Five

«Dal padiglione due mi hanno detto che la dottoressa Foster mette le corna a Odinson con il fratello!» Sam camminava a passo veloce accanto ai compagni, proprio al centro fra Steve e Wanda.
«Veramente Laufeyson e Odinson sono fratellastri, il dottor strambo è stato adottato!» intervenne la ragazza, che quella mattina era particolarmente di buon umore.
Scott li prese in giro sarcasticamente, aggiungendo: «Avete fondato una rivista di gossip dell'ospedale voi due? Se la Romanoff sentisse questi discorsi vi manderebbe a sturare cessi.»
«Ma sta un po' zitto, se vuoi essere un bravo ragazzo vai con T'Challa.» Sam si accigliò in maniera provocatoria, facendo crescere un coro di risate fra tutti, tranne che da parte di Steve.
Rogers era diventato particolarmente silenzioso negli ultimi tre giorni, ma gli altri non ci avevano dato molto peso, data la natura seria e pacata del capitano.
«Qualcosa non va amico?» Sam lo guardò perplesso camminare velocemente con gli occhi calati.
Steve abbozzò un sorriso forzato, strizzando gli occhi e scuotendo il capo:
«Escludendo il fatto che dopo anni ho rincontrato il mio primo amore in ospedale, e che adesso è mio paziente che per di più non ricorda nulla, fila tutto alla grande.»
Tutti si ammutolirono, Wanda trattenne il respiro in attesa di altre spiegazioni di parte del biondo.
«Cosa?» Sam aggrottò la fronte, sbottando un verso stridulo e confuso.
«Davvero una fantastica giornata.» commentò Steve infastidito, accelerando il passo. La ragazza con la lunga coda di cavallo lo seguì seria, girandolo di colpo verso di sè per una spalla.
«Spiegati meglio per cortesia.»
Steve alzò gli occhi al cielo come se fosse stato sgridato da sua madre; «L'elogiato capitano Rogers da ragazzo ha avuto una storia d'amore segreta con un altro ragazzo, che dopo averlo scopato per bene è sparito nel nulla. Adesso ti è più chiaro?»
«Però tu lo ami ancora.» Steve si bagnò le labbra sentendo le parole di Wanda, che gli tranciarono il respiro.
«Se non lo amassi ancora, non reagiresti in questo modo.» concluse la ragazza.
Steve cercò di evitare il suo sguardo in tutti i modi, incrociando le braccia. Sospirò e finalmente la guardò: «Si Wanda, lo amo ancora come se fosse la prima volta, ma non so cosa diavolo fare.»
Wanda sorrise con la sua ingenua dolcezza, stringendosi le spalle: «Allora amalo.»
«Lui non si ricorda di me» Steve sembró più calmo, ma estremamente vulnerabile.
«Beh, inventati qualcosa, non hai mai partecipato a dei corsi di riabilitazioni per malati? Potresti, che ne so, fargli tenere un diario?»
Gli occhi di Steve si illuminarono: «Un quaderno dei ricordi. Scriverò tutto quello che ricorderà!»
La ragazza rovistò fra le enormi tasche del suo camice stracolme di penne colorate, matite e pezzetti di carta, porgendogli una piccola agenda dalla copertina nera.
«Tieni, volevo usarla per annotare tutti i progressi con il mio paziente, ma serve di più a te che a me.»
I due si guardarono dolcemente, con un lieve imbarazzo: «Grazie Wanda.»
Steve prese il piccolo blocco di fogli fra le sue mani e riprese la sua camminata veloce verso la camera cento sette.
Bussó per abitudine prima di entrare, scorgendo Bucky sdraiato a letto con la schiena dritta contro il materasso rialzato.
Aveva l'abitudine di sorridere quando i suoi vuoti di memoria peggiori lo inghiottivano, come se stesse viaggiando sul filo dell'universo. E quel sorriso trascinava via anche Steve.
Il biondo si avvicinò al suo letto, sperando di attirare la sua attenzione focalizzata sul nulla.
«Bucky?» il moro continuò ad ignorarlo, allora Steve deglutì e ritentò, facendo mente locale e calmandosi: «Buck?»
Come un richiamo per animali, i suoi occhi si fecero grandi, e la piccola parte cosciente della sua mente venne riportata alla realtà. Bucky sorrise ancora, guardando Steve come fosse la cosa più speciale del mondo.
Rogers mise sulla sua traiettoria visiva il quaderno nero, lasciandoglielo esaminare; «Qui scriveremo tutto quello che ricordo di noi, okay?»
Bucky annuì come un bambino, e Steve gli massaggiò una spalla, dicendogli: «Bravo Buck. Allora, cosa abbiamo fatto oggi?»
Fu come un filmato, una descrizione perfettamente dettagliata di ciò che era successo. James si bagnò le labbra ed iniziò il suo racconto:
«È il quattro luglio. Siamo saliti sulla collina fangosa vicino al laghetto del parco, tu hai sporcato di melma le tue scarpe nuove, e di sicuro tua madre ti darà una bella lezione quando ti vedrà. Ma non te ne importa poi così tanto, perché siamo soli, e nessuno può vederci. Abbiamo dimenticato la tovaglia da mettere sull'erba per sdraiarci a guardare i fuochi, da bravi idioti, ma in compenso ho trovato nella tasca dei jeans una merendina al cioccolato. Ci siamo seduti sul terreno umido, tu hai poggiato la testa sulla mia spalla, e abbiamo guardato i fuochi d'artificio colorati che facevano un gran casino. E mentre non te ne accorgevi, ti ho preso la mano.»
Un ennesimo nodo bloccò la gola di Steve, che con la penna in mano scriveva velocemente e con la calligrafia tremolante tutto quello che aveva detto Bucky. Lui aveva dimenticato quell'occasione, straordinariamente, era l'unica cosa che era riuscito ad eliminare. E gli faceva male.
Con la voce rauca e il labbro inferiore tremolante domandò: «E poi cos'é successo?»
«Poi ti ho baciato.»
Rogers si lasciò sfuggire un sospiro tremolante, terminando di scrivere il dettato di Bucky, e ritornando a fissarlo.
«Per cogliere il valore della felicità devi avere qualcuno con cui condividerla. Ricordi?» domandò Steve sorridendo.
Stavolta, con più difficoltà, Bucky aggrottò la fronte e balbettò insicuro, sforzandosi: «Questa frase....questa frase l'ho scritta io sul muro della mia stanza.»
Steve annuì ridendo come un matto, stringendogli le mani istintivamente «Si Buck, si! L'hai scritta con il pennarello indelebile mentre studiavamo letteratura.»
James ricambiò la stretta, alzando uno spigolo delle sue carnose labbra: «La prof mi ha dato un'insufficienza.»
Steve continuò a sorridere, calando gli occhi, quando Bucky lo richiamò ancora, perplesso;
«Puoi cantarmi la nostra canzone, Stevie? Non trovo più il mio iPod....» parve confuso e mortificato mentre si guardava intorno.
Quella domanda lasciò spiazzato Steve, che non avrebbe mai creduto che potesse essere possibile una cosa simile. Con una così avanzata forma di alzheimer, Bucky continuava a presentare dei sintomi minimi, portando a galla ricordi impensabili. Possibilmente, se gli avesse chiesto cosa aveva mangiato per colazione, non avrebbe saputo rispondergli.
Steve si sedette sul bordo del materasso, toccando con i fianchi le gambe stirate di James. Con un braccio lo circondò del tutto, reggendo il peso del suo busto contro il materasso.
Lo fissò come se potesse guarirlo, e schiarendosi la voce, cercò di ritornare indietro nel tempo, come nella stanza disordinata di James, sdraiati sul pavimento con gli auricolari alle orecchie e la musica alta in testa.
«Loving can hurt, loving can hurt sometings, but it's the only thing that I know.»
Si sentì ridicolo, se qualcuno in quel momento fosse entrato l'avrebbe messo nell'imbarazzo più assoluto. Ma continuava a cantare, per Bucky, incantato dalla sua voce.
«When it gets hard, you know it can get hard sometings. It's the only thing that makes us feel alive.»
Bucky sorrise, mentre i suoi occhi diventavano gradualmente lucidi.
«We keep this love in a photograph, we made these memories for ourselves . Where our eyes are never closing, our hearts were never broken, and time's forever frozen, still.»
Sorrisero entrambi, e Steve dovette schiarirsi la voce per continuare;
«So you keep me, inside the pocket of your ripped jeans, holding me close until our eyes meet. You won't ever be alone, wait for me to come home.»
Bucky, con un tono debole e stanco, si bagnò le labbra e prese il posto di Steve:
«When I'm away, i will remember how you kissed me, under the lamppost back on Sixth street, hearing you whisper through the phone wait for me to come home.»

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