Eleven

Quella notte fu totalmente insonne per Steve. Aveva lasciato la sua ragazza per il suo vecchio fidanzato del liceo malato di alzheimer, aveva messo a repentaglio il suo posto di lavoro, e cosa più importante, rischiava di perdere Bucky.
L'unica consolazione durante quelle ore infernali furono i suoi compagni, gli stessi che gli avevano coperto le spalle durante la sua geniale idea delle uscite quotidiane.
Nei loro confronti non c'era stata nessuna ramanzina, questo perché avevano deciso di tacere e non farsi avanti; glielo aveva detto Steve, in fondo, metterli nei guai per qualcosa che aveva fatto lui non era affatto coerente.
Wanda iniziò a mandargli i primi messaggi verso le 23:30, quando aveva trovato un piccolo lasso di tempo libero alla fine della giornata.
Senza esitare chiamò in causa anche i due ragazzi che, stanchi e svogliati, obbedirono alla strega e condividessero il loro sostegno al capitano.

-Quello stronzo di T'Challa...- aveva scritto Sam, persuaso dalla rabbia.

-Io sono un ladro, ma almeno un ladro con dei principi. Non si apre mai bocca davanti ai piedi piatti.-

-Scott, non stiamo parlando di un furto, e di certo non c'è la polizia...- Steve immaginò Wanda scrivere quel messaggio con rassegnazione e stanchezza.

-Lo so, volevo solo fare una similitudine-

-Oh, e da quando in gattabuia insegnano la grammatica?-

Steve sorrise, anche se l'umore non era affatto dei migliori, le battute di Sam riuscivano sempre a strappargli un sorriso, l'allegra ingenuità di Scott era contagiosa, e la dolcezza di Wanda era meglio di qualsiasi abbraccio.
Wanda scrisse qualcosa di sensato, spostando nuovamente l'attenzione sul povero Steve:

-Per favore, dobbiamo aiutare Steve, e non distrarci in battutine inutili.-

-Già, pensi che ritornerai con Peggy?-

-Sam!!-

Steve scrollò la testa e digitò velocemente la sua risposta:

-Non credo voglia avere niente a che fare con me, non in questo momento. Comunque, la mia priorità per adesso è Bucky.-

-L'hanno assegnato a quella specie di assistente sociale, Rollo, Ruma, Ru...-

-Rumlow.-

Steve corresse velocemente Scott, avvampando di collera nel pensare a quell'uomo. Cosa diavolo avrebbe fatto a Bucky? Non si aspettava mica che lo torturasse per renderlo un mercenario, altrimenti non lo avrebbero mica ingaggiato, ma un sospetto gli punzecchiava sempre la mente.

-Sono sicura che Bucky sta bene, e che non vede l'ora di rivederti. Vedrai Steve, andrà tutto bene, sei troppo in gamba per essere licenziato.-

Sam corresse Wanda con sarcasmo:

-*Per essere licenziato grazie a un testa di cazzo ricco sfondato che ha sbandierato tutto.-

-Linguaggio Sam, per favore.-

-D'accordo capitano, scusami, adesso cerca di dormire.-

Wanda prese parola per ultima, terminando la conversazione:

-Sam ha ragione, riposati Steve, buonanotte!-

Rogers bloccò la tastiera del cellulare e si gettò di peso fra coperte del suo letto. Fissò il soffitto, nella penombra illuminata dalla luce proveniente solamente dal bagno, che aveva lasciato accesa di proposito.
Fra le lenzuola sentì l'odore familiare di Peggy; ormai il tessuto morbido e fresco aveva preso l'essenza della ragazza, che aveva passato così tanto tempo in quel letto, quando facevano l'amore e dormivano insieme.
Steve chiuse gli occhi e si sentì in colpa.
Quell'odore non gli piaceva, semplicemente, perché non era quello di Bucky, e non lo era mai stato.
Si sentì vuoto, estremamente privo di ogni cosa, al pensiero che per tutti quegli anni aveva sostituito la persona che realmente amava con qualcun'altra, nella speranza di poterlo dimenticare ed andare avanti.
Purtroppo non aveva funzionato, perché il fottuto odore di Bucky lo aveva nei polmoni come fosse ossigeno, e se si concentrava bene poteva sentirlo benissimo dentro le narici, arrivare in ogni sua insidia e dargli la pelle d'oca.
Come aveva fatto a vivere fino ad allora? Come aveva fatto a stare senza di lui?
Era dipendente come un fumatore dal tabacco, Bucky era la sua droga, la sua allucinazione preferita, la sua astinenza peggiore.
E se l'ospedale non l'avesse più richiamato? Non avrebbe di certo fermato Steve, che avrebbe combattuto con le unghie e con i denti per stare ancora con Bucky, per passare il resto della sua vita assieme a lui.
Già, pensare al loro futuro, avevano discusso tanto su questo da ragazzi. Si sedevano sul tappeto, nella camera di Bucky, ascoltando la musica con le casse del pc a tutto volume, e prendendo discorsi assurdi.
Uno di questi era proprio il loro futuro, quando sarebbero stati adulti. Steve sarebbe diventato un artista di fama mondiale e Bucky un prestigioso avvocato. Beh, quello di Bucky era solo una presa in giro bella e buona, che ogni volta faceva ridere Steve. Il moro scherzava sempre sulla sua carriera, prendendo seriamente il lato della famiglia.
Diceva con convinzione a Steve che sarebbero andati a vivere insieme, che, magari, si sarebbero potuti sposare, ed adottare dei bambini. Il biondo lo assecondava con divertimento, ma sapeva che nella voce di Bucky c'era della determinazione vera.
E a pensarci adesso, gli sarebbe davvero piaciuto vivere nel mondo che aveva immaginato il giovane Bucky.
Poteva ancora realizzarsi?
No.
Potevano ancora fantasticare?
Si.
Perché Steve avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di ritornare a chiacchierare in quel modo con Bucky.
Chiuse gli occhi, stremato, dopo che i pensieri si erano esauriti, ed il sonno lo aveva messo al tappeto.

Il telefono fu la prima cosa che lo svegliò, di soprassalto. Con la vista ancora appannata dal sonno e la voce coatta, rispose senza nemmeno guardare il numero.
«Pronto?»
«Rogers? Sono la dottoressa Romanoff»
Steve deglutì, sedendosi composto sul materasso, sperando che dall'altro capo del telefono la donna non avrebbe percepito la sua tensione.
«La chiamo per chiederle di recarsi alla clinica al più presto possibile, io ed il professor Stark avremo urgente bisogno di parlare.»
Rogers si fiondò in piedi, dirigendosi già in bagno per lavarsi:
«Certamente! Sono da lei tra poco.»
«Bene, l'aspetto.» e poi la donna riattaccò, lasciando correre da una parte all'altra della casa Steve nel vano tentativo di presentarsi in modo decorso.
Allacciò le scale e corse fuori di casa, sbattendo la porta frettolosamente, e guidando fino alla clinica, fremendo di ansia e sperando che le cose andassero bene.

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