Capitolo |4|


Un'altra settimana passò in fretta come sempre. La monotonia era la cosa che mi rassicurava di più perché sapevo cosa aspettarmi dalle cose. All'infuori di Rachel e Finn avevo tutto sotto controllo.
In quei giorni cercai di rimanere fuori casa il più possibile e decisi che sarebbe stato meglio trovarmi un lavoro... ció che mi consentivano di prendere dal loro fondo cassa non riusciva a coprire tutte le spese necessarie e non potevo continuare ad utilizzare i soldi raccolti in estate, quelli servivano esclusivamente per scappare via. Dovevo già ringraziare il fatto di poter essere istruita, nonostante fosse un mio diritto.

Ero riuscita ad evitarli e stranamente loro non mi avevano dato fastidio. Ero grata di questa tregua perché in quei giorni ero in sovrappensiero e ammetto di avere abbassato un po' le difese.

Eric non mi aveva rivolto più la parola se non qualche occhiata ma io tentai di ignorarlo. Avevo deciso di stare il più lontano possibile da lui perché non potevo permettermi distrazioni e per me lui era una distrazione.
Una bellissima distrazione.
Non mi ero mai interessata così tanto ad un ragazzo ma lui sembrava essere così diverso. Diversamente stronzo e puttaniere, si intende... non mi erano sfuggite le ragazze con cui si strusciava e il fatto di accorgermene era già un campanello d'allarme.
Con lui la mia monotonia rischiava di essere stravolta e non ne valeva la pena.

Dovevo concentrarmi sullo studio, sul lavoro, su Courtney e sul mio inferno personale. Sapevo che la tregua non sarebbe durata a lungo e che prima o poi le due belve avrebbero ricominciato.

<<Tama, ricordi che domani dopo la partita c'è la festa in spiaggia?>>.

Continuai a guardarla sperando che un meteorite si schiantasse sopra la mia testa o sopra tutte le spiagge della Florida. Ovvio che lo ricordavo... non faceva altro che dirmelo,

<<Ti prego di non fare al solito tuo! Questa volta ci divertiremo ci saranno pure i ragazzi della squadra di calcio, potremmo fare tutto il casino che vogliamo e dormirai da me così non ci saranno problemi con i tuoi zii e poi ho bisogno di te perché voglio riuscire a avvicinarmi a Nath...>>

<<Ok, basta! Verró! Oh quanto sei stressante! Ma poi non dovresti preoccuparti più della partita che di una festa o di quello stupido Palestrato?>>.

Mi fulminò con lo sguardo e continuò a guidare fino a casa mia, in silenzio.

Forse avevo risposto un po' male ma avevo i nervi così tesi da esplodere per qualunque cosa. Oggi avrei trovato Rachel a casa e poi quei pensieri assurdi su Eric erano estenuanti.

<<Lo so che hai problemi più grandi dei miei e so anche che non ne vuoi parlare e mi va pure bene così fino a quando ti sentirai di fidarti di me>, la sua voce rifletteva il suo sguardo triste e ciò mi faceva più male di qualsiasi altro livido.

<<Courtney io mi fido di te è solo che...>>, cercai di completare la frase ma lei ribatté subito,  <<Si sì lo so. Il punto è che tu non vuoi parlare con me ma io sì e ho bisogno di te. Io per te ci sono solo che a te non importa, invece per me è importante averti accanto.Ti voglio bene e voglio condividere con te ogni pensiero superficiale che mi passa per la testa>>.

La guardai a lungo prima di rispondere, <<Scusami, non voglio farti sentire così e non è vero che non mi importa se mi stai vicino o meno. Credimi quando ti dico che la tua amicizia fa la differenza su tutto. Anche io ti voglio bene>>, ero così mortificata che facevo fatica a ritornare alla stupida preoccupazione di prima.

Mi rivolse un sorriso rassicurante e mi ripromisi che nonostante tutto dovevo cercare di vivere la mia vita come una ragazza normale, per assurdo tutto ciò che mi proibivo di fare non limitava solo me ma anche lei.

Arrivammo a destinazione, scesi dalla macchina e la salutai promettendole di organizzarmi per domani mentre ordinavo al mio corpo di non tremare.
Sarebbe andato tutto bene.

Mi voltai verso "casa" e prima di aprire la porta cercai di trovare un modo per convincere Rachel a lasciarmi dormire da Courtney.
Potevo dirle che dovevamo fare una ricerca e che si sarebbe fatto tardi, una volta aveva funzionato.

Entrai piano per non fare troppo rumore.
Posai le chiavi e mi diressi verso la cucina, sapevo di trovarla lì.
Se ne stava seduta, a bere il suo bicchiere quotidiano di vino rosso.
Alzò lo sguardo infastidito verso di me, <<Sei già qui? Non potevi stare un altro po' fuori?>>.

<<Scusa ma la biblioteca oggi era chiusa>>, cercai di essere il più pacata possibile.

Odiavano essere chiamati zii e fin da quando avevano ricevuto la mia custodia mi avevano imposto di chiamarli con i loro nomi: Rachel e Finn. Se non fosse stato per il matrimonio tra Drew e mia madre tutto questo non sarebbe successo.

Si lamentò con qualche imprecazione e girando lo sguardo si concentrò di nuovo sul suo bicchiere.

Feci un profondo respiro.
<<Rachel volevo chiederti una cosa...>>, la vidi irrigidirsi e stringere saldamente il calice ormai quasi vuoto.

Coraggio Tamara, lo stai facendo per Courtney. Glielo devi!

<<Domani io e Courtney dovremmo fare una relazione di Storia per lunedì e avevamo pensato di dedicare tutta la notte per riuscire a completarla prima di Domenica pomeriggio. Posso dormire da lei o avete bisogno di me?>>.

Si mise a ridere. Non era una risata amichevole ma sicuramente meglio dell'idea di quel bicchiere che si frantumava sulla mia fronte.

<<Noi? Bisogno di te?>>, il sorriso si spense e gli occhi si incupirono macchiandosi di un'oscurità che faticavo a credere umana, <<Più tempo passi fuori questa casa meno problemi ci dai, te ne rendi conto?>>

Non sapevo cosa risponderle, ogni mio gesto poteva costarmi caro. Quelle parole non mi facevano più male, l'idea di una seconda famiglia era stata spiazzata via solo dopo pochi mesi passati dentro questa casa. La paura però non era mai sparita.

Diede un altro sorso senza distogliere lo sguardo da me, <<Come puoi vivere ancora? Come puoi ridere, uscire con i tuoi stupidi amici e trombarti tutti quelli che ti capitano dopo quello che è successo? Dopo che Lui é morto!>>, urlò mentre il bicchiere che era rimasto sospeso in aria venne scaraventato ai suoi piedi.
Sussultai non perché non me lo aspettassi ma perché di solito in queste situazioni un rumore del genere era sempre accompagnato da qualche fitta o bruciore sul mio corpo.

Rimasi in silenzio, aspettando che sfogasse la sua ira. Era inutile scappare, lo avevo fatto così tante volte da imparare che non era una scelta saggia. Più la sua rabbia si accumulava più il dolore che mi avrebbe inferto sarebbe stato peggiore.

<<Tu e quella bastarda di tua madre me lo avete portato via! Lui non meritava di morire!Se solo fossi morta anche tu mi sarei risparmiata di rivivere ogni giorno la morte di quello stupido di mio Fratello!>>, era ubriaca ma anche da sobria si permetteva di parlarmi cosí, la differenza però stava nella lucidità. A volte era un bene a volte no.

Ogni singola parola, ogni lettera che aveva composto mi aveva rivoltato lo stomaco.

<<Sei uguale a Marianne! Una presuntuosa, egoista e schifosa Troia!>>, si alzò dalla sedia ed incurante dei frammenti di vetro iniziò ad avanzare verso di me. Ogni passo era scandito dallo scricchiolio dei resti del bicchiere. <<Pensava di avere il mondo ai suoi piedi ma guarda cosa le è successo! Morta e sotto terra. Solo questa immagine mi da conforto e so che prima o poi anche tu avrai la stessa fine!>>.

Sentivo la rabbia che ribolliva per cercare di emergere ma strinsi i pugni. Non dovevo cedere, io ero più forte di quelle sue provocazioni.

Ci dividevano pochi metri ma riuscivo a capire quando si stava preparando per colpirmi e fortunatamente questo non era uno di questi momenti, ma la situazione poteva cambiare in fretta. Dovevo liquidarla.

Mi morsi l'interno della guancia per frenare la mia impulsività, <<Tornerò domenica pomeriggio e mi assicurerò di portare fuori la spazzatura>>, mi girai velocemente per poi rifugiarmi nella mia stanza.

Mi accorsi, solo dopo essermi buttata sul letto, di aver stretto i pugni talmente forte da provocarmi delle piccole ferite sul palmo della mano. Ormai era diventata un'abitudine.

Non sapeva nulla di me e di ciò che provavo ma non mi importava più, in parte aveva ragione su di me. Anche io odiavo me stessa.
Per questo riuscivo sempre a sopportare le loro parole perché rivedevo un frammento dei miei pensieri ma quando parlava male di lei faticavo a tenere a bada la rabbia. Potevo accettare che lo facesse con me, dopotutto era una sorta di mia punizione personale, ma mia madre doveva lasciarla stare.
Dimenticavo pure il mostro che avevo davanti e sarei stata capace di urlarle contro o scaraventarmi su di lei. Ma se lo avessi fatto, dopo ne avrei pagato le conseguenze.

Feci dei lunghi sospiri per svuotarmi da tutto quell'odio che mi stava soffocando è solo dopo essermi calmata mandai un messaggio a Courtney.

*Riccioli d'oro è tutto sistemato, domani sarò tutta tua*

subito dopo ricevetti risposta:

*Preparati dolcezza so già cosa indosseremo. Ci verranno a prendere due miei amici molto carini che giocano nella stessa squadra di Nathan... Domani ti racconterò il mio piano. PS: SMETTILA. *

Un piano, ovvio.

Courtney viveva di piani.

Iniziai a pentirmi appena compresi che non sapevo cosa mi volesse fare indossare.

Era una festa in spiaggia e sperai che la sua pazzia mi avrebbe risparmiato vestitini super-mini o scarpe con il tacco. E se avesse voluto indossare un costume? Ok si, eravamo in spiaggia e soprattutto in Florida ma la mia mente non era pronta a quella prospettiva, il mio corpo non era pronto.
Mi vennero i brividi solo al pensiero di cosa mi aspettasse domani sera.

Attesi che passasse l'ora in cui i miei zii cenavano e andavano a letto per poi scendere giù in cucina e mangiai due Toast con il formaggio.
Quando ero piccola li mangiavo sempre.

Mia mamma aveva mille qualità ma la cucina non era il suo forte. I Toast erano l'unica cosa che sapeva fare, non ci voleva chissà cosa ma per me erano i Toast più buoni del mondo.

Lavai tutto e me ne tornai a letto.

Pensai a mia madre, a Drew, a Courtney, ai lavoretti part-time che avrei voluto avere e ad Eric...

Mi addormentai pensando a lui.

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