Capitolo |40|
P.O.V Tamara
4 giorni, 15 ore e 33 minuti. Avevo passato tutto quel tempo in camera mia, a volte piangevo disperatamente e altre rimanevo in silenzio ad ordinare i miei pensieri. Una enorme libreria con milioni di fascicoli da organizzare.
Sapevo di dover reagire ma ogni volta che provavo a varcare quella porta mi ripetevo
"Ancora un altro po'".
Lauren e Courtney ogni tanto venivano per risollevarmi l'umore e farmi compagnia ma avevano capito che volevo solo stare da sola.
Darla si era presa la briga di continuare i nostri incontri da me, insomma... mi stavano tutti viziando.
L'unico contrariato era Josh, non mi aveva detto nulla ma avevo notato il suo sguardo di disapprovazione e l'altra sera, senza volerlo, avevo assistito ad una semi-litigata tra lui e Courtney riguardo il mio comportamento.
Aveva detto che costi quel che costi non mi avrebbe più permesso di vedere Eric... beh, non sarebbe più successo.
Chiusi gli occhi e per l'ennesima volta ripercorsi tutti i momenti passati con lui, di solito quando lo facevo riuscivo ad impegnare la mente per circa tre ore. Mi perdevo nei minimi dettagli, non volevo dimenticare.
La pioggia, i suoi occhi, le sue labbra che si arricciavano attorno alla sigaretta per poi produrre una leggera nuvola di fumo che si dissolveva nell'aria.
Darla diceva che era normale, stavo solo affrontando il dolore e la perdita... perché si trattava di questo, era come se avessi perso un'altra persona importante.
Questa volta però non potevo prendermela con la vita o con me stessa per essere dannatamente avvolta dalla cattiva sorte.
Avevo preso io quella decisione in base agli avvenimenti, convinta che fosse il male minore... ma faceva ugualmente troppo male.
Ebbi la forza di alzarmi da quel letto, dovevo farmi una doccia. Forse mi sarei sentita meglio, qualsiasi cosa per cinque minuti di tregua.
Girai la manopola e iniziai a spogliarmi con gesti meccanici mentre la mia mente vagava tra i ricordi.
Chissà cosa sarebbe successo se non ci fossimo mai incontrati.
E se i miei non fossero morti?
Non avrei mai conosciuto Courtney ed Eric ma contemporaneamente non avrei mai avuto modo di incrociare Rachel, Finn e Andrew.
O forse Drew prima o poi mi avrebbe fatto incontrare la sua cara sorella, magari in quella vita non sarebbe stata cosi disgustosa e stronza.
No, impossibile. Parlavamo di Rachel.
Dicevano sempre che non si poteva parlare male dei morti, era irrispettoso e sgradevole.
Beh, con me lei non si era comportata diversamente e poi a chi importava? Chi soffriva per la morte di quei due?
Io no di certo, avevo solo un senso di colpa che a volte si presentava nei momenti di debolezza ma nient'altro.
Solo Andrew sembrava triste ma faceva parte della loro stessa razza.
Toccai il ciondolo mentre l'acqua scorreva lungo la mia pelle dandomi un leggero senso di sollievo.
Ero andata al loro funerale ma non a quello dei miei genitori.
Non so di preciso come arrivai ad una conclusione del genere ma sentii il forte bisogno di farlo.
Finalmente da giorni desideravo fare qualcosa che non fosse piangere o non-esistere.
Uscii dalla doccia, presi i primi vestiti sottomano e cercai di rendermi presentabile al mondo che stava oltre la mia fortezza personale.
Era giovedì pomeriggio e sapevo di essere sola a casa a parte Mariana, la graziosa signora delle pulizie. Ero consapevole che avrebbero dato di matto non trovandomi più a vegetare nella mia stanza ma volevo farlo da sola, ne avevo pienamente diritto.
Strappai un foglio di carta da uno dei miei quaderni e scrissi un semplice messaggio:
"Non vi spaventate, tra pochi giorni sarò a casa. Sto andando a fare qualcosa che avrei dovuto fare già da molto tempo. Appena posso vi chiamo.
Ps: Lauren e Josh, al mio rientro accetterò qualsiasi punizione vogliate darmi.
Starò bene! Vi voglio bene"
Rilessi le poche parole sperando di aver scelto quelle giuste, e lo adagiai sul letto. Sarebbe stata la prima cosa che avrebbero notato dato che in quei giorni ero entrata in simbiosi con il materasso.
Mi voltai verso la porta e mi concessi alcuni secondi prima di aprirla. Mi sentii un po' frastornata, era tutto nella mia testa e stavo diventando quasi sociopatica.
Dovevo smetterla!
Li fuori non c'è nulla che non abbia già affrontato, conoscevo più di molta altra gente quindi potevo benissimo farcela.
Scesi silenziosamente le scale e fortunatamente trovai con facilità le chiavi della macchina. Avevo dato il consenso a Josh e a Lauren di vendere la macchina di Rachel, dopo la sua morte non provavo alcun piacere ad averla...anzi, direi quasi che mi faceva ribrezzo. Era inquietante. Cosi avevamo trovato un accordo, non volevo una macchina vistosa e costosa, e la scelta ricadde sul solito e caro Pick-up. Ovviamente non aveva nulla a che vedere con quelli che avevo guidato in precedenza.
Loro mi avevano assicurato che il prezzo era stato molto conveniente e nonostante svariati litigate mi avevano categoricamente vietato di uscire soldi. Per convincermi mi tennero il broncio per almeno due giorni e dopo aver parlato con Courtney, cedetti.
Per la seconda volta avevo ottenuto una macchina senza usare i miei fondi.
Andai nel grande garage e posizionai il piccolo zainetto che avevo preparato con dei cambi e lo stretto necessario per ciò che stavo andando a fare.
Sapevo quanto distava la Florida da Boston, quasi un giorno di macchina. Considerando che mi sarei dovuta fermare per dormire e mangiare, sarei arrivata a destinazione tra quasi due giorni. Avevo controllato quel tragitto un milione di volte pensando di fuggire via da quella città, finalmente lo stavo facendo.
Accesi il motore e senza alcun indugio iniziai quel viaggio.
Sentivo l'adrenalina scorrermi nelle vene mentre sfrecciavo tra le strade assolate e afose della Florida. Quella sensazione era piacevolmente diversa e nuova da ciò che avevo provato negli ultimi giorni.
Lauren e Josh mi avrebbero capita, pure Courtney. Ne avevo bisogno.
Guidai per circa quattordici ore con solo tre soste di mezz'ora ciascuna.
Avevo sottovalutato il viaggio. Pensavo di riuscire a raggiungere almeno Washington e fermarmi in qualche Hotel ma avevo tutti i muscoli intorpiditi e desideravo solo una doccia, un letto e del cibo. Mi fermai cosi a Richmond e dopo alcuni minuti riuscii a trovare un Hotel a tre stelle.
Avevo abbastanza soldi da permettermi anche qualcosa di più ma non ne avevo alcun bisogno, l'importante è che fosse in una zona facilmente collegata al tragitto che l'indomani avrei dovuto continuare.
Scesi dalla macchina prendendo il poco che avevo portato con me ed entrai nell'edificio spoglio e bianco.
Un vecchio signore, magro e baffuto, si intravedeva da dietro il bancone di legno. Dovetti fare più di un sorriso da "Sono una brava ragazza" dato che non smetteva di guardarmi come se da un momento all'altro potessi uscire una pistola e urlare: "Fermi tutti, questa è una rapina!".
La registrazione sembrò durare una eternità ma dopo alcuni minuti mi diede la chiave e tutte le informazioni che necessitavo sapere, soprattutto quelle riguardanti il cibo.
Attraversai il lungo corridoio rivestito da piastrelle ingiallite e poco rassicuranti. Speravo solo che fosse abbastanza pulita da non contrarre alcun fungo o infezione.
La camera superò di gran lunga le mie basse aspettative, era spaziosa con un bagno che sembrava alquanto pulito ed un piccolo balcone aldilà di una stretta porta-finestra.
Accesi immediatamente il condizionatore, collaudai la doccia e solo dopo aver ordinato qualcosa da mangiare mi dedicai al cellulare. Non potevo più rimandare, durante il tragitto non aveva smesso di squillare ed ero stata costretta ad impostare il silenzioso.
Forse avrei dovuto avvertirli con una chiamata che con una stupida lettera.
Ignorai i messaggi di Courtney e la chiamai direttamente.
Al primo squillo rispose:
-Dimmi che stai bene!-
Feci un respiro profondo -Sto bene!-
Dall'altro lato della cornetta sentivo le voci di Josh, Lauren e qualcun altro. Forse Nathan.
Il cuore mi salii in gola, e se avessero avvertito pure Eric?
Cosa avrebbe pensato?
- Dove diavolo sei?! -
Dovetti allontanare il telefono, nonostante avessi diminuito il volume la sua voce continuava a torturare i miei timpani.
-Sono a Richmond, in un Hotel. Domai mattina mi rimetto in viaggio. Ritornerò tra alcuni giorni-
Non volevo dirgli dove stessi andando, era un po' imbarazzante e avrei voluto condividere quel momento solo con me stessa.
Era una cosa cosi stupida?
Volevo solo, almeno per una volta, visitare la tomba dei miei genitori.
La sentii parlare con qualcuno, gli stava riferendo ogni cosa. Perché non mi metteva direttamente in viva-voce?
-Ora dimmi subito dove stai andando!-
Altre voci si mischiarono. Ok, forse la cosa mi stava sfuggendo un po' dalle mani.
-Dai miei genitori-confessai imbarazzata.
Sapevo il perché mi sentissi in quel modo, era una situazione ridicola. Se glielo avessi detto non mi avrebbero negato di fargli visita e non si sarebbero preoccupati. Solo che sentire quella voglia di fare qualcosa, che andasse in tutt'altra direzione dal nascondermi e crogiolarmi nei ricordi di Eric, mi aveva cosi sorpresa che non avevo altro interesse che agire immediatamente.
-Dice che sta andando dai suoi genitori... no mamma, non sembra ubriac... Papà! No! Ridammi il telefono...-
Sentii un rumore indistinto. Che stava succedendo?
-Ascoltami bene signorina- la voce minacciosa di Josh mi spaventò – Non so cosa tu abbia in mente ma pretendo immediatamente che me lo dica e subito dopo voglio sapere il luogo in cui sei perché ti verrò a prendere. Non ammetto obiezioni!-
Mi massaggiai le tempie, sapevo di essere in torto. Non ero abituata a certi tipi di attenzioni ma la verità era che ero stata cosi egoista ed immatura da fregarmene delle conseguenze.
-Josh mi dispiace, mi sono comportata da stupida. Però ti prego, lasciami fare questo da sola. Sto andando a Boston. Non li ho mai visti. Credo che... che mi farà bene-
Sentii chiaramente le urla di Courtney e poi il silenzio.
-Se me lo avessi detto...-
-Lo so, hai ragione. Ho agito senza pensare ma sto bene. Non volevo allarmarvi cosi tanto- la mia voce rispecchiava il dispiacere di aver creato tutto quel trambusto.
Ci fu un attimo di silenzio, saranno stati pochi secondi ma la tensione era palpabile e appesantiva ogni secondo rendendolo insopportabile.
-Voglio che mi avvisi di ogni tuo spostamento. Ogni tre ore pretendo di ricevere almeno un messaggio per sapere che stai bene e quando arriverai a Boston esigo una chiamata. Ci siamo capiti? -
Tirai un respiro di sollievo – Si-
-Del resto ne parliamo quando rientrerai. Hai abbastanza denaro?-
Una fitta al cuore mi fece cadere più in basso di quanto già non fossi -Si...-
-Bene...- la sua voce sembrò ammorbidirsi – Stai attenta-
-Grazie di tutto e scusati con Lauren da parte mia...-
-Lo farai tu quando ritornerai a casa.
Continuai a sentire le proteste di Courtney e infine la telefonata si interruppe.
Mi lasciai cadere sul letto.
Ero un disastro.
Cercai di accantonare il dispiacere, avrei chiarito con loro una volta tornata a... casa.
Un flebile sorriso mi sfiorò le labbra. Avevo una casa in cui tornare.
Mi concessi quattro ore di sonno e verso mezzogiorno ripresi il viaggio, come avevo promesso a Josh, mi fermai ogni tre ore per mandare un breve resoconto. Non che avessi poi cosi tanto da dire ma non osavo sfuggire a quella piccola imposizione.
Mentre guidavo la mia mente sembrava alleggerirsi da tutte quei pensieri ritriti che mi avevano assuefatta a tal punto da chiudermi in me stessa.
Era come se riuscissi a respirare un'aria diversa, più leggera.
Giunsi a Boston alle 8 di sera, non avevo alcuna intenzione di inoltrarmi di nascosto in un cimitero a quell'ora perciò decisi di affittare un'altra stanza in un Hotel che distanziava di pochi minuti dal cimitero.
Sebben fossero passati molti anni, quando entrai in quella città venni investita da una moltitudine di ricordi della mia infanzia. Alcune immagini erano distorte e altre fin troppo nitide e precise da farmi quasi paura. Quella città familiare scoprii di ritenerla molto cara. Avevo passato in quel luogo la mia infanzia, ero cresciuta tra quelle persone ignara di tutto ciò che mi sarebbe aspettato dopo pochi anni.
Se lo avessi saputo prima avrei conservato più ricordi o quantomeno me li sarei goduti cosi intensamente da riportare con me le sensazioni vere e non ricordi possibilmente contaminati da una fantasia infantile.
Chiamai Josh e dopo aver parlato con Courtney mi diedi una rinfrescata. Avevo fame, non mangiavo da ben nove ore ma non mi andava di stare chiusa in camera. Ero nella mia città natale dopotutto, desideravo rivederla con gli occhi di una diciottenne e non attraverso immagini verosimili.
Presi l'altro paio di jeans nello zaino e scelsi una semplice canottiera in satin verde che Courtney adorava. Avevo preso le prime magliette dell'armadio e fui grata di non aver optato solo per T-shirt anonime o fin troppo appariscenti e con scritte imbarazzanti.
Lasciai i capelli sciolti ed evitai di truccarmi diversamente dal mio solito. Volevo solo provare ad inserirmi come se fossi una semplice cittadina di Boston.
Uscii dalla mia stanza e mi incamminai a piedi verso la zona che offriva diversi pub. Non dovetti camminare per molto tempo, fortunatamente l'hotel si trovava in una zona collegata e conosciuta. Vedevo i passanti procedere per la propria strada, ignari di quanto per me risultassero interessanti.
Mi facevo diverse domande, cercavo di indovinare l'età di ognuno di loro per poi chiedermi in base a questa se avessero mai incontrato mia madre o Drew. Quando incrociavo miei coetanei provavo a rivedere in loro dei visi a me familiari ma ovviamente ogni volta che ci provavo non ottenevo nulla se non guardi di fastidio o addirittura maliziosi.
Mi fermai di fronte ad un piccolo pub: il "Green Dragon Tavern". Non avevo alcun ricordo a riguardo ma venni invasa da un buon odore di cibo, il mio punto debole.
Il pub era pieno di gente, l'età media girava intorno ai 25 anni e sembrava di trovarsi in una qualche festa dato che quasi tutti si conoscevano.
Fui fortunata e trovai un posto in disparte, da li potevo benissimo vedere qualsiasi cosa senza però dare troppo nell'occhio.
Un gruppo di ragazze sembravano essere "eccitate" - avevano utilizzato proprio questa parola- per una qualche festa a cui avevano partecipato la sera prima. Le ascoltai affascinata, immaginandomi tra di loro. Chissà come sarei diventata se avessi vissuto qua, insieme a mia madre e a mio padre. Chi sarebbe stata Tamara?
<<Vuoi ordin...Che cazzo ci fai tu qui?>>, un ragazzo in divisa mi si parò davanti.
<<Eh?>>.
Stava parlando con me?
Alzai bene lo sguardo per capire con chi ce l'avesse, i tavoli erano cosi vicini che non mi sarei stupita se l'interlocutore fosse stato a dieci metri di distanza. A stento si poteva passare tra i tavoli.
<<Cazzocazzocazzo>>, il ragazzo di fronte a me prese il cellulare e guardandosi attorno compose un numero.
Sembrava essere nervoso, gli occhi spalancati non la smettevano di guardarsi le spalle.
<<Jake ti prego dimmi che avete cambiato i piani...>>, il tizio mi concedette un altro sguardo per poi farsi più vicino e oscurarmi l'intera visuale del pub.
Ma che diavolo stava succedendo?
Stavo iniziando ad irritarmi e mi alzai dalla sedia.
Al diavolo! C'erano altri mille pub in zona e di sicuro sarebbero stati in grado di servire cibo ugualmente buono.
Non ebbi neanche il tempo di prendere lo zaino che sentì una forte pressione sulla spalla destra e mi ritrovai seduta nella stessa posizione di prima.
<<Stai ferma!>>, mi intimò.
Era arrabbiato con me?
Cosa avevo fatto?
Forse era una festa privata, ecco perché tutti si conoscevano.
Ma cosa ne potevo sapere io?
Provai a difendermi e a giustificarmi ma mi liquidò con un gesto della mano.
<< Jake si trova qui cazzo! Cosa cazzo dovrei fare? Porca puttana! Se dovessero arrivare... Non mi sto sbagliando! É leí!>>, sentii la sua stretta farsi più forte e scaraventarmi al muro. Mi trovai intrappolata tra il suo corpo e una stupida nicchia, avevo scelto quel posto perché era appartato e sembrava essere il più sicuro possibile ma forse mi ero sbagliata.
Gli presi la mano e l'abbassai violentemente, dovevo liberarmi di lui e scappare via.
Non so che intenzioni avesse ma non sembrava per niente amichevole.
Questa volta lo colsi di sorpresa e con la spalla lo scaraventai a terra.
<<Cazzo! No!>>, alcuni si girarono verso di noi e incuriositi per analizzare la situazione.
Rimasi per due secondi ferma a fissare la sua faccia spaventata mentre il telefono gli cadeva dalle mani. Chi aveva chiamato? La polizia?
Ero innocente, non avevo fatto alcun crimine se non quello di difendermi da un'aggressione. Ero solo entrata in un pub, se ci fosse stata una festa privata avrebbero dovuto specificarlo da qualche parte all'ingresso.
Dovevo andarmene da li.
Presi velocemente lo zaino e iniziai a slittare tra i vari corpi troppo appiccicati e stretti da dover lottare per almeno una decina di minuti.
Ogni tanto mi guardavo indietro per vedere se quel tizio mi stesse seguendo ma in mezzo a tutta quella gente era impossibile scoprirlo.
Quando uscii dal locale continuai a correre, al diavolo la cena. Avrei ordinato di nuovo in camera.
Mi fiondai verso il mio Hotel ed una volta entrataci dentro mi sentii sollevata.
Che cavolo di problemi aveva quel tizio?
Ordinai una pizza e cercai di calmare il mio cuore ancora scosso.
E' possibile che attraevo sempre problemi?
Quella notte non riuscii facilmente a prendere sonno, c'era qualcosa di inquietante in quel ragazzo. Era come rivivere un vecchio e cattivo presentimento.
Presi sonno circa verso le due di notte e fui grata di poter finalmente riposare.
Mi svegliai verso le dieci, il fastidio e l'angoscia per la sera precedente non era ancora del tutto svanita ma non sembrava essere cosi minacciosa quanto ieri.
Forse aveva bevuto un po' troppo, da come parlava sembrava che mi conoscesse e che non si aspettasse di trovarmi là, con lui.
Impossibile.
Scesi dal letto, feci colazione e mi preparai per il mio quasi ultimo giorno di viaggio.
Desideravo salutare per bene i miei genitori e ritornare finalmente a casa.
Lasciai l'Hotel e con il Pick-up mi avviai verso il cimitero.
Oltre agli ospedali, odiavo i cimiteri. Insomma... tutto ciò che riguardava le malattie e la morte, veniva inserita immediatamente nella mia lista nera. Non che li frequentassi spesso, anzi li avevo sempre evitati.
Attorno a me si estendeva un immenso campo verde e, sparso qua e là, si ergevano degli alberi che creavano delle confortevoli ombre sulle quali ci si poteva riparare dal sole e dal caldo.
Non dovetti cercare a lungo, le due minuscole e insignificanti lastre di pietra venivano sovrastate da altri ammassi grigi e freddi.
"Marianne Evans 1980-2011"; "Drew Walker 1977-2011"
Nient'altro. Nessuna epigrafe, nessuna foto, nessun fiore... neanche appassito. Appoggiai il piccolo mazzo di fiori tra le due lapidi, lo avevo comprato solo perché prima di entrare mi ero imbattuta in un negozio che li vendeva. Se fosse stato per me sarei venuta senza alcun "omaggio". Lo avevo già detto, non ero abituata a certe cose.
Lasciai cadere lo zaino a terra e mi sedetti sul prato.
<<Ciao mamma... ciao Papà. Finalmente ce l'ho fatta a venire>>, sorrisi imbarazzata. Stavo lottando con il vortice di dolore che mi portavo dietro da quando erano morti. Adesso era più grande e insopportabilmente irrequieto ma avevo imparato a conviverci.
In risposta ebbi solo un tranquillo silenzio, ovviamente... stavo parlando da sola con dei morti però questo non mi frenò dal continuare.
<<E' bello qui... mi aspettavo di peggio>>.
Era vero, da sei anni vivevo non solo con il rimorso di non aver assistito al funerale ma anche con quello di temere che le loro tombe venissero in qualche modo distrutte o rimpiazzate. Sapevo solo che alle spese aveva dovuto provvedere Rachel, me lo aveva rinfacciato per anni la stronza. Non sapevo come funzionasse di preciso ma a volte sentivo delle storie riguardo il "rimpiazzo" di certe tombe per il poco spazio disponibile. Tra tutti quei morti credo che i miei genitori rientrassero nella categoria dei "dimenticati". Chi altro era venuto a fargli visita? Non ci ero andata io che ero la loro figlia figuriamoci conoscenti o amici.
E i parenti? Avevo dei parenti? No, adesso non più.
A parte Aron, forse.
Scacciai la presenza di quell'uomo dalla mia mente e mi concentrai nuovamente sui miei veri genitori.
<<Spero che ve la passiate bene, non so cosa si possa fare li da voi... non so nemmeno se esista un "voi" ed un "noi">>, risi tristemente.
Non ero particolarmente religiosa, anzi forse non lo ero affatto... eppure speravo che dopo la morte ci fosse la pace. Non però una pace priva di vita ma una che ti permetteva di vivere serenamente.
Era un modo per placare il rimorso di essere sopravvissuta.
<<Io sto bene, ho passato un periodo... difficile... ma adesso sto bene. Credo di aver trovato una famiglia>>, sorrisi con affetto pensando a ciò che mi stava aspettando in Florida, <<Sono delle persone fantastiche, mi hanno aiutata molto. Adesso credo siano un po' arrabbiati per come sono scappata... Drew saresti orgoglioso di me, un viaggetto in macchina tutta da sola... sai c'è questa ragazza, Courtney, che mi ha insegnato a guidare... lei significa tanto per me... ma credo che in qualche modo voi vi teniate aggiornati>>.
Funzionava cosi, no? L'anima dei nostri cari ci proteggeva. Forse con me non funzionava o forse non potevano avvicinarsi. Magari questo era l'unico modo per sapere qualcosa su di me... pensai a mia madre.
No, lei avrebbe persino stravolto il regno dei cieli e cambiato le leggi universali pur di sapere cosa stessi facendo.
<<Mamma, papà... se mi sentite voglio dirvi che per anni vi ho quasi odiato per avermi lasciato qua. Non volevo questa vita per me ma neanche voi volevate la vostra morte perciò dopo un po' ho capito che eravate delle vittime e ho iniziato ad odiare me stessa. Non posso prendermela con dei...morti...>>, inclinai leggermente la testa e giocai con dell'erba ingiallita.
C'era una leggera umidità, il cielo era sereno ma a breve sarebbe piovuto, <<Dovevo pur scaricare la frustrazione su qualcuno e nonostante fossi attorniata da validi candidati non riuscivo a compatirmi. Per anni mi sono trovata in mezzo all'odio e allo spirito di conservazione per me stessa ma il primo prevaleva sempre. Mi dispiace... non ho saputo proteggere la vita che mi avete regalato e a cui avete rinunciato>>, asciugai le lacrime e tirai sul con il naso.
<<Ho toccato il fondo ma adesso è diverso, sento che ci sono ancora dei buchi nella mia vita alquanto pericolosi eppure non permetterò mai più nessuno di farmi sentire una nullità o impotente>>, pensai ad Eric e alle sue parole, <<Oltre a Courtney c'è questo ragazzo... Drew credo che non avresti una buona prima impressione su di lui... è pieno di tatuaggi e ha una scia di conquiste che avrebbe fatto paura persino a te e ai tuoi amici dei marines>>, risi di gusto anche se pensare a lui mi provocò una forte fitta allo stomaco, << Però... mi ha salvata. Insieme a Courtney è riuscito a farmi uscire dal mio stato passivo. Mamma mi sono innamorata, lo amo come penso nessuno abbia mai amato>>, questa volta le lacrime si moltiplicarono e fu difficile trattenere i lamenti.
Toccai la collana e riuscii a calmarmi, <<La porto sempre con me, so che è da stupidi ma anche questa mi ha salvata molte volte>>, ripresi a respirare in modo regolare.
Non volevo parlare di Rachel, Finn o Andrew. Desideravo solo mostrargli in linee generali che ce la stavo facendo.
<< Vi perdono di tutto, è stato complicato non vedervi più come dei traditori... lo ammetto. Me ne vergogno un po' ma adesso è tutto passato. Quando penso a voi non sto poi più cosi tanto male, sono triste... quello credo non cambierà mai, ma riesco a vedere oltre e concentrarmi sui ricordi che mi avete lasciata>>.
Non soffrivo più come prima e forse era perché il dolore che provavo era stato in gran parte concentrato su Eric, <<Adesso sto provando a perdonare me stessa, per tutto. Per la vostra morte, per ciò che ho permesso agli altri di farmi fare e per come ho reagito. Sto cambiando, mi sento più forte e sicura>>.
Chiusi gli occhi e rimasi ad ascoltare il rumore del vento caldo e appiccicoso che preannunciava una possibile tempesta estiva.
Parlai di molte altre cose, raccontai di Luke, Sam e di Tiffany. Parlai del diploma, del college e del mio vecchio lavoro al pub di Bay e Marc. Mi sarebbe mancato quel posto, soprattutto Paul e i suoi commenti a sfondo sessuale. Raccontai di Margot e assicurai a mia mamma che l'avrebbe adorata, come avrebbe adorato Lauren. Era strano parlare in quel modo, come se fossi sicura che ogni singola lettera li avrebbe raggiunti per questo facevo attenziona a scegliere i termini corretti. Volevo lasciargli una buona immagine di ciò che mi circondava.
Mi concedetti un altro lungo tempo e a malincuore mi alzai.
<<Credo che sia ora di andare, Josh non è poi cosi tanto clemente con me e ho delle scuse da fare a Lauren però prometto di ritornare da voi. La prossima volta vi porterò pure dei fiori decenti. Promesso!>>.
Guardai le due lastre di pietra ed immaginai di trovarmi di fronte ai miei genitori che sorridevano, <<Mamma e Papà... grazie>>.
Presi lo zaino e voltai le spalle ripercorrendo il viale che portava all'uscita di quel posto.
Sentivo il cuore più leggero e una sensazione positiva mi permetteva di sorridere nonostante il pessimismo di quegli ultimi giorni. Presi il telefono e chiamai Josh avvertendolo che ero di ritorno. Avevo passato ben quasi quattro ore in quel posto e non mi aspettavo di uscirne cosi intatta anzi, sembrava come se avessi ritrovato alcune parti di me.
Arrivai al parcheggio e presi le chiavi. Appena alzai lo sguardo mi fermai immediatamente con lo stupore in viso.
<<Cazzo, finalmente! Pensavo che i morti ti avessero fottuta>>.
Il ragazzo di ieri sera era appoggiato al mio pick-up. Alla luce del sole riuscii a vedere meglio il suo viso. Capelli scuri, piercing al labbro e delle catene nel dorso delle mani.
Avevo già visto quel ragazzo, a Miami. Non aveva più i capelli verdi ma riuscivo a riconoscerlo, nonostante quel metallo sulla bocca e l'inquietante tatuaggio mi aveva dato l'impressione di un bambino che giocava a fare il duro.
Solo che lui giocava con Marcus e questo significava che era invischiato con Aron.
Il cuore mi si fermò all'istante e un tintinnio mi risvegliò dallo stato di paura in cui mi trovavo.
Guardai giù verso le chiavi che mi erano scivolate dalle mani e lo rialzai immediatamente, non dovevo abbassare per nessuna ragione la guardia.
<<E' da ieri notte che ti cerco. Sai quante fottute ore di sonno ho perso per colpa delle tue cazzate?>>, si avvicinò a passo lento verso di me.
Non capivo il senso delle sue parole ma sapevo che non dovevo rimanere la a cercarlo.
<<Sembra che ti hanno ficcato una scopa su per il culo, smettila di guardarmi cosi!>>.
Dovevo andarmene, avevo un telefono e dei soldi. Potevo farcela.
Feci un passo indietro, <<Muovi ancora quel culo e giuro che al posto della scopa ti troverai qualcos'altro>>.
Spostai lo sguardo verso la sua mano e iniziai a tremare.
Stava impugnando una pistola.
Sarei morta in un cimitero, vicino ai miei genitori.
Perché voleva uccidermi? Se lavorava davvero con mio padre perché voleva farmi del male?
<<C...cosa vuoi?>>, se avesse voluto sparare lo avrebbe fatto subito, non avrebbe aspettato che io venissi da lui, a Boston.
Sarebbe venuto lui da me.
<<Porca puttana non ho tempo per queste minchiate. Prendi le chiavi ed entra nel Pick-up, dobbiamo andarcene da qui. Siamo esposti>>.
<<Io con te non vado proprio da nessuna parte>>.
Stava eseguendo degli ordini e chi guidava la cosa mi voleva viva, almeno per il momento.
<<Non ci siamo capiti, per colpa tua siamo nella merda quindi non rompermi le palle e fai quello che cazzo ti dico di fare>>.
Era nervoso, ogni tanto si guardava in giro. Proprio come ieri sera.
Aveva parlato al plurale: "siamo".
Chi c'era con lui? Qualcuno che ci osservava? Volevano vedere fino a quanto avesse retto? Forse lo stavano mettendo alla prova, forse in realtà volevano che mi uccidesse ma lui non ne era capace.
E se fosse stato lui ad uccidere Rachel e Finn?
Feci un altro passo indietro di riflesso. Potevo rientrare dentro il cimitero e chiamare Josh, almeno lo avrei avvertito e mi avrebbe cercata. Speravo solo che avesse qualcosa da cercare e non un corpo insanguinato e spappolato dentro il cofano di una macchina.
<<Io non c'entro nulla con voi, dì a Marcus che... Aron...può andare all'inferno e rimanerci. A me non importa nulla di ciò che avete fatto quindi se non vuoi avere problemi...>>, un rumore assordante e insopportabile attirò la mia attenzione, girai la testa e la mia visuale fu coperta da un grosso Suv nero che correva verso di me.
<<Cazzo!>>.
Successe tutto velocemente.
Il ragazzo mi strattonò e mi scaraventò sul pick-up mentre apriva lo sportello e mi lanciava nel posto di guida, <<Accendi la macchina!>>, gridò mentre saliva nel posto a fianco al mio.
Cosa credeva di fare?
<<Cazzo Tamara! Accendi o siamo fottuti! >>, si sporse oltre il finestrino ed uscii la pistola.
Fui cosi scossa dalla situazione che il mio corpo si mosse senza che capissi cosa stessi facendo.
Accelerai velocemente e il ruggito del motore mi spaventò, sentii degli spari.
Ci stavano sparando?
<<C...chi sono? Chi sei tu?>>, urlai cosi forte da sormontare quel fracasso.
<<Prendí quella uscita ed infilati dentro il sentiero stretto! La loro macchina gli darà problemi con quel terreno>>.
Feci ciò che mi disse perché tra le due minacce lui mi sembrava la meno pericolosa, <<Rispondimi!>>, continuai ad urlare.
Sapeva il mio nome ma non dovevo stupirmene, conosceva mio padre e possibilmente anzi sicuramente aveva ucciso lui Rachel e Finn.
<<Le presentazioni più tardi magari! Se non rimaniamo fottuti prima! Gira a destra! Ora!>>.
Feci una sterzata e per poco non sfiorammo un albero grosso quanto la macchina.
<<Accelera!... Adesso gira di nuovo a destra!>>.
Seguii le sue direttive mentre lui continuava ad affacciarsi e tenere la pistola. Non aveva sparato neanche un colpo a differenza di quelli che ci stavano inseguendo, perché?
Aveva poche pallottole e dovevano essere usate per me?
Un forte brivido mi annebbiò la mente, sentivo l'adrenalina scorrermi nelle vene e la paura stringermi la gola.
<<Ritorna sulla strada e vai sempre dritto!>>.
Ci ritrovammo nella strada di prima, quella che avevo percorso per andare al cimitero.
Per tutto il tempo non avevo fatto altro che guardare nervosamente lo specchio retrovisore, un sospiro di sollievo mi fece rilassare le spalle per poi ricordarmi che mi trovavo in macchina con un pazzo armato.
<<Li abbiamo seminati. Bastardi succhiacazzo! La prossima gira a sinistra, sarà meglio non camminare nelle stradi principali>>.
Rimasi in silenzio.
Pensa Tamara, pensa.
Allora se avesse voluto farti del male lo avrebbe fatto subito, non potevo fidarmi ma quantomeno ero ancora viva.
Lo vidi prendere il cellulare e chiamare qualcuno.
Pensa!
Dovevo riuscire ad avvertire Josh, prima o poi ci saremmo fermati e fortunatamente avevo il telefono nella tasca dei Jeans. Speravo solo che non se ne accorgesse nessuno.
<<Ci hanno trovati...si cazzo credo di averli seminati... ovvio che è con me... stiamo venendo...>>, chiuse la chiamata e si girò verso di me, <<Levati quella cazzo di espressione dalla faccia, non abbiamo intenzione di farti del male>>.
Una risata nervosa mi graffiò la gola arida, <<Ah no? Perché fino a prova contraria mi hai minacciata con una pistola>>.
<<Non volevo che scappassi. Gira in quella traversa>>.
<<Perché dovrei? Potrei benissimo sbandare e farti scaraventare fuori dalla macchina>>, tirai dritto e non lo ascoltai.
Non avevo davvero intenzione di sfracellarmi sbattendo da qualche parte ma necessitavo di tempo. Non sapevo dove mi volesse portare.
<<Che cazzo stai facendo?>>, si fiondò su di me e mi diede una gomitata sul viso.
Sbattei violentemente la faccia sul finestrino mentre una pressione sul petto mi inchiodava sul sedile.La macchina si fermò improvvisamente e mi ritrovai il suo viso infuriato a pochi centimetri dal mio.
<<Ascoltami piccola cogliona, ti sto salvando il culo quindi non mandare un'altra volta tutto a puttane!>>.
Provai a spingerlo e a prendere il cellulare tra le mani. Dovevo solo premere il numero "1", era quello delle emergenze e bastava per inoltrare la chiamata a Courtney, lei avrebbe capito tutto.
Riuscii a prenderlo ma ancora prima che potessi comporre il numero sentii un'altra pressione sul capo e ritornai a rivivere la vecchia sensazione di oscurità e impotenza.
Mamma, Papà... perdonatemi.
FINE PT.1
(Continua...)
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