Capitolo 5

In una delle sue serate libere, dove non aveva detto nulla a Jordan, Barcellona chiamò Jessy e le propose di andare da lei per una serata fra donne, chiedendole categoricamente di non dire nulla al  fratello.

Per una volta aveva voglia di sfogarsi con la sua migliore amica visto che,  a parte qualche commento, non avevano mai toccato a fondo l'argomento.
Le raccontò tutto dall'inizio: dalla sera della festa, le regole, i giorni a fare sesso, le ore bellissime passate insieme e del suo cuore che ormai era perduto, dietro ad un uomo che non l'avrebbe mai amata.
«Ho bisogno di allontanarmi da tutto, dal lavoro, da lui. Da questa città frenetica».
«Ma parlane con lui, prima» le disse Jessy tristemente.
«No, non posso, e non lo voglio fare. Ho solo bisogno di allontanarmi da qui, da tutto. Non da te, ma da tutti gli altri» Fece un sospiro profondo. «Andrò una settimana dai miei e poi da Chico in Brasile, per qualche mese»
«Secondo me dovresti parlare con lui e dirglielo. Tralasciando che sono sua sorella e gli voglio bene, non è più come una volta. In questi mesi l'ho visto cambiato, sereno, rilassato. Io credo che lui abbia trovato in te la donna perfetta.» Jessy la guardò negli occhi. «Dovreste rivedere quelle regole. Digli che per te non esistono più, che non le vuoi, ma che vuoi di più dal vostro rapporto»
«Jessy, non posso, perderei me stessa. Già così non so più chi sono, ho messo in dubbio tutto, solo perché mi sono innamorata. Prova a pensare se...» Sospirò infelice. «Pensa se lui mi rifiutasse, io ne sarei distrutta, più di ora, più di quello che ho già fatto con le mie mani»
«Ok, ok, ho capito. Però verrò a trovarti appena ti sei sistemata in Brasile. Verrò a farmi qualche settimana di vacanza.» 
Risero insieme e passarono le restanti ore mangiando gelato sotto una leggera coperta, sedute sul divano, ricordando aneddoti del passato.

~~♡~~

Era passato un mese da quando aveva chiuso casa, cellulare, fatte le valigie ed era partita alla volta dei suoi genitori per qualche giorno. Poi aveva viaggiato di nuovo, quella volta diretta in Brasile, per andare da suo zio.
I primi giorni aveva dormito quasi sempre. Nessuna sveglia, nessun telefono la disturbava, solo il rumore dell'oceano e di qualche raro turista che faceva lunghe passeggiate per la spiaggia. 
Il suo brasiliano/portoghese era arrugginito, ma ben presto, parlando con lo zio, la sua "r" portoghese ricomparve. Adorava suo zio e quando parlava, la sua voce bassa e melodiosa, sembrava sempre cantare una canzone.
Pensava spesso a Jordan, alla sua risata, al suo corpo. Alle piccole cose che le piacevano di lui. Alla serenità di essere se stessa quando lui era con lei, al non pensare al lavoro.
Zio Chico la chiamò in salotto, la fece sedere vicino a lui e la fissò con il suo sguardo dolce. 
«È venuto il momento di parlare un po', ora» le disse serio. La guardò dritto negli occhi, quegli occhi neri che sapevano leggere nell'anima. «Da chi stai scappando? Da un uomo o da te stessa?» le chiese in modo diretto.
Barcellona sorrise, anche se era sorpresa che lui la comprendesse così bene.
«Non è da te scappare. Qualsiasi problema che hai avuto lo hai sempre affrontato, in passato.»
«Lo so zio, ma questa volta è difficile affrontare un problema che esiste solo per me. È solo mio il problema»
«Ne sei sicura? Ho parlato con tua madre e ha le mie stesse preoccupazioni»
«Zio, il mio problema è solo che mi sono accorta che dalla vita voglio di più che il solo lavoro. Avevo bisogno di un cambiamento... di un radicale cambiamento. Vorrei crearmi una famiglia. Per il lavoro non ho problemi, quando sarà il momento so già come mettermi in moto. Il problema è che mi sono innamorata di un uomo che non mi ama. Che non è interessato a mettere su famiglia. Per questo sono volata qui. Avevo bisogno di un distacco emotivo da lui. Quando sentirò che sarò pronta, magari realizzerò i miei sogni, ma per ora ho solo bisogno di starmene qui e sapere di aver messo della distanza fra me e lui.»
«Bibi, noi, tutti noi, la tua famiglia, vogliamo solo che tu sia felice.» 
Il nomignolo che le aveva affibbiato da piccola la fece sorridere, sentendoglielo ripetere proprio in quel momento.
«Parliamo un po' di Tania. Domani rientrerà dall'università e mi porta a  conoscere il suo ragazzo.» Fece una smorfia. «Lo torchierò fino a farlo dimagrire di dieci chili.» le disse ridendo, facendole l'occhiolino. «Ma evita di ridere, così da sembrare che io sia veramente burbero.»
Barcellona rise, il cambio di argomento era stato volutamente casuale, per darle modo di non preoccuparsi e l'aiutò a capire che, qualsiasi scelta avesse preso, la sua famiglia le sarebbe rimasta sempre vicina.
Tania arrivò con il suo ragazzo e, dopo esser passato all'esame di Chico, tra le risate di Barcellona e della cugina, il giovane fu accettato in casa come un nuovo membro della famiglia.

~~♡~~

Fu una sorpresa quando alcune settimane dopo si presentò Jessy davanti alla loro porta. Dopo averla sistemata in una delle stanze degli ospiti, le due amiche si misero sedute sul letto con le gambe incrociate, come facevano sempre.
«Cosa è successo? Perché sei venuta qui?» le chiese Barcellona, vedendo l'altra molto turbata.
«Sono incinta.» disse Jessy con un filo di voce. Barcellona assimilò la notizia rimanendo in silenzio e aspettando tutto il racconto dell'amica.
«È successo una sola volta. Una volta soltanto,  ora non so come affrontare la cosa e visto che tu sei scappata qui, volevo scappare anche io e ti ho raggiunta.»
«Io non sono scappata.» le rispose Barcellona.
«Ah no? E cosa ti ha portato allora a viaggiare fino a questo posto? Barcy, non dire fesserie, sei scappata tu e sono scappata anche io.»
Risero insieme, poi Jessy continuò il racconto.
«C'è stata la festa aziendale per festeggiare la fine dell'estate. Sai che papà ci tiene molto e  ha chiesto a me e a Jordan di essere presenti. E così è stato. Jordan era di pessimo umore e io me ne sono andata stizzita all'ennesima domanda che mi ha fatto su di te. Mi sono voltata e me ne sono andata. In quell'esatto momento mi sono scontrata con lui. E poi...» Sospirò sognante. «Dopo dieci minuti eravamo nel suo ufficio a fare sesso come pazzi. Prima di quel giorno ci siamo parlati due volte e dopo... non ci siamo più rivolti la parola.» La guardò negli occhi. «Ho saltato il ciclo, ho aspettato qualche giorno, e poi ho fatto il test.» Tirò fuori un test di gravidanza con due linee rosacee evidenti. «Mi è preso un colpo, sul momento. Mi è crollato il mondo addosso. Quindi ho fatto le valige e sono corsa qui.»
Barcellona batté le palpebre un paio di volte. 
«E poi pensavo di avere io qualche problema!» esclamò.
Si guardarono un attimo serie, per poi scoppiare a ridere come due ragazzine.

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