Capitolo |9|
<<Dolce donzelle svegliatevi, vi ho preparato la colazione!>>, mi svegliai con la voce di Lauren che stava davanti l'interruttore a fare "accendi/spegni" con la luce.
Courtney si alzò e inciampando più di una volta andò ad abbracciarla, <<Mamma!! Quando sei tornata? Avevo capito che dovevi stare ancora per un altro mese a New York!>>.
Lauren rise e ricambiò l'abbraccio in un modo tale che mi fece provare una stretta di gelosia.
<<Hanno anticipato il convegno e sono riuscita a liberarmi prima del previsto. Ho deciso di farvi una sorpresa e papà ancora non lo sa quindi...shhh, acqua in bocca>>.
Si girò verso di me, <<Più il tempo passa e più diventi bella. Non vieni anche tu a salutarmi?>>.
Imbarazzata andai da lei, <<Ciao Lauren, anche io ti trovo bene>>.
Lauren era stata sempre gentile, così solare e buona nonostante tutto ciò che aveva dovuto passare.
La gravidanza di Courtney fu complicata e dopo la sua nascita i dottori le dissero che non avrebbe mai più potuto avere altri figli.
Aveva sempre sognato una famiglia numerosa, forse per questo le faceva piacere vedermi dentro casa sua. Era bello stare li e molte volte mi soffermavo a fantasticare su come sarebbe stata la mia vita se avessi vissuto la.
Courtney uscì prima per andare a scuola e io rimasi con Lauren aspettando Eric, sarebbe arrivato a momenti.
<<Quindi questo Eric? Da quello che Courtney mi ha detto sembra che tu gli piaccia molto>>.
Il latte che stavo bevendo mi andò di traverso, <<N..non è assolutamente così. Sai che Courtney esagera in tutto. Ti posso assicurare che non gli interesso e credo che lui stia con me solo per alcune circostanze che si sono andate a creare>>.
<<Mmh...ricorda che le cose nascono proprio per le circostanze. Pensa a me e Josh. A liceo ci odiavamo eppure dopo una serata passata al bowling, insieme ai nostri amici, abbiamo imparato a conoscerci. Quella sera era come se ci fossimo incontrati per la prima volta e poi...ci siamo sposati>>, fece una smorfia buffa e continuò, <<Ma non voglio insistere. Sembra un bravo ragazzo, il resto è affare tuo>>.
<<Quando hai capito di essere innamorata di Josh?>>, chiesi curiosa.
Ci pensò su, per qualche secondo, alla fine mi rispose con la gioia in volto.
<<Quando ho capito che nonostante odiassi i suoi difetti non riuscivo a farne a meno. Una volta...>>, iniziò a raccontarmi vari aneddoti divertenti su suo marito che la faceva andare di matto, fino a quando il mio telefono diede segni di vita.
<<Eric è arrivato, grazie per tutto... >>, ci salutammo e con lo stomaco in subbuglio uscii di casa.
Cercai di camminare a testa bassa per prepararmi ai suoi occhi, bastava stare lontano da lui per alcune ore che mi ritrovavo sempre allo stesso punto di partenza.
Ed eccolo là...
Aveva la solita giacca di pelle, quella che mi aveva prestato durante la festa in spiaggia.
Indossava un paio di jeans neri e una maglietta blu.
Era bellissimo, i suoi soliti riccioli ribelli sembravano essere più ordinati e i sui occhi erano più azzurri del normale. Come potevo definire quel colore più bello di quello del cielo? Per me non c'era alcun paragone.
Dovevo smetterla di guardarlo in questo modo, mi sarei fatta solo del male.
<<Non posso crederci, non mi hai fatto aspettare neanche 30secondi. Evans sono un po' deluso, d'accordo che non riesci a starmi lontano ma l'attesa aumenta il piacere>>.
Mi sforzai di non scappare per l'imbarazzo e cercai di rispondergli come qualsiasi altra ragazza immune al suo fascino... anche se non penso esistesse.
<<Quanto sei egocentrico. Chi dice che io non potevo stare lontano da te? Tracy ha colpito il mio cuore e l'ha conquistato...>>, risposi mettendomi una mano sul petto.
Era strano scherzare con qualcuno che non fosse Courtney eppure farlo con lui mi veniva cosi naturale da non pensarci.
Eric rise e mi lanciò il casco, che ovviamente non riuscì ad afferrare, cadendo cosi a terra con un brutto tonfo.
Imbarazzata dalla situazione lo guardai male, presi il casco e lo indossai.
Mi stava fissando cercando di trattenere una risata ma con scarsi risultati, <<Sei proprio imbranata>>.
<<E tu non aiuti per niente>>, ottenni l'ennesima risata prima di partire e di afferrarmi a lui.
Una volta arrivati riuscimmo a trovare facilmente il professore McFell e gli altri miei compagni di corso.
La galleria era fantastica: un'ampia sala piena di dipinti, sculture, mosaici e altre mille cose che ti davano una sensazione di essere in un altro mondo.
C'erano altri ragazzi della mia età di altre scuole che avevano aderito a questa iniziativa.
Vidi un signore, che poco dopo la sua presentazione scoprii essere il padre di Eric, salire sul palco e tenere un discorso sui motivi per cui era nato questo evento.
Era un uomo alto e sicuro di sè, capelli scuri e occhi severi.
A primo impatto sembrava essere un uomo tutto d'un pezzo ma quando iniziò a parlare cambiai subito idea.
Era gentile e pieno di entusiasmo. La sua voce riempiva tutto l'intero auditorium e il suo carisma manteneva in vita l'interesse di chi lo ascoltava. Eric per tutta l'intera esposizione non si distrasse minimamente, lo guardava con attenzione e di tanto in tanto intravedevo un accenno di sorriso. Doveva provare molta ammirazione per lui e d'altronde sembrava che suo padre fosse un uomo pieno di risorse.
La cosa più bella di tutta la giornata fu l'enorme buffet.
Ok, non proprio la più bella però sono sicura che non mangerò mai più così tanto in vita mia.
Il mio dipinto era appeso in un angolino, con la targhetta della mia scuola e il mio nome. Avevo rappresentato un disegno astratto utilizzando tutte le sfumature dell'azzurro pensando a mia madre e ai suoi occhi. Non si distingueva molto dagli altri quindi veniva quasi ignorato ma non mi importava perché sapevo che lei sarebbe stata orgogliosa di me.
Ripensai al sogno e a quelle parole: "È tutta colpa tua".
<<Nessuno ti ha mai detto che ammirare la propria opera è un po' da... Megalomane?>>, mi prese alla sprovvista e mi spaventai.
<<Eric non hai altra gente da infastidire?>>, dissi ormai rassegnata dal battito accelerato.
<<Si, ma mi piace infastidire te>>.
Che significava?
Era un modo per dirmi che per lui sono solo un passatempo?
Decisi di calmarmi perché sarebbe stato inutile.
Dovevo imparare a condividere lo stesso spazio con lui senza pensare a strane cose.
Era solo un... amico?
Non lo so cosa era ma sicuramente non sarebbe diventato qualcosa di più, mi aveva detto esplicitamente che non voleva relazioni.
<<Il mondo terreno chiama Tamara! Ci sei?>>.
Ecco, lo avevo fatto di nuovo.
<<Scusa...ero distratta. Mi hai detto qualcosa?>>.
Sbuffò, <<Si ti stavo dicendo che, dato la noia mortale di questo evento, che ne diresti di andarcene?>>.
<<Cosa?!>>, urlai attirando l'attenzione di coloro che erano vicini.
Eric mi guardò con un'aria d rimprovero.
Mi morsi un labbro per l'imbarazzo, <<Non possiamo>>, abbassai la voce, <<E il professore? E tuo padre? E poi andare dove?>>.
<<Aspetta, dammi tempo e rispondo alle mille domande inutili che mi hai posto>>, portò gli occhi in su, <<A mio padre non importa e il professore non se ne accorgerà quindi in teoria possiamo. Riguardo al posto, non lo so. Mancano poche alla festa di stasera quindi potresti venire direttamente a casa mia. Sono sicura che Nathan andrà a prendere Courtney quindi...>>
<<Perché?>>, lo interruppi.
Mi rivolse uno sguardo confuso, <<Beh penso che tra loro due stia nascendo qualcos...>>
<<N..no, non intendevo questo>>.
<<E allora cosa volevi dire?>>, chiese disorientato.
Sospirai, mi dovevo dare una calmata.
Che cosa volevo chiedergli?
"Perché vuoi che venga con te?".
La sua richiesta per lui non aveva nessun valore, priva di significato quindi non dovevo farmi paranoie.
<<Niente, lascia stare. Sei sicuro che non ci metteremo nei guai?>>.
<<Fidati di me, sono un bad-boy con i fiocchi e sono un esperto in "abbandona le situazioni impegnative e noiose">>.
Risi a quel "bad-boy" e, cercando di non dare nell'occhio, uscimmo dalla galleria.
Prima di salire sulla moto decisi di chiamare Courtney e spiegarle la situazione. Non l'avevo mai sentita così felice inoltre Eric aveva ragione...già Nathan si era proposto di passarla a prendere.
<<Hai finito?>>, chiese spazientito.
<<Si, andiamo>>, salii sulla moto e partimmo.
Quel sedile, la sua schiena, le mie mani su di lui e i muscoli dell'avambraccio che guizzavano ogni qual volta accelerava mi parsero cosi familiari che mi spaventai. Non dovevo abituarmi a lui perché da un momento all'altro si sarebbe allontanato da me e non mi sarebbe rimasto altro che l'ennesimo vuoto da riempire.
Ma come potevo allontanarmi dall'unica cosa che mi faceva sentire cosi viva? Sapevo che stavo entrando in qualcosa che fosse più grande di me ma non riuscivo a smettere. Avevo paura di non trovare un'altra persona che mi facesse risentire certe sensazioni e una volta provate... non riuscivo ad immaginarmi una vita senza.
Distratta dal suo profumo, dai miei pensieri e dal vento leggero, arrivammo a destinazione.
Non avevo mai visto una casa così bella ma la cosa che mi colpì maggiormente fu la sua grandezza.
Era immensa, perfino più grande di quella di Courtney.
La casa era circondata da un enorme giardino ben curato. C'erano tantissimi fiori e alberi e questo rendeva l'aria pulita e piacevole.
Eric mi indicò il luogo in cui si sarebbe svolta la festa e notai, a lato della casa, la dependance che sembrava essere grande quanto la casa di Rachel e Finn.
Non feci altro che esclamare: "Wow...Fantastico...È Assurdo...Non ci posso credere..."
Era più forte di me.
Eric mostrò per tutto il tempo la faccia da eterno soddisfatto.
<<Questa casa l'ha progettata mia madre, anche lei ama disegnare... più che altro preferisce il disegno geometrico ma ha una fervida immaginazione>>, disse fiero.
Aveva dei genitori fantastici e adesso capivo il motivo per cui lui fosse cosi... perfetto.
<< Tua madre deve essere una donna meravigliosa per aver immaginato una cosa del genere>>, indicai un'immensa nicchia, situata in una delle facciate laterali della casa, che fungeva da cascata.
L'acqua limpida scorreva velocemente da una sottile apertura posta circa a 3 metri di altezza dal suolo, scontrandosi cosi bruscamente con la profonda vasca sottostante incavata nel terreno e creando una meravigliosa schiuma che si dissolveva velocemente.
Mi avvicinai e toccai l'acqua.
<<È bellissimo...non avevo mai visto una cascata dal vivo. E' la cosa più bella che abbia mai visto>>, pensai ai suoi occhi... forse era la seconda cosa più bella mai vista.
<<Lo sai vero che è artificiale?>>, disse Eric prendendomi in giro.
Non so perché lo feci, mi venne naturale e, chinandomi, gli schizzai un po' di acqua addosso bagnando gran parte della sua maglietta.
Risi a crepapelle per la sua reazione. Amavo prenderlo alla sprovvista, era sempre cosi fastidiosamente spavaldo e sicuro di sé.
Mi guardò scioccato e sul viso gli spuntò un sorriso malizioso, <<Vuoi la guerra Evans?>>.
Mi prese per i fianchi e mi getto sotto la cascata, come se fossi un sacco di patate.
<<Eric>>, urlai sconvolta, <<Non posso crederci! Sei impazzito?>>.
Tentai di uscire dalla vasca ma non era così tanto facile, era profonda ma non pensavo cosi tanto.
<<Hai iniziato tu! Ricordati, mai giocare con un Grant>>.
Cercai di uscire ma nulla, inoltre ancora i lividi del fianco erano in via di guarigione quindi appena contraevo i muscoli per issarmi su, una fitta mi infilzava lo stomaco.
<<Mi potresti aiutare ?>>, chiesi imbarazzata.
Sbuffando si avvicinò tendendomi la mano e io ovviamente ne approfittai per trascinarlo con me all'interno della cascata.
Non poteva averla vinta, aveva davvero esagerato e mi sarei sentita una stupida ad essere l'unica fradicia.
Lui oppose resistenza ma lo avevo colto alla sprovvista, di nuovo, quindi cadde insieme a me. L'acqua era più bassa della vasca ma in quella posizione ci arrivava fino al collo. Vidi i suoi capelli assumere un nero più intenso mentre alcune gocce gli incorniciavano il viso.
<<Mi sa che non bisogna scherzare neanche con una Evans>>, la sua espressione seria era così buffa da farmi scoppiare a ridere.
Ci alzammo contemporaneamente e i nostri sguardi si incrociarono.
I suoi occhi indugiarono sul mio corpo bagnato, mi imbarazzai ma anche io feci lo stesso sul suo.
La sua maglietta aderiva perfettamente ai suoi addominali e l'acqua gli accarezzava la pelle...era perfetto!
Sentivo il suo respiro caldo su di me e il cuore mi batteva fortissimo.
Mi avvicinai, era più forte di me...era come se necessitassi il suo respiro.
Se mi fossi mossa di un solo millimetro gli avrei potuto sfiorare le labbra e stavo per farlo,
<<Sarà meglio rientrare e asciugarci>>, si allontanò bruscamente da me.
Aveva interrotto tutto, compreso la corsa accelerata del mio cuore. Sapeva cosa stavo per fare e ha voluto fermarmi.
Ero una stupida.
<<Si, hai ragione>>, evitai di guardarlo in viso per fargli capire quanto quel suo rifiuto mi avesse ferita.
Fortunatamente riuscì ad uscire dalla vasca senza aiuto, avevo cosi adrenalina in corpo che ignorai gli odiosi lividi e in silenzio mi portò dentro la dependance mostrandomi il bagno.
<<Se apri quel cassetto ci dovrebbero essere alcuni vestiti di mia madre. Non credo che quelli che indossi si asciugheranno prima della festa. Ti conviene farti portare dei vestiti dalla tua amica. Ti aspetto di la>>, uscì dal bagno lasciandomi sola.
Mi presi un momento per riacquistare padronanza di me stessa.
Mi aveva rifiutato, o meglio, non mi aveva neanche dato modo di essere rifiutata perché aveva interrotto tutto prima che potesse accadere qualcosa.
Mandai un messaggio a Courtney, chiedendole di prestarmi qualche vestito.
Fortunatamente mi ero messa solo l'eye-liner che oltretutto era water prof quindi mi era andata bene.
Aprii il cassetto e presi una maglietta e un paio di pantaloncini. Mi andava tutto largo perciò decisi di fare un nodo alla maglietta, facendo attenzione a coprire i lividi, e di alzarmi i pantaloncini per farmeli andare più stretti.
Dopo aver cercato di sistemare l'irreparabile uscii dal bagno cercando di frenare le lacrime che volevano uscire. Non avrei pianto per una cosa del genere, sapevo di non piacergli in quel senso. Evidentemente gli stavo simpatica oppure per lui ero solo una novità passeggera.
Era seduto sul divano e stava combinando qualcosa con il telefono.
<<Io ho finito, se vuoi puoi andare>>.
Mi squadrò a lungo, pensavo che si sarebbe messo a ridere perché sapevo di essere buffa e invece no, si alzò senza dirmi nulla, entrando in bagno.
Sembrava in imbarazzo. Forse il mio gesto lo aveva intimidito, forse stava pensando a come rifiutarmi senza farmici rimanere male. Ma perché dovrebbe provare interesse per i miei sentimenti?
Non sapevo cosa pensare, un attimo fa andava tutto alla grande, ci stavamo divertendo e poi... Ho rovinato tutto.
Sentii un telefono vibrare, pensai che fosse il mio ma mi accorsi che era quello di Eric.
Inavvertitamente lessi la notifica, aveva ricevuto un messaggio di Daisy.
Stava messaggiando con lei.
Mentre Io continuavo a farmi mille paranoie lui pensava a Daisy.
Sfigata!
Dovevo sembrargli una disperata dopo la reazione di prima, bastava una parola dolce ed una sottile confidenza per farmi diventare cotta di lui.
Mi buttai sul divano e dopo un po' uscì dal bagno.
Indossava un paio di bermuda e una maglietta bucherellata con un'immagine dei, <<Looney Tunes? Fai sul serio?>>, non riuscì a trattenere le lacrime che avevo cercato di nascondere ma con quella scusa potevo benissimo non preoccuparmi... inoltre non potevo proprio smettere di ridere.
Neanche io capivo se fossi più triste e amareggiata o divertita ma qualunque cosa fosse feci fatica a contenermi.
Era così strano vederlo con quei vestiti. La mia reazione fu cosi esagerata che riuscii a strappargli un sorriso.
<<Questa maglietta risale a quasi 7anni fa e inoltre io amo i Looney Tunes!>>, disse facendo l'offeso.
Alzai la mano in segno di resa e cercai di ricompormi.
<<Andiamo dentro, non capisco perché mi sono messo questa roba quando potevo prendere direttamente i miei vestiti>>.
<<Ma no dai, stai così bene! Stasera farai scalpore tra le ragazze...>>, risi di nuovo.
Lui avvicinò il suo viso al mio, <<Oggi sei particolarmente ironica>>.
Smisi subito di ridere e non risposi, ero concentrata a non perdermi nei suoi occhi.
Vedendo di nuovo la mia reazione si allontanò e mi fece il gesto di seguirlo.
Bene, ero riuscita nuovamente a farlo sentire a disagio, evidentemente i suoi confini non coincidevano con i miei e anche un solo sguardo mi destabilizzava.
Cercai di concentrarmi su ciò che stavo guardando, l'interno della casa mi piacque più dell'esterno.
Non era una di quelle case lussuose e arredate in un modo troppo antico da risultare noiose o troppo moderne da sembrare anonime.
Appena entravi ti dava la sensazione di essere... a casa.
Il soffitto in legno era altissimo e dall'entrata si riusciva a vedere gran parte del secondo piano, un'ampia scala divideva a metà l'entrata e a destra si intravedeva una grande porta di vetro dove sembrava esserci una cucina. il pavimento in parquet chiaro faceva da contrasto con le assi di legno scuro che correvano lungo il soffitto. Notai subito che alla sinistra della scala vi era un'open space che comprendeva quello che doveva essere il salone. Un enorme divano circondava un bellissimo angolo occupato da un camino e dalla lussuosa, e a mio parere esagerata, televisione. Quanti pollici era? 80?
Ogni parete era occupata da quadri, foto e altre mille cose che provenivano sicuramente da posti diversi. Riconobbi diverse maschere veneziane e messicane vicine ad alcune lavorazioni in ceramica.
<<Eric? Quando sei arrivato? Non sapevo portassi ospiti, pensavo tornassi con tuo padre dalla mostra>>, una donna si avvicinò a noi.
Era bellissima, con dei capelli ricci che le cadevano morbidamente sopra le spalle ed occhi grandi, di un azzurro che ormai conoscevo fin troppo bene.
Era sicuramente sua madre.
D'improvviso mi ricordai di come ero vestita e di quanto potessi sembrare sconveniente e maleducata. Notai lo sguardo indagatore di sua madre ma non fece alcun commento e non sembrava neanche infastidita... anzi, era quasi sollevata.
Si limitò a rispondere solo ad una domanda, <<Beh non era necessario rimanere. Mamma ti presento Tamara, Tamara ti presento...>>
<<Margot, piacere cara>>, rispose subito lei porgendomi una mano.
La vidi lanciare uno sguardo di intesa a suo figlio che non si scompose neanche di un millimetro.
<<Piacere mio...complimenti per la casa, è stupenda>>, dissi imbarazzata cercando di riparare sul fatto di essermi presentata in queste condizioni.
Guardai Eric e mi vergognai ancora di più, era palese che entrambi indossavamo vestiti che non dovevamo indossare, chissà cosa stava pensando sua madre.
<<L'avrai detto almeno una ventina di volte. Adesso andiamo che mi devo cambiare>>, salì le scale e io, dopo aver lanciato uno sguardo di scuse a sua madre, lo seguii in totale imbarazzo.
<<Se mi avessi detto che ci fosse stata tua madre ti avrei aspettato fuori>>, lo accusai.
Come non aveva potuto minimamente preoccuparsi di quella eventualità?
<<Non pensavo di trovarla a casa e comunque qual è il problema? Fidati ha visto cose peggiori. Almeno tu sei vestita>>.
Ecco, aveva di nuovo fatto allusioni a ciò che non volevo sapere. E faceva più male dato che io non ero riuscita ad ottenere ciò che le altre ragazze facilmente ottenevano da lui.
Perché non mi aveva permesso di baciarlo se per lui non era una situazione cosi rara? Ero cosi disgustosa? O forse centrava Daisy? Mi aveva mentito e forse provava qualcosa per lei ma era impossibile, l'altro giorno l'aveva scaricata sul marciapiede.
Zittii i miei pensieri e lo seguii al secondo piano varcando una porta in legno con delle decorazioni floreali intagliate.
Doveva essere la sua stanza e appena entrai rimasi a bocca aperta. Era enorme e un'intera parete era sostituita da una vetrata attraversata dalla confortevole luce pomeridiana.
Mi avvicinai e vidi che da lì si riusciva a vedere la cascata, gli alberi e la dependance.
<<Evans chiudi la bocca, stai sbavando...>>
<<Grant vatti a cambiare e non rompere>>, risposi più indispettita di quanto dovevo essere.
<<Grant? Da quando mi chiami con il mio cognome?>>.
<<Tu mi chiami con così tanti nomignoli che mi fa strano chiamarti solo Eric>>, continuai a parlare senza voltarmi.
Ero troppo imbarazzata da tutte le cose che erano successe ma anche rapita da quella vista. In lontananza riuscivo a vedere pure il mare.
<<Non sono nomignoli. Imbranata ti si addice più di Tamara>>, prese alcuni vestiti e si rifugiò nel bagno che ovviamente era in camera.
Ignorai il suo commento e mi guardai attorno.
A fianco alla porta d'entrata c'era un letto imponente che si appoggiava direttamente sul pavimento, questa volta Courtney per grandezza lo batteva.
Un armadio percorreva il fianco destro della stanza lasciando lo spazio per la porta che faceva accedere al bagno. Al centro della stanza c'era un tappeto con un divano che dava le spalle alla finestra per rivolgersi ad un altro televisore, sta volta di ridotte dimensioni rispetto al primo ma ugualmente grande; Infine di fronte la porta d'entrata c'era un'enorme scrivania ad angolo in legno bianco che accompagnava per più di un metro l'unica "finestra" della stanza.
Venni catturata da varie foto appese sopra la scrivania coprendo un decimo della strabiliante vista: riconobbi Nathan, Liam, Tiffany e perfino Luke.
Molte foto lo ritraevano con una bambina dagli occhi azzurri e capelli neri, accarezzai istintivamente la foto cercando di capire chi potesse essere.
<<Lei è Amelie, mia sorella>>, disse Eric prendendomi alla sprovvista.
<<Hai pure una sorella? Pensavo che ci fosse solo Nathan >>, sperai di non essere diventata troppo rossa per essere stata trovata a frugare tra le sue cose ma d'altronde lui mi ci aveva portata la dentro.
<<Beh in realtà Nathan non è proprio mio fratello, semmai fratellastro>>.
Mi girai e rimasi sconvolta da ciò che mi aveva appena confidato.
Ok si, non si somigliavano poi così tanto. Nathan era biondo con occhi castani e Eric era l'opposto ma molti fratelli non si somigliano.
<<Non lo sapevo...>>, risposi mortificata.
<<Mia madre si è sposata con John quando io avevo 9 anni. Sandy, la madre di Nathan, morì quando lui aveva 2 anni e mio padre invece ci ha abbandonato subito dopo la mia nascita. Era un drogato indebitato ed è morto per i suoi vizi. Quando venni a sapere che mia madre si sarebbe sposata con John... fui molto felice. Si meritava un nuovo inizio>>.
<<Non deve essere stato facile per tua mamma ma neanche per te. Anche tu meritavi un nuovo inizio>>, dissi ricordandomi Drew.
Non mi aveva mai fatto mancare nulla ma non era facile essere sua figlia, mi sentivo sempre in debito dato che non ero una sua naturale responsabilità. Immaginai un piccolo Eric indifeso che tentava di proteggere sua madre dalla vita e mi sentii ancora più vicina a lui, più di quanto avessi mai dovuto sentirmi.
Mi guardò e vidi che stava riflettendo su ciò che gli avevo appena detto, come se avessi parlato in un'altra lingua.
<< John è stato un ottimo padre ed è l'unica persona che accetterei di vedere a fianco a mia madre>>, si sedette pesantemente sul letto, <<Tu invece?>>.
<<Io cosa?>>, chiesi nervosa.
<<la tua famiglia. La tua storia è più tragica della mia?>>, disse ridendo.
Mi pentii subito di aver intrapreso quel discorso, non aveva idea di quanto la mia vita fosse tragica e non volevo sminuire il suo passato ma a differenza mia... lui viveva con persone che lo amavano. Rimase li ad aspettare una mia risposta e improvvisamente mi sentii triste, avvicinai la mano al ciondolo dorato e lo strinsi forte.
<<Anche io non sono cresciuta con il mio padre biologico, ho vissuto con Drew e mia madre fino all'età di 12 anni poi sono morti e adesso abito dai miei zii acquisiti>, inghiottii il grosso nodo che avevo in gola.
Evidentemente non si aspettava una risposta del genere per questo fece passare un bel po' di tempo prima di parlare.
<<Mi dispiace... Come sono morti?>>.
La situazione mi stava irritando parecchio ma la colpa era mia, avevo dimenticato cosa significasse iniziare a relazionarsi con una persona. L'unica persona che si era spinta più in la di un semplice "ciao" o di un "hai fatto i compiti assegnati?" era stata Courtney, per avere un quadro generale della mia vita ha dovuto aspettare molto tempo.
<<Incidente>>, troncando bruscamente il discorso.
Lo vidi a disagio come se si fosse accorto di aver invaso una proprietà privata.
<<Scusa non volev...>>
<<No, scusami tu...>>, mi morsi l'interno della guancia maledicendo il mio carattere, <<É solo che parlare di queste cose mi mette a disagio>>, cercai di fargli un sorriso.
Anche lui mi aveva parlato della sua vita, potevo tranquillamente cambiare discorso invece di apparire cosi interessata. Cercai di non mostrargli il mio sguardo tormentato dato che già avevo rivelato troppo.
Notando il mio cambiamento di umore decise di farmi domande meno impegnative e lo apprezzai. Parlammo di film, musica, libri e ci ritrovammo a ridere dei miei aneddoti imbarazzanti che avevo raccontato solo a Courtney.
Eravamo distesi sul letto e mi accorsi solo dopo di quanto quella vicinanza mi mettesse in agitazione. Non mi ero mai ritrovata in questa situazione e quando ero con lui avevo delle grosse difficoltà di auto-gestione, non volevo rovinare tutto un'altra volta.
Mi piaceva quello che avevamo e sapevo di non potermi aspettare altro.
<<A cosa stai pensando?>>, disse girandosi sul fianco per guardarmi meglio.
Notai la sua camicia leggermente aperta dove si intravedevano delle linee scure. Chissà quanti tatuaggi aveva.
<<Niente... tutto questo è cosi strano, non sono abituata a parlare con qualcuno che non sia Courtney... è patetico lo so>>, percepii il leggero calore sulle guance che sapevo mi stesse regalando una bellissima e sobria sfumatura di un rosso aragosta.
<<Eppure non sembra, secondo me hai una immagine distorta di te stessa>>, non capiva che era lui quello che mi rendeva cosi... disposta a rispondergli.
<<Con te è diverso, parlare non mi risulta cosi difficile... mi piace>>, dissi con troppa sincerità.
Vidi il suo sguardo cambiare, farsi più intenso e attirarmi verso di lui... sapevo che a breve mi ci sarei persa ma non mi importava. In quel momento avrei fatto di tutto pur di stare con lui. Mi morsi il labbro inferiore per combattere l'istinto che pochi minuti fa aveva rovinato tutto, non volevo che si allontanasse da me.
Sobbalzai leggermente quando sentii la sua mano inaspettata sul mio viso, non so cosa stesse facendo di preciso ma il suo tocco leggero mi lasciò senza fiato.
Il mio cuore stava compiendo una danza mai svolta prima, per me era tutto cosi nuovo che non capivo neanche cosa significasse quella situazione.
<<Cosa mi stai facendo?>>, chiese in un filo di voce più a sè stesso che a me.
Non ebbi il tempo di capire o rispondere che sentii le sue labbra sfiorare le mie.
Mi baciò.
Mi prese così alla sprovvista che inizialmente non contraccambiai ma fu solo un attimo perché appena la mia mente recepii ciò che già il mio corpo aveva capito mi buttai su di lui. Il bacio leggero e impercettibile si trasformò in qualcosa di più vorace e brusco. Le nostre labbra si scontravano con forza e la sua lingua non mi lasciava un attimo di tregua accarezzandomi e muovendosi abilmente. Sentivo le sue mani sulla pelle e questo non faceva altro che aumentare la voglia di baciarlo.
Mi prese per i fianchi e mi adagiò sopra di lui, la sua stretta sfiorò uno dei lividi che avevo sul fianco e mi strappò un flebile lamento ma non mi importava un bel niente perché per la prima volta il mio corpo veniva travolto da un sentimento diverso, non distruttivo e devastante come la rabbia o il dolore ma risanatore. Era come se avessi fatto entrare il sole dentro di me.
Percepivo la sua eccitazione e ancora prima di capire cosa dovessi fare iniziai a muovere lentamente il bacino per averlo più vicino. Avevo le mie mani tra i suoi capelli soffici, desideravo toccarli dalla prima volta che lo avevo visto. Le sue mani invece erano impegnate a stringermi e ad accarezzarmi la schiena, quel contatto mi faceva girare la testa e volevo solo che non si fermasse. Il suo fiato caldo mi aveva stordita e quando le sue labbra si separarono dalle mie mi mancò respirarlo.
Appoggiò la sua testa sulla mia e rimanemmo in silenzio mentre con le dita manteneva la stretta salda sulla mia pelle. Si udivano solo i nostri respiri affannati che piano piano si regolarizzavano.
Lo guardai negli occhi perché volevo averne di più non mi bastava solo quello, volevo rifugiarmi dentro quell'azzurro meraviglioso ma tutto potevo immaginarmi che quella espressione.
Era spaventato e sembrava...pentito. Se non avessi percepito la sua reazione con il mio corpo avrei detto che stesse soffrendo.
Come poteva guardarmi in quel modo dopo... era stato lui a baciarmi, io avevo cercato di non superare quel confine. Non poteva anzi non aveva senso reagire cosi. Non gli era piaciuto? E allora perché aveva continuato ad avvolgermi con le sue braccia?
<<I..Io...>>, cercava di dirmi qualcosa, ma non volevo sentire. Qualsiasi cosa mi avesse voluto dire non era per niente positiva, perché ascoltare?
Feci pressione sulle ginocchia che erano appoggiate sul letto e alzandomi mi allontanai da lui.
Quella lontananza mi svuotò, un attimo prima ero a cavalcioni su di lui e un attimo dopo stavo li in piedi ad evitare il suo sguardo.
<<È stato un errore, non doveva succedere>>, mi disse.
Un errore?
Per me era stata la cosa più bella ed emozionante della mia vita e per lui era stato solo un errore? Ero arrabbiata perché stava sottovalutando qualcosa che per me superava ogni aspettativa.
Mi squillò il telefono e fui felice di vedere che era Courtney, volevo scappare via e rifugiarmi tra le sue braccia. Che cosa mi era saltato in mente?
-Tama, io e Nathan siamo arrivati. Già qua c'è un po' di gente.Voi dove siete?- guardai velocemente l'orario e mi accorsi che erano le nove di sera passate. Quanto tempo avevamo trascorso insieme?
-Hey ci sei? mi senti?- disse richiamando la mia attenzione
-Si. Siamo dentro casa, potresti venire all'ingresso? In modo tale da potermi cambiare?-
Non mi andava di rimanere alla festa ma non potevo fare altrimenti, sarei rimasta in disparte a pensare. Dovevo fare chiarezza con i miei sentimenti, non potevo permettergli libero accesso a qualcosa che non sapevo neanche di avere.
-Oh si, te li porto subito- disse con il solito tono preoccupato, aveva capito che qualcosa non andava.
Chiusi la chiamata e voltandomi uscì dalla stanza senza neanche rivolgergli la parola.
Una stupida, ero una stupida.
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