56. L'ARTICOLO

Rosa o giallo a villa Hallander?

Si sa, gli Hallander sono bravi a far parlare di loro, e non mi sto riferendo ai clamorosi best sellers nati dalla penna della matriarca della famiglia.

Sette anni fa, aveva destato scalpore la notizia inaspettata del ritorno in città dell'allora undicenne Klaus Waylatt, il figlio illegittimo di Alizée. Sebbene ufficialmente tale decisione fosse stata giustificata adducendo alle difficoltà economiche dello zio a cui era stato affidato, pochi avevano creduto a questa versione dei fatti.

Le voci sull'internamento di Vincent Waylatt, zio del bambino per parte di padre, in una clinica psichiatrica di Londra avevano alimentato i sospetti - sempre smentiti dagli Hallander - che lo vedevano responsabile di maltrattamenti su minore. Ipotesi che è rafforzata dai risaputi disturbi dei quali soffre il giovane Klaus, tra cui la paura del contatto fisico (afefobia) spesso associata a molestie, fisiche o sessuali, nell'infanzia.

Oggi, invece, siamo qui per discutere dell'ultima aggiunta alla già numerosa famiglia, ovvero la quasi diciassettenne Keeley Storm, figlia miracolosamente sopravvissuta di Elaine Miller e Maxwell Storm. Una scelta assai curiosa, considerata la straordinaria somiglianza di quest'ultima con Elizabeth Reed, la giovane morta quest'estate in circostanze misteriose che coinvolgevano lo stesso Klaus. La situazione è resa ancora più drammatica dal rapporto ambiguo (e ben poco fraterno!) che sembra essersi creato tra l'innocente Keeley e il problematico Waylatt... o dovrei dire Hallander?

Ci torneremo.

Comunque, innamorarsi di una ragazza, quando si è accusati dell'omicidio della sua sosia, senza dubbio aggiunge delle sfumature dark a una passionale storia d'amore tra adolescenti!

È tuttavia lecito chiedersi se, dietro queste "coincidenze", vi sia davvero solo un commovente atto di lealtà di Alizée, che si è fatta carico della figlia dell'amica defunta. O se, magari, non è altro che una delle tante macchinazioni degli Hallander per salvaguardare la loro impeccabile immagine, messa a repentaglio dalla triste vicenda di Elizabeth Reed.

Non sarebbe certo il primo segreto di questa particolare famiglia.

In passato, come accennato prima, aveva fatto molto discutere la possibilità che Michael Waylatt fosse il figlio biologico di Henry Hallander -il cui amore per le giovani donne era alquanto rinomato, anche prima della sua vedovanza. Ciò che è certo è che la prematura scomparsa del ragazzo colpevole di violenza sessuale, in seguito al suo suicidio, ha permesso di seppellire altre scomode verità...

Concludo facendo gli auguri per le imminenti nozze a Matthew Hallander! Considerati i suoi turbolenti trascorsi con la regina della villa, e la tresca giovanile tenuta segreta tra i due, sposarsi a Sunset Hills è una scelta davvero ammirevole.

Chi avrebbe mai detto che perfino il più ribelle dei due -o tre?- fratelli Hallander avrebbe messo la testa a posto, alla fine?

Articolo di Susannah Abbott, con la collaborazione di C. I.
(Sunset Daily Times)

Dopo aver terminato di leggere l'articolo per almeno la quarta volta, mi lascio catturare dal paesaggio oltre la finestra. Dense nubi vorticano nel cielo, simili a onde nere che increspano un oceano metallico, affogando il sole dietro una cortina di tenebre. Nel parco della scuola, i colori dell'autunno sembrano aver perso la loro vivacità; gli alberi si sono tramutati in una scialba distesa di scheletri bianchi e le ombre tremolano nella foschia che aleggia sull'erba marrone.

Una frase continua a riecheggiarmi nelle orecchie, come se mi si fosse impressa a fuoco dentro, un tarlo insistente di cui non riesco a liberarmi.

Mister Non-Potrebbe-Funzionare... innamorato di me?

Mi massaggio le tempie, prendendo un respiro profondo per reprimere la rabbia che mi sta pervadendo. Infine, esplodo. «Ma chi diavolo è l'idiota che mi ha definita "innocente"? Pretendo di saperlo!»

Chino accanto a me, Jonas inarca un sopracciglio. «Ti sembra la parte importante?»

«Certo che lo è, Tarzan!»

Avendo parlato un po' troppo forte, la mia voce attira l'attenzione di Jacob, posizionato nel banco di fronte. Quando si volta, cinge lo schienale con un braccio, mettendo in mostra i muscoli avvolti da una stretta giacchetta di jeans aperta sul collo, in corrispondenza del tatuaggio a forma di teschio.

Un ghigno odioso gli fa scintillare le iridi scure. «Fraternizziamo con il nemico, adesso?»

«Questa l'hai presa da Harry Potter» bofonchio.

Jonas fa cenno di ignorarmi. «Ne abbiamo già discusso: lei non è una Hallander. Questione chiusa».

«Posso confermare. E poi una parentela a sorpresa basta e avanza» annuisco, beccandomi uno sguardo torvo dal mio cuginetto.

Jacob mi guarda confuso, ma infine scuote il capo con noncuranza, facendo oscillare il codino castano sulla nuca. «Attento, amico. Prima ci provi con la sua sorellina, poi con la tipa peperina che gli piace. Il bastardo potrebbe prendersela».

Faccio roteare il coltellino svizzero, posato sul libro, nel tentativo di apparire minacciosa. «Sta' zitto e girati! Ci servi per fare da muraglia cinese!» ringhio a denti stretti.

Il ragazzo ridacchia e, alzate le mani in segno di resa, torna composto sulla sedia. Solo allora mi rivolgo di nuovo a Jonas. «Hai omesso di dirgli che abbiamo una linea di sangue in comune?»

Lui si irrigidisce, stringendosi nel giubbotto di cuoio che porta sopra una felpa color panna. «Ancora non ne siamo certi. Ci sono molte cose che non quadrano con la tua teoria».

«Lo saremmo se tu ne parlassi con l'uomo che... sai, cantava kumbaya insieme a lei».

«Non ne ho avuto il tempo, va bene?» commenta stizzito. «Non è mai a casa e, se c'è, sta con la sua nuova fidanzata ossessionata dal rosmarino! Preferisco evitare, grazie».

Mi costringo a non insistere, forse perché la sua situazione è fin troppo simile alla mia. Una madre morta che non ha mai conosciuto, un padre assente che probabilmente lo ha nutrito di bugie e una famiglia che non riesce a sentire come propria.

Picchietto un dito sul giornale, dispiegato sulla tastiera del computer -ce n'è uno per ogni studente- in modo da nasconderlo alla vista di Stefan, anzi del professor Reed. «Comunque, si chiama diffamazione! E anche fake news, a dirla tutta. È assurdo!»

«Stai ancora parlando di te, o di quello che c'è scritto sulla tua famigliola pazza?» obietta Jonas con una punta d'ironia.

Gli scocco un'occhiataccia, poi ritorno a concentrarmi sull'articolo e scorro rapidamente le righe. Mi si accappona la pelle nel soffermarmi sul paragrafo relativo a Vincent, a ciò che ha fatto. Il solo pensiero che abbia sfiorato il mio Klaus, che è per colpa sua se rifiuta ogni contatto fisico, qualsiasi forma d'amore, mi fa fremere di un odio che non credevo si potesse provare.

«Michael Waylatt». La voce di Jonas mi riporta alla realtà. Ha la fronte corrucciata e gli occhi di un verde scuro nella luce grigia del mattino. «Tu cosa sai di lui?»

Faccio spallucce. «Che non gli piaceva la friendzone e aveva la discutibile abitudine di rompere nasi».

"Ed era il migliore amico di mio padre" aggiungo fra me, pur non osando dirlo. Fino a quando non avrò capito che ruolo ha avuto in questa faccenda, non mi piace l'idea che venga collegato al mostro che, con un solo gesto, ha rovinato così tante vite. Compresa quella di Klaus.

«Tutte le persone che lo conoscevano sono morte, oppure lo odiano. È difficile farsene un'opinione positiva».

Un lampo di trionfo guizza nell'espressione assorta di Jonas. «È proprio questo il punto!»

«Perché lo dici come se fosse una grande rivelazione?» replico interdetta, rigirando il coltellino nel palmo.

«Sul serio non ti sei mai chiesta nulla di lui?» Allunga il braccio nel suo zaino, afflosciato a terra, e ne estrae il telefono dalla tasca superiore. «Beh, io sì. Ho fatto alcune ricerche sulla notte di Halloween, quella in cui Michael è andato da Alizée. Non ho trovato nulla di nuovo, ma ci sono dei dettagli che mi hanno fatto riflettere. Ad esempio, una prova decisiva che è stata presentata al processo era il filmato delle telecamere che lo hanno ripreso entrare...»

«Non è strano». Faccio un verso sarcastico. «La villa ne è piena, in giardino».

«Vero». Jonas mi fa un cenno d'assenso, poi riprende a maneggiare con l'apparecchio. «Ma lo hanno ripreso solo quando è entrato, non quando è uscito. Fu necessario che Céline testimoniasse di averlo visto andarsene perché tutte le telecamere erano state disattivate, dopo l'arrivo di Michael. Anche questo è normale, secondo te?»

Rimango disorientata per un secondo, ricordando la conversazione che abbiamo avuto io e Liam in palestra. «Magari le ha fatte spegnere Crudelia. So che aveva mandato via tutto il personale, persino Carol, per evitare pettegolezzi su una sorta di relazione segreta con Michael. Insomma, proteggere l'immagine e roba così».

Jonas rilascia un brusco sospiro. Preme il tasto di blocco e, oscurato lo schermo, mi guarda con un cipiglio frustrato, o meglio con l'aria di chi vuole disperatamente convincere qualcuno di una verità che si ostina a rifiutare. «D'accordo, allora spiegami perché ha aspettato giorni, prima di denunciarlo».

Gonfio il petto, attraversata da un impeto d'improvvisa solidarietà femminile nei confronti di Alizée. «Non tutte le donne ci riescono subito, anzi alcune non trovano neanche mai il coraggio, ma non significa che mentano!» sbotto indignata.

Un vago rossore si propaga sulle sue guance. «Non...» sussurra imbarazzato. «Non era quello che intendevo».

«E quindi dove cavolo vuoi arrivare, Flintstones?»

«Te lo spiegherei, se tu la smettessi di insultarmi un attimo!» Jonas si scompiglia i capelli corvini in un gesto irritato, ignorando le facce confuse di due o tre nostri compagni attirati dalla conversazione. «Voglio dire che Alizée è rimasta chiusa nella villa, quando già in città giravano voci su ciò che le era successo. Suo padre, Jonathan Blackwood, non so se lo hai mai sentito nominare».

Attende che io annuisca, e prosegue: «Quell'uomo era un bastardo orgoglioso. Ha costretto la figlia a sposarsi, perciò dubito che si sarebbe fatto scrupoli a denunciare all'istante un ragazzo che metteva a repentaglio la reputazione della sua famiglia. La stessa reputazione che si era ricostruito a fatica, grazie al matrimonio con gli Hallander... minacciata da un poveraccio dei bassifondi di Baker Street. Non l'avrebbe mai permesso, a meno che ci fosse altro sotto».

Increspo le sopracciglia. «Se c'è una cosa di cui sono certa è che Michael non era un santo».

«No, ma forse nemmeno l'unico cattivo di questa storia» ribatte Jonas, sbirciando in direzione della cattedra.

Ma Stefan non si è accorto di nulla, troppo impegnato a tracciare una linea temporale alla lavagna mentre spiega gli eventi salienti della guerra di secessione americana.

«Pensaci, Keeley! Céline è stata latitante per anni e ora è addirittura morta in uno strano incidente. Aveva una cicatrice alla gola, no? Quindi forse è stata aggredita per qualcosa legato al processo. Magari aveva scoperto che Michael non era uno Waylatt».

A poco a poco, il motore del mio cervello inizia ad accendersi e il legame tra il suo ragionamento e l'articolo diventa più chiaro.

Se si fosse venuto a sapere che il colpevole dello stupro era un Hallander, almeno per metà, questo avrebbe generato uno scandalo e il matrimonio di convenienza che aveva unito le due famiglie avrebbe perso qualsiasi valore.
In fondo, i Blackwood avevano bisogno di ripulire il proprio nome, per far dimenticare del disastro del centro commerciale, ma in quel caso sarebbe stato inutile, considerato che sarebbero stati associati a un altro evento tragico ormai inevitabilmente di dominio pubblico.

Che fosse per questo che Jonathan non era sicuro di volerlo denunciare? Ma era tardi per insabbiare la cosa e...

Di colpo, un'altra ipotesi striscia fuori come un serpente che spunta dalla sua contorta tana di domande: forse, mio padre non ha mentito.

Michael potrebbe essere davvero vivo.

Magari, il suo suicidio è stato solo inscenato per consentirgli di evadere o per trasferirlo in una prigione lontana da Sunset Hills, gettando nell'ombra i segreti che portava con sé. È probabile che qualcuno lo volesse fuori dai giochi... ma chi?

Afferro la copia del Sunset Times e gli occhi mi ricadono di nuovo sull'inizio, avvertendo un brivido di frustrazione scendere lungo la mia spina dorsale. Non oso immaginare cosa deve aver provato Klaus nel leggere del suo passato trattato alla stregua di una chiacchiera da parrucchiere.

Non mi meraviglia che, insieme ad Alaric, abbia saltato tutte le lezioni, pur di evitare i bisbigli sommessi e le occhiate che lo inseguono in tutta la scuola con più frequenza del solito. Non che ai suoi fratelli o a me vada molto meglio!

Anche se, stando a ciò che mi ha riferito Kal, non è la prima volta che la sua infanzia con l'uomo cattivo viene data in pasto all'opinione pubblica. Questo, però, non è sufficiente a cancellare il mio desiderio di infilzare con il coltellino chiunque abbia scritto questo ridicolo pezzo.

«Pubblicano un sacco di stupidaggini» borbotto, stritolando il giornale nella mano. «Come fai a essere così sicuro che sia vero?»

«Giudica tu stessa». Jonas riattiva il suo cellulare, che aveva lasciato sul banco, e me lo porge.

Sullo schermo campeggia una foto, di sicuro scattata da un professionista, che ritrae una famiglia tutt'altro che allegra. Osservandola, non posso fare a meno di notare che quest'immagine non era presente nell'album che stavo sfogliando stamattina.

È ambientata nel mezzo di un soggiorno che non ho mai visto prima, con il soffitto a pannelli di cedro e un gigantesco abete addobbato sullo sfondo; sebbene dall'assenza di altre decorazioni deduco che non fosse Natale.

Riconosco subito il ragazzo più grande, vestito con una camicia di seta scura che gli faceva risaltare i capelli corvini, ribelli e arruffati quanto quelli di Edric. Ha le braccia incrociate sul petto e un'espressione seria, puntata dritta verso l'obiettivo.

Accanto a Ian, leggermente in disparte, si trova un bambino magrolino di undici o dodici anni dallo sguardo annoiato che tiene pollici agganciati alla cintura. A differenza del fratello, i suoi occhi non sono azzurri, ma di uno straordinario blu che mi suscita una vaga sensazione senza nome. Inoltre, ciocche di un castano chiarissimo gli ricadono sulla fronte, intriso delle stesse sfumature dorate che deve aver ereditato dal padre.

A questo punto, finalmente, la mia attenzione viene catturata dall'uomo al centro.

È difficile riuscire a stimare la sua età: deve aver passato la quarantina, eppure conserva un fascino innegabile che lo fa sembrare molto più giovane e -devo ammetterlo- stranamente attraente. Ciò che mi lascia sbigottita, però, è il senso di estrema familiarità che mi suscita; impiego solo qualche secondo per comprenderne la ragione.

Il suo volto è incorniciato da una folta chioma ondulata, di quella splendida tonalità biondo miele che adoro ammirare quando il sole la intesse con le sue ragnatele di luce o la luna intreccia fili argentei che risplendono nell'oro come una criniera. Incastonate tra lineamenti precisi e delicati, le sue iridi sono di un grigio limpido e caldo simile a ferro rovente, ma prive di quelle pagliuzze blu che accendono di minuscoli zaffiri le sue pozze d'argento fuso. Persino il fisico mi ricorda lui, asciutto e snello nonostante sia ingessato in un completo grigio appesantito da un impermeabile.

Un nome balena nella mia mente: Klaus

"Klaus potrebbe essere un Hallander di sangue". L'idea sembra folgorarmi.

Nel caso in cui questo sia vero, Ian avrebbe un motivo ancora più profondo per odiarlo. Se Michael ha fatto del male ad Alizèe per il rancore di non essere stato riconosciuto come Hallander, deve essersi convinto che la colpa di ciò che è successo è anche sua. E, anziché prendersela con sé stesso o con suo padre, ha riversato quel dolore su Klaus.
È quasi buffo pensare che Matt lo ha costretto a dargli il loro cognome, quando in realtà già gli apparteneva.

«Questo è...» Le parole stentano a uscire dalla mia gola. «È il nonno della cucciolata?»

«Il padre di Ian, sì» mormora Jonas, studiandomi con attenzione. «Per ovvi motivi, la somiglianza tra Michael ed Henry Hallander aveva destato sospetti già ai suoi tempi, ma immagino che quella con il tuo fidanzatino sia la prova definitiva. Non dovrebbero neppure essere parenti, stando alla versione ufficiale, invece come vedi...»

«Dimentichi un particolare. Io ed Elizabeth eravamo identiche». Gli restituisco il telefono, che si affretta a far scomparire nell'astuccio. «Ma non siamo parenti».

Jonas apre la bocca, ma prima che possa rispondere una voce pacata si intromette tra noi. «Storm e Keller, vi sto disturbando, per caso?»

Entrambi ci voltiamo di scatto, accorgendoci che Stefan ci sta fissando con un mezzo sorriso, appoggiato al bordo della cattedra. Il suo maglione cremisi, sotto una giacca di tweed beige lasciata aperta, è cosparso di un velo di gesso, dato che preferisce usare la lavagna di legno piuttosto che quella multimediale o altri dispositivi all'avanguardia messi a disposizione dalla Black High School.

«No no. L'abbiamo sentita a malapena». Gli mostro il pollice all'insù. «È stato molto discreto, non si preoccupi».

Un risolino si diffonde tra i miei compagni, che sono ora tutti molto più interessati allo svolgimento della lezione.

Con mia grande sorpresa, anche Stefan si unisce a loro ridacchiando. Non sembra arrabbiato, anzi sinceramente divertito. «E io che pensavo non andaste d'accordo!»

Da un angolo dell'ultima fila, Eileen smette di sistemarsi il foulard bordeaux attorno al collo e solleva il mento. Malgrado Simon che, alla sua destra, le sta intimando di rimanere in silenzio, soggiunge in tono indispettito: «Infatti! Da quando siete Cip e Ciop, voi due?»

«Siamo più Bones e Booth, secondo me» dico dubbiosa, giocherellando con il coltellino. «Senza la storia d'amore. Sarebbe disgustoso».

Jacob sogghigna. «Non sarai gelosa, principessina?» Blake, il ragazzo nel banco vicino, inizia a sghignazzare come se fosse la battuta del secolo.

Eileen avvampa, puntandogli contro i suoi smeraldi fiammeggianti di rabbia. Non ha il tempo di reagire che Jonas sferra un calcio alla caviglia dell'amico e sibila con ostilità: «Smettila, Jack!»

«So difendermi da sola!» lo rimbecca lei risentita.

Jonas si decide a guardarla, per la prima volta in tutta la mattina. Per un attimo, lo vedo esitare alla vista della camicetta aderente che le fascia il corpo, dunque contrae la mascella con la migliore maschera d'indifferenza che riesce a fingere.
«Davvero? Quindi nascondersi dietro le sottane della mamma o il cravattino del fratellone non è un altro difetto di famiglia?»

Eileen fa per protestare con irruenza, ma poi si blocca. Aggrotta la fronte, colta alla sprovvista. «Cravattino del... Che cavolo c'entra Liam, ora?»

«Chiedilo al tuo fratellastro». Mi strappa via il rotolo di giornale con tale veemenza che mi rimane tra le dita solo un triangolo di carta e glielo mostra. «Oppure è tuo cugino? Sono un po' confuso sul vostro albero genealogico».

Se Simon non avesse prontamente trattenuto la sorella per una manica, non appena è balzata in piedi, sono abbastanza sicura che si sarebbe fiondata qui per prendere a pugni Jonas.

Stefan batte le mani con fragore per richiamare l'attenzione della classe su di sé. «Bene. Dopo questa affascinante parentesi, vorrei riprendere il discorso. Gradirei che tornassi seduta, signorina Hallander».

Ogni traccia di ilarità è svanita dal suo viso, sostituita da un sentimento impossibile da decifrare; qualcosa a metà fra la rassegnazione e la tristezza. Anche Eileen deve essersi accorta che è piuttosto serio, poiché obbedisce senza protestare.

«Come stavo dicendo, nei prossimi giorni sarò assente da scuola in quanto devo recarmi fuori città per ragioni personali. Tuttavia» aggiunge, estinguendo sul nascere il brusio eccitato con cui era stata accolta quella notizia, «per non farvi annoiare, vi assegnerò un progetto di storia da svolgere in questo periodo. Al mio ritorno, dovrete esporlo alla classe e il voto che vi darò inciderà sui vostri crediti necessari per passare l'anno, e finire il liceo. Ergo, fatelo bene».

Un coro di lamentele si sparpaglia tra i miei compagni, ma sono troppo occupata a macinare le nuove informazioni.

Perché Stefan deve andarsene da Sunset Hills? Che abbia a che fare con la figlia della sua amica, in ospedale?
Malgrado le sue occhiaie e la barba incolta mi facciano pensare di sì, per qualche ragione non sono convinta. O, probabilmente, questa storia mi ha resa solo troppo paranoica.

«I gruppi saranno formati da tre persone, eccetto uno da due. Ci tengo a precisare che nessuno è esentato da questo compito» spiega il professore, tirando fuori dalla valigia una pila di fogli. La frecciatina è chiaramente rivolta a Klaus e Alaric, dato che sono gli unici a non essere presenti oggi. «Qui troverete le consegne che...»

Il braccio di Eileen si alza. «Io voglio stare con i miei fratelli».

«Voi Hallander siete inseparabili, eh?» la canzona un certo Robert. È un idiota pieno di muscoli che ho scoperto essere della cricca di Daniel, con la testa rasata, il naso aquilino e i polsi circondati da un'infinità di bracciali a spuntoni di metallo.

«Tanto meglio. Io non voglio stare con uno di loro». La voce di Jonas gronda di disprezzo.

Simon si raddrizza gli occhiali sul naso, parlando con fare conciliante. «E noi non vogliamo stare con te. Problema risolto, giusto?»

«Esatto! Almeno su una cosa siamo d'accordo, a quanto pare» replica Eileen acida.

«Sono molto contento di tutto questo entusiasmo». A giudicare dal lampo tetro nei suoi occhi azzurri, però, dubito che Stefan sia sincero. «Ma i gruppi li ho già stabiliti io». Sfodera un sorrisino affatto rassicurante e aggiunge: «Non temete, ho tenuto conto delle vostre simpatie».

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