poco prima, rimasi di stucco.

<<Sì>> risposi.

<<E allora perché dai ascolto a loro? Tu sai chi sei e non lo devi dimostrare a nessuno>> disse mentre raccoglieva la parrucca e me la metteva in testa.

Ci pensai su, aveva ragione, io so chi sono.

<<Ti prometto che non scapperò, e sono una che le promesse le mantiene sempre>>

<<Perché?>>

<<Perché se non posso rubare una cosa, mi fermo e me ne prendo cura ed i tuoi occhi meriterebbero di essere rubati, sono così belli e luccicano>>

Rimasi di sasso con il cervello in blackout.

<<A me piace il tuo sorriso>> le dissi <<Sorridi più spesso per favore>>

Sorrise timidamente.

<<Amo sorridere e non sono la ragazza che ti ho mostrato nel corso di questi giorni, quella che mette paura, sono dolce, gentile, cordiale ed educata, mi piace viaggiare ed incontrare persone nuove, conosco il "per favore" ed il "grazie" e adoro il sarcasmo>>

<<Buono a sapersi, anche se quello l'avevo già notato... Senti perché sei entrata in casa mia quella sera?>>

<<Sai la scatola di cioccolatini, quella che avevi sul bancone della cucina?>>

<<Quella che non trovo più?>>

<<Sì, quella. Beh sono entrata perché ho visto quei cioccolatini ed io adoro i cioccolatini, soprattutto quelli di Xavier, non è la prima volta che vengo a Vienna e li avrò mangiati una marea di volte, ma ogni volta che li vedo, sbavo, e devo averli>> disse rossa in viso.

<<Sei entrata per mangiare dei cioccolatini?>>

<<Sì>>

<<Che idea stupida>>

<<A volte le idee stupide sono le migliori>> rispose sorridendo.

<<Perché mi hai raccontato tutte queste cose? Potevi andare via>>

<<Tu avevi bisogno di qualcuno di cui fidarti, io ti ho dato qualcuno di cui fidarti. Te l'avevo detto che potevo darti tutto ciò che desideravi>>

Distolsi lo sguardo da lei e guardai la televisione.

<<La Bella e la Bestia>> dissi.

<<Amo i film Disney e la Bella e la Bestia è la storia d'amore più bella che esista, Belle si innamora di Adam, anche se lui ha l'aspetto di un mostro>> disse.

<<Anche a me piacciono tantissimo, ma preferisco la Sirenetta>> le dissi, mostrandole il tatuaggio tutto nero sul braccio destro che la raffigurava.

<<Sei un po' come Catwoman... hai anche la maschera?>>

<<La maschera ce l'ho, ma preferisco essere paragonata a Natasha Romanoff senza pistole>>

<<Perché?>>

<<È più coperta e mi piace molto il suo temperamento, oltre che la sua tuta>>

Ritornai a guardarla in silenzio finché non mi decisi.

<<Dormiresti con me?>> chiesi a bruciapelo. Sapevo che era una domanda totalmente insensata e azzardata, ma speravo che accettasse.

<<Perché?>>

<<Perché erano mesi che non dormivo così bene, senza sonno agitato e senza preoccupazioni>>

<<Va bene. Anch'io ho dormito bene>> ammise rossa in volto.

<<Grazie di tutto e scusami>> le dissi sinceramente.

<<Non ci pensare>> rispose.

Mi alzai e mi avviai verso la mia stanza, per poi ripensarci e fermarmi.

<<Comunque Lyn, penso che tu sia bella anche con quelle cicatrici>> le dissi guardandola.

<<E non hai visto le gambe>> commentò sarcastica.

<<Dico sul serio, ti rendono ciò che sei e tu sei bellissima>>

<<Grazie Thomas ma, giusto perché tu lo sappia, io mi piaccio e non ho una bassa autostima>>

<<Lo immaginavo>> e così dicendo andai in camera, completamente calmo e senza voglia di piangere.

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Scusatemi, scusatemi e scusatemi, lo so che ci ho messo una vita ad aggiornare ma mi mancava l' ispirazione e stamattina, finalmente, è arrivata :)
Spero che il capitolo vi piaccia, Lyn spiega un bel po' di cose in questo capitolo.
Mi raccomando commentate e ditemi cosa ne pensate dei personaggi, ci conto :)
Ci "vediamo" presto, almeno spero ^.^
P.S. Doc l'ho inventato io ;-)

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