Capitolo 1

«Sta per arrivare il Tornado!» urlava l'impiegata, correndo tra i vari uffici, il braccio destro del Presidente della World Marketing era temuta da chiunque.
Forse per i vari collaboratori e gli impiegati poteva essere una sorta di tornado, ma Barcellona Tremonti era un genio della finanza a quasi trent'anni, dedita anima e corpo al suo lavoro.
Iniziavano ad agitarsi, di solito, quando arrivava per un controllo generale e approfondito.
Una volta al mese faceva il giro di tutte le sedi della Compagnia, effettuava i controlli necessari nel corso di due giorni e poi se ne andava.
Quel giorno, la accolse un silenzio religioso, sembrava quasi che anche i telefoni avessero smesso di suonare alla sua entrata negli uffici.
Indossava un tailleur nero con sotto una leggerissima camicetta bianca e i capelli scuri erano acconciati sulla nuca in una crocchia severa ed elegante. Il suo sguardo attento passava di occhi in occhi, mentre le sue labbra sfoggiavano un sorriso disarmante. Era il suo punto di forza: le bastava sorridere e la gente faceva esattamente ciò che lei chiedeva.
Attraversò il lungo corridoio diretta a uno dei suoi uffici, quelli che venivano riservati solo a lei in ogni filiale. Una segretaria, velocissima, prima che lei riuscisse a sedersi, le aveva già posato sul tavolo un caffè, zuccherato, e si era subito dileguata, prima ancora che si fosse tolta la giacca.
Chiese alcuni documenti tramite il telefono interno, e si mise subito al lavoro per tre ore consecutive, senza mai alzare lo sguardo dalle carte o dallo schermo del computer. Quando alla fine alzò gli occhi, si accorse che erano già le sette di sera e che era l'unica rimasta dentro l'ufficio. Sorrise stancamente. 
Si appoggiò allo schienale della poltrona e voltò lo sguardo verso la finestra.
Era la prima di quattro figli. Aveva lavorato duramente tutta la vita e non le dispiaceva aver rinunciato a molte cose in gioventù per ottenere quello che aveva in quel momento. Era molto fiera di se stessa e la sua famiglia, per ogni sua scelta, le era sempre stata vicino.
Portava il nome della città in cui era stata concepita, come pure le sue sorelle e suo fratello. 
Barcellona, Athena, Rome, Berlin: tutti concepiti nelle omonime città. 
I loro genitori, romantici fino al midollo, avevano amato talmente tanto quei viaggi da dedicare ai propri figli i nomi di quelle città. Da bambini, era stato un continuo di prese in giro da parte dei compagni di giochi, ma da adulta lo portava con orgoglio, in nome dell'amore dei suoi genitori.
Il suo capo era Tony Malarin, un uomo di quasi settant'anni, dall'aspetto vispo come un quarantenne e gli occhi sagaci, che vedevano molto più di quel che lui lasciava intendere. Vedovo da quindici anni, aveva due figli, Jordan di trentacinque anni e Jessy che aveva la sua stessa età, e con la quale aveva legato molto, infatti erano diventate grandi amiche.
Sapevano tutto l'una dell'altra, anche se Barcellona evitava di dirle che era cotta di suo fratello. Ogni volta che lo vedeva, il sangue le ribolliva nelle vene, tuttavia a lui non interessava come donna, lo capiva ogni volta che si incontravano. Per Jordan era invisibile, nemmeno la guardava.
Il cellulare le squillò, riportandola con i piedi per terra.
«Tremonti.» rispose in automatico, sistemando la cornetta tra spalla e orecchio, mentre chiudeva le varie finestre sul desktop e iniziava a spegnere il computer.
«Sei ancora lì?» La voce di Jessy era irritata, per averla beccata ancora in ufficio. «Devo assolutamente trovarti un uomo!» esclamò infine, ridendo. «Spero tu ti ricordi che questa sera c'è il party per il compleanno di Jordan, vero?» Mise molta enfasi sull'ultima parola facendola scoppiare a ridere. 
«Sì, lo so» le rispose. «E fra cinque minuti sono a casa tua.»
«Non verrai mica con i vestiti del lavoro?» chiese Jessy scioccata.
Barcellona rise. 
«No, ho portato il cambio in ufficio.»
«Come sempre tu non hai una vita. Barcy, che devo fare con te?» esclamò l'altra platealmente. 
Barcellona aveva il carattere e la mente uguali al padre di Jessy: dediti solo agli affari. Jordan invece, era un famoso medico, e un libertino senza freni; mentre lei era quella che faceva volontariato dovunque ce ne fosse bisogno, perché non si sentiva mai bene con quelli delle cerchie troppo agiate.
«Dai Jessy, lo sai che la mia vita è questa» rise Barcellona.
«Allora devi promettermi una cosa» le disse con voce più seria. «Non osare parlare di lavoro con papà. Fallo come regalo personale a Jordan e a me.»
Barcellona arrossì imbarazzata. Era vero: ogni volta che entrava in casa loro, in qualsiasi occasione, lei e Tony si appartavano per parlare di affari e nemmeno i suoi figli riuscivano a distoglierlo da quei discorsi.
«Va bene» sbuffò divertita. «Ti prometto che non parlerò con nessuno del mio lavoro.» 
Lanciò un'occhiata al completo che aveva portato per cambiarsi: era senza forme, non l'avrebbe valorizzata. Decise di impulso di andare a casa e cambiare il look per una sera. Avrebbe veramente dedicato la serata alle relazioni sociali.

~~♡~~

Rientrata nel suo appartamento, si recò veloce in camera e aprì l'armadio. Prese da una gruccia un abito molto sexy che aveva acquistato tempo prima, ed era finito in un angolino senza che lei lo avesse mai potuto indossare.
Era nero, corto fin poco sopra il ginocchio e con una leggera scollatura sul seno: vertiginosa era quella che le metteva a nudo completamente la schiena, esponendo buona parte del suo corpo allo sguardo degli altri?.
Lasciò i capelli sciolti, come una cascata nera a coprirle parte della scollatura, ma lasciando intravedere appena qualcosa ad ogni movimento. Un filo di trucco naturale era tutto ciò che avrebbe aggiunto, giusto per far risaltare i suoi occhi da gatta.

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