Sixteen

La stanza d'hotel che Steve aveva prenotato non era per nulla male; un bagno in camera non troppo piccolo, un armadio, un tavolo e come ultimo ma non meno importante, un letto matrimoniale risposto al centro. Rogers aveva esplicitamente richiesto una camera con due letti separati, ma quando aveva chiesto chiarezza alla reception per quell'errore, il personale si era giustificato dicendo di aver confuso i numeri delle camere, dovendo far accontentare i due clienti della loro suit matrimoniale. Almeno Bucky sarebbe stato contento per la storia della luna di miele, sempre che la ricordasse ancora.
Più frustrato e agitato di quanto non lo fosse già, Steve chiuse la porta in maniera brusca ma egregiamente controllata, togliendosi la giacca.
«Dovresti darti una calmata, capita che sbaglino, non è nulla di grave.» come al solito Bucky era totalmente estraniato dalla realtà, soffocato dalla malattia che lo isolava dal capire concretamente.
«Sono solo stanco, chiama il servizio in camera se hai fame, anche se non credo ci sia un buon menù.» mormorò il biondo dal bagno mentre si sciacquava il viso con l'acqua gelata.
James scrollò la testa disgustato, in modo sarcastico, e fermando la porta a chiave; «Non mi va di mangiare, e poi sarà meglio non essere disturbati.»
Ciò che aveva in mente era ben diverso di ciò che aveva pianificato Steve, che per lasciargli a disposizione il letto senza imbarazzo aveva già deciso di sistemarsi sul divanetto accanto all'armadio.
«Come vuoi tu, io vado a dormire...» Rogers avrebbe voluto continuare la frase, ma si immobilizzò a metà della stanza, quando trovò Bucky in piedi senza maglietta, ad osservarlo con provocazione.
Diventò paonazzo in viso, cercando di distogliere lo sguardo dai suoi pettorali, distraendosi con le lenzuola lievemente spiegazzate ai piedi del letto.
Barnes si avvicinò a lui lentamente, sfiorandogli il viso con delicatezza e spingendo il suo corpo contro quello di Steve.
«Bucky, smettila.» avrebbe tanto voluto cedere, in quel momento, sentendo l'inguine bollente di Bucky conto di lui gli faceva perdere ogni tipo di controllo, astemio da quel corpo, da quella pelle e da quel respiro per troppo, davvero troppo tempo. Ma dentro di lui una parte ancora lucida gli urlava di fermarsi, di rispettare la condizione mentale di Bucky; quello che aveva addosso non era il ragazzo con cui aveva passato tutta la vita, era solo un fantasma con delle lagune nella memoria, che avrebbe presto dimenticato quell'atto o solo Dio sa cosa.
Si allontanò senza spingerlo con troppa forza, dandogli le spalle.
«Cosa cazzo ti prende? Se hai qualche problema basta dirlo, e smetterla di fare lo stronzo arrabbiato!» sbraitò offeso il moro, gesticolando.
Stanco, deluso e arrabbiato, Steve si voltò di scatto ed alzò la voce: «Mi prende che non sopporto più la tua cazzo di malattia!»
«Cosa?»
«Hai capito bene Bucky, tu sei fottutamente malato! -si avvicinò a lui abbastanza da poter cogliere i particolari dei suoi occhi cristallini- da anni ormai soffri di alzheimer! Hai perso ogni cosa, ci siamo persi! E non riesco a sopportare tutto questo perché so' che ti dimenticherai ancora di me!»
Bucky rimase in silenzio, visibilmente in stato di shock, mentre le parole pungenti di Rogers continuavano a piombargli addosso;
«Butterei mille dei miei giorni nel cesso per averne solamente uno con te! Un giorno che ricorderesti per sempre!»
Il moro aveva perso lo sguardo nel vuoto come era solito fare, increspando la fronte.
«Mi sono arruolato nell'esercito! Mia madre é morta! Tu te ne sei andato! E ho avuto una fidanzata!» l'ultima parte di quella frase fece incollare lo sguardo deluso e confuso di Bucky sul viso di Steve, quale i suoi occhi erano sul punto di piangere. Con la voce rauca e il viso deturpato da un singhiozzo trattenuto calmò il suo tono aggressivo: «Ho cercato di metterti da parte, di rifarmi una vita, ma quando di ho rincontrato ho capito che non voglio stare con nessuno che non abbia il tuo nome, il tuo colore degli occhi, i tuoi capelli, il tuo sorriso o le tue labbra. Non voglio stare con nessuno che non faccia le cose come le facevi tu, che non mi guardi come mi guardi tu, che non mi sorrida come fai tu. Non voglio stare con nessun altro che non sia tu!»
«Sono malato.» ripeté Bucky a voce bassa. Steve annuì, deglutendo rumorosamente.
«Da quanto tempo?» domandò scuotendo il capo.
«Da quasi nove anni.» rispose il biondo con un filo di voce, facendo un calcolo approssimativo della loro separazione.
«Hai ancora quel...quel quaderno in cui scrivi tanto?» chiese poi schiarendosi la voce e sedendosi ai piedi del letto. Stupito da quella richiesta, il biondo annuì ancora tirando fuori la piccola agenda nera che gli avevano riconsegnato prima che potesse ritornare da Bucky. Il maggiore frugò frettolosamente fra le tasche della sacca gettata in terra, porgendogli una matita dalla punta corta.
«Disegnati.» gli ordinò. Steve si accigliò in maniera confusa, prendendo intimorito la matita in mano.
«Fatti un autoritratto, e poi dammelo. Così, quando ti dimenticherò, guarderò il disegno e mi sforzerò di ricordare.»
«Una foto non sarebbe meglio?»
«No, assolutamente. Potrei gettarla via, tenere l'immagine di uno sconosciuto non mi servirebbe, invece un disegno mi spronerebbe a ragionare su chi possa essere l'autore.»
«Non hai bisogno di questo, io ci sarò sempre.»
«Ascoltami per una volta, fallo e basta.»
Ci fu silenzio prima che Steve iniziasse a buttar giù sul foglio qualche linea basilare che gli avrebbe permesso di ultimare la sua opera. Disegnava, come se intorno a loro il tempo si fosse fermato, e nel frattempo si logorava il cervello per l'impressionante lucidità del compagno nel dialogo e nell'assimilare la situazione.
Alla fine, dopo non molti minuti, porse fra le mani morbide di Barnes il foglietto con il disegno terminato.
L'immagine era chiara e senza margine di errore; Steve aveva perfettamente riprodotto il suo viso, rispettando la forma del taglio degli occhi, del naso, delle labbra, dei capelli e di tutti quei piccolissimi particolari che contraddistinguevano un individuo. Lo sguardo era rivolto verso l'alto, come se il disegno stesse guardando realmente la persona che lo teneva in mano. Era bello, sfumato in maniera perfetta.

Bucky sorrise, allora Steve gli domandò seriamente: «Mi conosci?» e il moro accanto a se, tenendo fra le mani il foglio con delicatezza, annuì con entusiasmo: «Sei Steve.»
Entrambi liberarono un sospiro di gioia, sorridendo, guardandosi negli occhi complici, finché il maggiore non baciò improvvisamente l'uomo che aveva ricordato.
I loro respiri divennero più pesanti, e le loro carezze sempre più forti, trasformando quell'innocente bacio gioioso in una melodia di gemiti.
La pelle nuda del busto di Bucky aveva iniziato a danzare sulla vita di Steve, che, impotente difronte a quell'istinto naturale, non oppose resistenza, dimenticando ogni cosa.
«Ho bisogno di te, ti voglio.» gemette il moro sulle sue labbra, mettendosi a cavalcioni su di lui, irrigidendosi al contatto delle loro erezioni intrappolate dai pantaloni. Le mani di Steve percorsero tutta la schiena massiccia del compagno, ricordando ogni centimetro della sua pelle a memoria.
«Ti amo da impazzire Bucky, ti amo davvero tanto.» sussurrò velocemente, lasciando dei baci non troppo fugaci sul suo collo, scendendo fino alla clavicola.
Con una mano, James iniziò a strusciare il cavallo dei pantaloni di Steve, pregustando il suo calore già attraverso la stoffa. Il biondo gemette in maniera incontrollabile, tirando la testa indietro.
«Ti prego, non resisto.» a quella supplica Bucky sorrise voglioso, mordendogli il lobo dell'orecchio e sussurrandogli in maniera troppo erotica persino per lui: «Sarai mio per tutta la notte.»
Togliendo la mano dai pantaloni di Steve, con convinzione, gli sfilò la maglietta, ammirando la sua muscolatura perfetta fare su e giù per l'eccitazione, controllata dal respiro irregolare. Lo spinse sul materasso, facendolo finire con la schiena contro le lenzuola, ed iniziando a muoversi in modo sensuale e provocatorio su di lui a quattro zampe, non interrompendo nemmeno per un secondo il loro intreccio di labbra e lingue.
James, anche lui succube ed impaziente, gli slacciò i pantaloni, tirandoli giù con tutte le mutande, in un gesto fin troppo frettoloso. Anche se voleva mantenere un certo limite di provocazione, la sua astinenza non lasciava spazio al controllo.
Steve si morse il labbro e sospirò quando, finalmente, la sua erezione fu libera difronte al maggiore. Con foga ed agitazione, le mani dello specializzando privarono a sua volta il paziente dei pochi indumenti rimasti addosso. Ed eccoli lì, come in un sogno, in qualcosa che non avrebbero mai potuto credere, nudi ed eccitati, Bucky con la schiena diritta a cavalcioni sul corpo di Steve, perfetto, come l'ultima volta in cui si erano lasciati. Abbandonarono ogni emozione per un instante, in balìa dei loro sguardi carichi d'amore e malinconia. Steve si tirò su quanto bastasse per afferrare il viso di Bucky e ricominciare a baciarlo, sempre più appassionatamente.
Le loro erezioni pulsanti che venivano a contatto provocavano dei gemiti acuti in entrambi, irrigidendo di nuovo ogni muscolo del loro corpo.
«Fallo, ti prego, non ce la faccio più.» Rogers si aggrappò al suo collo, mentre allo stesso tempo allargò le gambe ed alzò il bacino. Bucky gli prese una mano e la costrinse a star ferma contro il letto, stringendola come se potessero fondersi insieme, due corpi elettrizzati assenti all'appello del pianeta. Si leccò due dita e poi le infilò nella fessura di Steve, facendolo urlare di piacere e fastidio, mentre il suo membro continuava a pulsare in cerca di un disperato contatto.
Uscì da lui, accarezzando con delicatezza, finalmente, il suo pene, e poggiandosi conto di lui.
Steve urlò quando la mano di Bucky lo prese, avvinghiandosi alla sua schiena ed allargando le gambe ancora di più. Lo stuzzicava con insolenza, strusciandosi contro la sua apertura umida e facendolo sussultare vertiginosamente.
«Resta per sempre con me.» riuscì a gemere prima che il movimento veloce della mano del moro si facesse più pesante.
«Per sempre.» Bucky lo sussurrò piano, molto probabilmente Steve nemmeno lo sentì, urlando quando lo sentì entrare dentro di lui, con delicatezza.
Le pareti strette di Rogers fecero esplodere il piacere più assoluto da parte di Barnes, che prese a gemere forte, spingendolo ad accelerare il movimento ripetitivo della sua mano stretta attorno al minore.
Iniziò a muoversi con movimenti regolari dentro di Steve, gemendo in maniera pesante, continuando a masturbarlo con più violenza.
La stretta alla sua schiena si spostò verso il polso della mano che stava toccando il minore, mentre il loro fascio di dita non aveva smesso di mollarsi nemmeno per un istante, premute con forza fra le lenzuola.
«B-Bucky, sto ah! Sto per venire.» riuscì ad avvertirlo, strizzando gli occhi.
«Aspettami, resisti ancora qualche secondo.» mugugnò in risposta a denti stretti, spingendo più forte.
«Aah!» strillò Steve, persuaso da un pulsare incontrollabile al suo membro, e da un dolore piacevolmente appagante.
Bucky sospirò, ormai nella stessa condizione del compagno, sentendo tremare ogni muscolo del suo corpo mentre i suoi genitali avvampavano dolorosamente. Entrambi avrebbero tanto voluto restare così per sempre, trasportati da quel piacere perfetto e proibito che non molti avrebbero accettato.
Il primo a venire fu Steve, sporcando il petto del moro, che pochi istanti dopo liberò il suo pesante orgasmo, ricadendo con il respiro irregolare sul corpo di Steve.
Ripresero fiato fin quanto potevano, tremando e mugugnando. Steve gli avvolse le spalle con un braccio, poggiando il mento sulla sua testa ed annusando il suo profumo.
Stanchi, ma con le mani ancora strette lungo il materasso, impossibili da separare, ricominciarono a fare l'amore per tutta la notte.

© i crediti del disegno vanno all'artista

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