Twentyseven

Dopo la visita di Peter e Wade, quel giorno, Bucky non se la sentì di presentarsi all'appuntamento di Rachel in corridoio, per lui vedere troppa gente gli scatenava troppo caos in testa; forse, il suo cervello aveva subìto inconsciamente un trauma dall'incidente in metropolitana, fatto sta che ricevere più visite al gioirno, da persone diverse, peggiorava il suo alzheimer. Bucky capitava che, vedendo le numerose infermiere ed inservienti che entravano nella sua stanza, gli facevano spesso e malvolentieri dimenticare il suo nome, e l'aiuto di Steve era fondamentale per riportarlo ad una realtà perlomeno stabile.
Quasi si dimenticò di quell'invito, ricordato da Steve che con tranquillità lo rassicurò dicendogli che quasi sicuramente avrebbero incontrato quella bizzarra ragazza anche il giorno seguente.
Steve restò quanto più tempo possibile assieme al compagno, finché Raven non si accorse dell'orario di visita ormai terminato, e del turno del tirocinante altrettanto finito, con meno severità possibile disse a Rogers di ritornare a casa. Fu un messaggio da parte di Peter che lo spronò ad andarsene.
«Peter avrà fame.» gli disse Bucky, apparentemente sereno, tranquillizzando Rogers con un sorriso stanco.
Sospirando, Steve annuì convinto, avvicinandosi al letto e baciandogli la fonte con dolcezza, tenendo la mano sulla nuca del paziente, dicendogli con estrema cautela romantica:
«Ricordati di me.»
Ormai era di consuetudine da parte di Steve ripetere quella frase prima di andare a casa, benché sapesse di rendersi ridicolo la maggior parte delle volte, ma non gli importava. Incoraggiare Bucky, dargli la consapevolezza di avere qualcosa per cui lottare, era l'unica cosa capace di mantenere un ponte pericolante fra loro due. Bucky sorrise ancora, e poi lo lasciò andare.
Stare soli la notte era in assoluto ciò che Barnes odiava di più. Quando il silenzio calava, ed il buio lo circondava, rimaneva da solo in quel letto, incapace di muoversi; nelle ore più fitte della notte il suo stato mentale iniziava a peggiorare, dormire era difficile quando tremendi incubi lo tormentavano, e mano a mano Bucky riusciva a rendersi conto di stare perdendo la memoria. Aveva imparato a capirlo quando iniziava a domandarsi cosa avesse fatto quel giorno, cosa avesse mangiato prima di andare a letto, e qualsiasi altra azione giornaliera ed essenziale che aveva dimenticato totalmente. La maggior parte delle volte, si stringeva l'unica mano rimasta fra i capelli, in maniera disperata, ed iniziava a singhiozzare silenziosamente. Quei tipi di pianti dolorosi duravano anche delle ore, per colpa della sua maledetta testa che iniziava a pensare insistentemente, ancora e ancora.
Bucky capiva di aver perso un braccio, che tutta la sua inutile vita fosse stata stravolta ancora una volta, e che quella strana malattia alla memoria del quale non ricordava il nome continuava a portargli via l'anima, lentamente. Si addormentava, infine, per poi risvegliarsi di buon ora sotto ordine della routine quotidiana dell'ospedale. L'unico capace di migliorare quella terribile situazione era Steve, che come sempre, appena le luci dell'ospedale si accendevano, faceva il suo ingresso nella camera spoglia di James con un grande sorriso ed un raggio di sole in tasca.
Quella mattina lo specializzando gli aveva portato un girasole, che ripose in un vaso di vetro trasparente sul comodino di Bucky. Il moro lo guardò, con stupore ed estrema felicità, come se Steve avesse messo dell'oro in quel recipiente, sfiorando faticosamente i petali del fiore.
Alzò gli occhi verso il biondo, ostinato ed eccitato gli disse: «Voglio andare a fare un giro.»
Quella richiesta fu più unica che rara, dato che Bucky non prendeva mai l'iniziativa di scendere dal suo letto. Steve sorrise, avvicinando la sedia a rotelle verso di lui e aiutando il paziente a sedervisi.
Bucky non ricordava il nome di quella strana ragazzina riccia, ma un pensiero fisso nella testa gli diceva che aveva qualcosa da fare in quel corridoio.
«Ehy!» alle loro spalle la voce acuta di Rachel attirò l'attenzione dei due, facendoli voltare per andarle incontro. Rimasero alquanto sorpresi quando videro che la giovane zoppiacava a fatica aiutandosi con le stampelle sotto braccio. Logan le era accanto, sfriorandola appena per la paura involontaria che potesse cadere da un momento all'altro. Serbavano quasi un padre preoccupato che insegna alla figlia a camminare.
«Rachel, ti vedo in forma oggi.» Steve la salutò, fermando la sedia di Bucky.
Lei annuì entusiasta e concentrata, mordendosi il labbro: «Già! Bruce mi ha detto che avrei potuto iniziare a mettermi in piedi, ed io non potevo lasciarmi sfuggire questa occasione!»
«Sono sicuro che non intendeva che tu iniziassi a girovagare come una barbona per tutto l'ospedale.» commentò irritato Logan.
«Sei sempre il solito guasta feste, fammi camminare e basta.» gli rispose lei con le braccia tremanti per lo sforzo di sorreggere tutto il peso del corpo con le stampelle; Rachel distolse velocemente gli occhi da Logan e si rivolse a Bucky:
«E tu, hai per caso dimenticato il nostro appuntamento? Ti abbiamo aspettato assieme a Charles ed Erik.»
«Scusaci, ma ieri non se la sentiva di uscire dalla sua stanza.» disse Steve.
«Potevi almeno mandare un messaggio.» ammiccò la ragazza spiritosamente, girando rumorosamente con le stampelle e tornando da dove, evidentemente, era venuta. Logan la guardò confuso, restandole alle calcagna:
«Dove stai andando?»
«Lo, dobbiamo portarli dal prof X e Erik, non fare il solito pignolo.»
«Adesso sono anche pignolo oltre che guastafeste?» si irritò lui.
«Già, sei anche scorbutico, incazzoso, serio, noioso, gnocco...»
Con quello strano elenco recitato con voce sforzata, Logan la fissò stranito, ritenendo opportuno non fare altre domande. Steve spinse la sedia di Bucky, che osservò la discussione sorridendo sotto i baffi. Con una stampella usata come fosse un ariete medievale, Rachel lasciò libero accesso agli ospiti di entrate in quella stanza, che evidentemente non era la sua.
Un uomo dai capelli biondi-rossicci si voltò come se qualcuno lo avesse appena sorpreso a rubare medicine biologiche all'ospedale, con un aspetto stanco e svogliato e la barba incolta sul viso. Difronte a lui, mentre si stava rimettendo dritto e rivolto alla ragazza, una sedia a rotelle si fece spazio e lasciò scorgere un uomo dai capelli castani e morbidi. Sembrava più cordiale e contenuto del compagno, ma le sue labbra carnose erano gonfie e arrossate.
«Ah! Stavate limonando duro!» con voce accusatoria e divertita, Rachel puntò la stampella verso di loro, come se ormai quel lungo bastone facesse parte di lei. Tutti nella stanza arrossirono, e Logan sospirò come se volesse andare via, circondato quel branco di tipi strani.
«Avresti almeno potuto bussare.» disse l'uomo sulla sedia, avvicinandosi agli ospiti con tono educato.
«Prof, non è colpa nostra se Erik ci sa fare con la lingua.» lo stuzzicò lei abbassando la testa e muovendo le sopracciglia spiritosamente.
«Anderson, se tu fossi una mia studentessa saresti già nell'ufficio del preside.»
«Dai Charles, non nominare la scuola in un posto già abbastanza deprimente!»
L'uomo spinse con le braccia la sedia e si mise difronte a Steve e Bucky, seguito velocemente da Erik, ancora imbarazzato e seccato.
«Molto piacere di conoscervi, io sono Charles, e lui è Erik, credo che Rachel vi abbia già parlato di noi. Se non ricordo male, voi siete Steve e Bucky.» la voce di quell'uomo era la più cauta e serena che Steve e Bucky avessero mai ascoltato, quasi sembrava stare assistendo ad una lezione scolastica.
«Il piace è nostro.» James si fece coraggio e cercò di essere più educato e normale possibile, sforzandosi di imparare a memoria i nomi di tutti i presenti nella stanza.
Lo ripeteva lentamente, rischiando di imitare la pronuncia con il labiale.
Steve.
Rachel.
Logan.
Erik.
Charles.
Inutile dire che quella fosse un'impresa troppo difficile per lui.
«Allora, forza, presentiamoci ai nuovi membri del gruppo, un po' come gli alcolisti anonimi.» disse la giovane. Con l'aiuto non molto gradito da parte di Logan , Rachel si sedette sul letto di Charels poco disfatto, ormai troppo stanca.
«Sai che non amo particolarmente questa storia.» ringhiò Erik verso la ragazza, che sbuffò seccata.
«Non essere scortese Erik. Purtroppo sono stato vittima di una sparatoria...»
«Praticamente il prof e il suo ragazzo erano in un locale a bere qualcosa con fare romantico, un tizio arriva e dice "voi due andate a fare queste schifezze altrove!" Allora Erik indignato e con l'istinto di proteggere il suo amore, inizia a litigare con il tale, che sfodera la sua pistola dalla giacca ed in un batter d'occhio, BOOM, Erik per schivare la pallottola lascia come bersaglio il prof, così adesso è rimasto paralizzato.»
Calò un silenzio molto più imbarazzante, e stavolta Logan uscì davvero dalla stanza.
«Tu non cambi davvero mai, vero?» gli chiese Charles senza prendersela troppo.
«La vostra storia è così strappalacrime che sto scrivendo una fan fiction, e quando la finirò inizierò a scrivere quella di Steve e Bucky.»
«E quale sarà il finale, pazzoide?» Erik si sedette accanto a lei e le avvolse un braccio intorno al collo, in maniera affettuosa e scherzosa. Per quanto le parole di Rachel potessero essere imbarazzanti ed inappropriate, tutti non potevano fare a meno di volerle bene, per il semplice fatto che lei fosse fatta così, priva di cattiveria, ingenua e buona.
«Charles muore.» rispose di getto la riccia.
«Buon Dio Rachel, cosa ti ho fatto di male?!» rise lui, scrollando la testa. Steve e Bucky lo imitarono, più a loro agio ma comunque rigidi ed imbarazzati.
«Stai meglio adesso Bucky? Qui in reparto hanno parlato molto della vostra storia.» Steve si sorprese sentendo la notizia di Charles, che gli aveva svelato qualcosa che fino ad allora era stata all'oscuro della matricola.
«Siamo qui da parecchio tempo, ci piace spettegolare come delle vecchie zitelle.» aggiunse Erik, mentre Rachel rise, portandosi una mano sulle labbra.
«Credo di sì, Steve ha detto che a breve potrò rimettermi in piedi, dovrò solamente avere pazienza.» rispose Bucky
«Sono sicura che sarai una forza! Sono riuscita io a mettermi in piedi con delle placche nelle ossa, di sicuro per te sarà una passeggiata!» canticchiò emozionata Rachael.
Bucky annuì alla ragazza, mentre Steve sorrise ai due uomini. Era bello avere qualcuno con cui confrontarsi e parlare. Aveva sempre i suoi amici su cui contare, ma poter sfogarsi con qualcuno come Erik, che avrebbe compreso meglio di chiunque altro il suo stato d'animo rassicurava in qualche modo Steve.
«Bene, adesso basta parlare come se fossimo in Grey's anatomy, e raccontatemi un po' i vostri problemi di cuore che devo ampliare la trama della mia storia!» Rachel si mise dritta per quanto potè, e tastó le lenzuola introno a sè, alzando la voce: «Lo! Dai vieni qui! Passami il mio cellulare! Sai che se vengo lì ti rompo la stampella sul collo!»
Tutti risero ancora, per quella ragazza che faceva da animatrice della situazione, passando un piacevole pomeriggio a parlare in quella stanza poco illuminata. Era bello poter dialogare con qualcuno, ritrovare un pizzico di normalità che mancava a Bucky da troppo tempo.

Eccomi qui con un'altra Ship che tutti amano. Il momento dei Cherik è finalmente arrivato, e spero proprio di aver scritto qualcosa di decente, anche perché non è facile inserire tanti personaggi e ricollegarli a Steve e Bucky. Spero possiate apprezzare, e tanti arcobaleni gay per Charles e Erik C:

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