Capitolo |39|
P.O.V Eric
<<Quanto ancora pensi di bere?!>>.
<<Non rompere!>>.
Perché cazzo mi doveva stare cosi addosso? Non aveva una ragazza con cui trombare?
<<Credi che l'alcol risolva le cose? La mamma è preoccupata e sai quanto...>>
Mi alzai dal divano e mi fiondai su di lui, <<Non metterla in mezzo>>, gli alitai in faccia e cercai di essere il più minaccioso possibile.
Volevo che la smettesse di rompermi il cazzo, volevo che tutti la finissero di pretendere da me cose che non potevo fare.
Come lei! Aveva preteso da me che la lasciassi andare così, da un momento all'altro. Come se non fosse accaduto nulla tra di noi, come se il mio corpo non sentisse la necessità del suo. E io le avevo dato ciò che voleva perché in fondo sapevo che tra di noi ci fosse un abisso.
<<E allora tu smettila di fare il coglione!>>, mi spinse e lo lasciai andare.
Se non fosse stato mio fratello lo avrei picchiato a morte. Avevo una voglia di massacrare qualcuno da sentire il sangue ribollire e bruciarmi la pelle.
Ripresi la bottiglia di liquore e mi rimisi nella stessa posizione di quei giorni.
<<Vattene>>.
Ero stanco di fare quel giochetto, durava cosi da una settimana. Io che me ne stavo per i fatti miei e lui che mi faceva la predica del cazzo, sbattendomi in faccia quanto fosse un bravo figlio e un bravo fratello.
Tra di noi era sempre cosi, io quello da buttare e lui quello che compensava le mie cazzate.
<<Credimi, avrei di meglio da fare che comportarmi come una balia di un ubriaco sfigato>>.
Strinsi di nuovo i pugni che prudevano per la provocazione.
Odiavo essere chiamato cosi, non ero un ubriaco. Non avevo alcuna dipendenza a parte Lei. Volevo solo che il dolore smettesse di torturarmi.
Sapeva quanto quelle parole mi dessero fastidio perché significava mettermi sullo stesso piano di quel verme di mio padre.
Strinsi gli occhi e non cedetti, <<Fratellino non ti ho insegnato nulla? Ti consiglio di fotterti la tua ragazza, la stai trascurando. Potrebbe stancarsi di una femminuccia e andarsi a cercare un uomo>>, gli feci un finto sorriso e tracannai dalla bottiglia di vetro.
Questo liquore faceva davvero schifo ma era abbastanza forte da rendermi quasi abulico.
<<Lo capisco, sei triste e arrabbiato...>>
Portai la testa in alto e risi di gusto, <<Ma cosa cazzo ne vuoi sapere tu?>>.
Appoggiai la testa sul braccio e lo guardai con disprezzo, <<Hai tutto e hai avuto sempre tutto, non hai mai perso nulla se non la mammina ma... puff>>, feci con le mani un gesto teatrale ridendo, <<Ecco che ne appare una magicamente, la mia!>>.
<<Sei un bastardo>>, stava tremando.
I muscoli tesi, l'espressione irritata e il corpo pronto a scattare. Raramente perdeva il controllo e quando lo faceva provavo gusto.
"Sei un Bastardo".
Già, per questo mi aveva lasciato. Perché rovinavo sempre tutto. Stava soffrendo, non voleva prendere una decisione del genere ma si era resa conto di quanto fossi malato.
<<Cosi dicono...>>.
Lo vidi avvicinarsi e occupare metà del divano, nello stesso punto in cui Lei per la prima volta mi aveva toccato.
Nessuna mi aveva portato all'orgasmo in cosi poco tempo, ed era la sua prima volta. Il cazzo mi era esploso solo con la sua bocca fantastica. La sua pelle chiara e morbida, i suoi capelli rossi e maledettamente sexy. Dovetti chiudere gli occhi per non lasciarmi andare a quei ricordi, sarei impazzito e sentivo già il mio pene farsi duro per l'eccitazione.
<<So cosa stai facendo e non te lo permetterò!>>, come sempre era riuscito a controllarsi.
<<Sentiamo, cosa sto per fare?>>, lo scimmiottai.
Sapevo che il problema non era lui e che fosse l'unica persona ad essere disposta a stare dietro alle mie cazzate, neanche mia madre ne aveva le forze. Ma quella sua aria superiore mi mandava in bestia.
<<Vuoi dimostrare a te stesso che ha fatto bene a lasciarti solo perché in questo modo potrai prenderti per il culo da solo e giustificarti con un "Sono fatto cosi" oppure "Non è andata perché non potevo fare di più">>.
Dalla gola mi uscì un suono gruttuale, <<Smettila!>>.
<<Ho centrato vero? Non sei mai stato in grado di affrontare i problemi a differenza sua, per questo ce l'hai con te. Perché non sei stato neanche capace di lottare per lei! Te ne stai qui, come un perdente, a rimuginare su quanto la vita faccia schifo e su quanto tu meriti di soffrire invece di cambiare le cose. Sei un perdente! Ecco cosa sei! Ma la cosa peggiore è che non hai mai fatto nulla per cambiarlo>>.
Rimasi in silenzio, ascoltai ogni singola parola e poi esplosi.
Lo presi per il colletto ed iniziai a picchiarlo cosi forte da sentire le nocche frantumarsi e infilzarmi la pelle ma non me ne importava.
Presi la testa e la scaraventai sul tavolino che si fracassò. Mi fiondai su di lui mentre provava a rialzarsi.
Voleva provocarmi? Voleva mettermi alla prova?
Cercò di allontanarmi e solo dopo che il suo viso fu coperto di sangue riuscì finalmente a scaraventarmi un pungo.
Caddi a terra sbattendo contro la finestra che all'impattò tremò.
Cazzo quanto aspettavo quel momento.
Mi diede un calcio e accasciandomi a terra, mi riparai da un altro suo pugno.
<<Sei un ubriaco violento!>>, urlò, <<Stai diventando come tuo padre e non sai cambiare la situazione! Hai paura! Ammettilo!>>, mi diede un altro pugno ma stavolta lo schivai e riuscii ad avventarmi su di lui dandogli una testata.
Le parole mi avevano attraversato.
Aveva ragione ma non era nessuno per dirmelo. Un cazzo di nessuno!
Ovvio che ero come mio padre, ero suo figlio. Il mio destino era già segnato ancora prima che venissi a mondo.
Lui era figlio di John e io figlio di uno schifoso fallito.
<<Smettetela! Subito!>>, la sua voce raggelò il fuoco che avevo dentro e girandomi sconvolto lasciai il braccio in altro tra me e lui.
In mano avevo la bottiglia che mi ero scolato, la feci cadere immediatamente mentre gli occhi dell'unico uomo che riusciva sempre a farmi sentire indifeso, mi guardavano con disapprovazione e... timore.
Dietro di lui c'era mia madre, gli occhi gonfi e la bocca aperta in un disgusto.
Provava disgusto per me.
<<Picchiarvi in questo modo...>>, si avvicinò con disapprovazione, <<Mentre vostra madre è nella stessa casa!>>, urlò strattonandomi da sopra Nathan che stava fermo immobile, con gli occhi aperti.
Aveva il viso pieno di sangue.
Se non mi avesse fermato... gli avrei fracassato il cranio con la bottiglia.
Lo avrei davvero ucciso?
Era mio fratello.
Vidi mia madre correre verso Nathan e chiedergli se stesse bene, poi guardò le mie mani ed abbassò lo sguardo.
<<Tu!>>, John si voltò verso di me puntandomi il dito al petto, <<Sono rimasto in silenzio nonostante tua madre non facesse altro che piangere la notte per il tuo comportamento. Le dicevo che avevi bisogno del tuo tempo ma adesso basta!>>.
<<John aspetta...>>, mia madre tese la mano verso di lui ma venne ignorata.
<<Sei mio figlio tanto quanto lui perciò se per farti ragionare dovessi rovinarti la vita lo farò. Ti farò toccare davvero il fondo e vediamo se non rimpiangerai questo momento>>.
Rimasi in silenzio, con lui era sempre cosi e poi non riuscivo a staccare gli occhi da mia madre che imbarazzata e delusa, reggeva Nathan con un braccio.
Era troppo pesante per lei, non ce l'avrebbe fatta.
Un enorme senso di vergogna mi dilaniò da dentro. Cosa cazzo stavo diventando? Non volevo che mia madre avesse paura di me.
Quello sguardo... era lo stesso che riservava a mio padre.
Anche Lei mi aveva guardato cosi più volte pregandomi di non fare quello che poi l'avrebbe delusa e ferita, ma io non perdevo occasione per mostrare quanto fossi un rammollito ed un debole. Da quando mi aveva lasciato dopo aver fatto il sesso più bello della mia vita, qualcosa in me si era rotto. Una consapevolezza di non valere nulla, una rassegnazione del fatto che non mi ritenesse giusto per Lei.
Un conto era che lo pensavo solo io, un altro era che anche Lei mollava la presa. Senza di Lei il nostro rapporto non valeva nulla, Lei ha continuato a lottare nonostante il male e le bugie che le dicevo.
Ho permesso a Sarah di baciarmi mentre Lei era in pericolo e chiedeva il mio aiuto. Dopo di che l'ho lasciata, ho permesso ai miei rimorsi di mettersi in mezzo e le ho fatto dubitare dei miei sentimenti. Ha pensato che tra me e Sarah ci fosse qualcosa quando per me era solo un peso da alleggerire. Sono uno stronzo a pensarla cosi, l'avevo rovinata io perché ero un porco e pensavo solo a me stesso.
Ma Tamara non era né Victoria e né Sarah.
Cazzo, non potevo neanche metterle a paragone.
Con Tamara non era solo sesso e lo avevo capito dal primo momento che ci eravamo baciati, ma non pensavo che potesse essere cosi tra di noi. Toccarla, vedere le sue labbra formare un sorriso solo per me, svegliarmi con il suo viso appoggiato sul mio petto e sentire la sua pelle calda sapendo che fossi stato io a riscaldarla... era l'unica cosa che sembrasse importarmi.
E adesso non avevo più nulla.
L'avevo persa e la cosa più schifosa è che neanche avevo lottato per farle cambiare idea.
Avevo rovinato la vita a Victoria e a Sarah ma Tamara era stata abbastanza intelligente da allontanarmi per non finire come loro. Io però non avevo neanche cercato di farle capire quanto fossi giusto per lei perché nemmeno io ci credevo.
Mi rannicchiai su me stesso ed iniziai a piangere, <<Mi dispiace...>>.
Ero un perdente.
Non volevo esserlo, ma lo ero. Come potevo pretendere di starle dietro? Come potevo pensare solo di meritarla?
Sentii una pacca sulla spalla e poi un abbraccio saldo e sicuro, <<Sei migliore di cosi!>>.
Solo tre volte io e John ci eravamo abbracciati:
Quando si era sposato, quando in ospedale aspettavamo il responso dell'operazione di mia madre e adesso.
Lo guardai negli occhi cercando di riprendere il poco orgoglio che mi era rimasto.
<< Come fai ancora a crederlo?>>.
Guardai attorno a me, i mobili erano stati vittime della mia ira cosi come Nathan. Mia madre, la donna che amava, era in procinto di crollare.
Come poteva pensare ancora che fossi migliore di cosi?
<<Sono come lui, Nathan ha ragione. Sono come mio padre>>, sentii mia madre trasalire e gemere, <<Sto facendo le stesse cose che lui...>>
Le sue mani afferrarono con violenza le mie spalle, <<Tu. Sei. Mio. Figlio! Chiaro?!>>, mi scosse, <<Ti ho cresciuto io e so chi sei! Dimostra a te stesso che ho ragione!>>, urlò con rabbia.
Guardai mia madre, era appena uscita da un'altra lotta e io continuavo a renderle la vita difficile... Nathan se ne stava immobile, la sofferenza e la delusione erano palesemente espresse sul suo viso. Non me lo avrebbe mai perdonato, l'unica regola tra di noi era quella che costi quel che costi non avremmo mai alzato un dito sull'altro.
L'avevo fatto di nuovo.
Erano la mia famiglia e per l'ennesima volta stavo sputando sulla fortuna che avevo, distruggendo pure chi mi stava attorno. Mia madre era fuggita da mio padre ma aveva dovuto fare i conti con i suoi problemi e adesso si ritrovava un figlio scansafatiche e viziato che di fronte alle difficoltà diventava una mezzasega.
Avevo portato l'unica donna che mi avrebbe sempre amato a guardarmi in quel modo. Non volevo che accadesse. Non avrei neanche mai voluto che Tamara stesse con uno cosi, meritava qualcuno che la proteggeva e non qualcuno da cui doversi proteggere.
Un brivido mi percorse la schiena e l'immagine di Tamara, succube dei miei vizi e delle mie violenze, mi nauseò.
No! Non lo avrei mai fatto.
La amavo!
La desideravo con tutto me stesso e per lei avrei fatto qualsiasi cosa perfino mettere in dubbio tutto ciò che credevo di essere.
Guardai di nuovo mia madre e mio fratello, entrambi mi stavano supplicando con gli occhi.
John mi voltò il viso verso di lui, <<Hai capito?>>, strinse la sua mano attorno al mio braccio e mi richiamò sull'attenti.
Aveva detto: "Dimostra a te stesso che ho ragione.
Lo guardai dritto negli occhi, rizzai la schiena e alzai la testa.
<<Si, Papà>>.
Mi sarei ripreso tutto ciò che volevo avere:
la fiducia di mia madre,
il rispetto di mio padre,
il perdono da mio fratello
e Tamara.
Tamara, me la sarei ripresa.
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