Reminders of him

Quando sono a casa da sola come quando Charles ha una tappa oppure ha uno dei suoi mille impegni, faccio un gioco.

Mi siedo sull'enorme divano bianco del salotto e mi guardo attorno, cercando di non farmi sopraffare dalla noia.

Cerco in casa qualsiasi cosa mi ricordi qualcosa che abbiamo fatto insieme e molto spesso ci riesco.

E ogni volta ripercorro lo stesso giro.

Inizio dal quadro che c'è sul muro.

Non sarà un dipinto realizzato dal più celebre artista ma lo abbiamo realizzato insieme in uno degli ennesimi momenti di vuoto in cui non sapevamo cosa fare; al che Charles era uscito, aveva comprato una tela, dei colori e dei pennelli, per poi tornare in casa dicendo:-Dipingiamo qualcosa-.

La mia parte sembra quella di una bambina.

Ho cercato di realizzare al meglio dei tulipani di mille colori ma il risultato non mi era piaciuto e non mi piace nemmeno ora quando ogni tanto ci butto lo sguardo.

Eppure Charles era stato tutto il tempo ad osservarmi mentre cercavo di copiare da internet la forma dei tulipani oppure mentre mischiavo i colori tra di loro per ottenere la sfumatura che volevo.

La sua parte è venuta meglio, ha aggiunto qualche fiore che è venuto meglio dei miei e poi si è dedicato a disegnare le nuvole.

Mi piaceva rimanere a guardarlo nel frattempo che teneva il pennello tra le mani e realizzava le sfumature delle nuvole con colori che si alternavano tra l'arancione, il giallo e il rosa per realizzare un cielo al tramonto.

Una volta terminato, lo abbiamo lasciato asciugare e ci abbiamo messo le nostre firme.

Gli avevo chiesto di metterlo via, in un posto che fosse visibile solo a noi due perchè non volevo che gli ospiti in casa nostra vedessero quegli orrendi sgorbi che nella mia testa dovevano essere tulipani.

Invece quando ero tornata a casa dal lavoro un giorno, avevo trovato Charles seduto su una scala pericolante, con un martello in una mano, dei chiodi nell'altra e il quadro per terra.

Per poco non avevo tirato un urlo, vedendo Charles in bilico su quell'ammasso di ferraglia; il monegasco si era girato verso di me in modo brusco ed era allora che gli avevo strillato come un'isterica di stare fermo o sarebbe caduto per terra spiaccicandosi come un insetto.

Alla fine lo avevo lasciato continuare nel suo lavoretto di casa, aveva preso le misure da bravo architetto qual'è e aveva posto il chiodo proprio al centro del suo disegno.

Avevo rifiutato di capire cosa stesse cercando di fare e quando aveva appeso il quadro al muro, si era voltato verso di me e mi aveva sorriso dicendo:-So che tu non vuoi vederlo lì, ma a me piace tantissimo perchè lo abbiamo fatto insieme, quindi rimane qui. Guai a te se un giorno torno a casa e non c'è più. Potrei rimanere molto offeso. Ah e se dovessi toglierlo, rimarrebbe il buco del chiodo e so quanto odi il disordine in casa. Non c'è di che, Tulipe-.

Mi chiama così perché ho sempre amato i tulipani, sin da quando ero una bambina e non appena ne vedevo un mazzo, ho sempre avuto l'impulso di comprarli.

Da piccola non avevo le mie finanze per potermeli permettere ma crescendo ho acquisito dei soldi e sono riuscita ad averne sempre un vaso in casa.

Quando vivevo ancora con i miei, riempivo casa dei miei, ma ora che vivo con Charles, riempio casa nostra di quei vasi e a lui non sembra dare fastidio dato che dice che quando non ci sono, quei vasi pieni di fiori colorati gli ricordano di me.

Ho sempre pensato che quel quadro fosse una cosa da poco ma quando qualcuno entra in casa, si ferma subito ad ammirare quel dipinto, Luce lo fa ogni volta che entra.

Lo fissa sorridendo e domanda:-Sai che se lo metti all'asta lo compro a qualsiasi cifra vero?-.

Ogni volta Charles la fulmina con lo sguardo e la rimprovera dicendo:-Quel quadro non è in vendita e non vedo perchè dovrei metterlo all'asta. Quindi scordatelo! Non finchè sarò vivo-.

Forse in fin dei conti non è stato un errore appenderlo al muro...

Successivamente il mio sguardo passa sul tavolo bianco che è poco distante da me, abbiamo deciso di rifarlo per uno dei nostri anniversari.

Sotto la lastra di vetro ci sono delle foto, noi due, io con la mia laurea, lui con qualche trofeo, foto di noi due con le nostre famiglie, foto delle uscite a quattro con Luce e Arthur che sembrano essere la coppia più felice di questo pianeta, fotografie di lui con i suoi amici e foto di me con le mie amiche.

La chiamiamo tavola dei ricordi ed è proprio nei momenti di noia che, nonostante il divano sia il posto più comodo sulla faccia della Terra, mi alzo e vado ad osservarle tutte una per una.

Mi porta via molto tempo ma mi rende felice perchè mi aiuta a non pensare a quanto Charles sia lontano da me.

La prima foto che guardo sempre è la vittoria di Monza, quando ha portato anche me.

È stato un weekend spettacolare, il calore dei tifosi era qualcosa di indescrivibile e vivere le sensazioni che avevo visto solo in tv sulla mia pelle, era stato strabiliante.

In quella stessa giornata, Arthur aveva vinto il titolo mondiale di Formula Due quindi la sera c'era stata una doppia festa in cui Luce non aveva occhi che per il suo campione, mentre io avevo occhi solo per il mio che era tornato su quel podio dopo anni che era stato giù da esso, soffrendo dopo ogni edizione per non aver dato il massimo per i suoi tifosi.

Avevamo festeggiato noi due nel nostro piccolo non volendo togliere l'entusiasmo ad Arthur, abbiamo bevuto qualcosa, ballato un po' in pista e poi abbiamo salutato tutti, con la scusa che saremmo andati a dormire eppure avevamo fatto tutto il contrario.

Eravamo rimasti fuori per tutta la notte, festeggiando a modo nostro.

Avevamo camminato fino a che non avevano incominciato a farci male i piedi e poi eravamo tornati in hotel dove ci eravamo sdraiati e addormentati.

Un'altra foto che adoro è quella della mia laurea, sfortunatamente era durante uno dei weekend di gara di Charles ma lui aveva fatti i salti mortali per ascoltarmi discutere la tesi su cui avevo sputato lacrime e sangue.

Aveva saltato la seconda sessione di prove libere per venire a sostenermi e non potevo chiedere altro in quel momento.

Mi bastava sapere che era lì tra i presenti, alle mie spalle come faceva sempre in qualsiasi cosa mi riguardasse, era sempre un passo indietro, non perchè non gli interessasse ma perchè voleva lasciarmi il mio spazio e in caso di necessità, aiutarmi.

Il mio sguardo vaga poi a cercare un'altra foto, quella del nostro primo Natale tutti insieme.

Sebbene stiamo insieme da quasi tre anni, lo scorso anno è stato l'unico momento in cui tutti i membri che vivevano a Montecarlo erano presenti in quella giornata.

Due anni prima era stato perchè Luce aveva trascorso il Natale in Italia con la sua famiglia, l'anno successivo invece Charles era stato male proprio la sera della vigilia e avevamo dovuto passare il Natale in casa.

Non mi era dispiaciuto, anche se avrei preferito gustarmi le lasagne della nonna al posto di pastina in brodo e tè caldo con il limone.

Nonostante ciò avevamo passato una bella giornata, c'è una foto pure per quel Natale.

Siamo noi due sotto l'albero, con Charles visibilmente provato dalla malattia e io che cercavo di essere un po' più attiva per non lasciare andare via lo spirito natalizio.

La foto che abbiamo tutti insieme è più bella, siamo tutti seduti al tavolo in un'alternanza di bambini e adulti con tanti piatti prelibati davanti agli occhi ma non sappiamo da quale cominciare dato che ci deliziano uno più dell'altro.

A un certo punto, Lorenzo aveva tirato fuori la sua Polaroid e ci aveva richiamato dicendo di sorridere e lasciar perdere il cibo per un momento, cosa che la piccola Romy, seduta tra me e Luce, aveva deciso di non fare.

La piccola aveva adocchiato il piatto dei salumi proprio davanti a lei e senza pensarci due volte, aveva afferrato una fetta di prosciutto e se la stava mangiando indisturbata.

Luce, che l'aveva notata mentre tutti gli altri si stavano preoccupando di come disporsi per rientrare tutti nella minuscola inquadratura della Polaroid, aveva preso anche lei una fetta di prosciutto e tra le risate della piccola Romy avevano mangiato insieme, fregandosene completamente della posa o dell'essere fotogeniche.

Sono proprio accanto a me, mentre si guardano sorridendo e mangiando fette di prosciutto passando inosservate al resto della tavolata.

Lascio perdere il salotto e mi dirigo in cucina per prepararmi qualcosa da mangiare ed è calpestando una mattonella che noto il leggero dislivello che caratterizza quella piastrella all'entrata della cucina.

Se ci ripenso, rido ancora.

Era il giorno di San Valentino e Charles aveva deciso di fare le cose in grande, avrebbe portato a termine il suo obiettivo ovvero una cena nel ristorante più esclusivo di Monaco se non fosse stato che io gli avevo proibito qualsiasi cosa fosse in grande stile.

Niente cene al lume di candela fuori dal nostro appartamento, niente mazzi di fiori esageratamente grandi e nemmeno orsetti di peluche a grandezza umana.

Volevo una cosa semplice, mi bastava persino una pizza a casa e lo avevo detto chiaro e tondo.

Ero stata fuori tutto il giorno per lavoro ma Charles aveva giornata libera quindi si era dato da fare.

Aveva deciso che per quella serata, avrebbe preparato la pizza con le sue mani e l'avremmo mangiata in una cenetta a lume di candela soli a casa.

Aveva preparato la tavola, aveva acceso le candele in tutta casa e quando ero tornata nell'appartamento, ero stata accolta da una luce soffusa e dalla tavola preparata come al ristorante.

Avevo richiamato Charles, conoscendo le sue abilità scarse in cucina avevo pensato che si fosse addormentato sul piano di lavoro e invece lo avevo trovato bello sveglio a farcire la pizza con ciò che più piaceva a entrambi.

Ho sempre preferito la pizza margherita a quelle farcite e a Charles andava bene lo stesso, anche se a volte non resisteva alla tentazione di aggiungerci qualcosa, che potesse essere prosciutto o tonno poco importava, tanto la sua metà non toccava la mia.

Mi ero fermata sulla soglia della cucina ed ero rimasta ad osservarlo mentre canticchiava un motivetto tra sè e sè come se non si fosse accorto del mio arrivo, avevo ridacchiato e avevo deciso di lasciarlo al suo lavoro.

In poco tempo ero andata nella nostra camera e avevo tolto la mia tenuta da lavoro per indossare il mio vestito preferito che guarda caso era anche il suo, era un vestito rosso che mi aveva comprato proprio lui durante uno dei nostri numerosi viaggi.

In altrettanto poco tempo mi ero sistemata i capelli ed ero riuscita ad aggiustarmi il trucco, poi ero uscita dalla stanza e mi ero diretta lungo il corridoio che portava alla cucina; il mio piano era quello di cogliere Charles di sorpresa e di farmi trovare seduta al tavolo tutta in ghingheri.

Tuttavia il mio piano era fallito, quando ero vicina al tavolo, Charles stava uscendo dalla cucina con dei bicchieri in mano, attrezzatura che nella fretta si era dimenticato di disporre sulla tavola.

Mi aveva vista con la coda dell'occhio e quando si era voltato per guardarmi, spalancò gli occhi e la presa sui bicchieri diminuì, facendoli cadere per terra e rimase pietrificato mentre non smetteva di passare lo sguardo lungo tutta la mia figura.

Non ero tanto preoccupata di come mi stesse guardando, quello era l'ultimo pensiero che avevo in testa in quel momento, più che altro gli avevo ordinato di non muoversi di un millimetro.

Sfortunatamente Charles aveva deciso di non darmi ascolto e ancora imbambolato, aveva mosso un passo in avanti, proprio dove i cocci di vetro erano sparsi ovunque.

Ricorderò per sempre l'urlo di dolore che aveva riempito l'appartamento, in poco tempo mi ero infilata le scarpe e avevo aiutato Charles a salire in macchina, fregandomene del sangue che gocciolava sui tappetini della mia macchina.

Avevamo speso la sera di San Valentino mangiando snack troppo dolci della macchinetta dell'ospedale ed eravamo rimasti a chiacchierare e a dirci pettegolezzi sottovoce come due ragazzini.

Il leggero solco lasciato sul pavimento dell'ingresso nella cucina è stato dato dall'urto di uno dei due bicchieri e tutt'ora mi domando come sia potuto accadere.

È allora che passo quella piastrella e mi dirigo verso il frigorifero, ci sono milioni di calamite appese, provengono da ogni viaggio che abbiamo fatto insieme o che ci sono state regalate.

Una delle mie preferite è quella che Luce e Arthur ci hanno regalato dal loro viaggio alle Fiji per il compleanno di lei, festeggiato in pieno gennaio ma quando alle Fiji le temperature si aggirano attorno ai 30 gradi.

La calamita raffigura una donna indigena in abito tipico e che se le dai un colpetto nel punto giusto, si muove tutta.

Però la mia preferita in assoluto è quella che io e Charles abbiamo preso negli Stati Uniti.

A vedere l'enorme muraglia di calamite che mi si erano parate davanti non avevo idea di quale scegliere, c'erano diversi luoghi celebri come ad esempio il Grand Canyon oppure la cascate del Niagara o ancora l'Empire State Building che Charles aveva creduto essere in Inghilterra fino a due secondi prima di vedere una sua calamita negli Stati Uniti.

C'erano anche calamite di politici e presidenti del passato, ero tentata di prendere due calamite, una di Lincoln e una di Washington dato che erano due dei presidenti che avevo studiato maggiormente a scuola ma avevo deciso di comprare un souvenir per Luce, degno della donnina ballerina delle Fiji.

Avevo trovato una calamita con la caricatura di Nixon e di Obama ma anche di Marylin Monroe e di tanti altri attori di serie tv, ma alla fine avevo optato per quella di Daenerys Targaryen, il suo personaggio preferito nella serie Tv de "il trono di spade", solo che quando avevo controllato il prezzo di quel souvenir, mi erano cascate le braccia.

Costava il doppio dei presidenti ma non potevo non ricambiare il regalo della mia amica perchè nei giorni precedenti avevo scartato qualsiasi cosa mi potesse sembrare un papabile regalo perchè non lo ritenevo all'altezza di Luce.

Ero stata forzata ad abbandonare uno dei due presidenti degli Stati Uniti e la sorte toccò proprio a George Washington; quando ritrovai Charles con il suo souvenir per Arthur e Lorenzo, lui si accorse della mancanza del primo presidente americano nelle mie mani e mi chiese:-Che fine ha fatto il padre della patria?-

Avevo risposto dicendo che non potevo lasciare giù la Khaleesi e regalare alla mia amica un presidente che nemmeno le piaceva dai suoi studi storici e che riteneva un borioso che se la crede solo perchè ha fondato l'America, quindi avevo scelto la khaleesi per Luce e Lincoln per me, così da non dover spendere un rene in un negozio di souvenir.

Charles si era guardato attorno, assicurandosi che nessuno ci stesse guardando o sentendo e si era messo a sussurrarmi all'orecchio, parlando in italiano:-Hai voglia di commettere il tuo primo reato?-

Un brivido mi aveva percorso la schiena, lo avevo guardato come dire:-Non pensarci nemmeno-, lui aveva solo rincarato la dose affermando:-Avanti Tulipe, non vorrai privare George Washington di una vista favolosa sul porto di Monaco? Sai credo che non abbia mai visto molto nella sua vita. Sarebbe un peccato-

-Charles così andrò all'inferno!- avevo detto con voce stridula mentre lui era scoppiato a ridere senza darsi un contegno.

-Meglio, Tulipe. Così potrai salutare quella testa vuota di Max Verstappen tutte le volte che vuoi. E per salutare intendo tirare un pugno in un occhio, non pensare che io non ti conosca- aveva concluso Charles mentre io ero rimasta a ponderare la mia decisione, sbuffando gli avevo chiesto come avrei fatto a intascarmi una calamita di George Washington senza essere colta con le mani nel sacco.

Lui mi aveva dato tutte le indicazioni, facendomi dubitare della sua condotta da bravo ragazzo, strano ma vero ero uscita da quel negozio con una calamita non pagata nella tasca e per tutto il tempo ho continuato a guardarmi intorno per essere sicura che un agente dell'FBI o della CIA, o peggio la SWAT non mi stessero seguendo per scortarmi in prigione.

La vera storia la conosce solo Luce, a chiunque entra in casa e vede quelle calamite, dico che mi sono costate un occhio della testa andando ad omettere il particolare della mia infrazione al codice civile.

Dopo aver ripensato a questo avvenimento apro il frigorifero e prendo qualcosa da mangiare, poi torno in salotto e il primo oggetto che incontra il mio sguardo è il pianoforte bianco che risalta sulle pareti scure.

Non so quanti brani Charles abbia suonato seduto a quel pianoforte, ha sempre suonato in qualsiasi momento gli venisse voglia di farlo; suonava mentre studiavo, suonava mentre leggevo o persino mentre ero al telefono con delle amiche, alle volte suonava anche nel cuore della notte quando il fuso orario della gara passata non lo lasciava dormire.

La sua musica era leggera, più che infastidire mi conciliava il sonno e probabilmente la stessa cosa dovevano pensarla i nostri vicini di casa dato che non si erano mai lamentati delle sue strimpellate notturne, al contrario gli avevano rivolto molti complimenti.

La signora del piano di sotto lo aveva ringraziato perchè una sera il suo neonato non voleva saperne affatto di dormire, aveva solo fatto continuamente i capricci; ma quando Charles aveva iniziato a suonare, il bambino aveva smesso di piangere all'improvviso e si era lasciato cullare dalla madre.

La donna ci aveva confidato di aver accompagnato le note del pianoforte con la sua voce, si è persino scusata dicendo che secondo lei la sua voce non era una delle migliori per accompagnare un tale brano ma il bebè si era addormentato nel giro di pochi minuti ed era rimasto tranquillo per tutta la notte.

L'anziano dell'appartamento accanto, invece, ci aveva raccontato che anche lui in gioventù suonava per i suoi amici ma soprattutto per la sua amata, con cui aveva avuto una relazione molto travagliata, si erano conosciuti quando erano molto piccoli ma a causa della guerra lei aveva dovuto trasferirsi in un'altra nazione che la tutelasse; alla fine dei conflitto si erano però ritrovati, si erano conosciuti a fondo e lui aveva continuato a suonare per lei finchè non era venuta a mancare.

Una sera, Charles aveva suonato una melodia che gli era sembrata molto familiare e lui era rimasto ad ascoltarla tutta la notte, ricordandosi i momenti in cui la sua amata ballava per lui e di quante volte lei gli avesse chiesto di riprendere da capo una volta finito il brano. Diceva che altre ragazze erano accanto a lui ma non aveva occhi solo che per la sua amata.

Una volta l'ho incontrato da sola e mi ha confidato che negli occhi di Charles vedeva lo stesso sguardo che lui aveva con la sua Eloise, non avevo potuto fare a meno di sorridere con un velo di lacrime che mi coprivano gli occhi.

Mi aveva accarezzato la guancia e mi aveva sussurrato di tenermelo stretto, perchè un amore come il suo, mi sarebbe capitato solo una volta nella vita.

-Le persone sono gelose delle coppie come voi, piccola mia. Hanno il costante desiderio di spezzare questo legame così forte, pensando che li farà stare meglio con sè stessi ma la verità è che vorrebbero avere quello che avete voi due. È tanto speciale, davvero figliola. Non lasciartelo sfuggire. Andrete lontano insieme- mi aveva detto mentre cercavo di non scoppiare in lacrime davanti a lui.

Agli aeroporti c'è sempre un pianoforte, se Charles non si fa riconoscere per il suo essere famoso, lo fa quando suona.

Si radunano persone di tutti i tipi attorno a lui, bambini, anziani, ragazzini e chi più ne ha più ne metta.

Alle volte trova qualcuno che lo accompagna con la voce, dopo essersi messi d'accordo sulla canzone, la coppia o il gruppetto si mette a cantare canzoni che siano più o meno in voga e il risultato è sempre lo stesso.

Milioni di volte in cui Charles ha suonato ma non è stato riconosciuto sono andate virali, persone che cantavano sono poi cresciute di followers grazie a quei video e alle volte sono diventate delle vere e proprie star.

Mi ha sempre sorpreso il fatto che Charles avesse visto accadere tutto questo davanti ai suoi occhi e quando gli chiedevo come si sentisse mi rispondeva sempre con:-Io suono e basta. Loro con la voce, danno idea dei loro sentimenti, di ciò che hanno passato o che stanno passando tutt'ora, io con la musica non riesco a farlo.-

Abbandono il pianoforte e mi dirigo in camera da letto dove potrei fare un elenco infinito di ciò che mi ricorda di lui, ma andrò con ordine.

Mi ricorda di lui il profumo dell'ammorbidente sulle lenzuola, in cui mi accoccolo quando ho bisogno di conforto oppure ho sonno ma ho bisogni di sentirmi al sicuro per poter dormire.

Mi ricorda di lui il suo comodino un po' più disordinato del mio, con la sveglia nera a caratteri fluorescenti che le mattine in cui si deve svegliare presto per allenarsi mi da il tormento ma che quando non c'è mi manca.

Mi ricorda di lui anche il muro davanti al letto che durante la pandemia abbiamo colorato con la vernice da interni che ci era avanzata.

È un altro campo fiorito, questa volta non solo con tulipani ma con rose, gigli, girasoli e tante nuvole colorate nel cielo.

Mi siedo e la osservo sempre ricordandomi di quanto ci siamo sporcati per dar vita a quel capolavoro, avevamo la vernice persino nei capelli, la avevamo sulle mani, sulle braccia, sotto le unghie e per ridere avevo deciso di iniziare a sporcarlo apposta.

Gli passavo il pennello sul braccio quando meno se l'aspettava e mi divertivo a vedere le sue reazioni, alle volte ridacchiava, alle volte era annoiato e alle volte decideva di farmi una ripicca.

Quando succedeva quest'ultimo, finivo ricoperta di vernice dalla testa ai piedi e succedeva anche che la nostra lotta con i colori andasse a finisse in modo non convenzionale ma a me non dispiaceva affatto.

C'è una parte bella di quando Charles è via ed è quando sono immersa nei miei pensieri e sento una chiave girare nella serratura, al che lascio stare tutto quello che sto facendo, lascio perdere la mia fantasia e mi calo nuovamente nella realtà.

Corro velocemente verso la porta d'ingresso e appena la porta si apre, Charles mi regala uno dei suoi sorrisi, che sono la cosa più bella del mondo.

Compio sempre lo stesso rituale, lo osservo per qualche momento, godendomi il suo sorriso ed è solo quando lui apre le braccia e mi chiama Tulipe, che con una breve ma intensa rincorsa, mi dirigo verso di lui e lo stringo più che posso.

Lo faccio perchè so che poi potrò aggiungere nuovi ricordi al mio gioco e ogni volta si prolungherà di più.

Fino alla nuova partita, mi godo la sua presenza al massimo e costruisco i miei ricordi.

I nostri ricordi.

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