Capitolo |37|
<<Non è troppo esagerato?>>, guardai il grande falò che Nathan e Luke avevano costruito di fronte alla casa bianca.
<<E' il tuo compleanno, ci vuole un grande falò>>, Sam esultò energicamente facendo ridere Tom.
Quei due non me la raccontavano giusta eppure lui era più grande di almeno cinque anni e Sam... beh lei sembrava dimostrare cinque anni in meno della sua reale età. Era come se avessero dieci anni di differenza.
Tom le si avvicinò scompigliandole i capelli, <<Mi chiedo se dietro a questa iperattività non ci sia un abuso di zuccheri>>.
Sam spostò bruscamente la sua mano con occhi lucidi e spaventati, <<Mi trovi ingrassata?>>, chiese sconvolta.
Ridemmo per la sua reazione, a parte Luke che continuava a dare occhiatacce a Tom. Evidentemente non era d'accordo di quella vicinanza.
Sam era una di quelle classiche ragazze minute ma con delle forme cosi sinuose da ignorare la sua altezza quasi inesistente.
<<Nei punti giusti>>, ammiccò Tom riferendosi sicuramente ai doni di Sam che mostrava senza vergogna in quel bikini striminzito.
<<Non davanti a me, dove è finito il rispetto?>>, Luke li superò e andò dentro casa sbuffando e lamentandosi.
<<A volte crede di essere maturo e fa queste sfuriate>>, commentò Sam con aria seria incrementando il mio divertimento.
Era vero, Luke sembrava un bambino travestito da uomo e anche se ultimamente sembrasse essere più grande, non sarebbe mai cambiato. Era buffo.
I preparativi per il mio compleanno erano quasi terminati. Fuori avevamo fornito la zona barbecue e Paul era già alle prese con le prime grigliate.
Bay, Marc, John e Josh stavano seduti mentre parlavano di attività commerciali, Bay non la smetteva di fare domande... dove c'era lei c'era profumo di progetti affaristici.
Margot e Lauren stavano in cucina a preparare degli antipasti di chissà quale chef europeo, erano diventate amiche di masterchef. In realtà quando le guardavo da lontano mi sembravano più simili di quanto potessi mai pensare.
Erano entrambe buone, eleganti, dedite alla famiglia ma allo stesso tempo ricche di conquiste e di obiettivi prefissati.
Pensai a mia madre, con loro si sarebbe trovata a suo agio, a parte per la cucina...
Courtney e Tiffany erano insieme a Gaia e Liam, intenti a mettere le luci in veranda.
Eric invece era sparito da qualche ora.
Pensai ai suoi vecchi "amici". Alex ed Elia non erano stati invitati perché dopotutto neanche li conoscevo, inoltre la presenza di Alex era una grossa mina vagante per la pazienza di Eric.
Lo era per me che stavo iniziando ad apprezzarlo, figuriamoci per Eric che mi aveva visto baciarlo.
Rimasi a guardare quel quadretto, volevo imprimere nel cuore quella magnifica sensazione di felicità.
Darla aveva reclinato l'invito, diceva che per quel giorno doveva viaggiare per lavoro. Non le chiesi né la destinazione né altre spiegazioni visto che non erano fatti miei. Ma sentivo che la sua presenza era diventata importante, a volte speravo che non si trattasse di qualche sentimento di ossessione che si può sviluppare tra paziente e analista.
Pensare a Rachel, a Finn e... ad Andrew... non mi faceva più cosi tanto male. Ero circondata da persone che mi volevano bene e la vita che avevo passato con loro sembrava ormai un ricordo lontano anni luce.
Gli incubi non erano spariti e quelle parole continuavano ancora a dominare la mia mente ma erano solo parole. Non era la verità. Una parte di me si sarebbe sentita sempre in colpa ma dopotutto desideravo con tutto il cuore vivere senza quella colpa straziante.
Riguardo il caso, lo avevano chiuso. La confessione di Andrew aveva aggravato lo stato psicologico, già descritto in precedenza, di Rachel. Avevano fatto cadere la colpa su di lei, sia per quanto riguardava l'omicidio di Finn sia per quanto riguardava la sua morte.
Ma io lo sapevo, sapevo che non era stata lei. Dei nomi sconosciuti mi occupavano, ogni tanto, la mente:
Aron, il mio possibile vero padre;
Marcus, l'unica persona a cui avrei potuto estorcere qualcosa dubitando però della sua veridicità;
Marker, che sembravo solo io conoscere.
Se non fosse stato per quel biglietto anche io avrei dubitato di me stessa. Rachel mi aveva detto che quel terapeuta le era stato consigliato da una sua collega ma quando i dipendenti del supermercato vennero interrogati non venne fuori alcun dottor Marker. Sostenevano tutti che era un truffatore e ormai anche io ne ero certa.
Quindi quei giorni continuavo a vivere con il dubbio nascosto che Aron avesse realmente escogitato quel genicidio. Ma continuai a nasconderlo. Non ne ero sicura e non erano più fatti miei dopotutto.
Mi avvicinai al lungo tavolo in marmo che si trovava nella grande terrazza in legno bianco. Vedevo Luke armeggiare con il suo nuovo mix e risi di gusto, <<Finalmente è il tuo momento>>, dissi divertita aiutandomi cosi a scacciare definitivamente il velo grigiastro che aveva leggermente incrinato il mio buon umore.
<<Posso finalmente far vedere che...>>, si voltò verso Nathan, <<Non c'è alcun bisogno di chiamare per le feste un Dj! Soprattutto se si ha già un amico capace!>>.
<<E' dovresti essere tu "l'amico capace"?>>, sentii la voce di Eric e girandomi mi si mozzò il fiato.
Indossava dei bermuda neri e la solita camicia bianca, stavolta sbottonata. Il suo addome sodo sembrava essere fin troppo definito, aveva sicuramente appena fatto degli esercizi fisici...sicuro...erano troppo...
<<Indubbiamente non sono il tuo di amico>>, la voce di Luke mi riportò a riacquisire padronanza dei miei occhi, <<Nessuno apprezza i talenti>>, borbottò poi fingendosi offeso.
Eppure non era solo finzione, ormai lo sapevo. Avrebbe sempre provato rivalità e ostilità nei confronti di Eric, indipendentemente dal motivo.
<<Ciao>>, si avvicinò a me nel suo solito modo da "prova a resistermi".
<<Ciao>>, cercai di fare l'ennesimo sorriso ma qualcosa mi innervosiva e non fui poi cosi tanto sicura della smorfia che feci.
Mi prese per mano e mi tirò a sé, <<Auguri>>, sussurrò dandomi un bacio lungo la clavicola.
Io rimasi immobile, incapace di respirare o di formulare qualsiasi tipo di risposta.
<<Sei stupenda>>, continuò in un flebile respiro.
Improvvisamente dimenticai dove fossi o con chi fossi fino a quando si allontanò e mi diede il giusto spazio di sopravvivenza.
Mi guardai attorno imbarazzata, sperando che nessuno si fosse accorto di quella vicinanza ma fortunatamente sembravano tutti assorti nelle proprie faccende. Il sole ormai si preparava a tramontare e il falò finalmente stava per essere acceso.
Mi rivolsi nuovamente ad Eric che mi guardava divertito, <<G..grazie>>, risposi frettolosamente incespicando su alcune lettere.
Era una semplice parola: G.R.A.Z.I.E.
Cosa c'era da balbettare?
<<Ragazzi è pronta la mia meraviglia. Bay dopo questo mi aspetto un aumento, le mie abilità non possono essere sprecate>>, la voce di Paul interruppe quel momento imbarazzante... beh in realtà solo io ero quella imbarazzante.
Avevamo ancora le mani giunte e senza preoccuparmene troppo lo trascinai verso quell'invitante odore.
Amavo mangiare.
La serata continuò tra risate e battute. Ovviamente non mancarono i battibecchi tra Tiffany e Sam.
Eric di tanto in tanto mi sfiorava la mano, il braccio, la coscia... sembrava più cercarlo che capitare. Ma a me non infastidiva, era piacevole sentire quella leggera scarica di elettricità che percorreva ogni spazio della pelle.
Dopo la torta, altro momento imbarazzante, dovetti aprire vari regali e per me era una situazione nuova.
L'unico compleanno simile risaliva a quando mamma e papà erano ancora in vita. La mamma adorava festeggiare e Drew adorava renderla felice. Dopotutto ero stata fortunata, chissà cosa sarebbe successo se Drew non fosse entrato nelle nostre vite. Magari mamma non avrebbe mai superato l'abbandono di Aron?!
Che importava? Era inutile pensarci!
Eric era stato il solo a non avermi dato un regalo, non che io ci facessi poi cosi tanto caso dato che mi aveva dato già tutto. Lui era capace di darmi e di togliermi tutto con un solo sguardo.
Amelie mi aveva regalato un pupazzo a forma di ciambella perchè diceva che ogni volta che avrebbe fatto un dolce le sarei venuta subito in mente. Ovviamente il tutto era completato da una bellissima lettera di: Ti voglio bene, sei la più bella del mondo e altri complimenti che solo dei bambini riescono a farti.
Ben presto gli adulti se ne tornarono a casa, lasciandoci soli a scherzare tra di noi.
Eravamo sdraiati su dei teli, attorno al falò che grazie alle cure di Nathan non sembrava cedere.
<<Posso portarti via da qui?>>.
<<Eh?>>, mi alzai e stupita guardai Eric.
<<Vorrei stare un po' con te>>.
Un calore improvviso si estese sulle mie guance, <<Oh..s..si>>.
Che diavolo mi stava prendendo?
Mi sorrise e con una mano mi aiutò ad alzarmi.
Quella sera Courtney aveva insistito nel farmi indossare un lungo e leggero vestito nero. Il problema era che sembrava più un copri costume che altro, la trasparenza era fin troppo eccessiva ma al buio non si notava granché.
Avevo dovuto indossare un costume intero per cercare di mantenere un supporto e una decenza al mio davanzale. Infatti il vestito, cosi come il costume, aveva una lunga scollatura a "V"che terminava solo alcuni centimetri sopra l'ombelico. Le maniche erano molto larghe e superavano di poco la spalla. Il resto...svolazzava, come sempre.
Infatti ad ogni passo, come sempre, esponevo uno stacco di coscia che credevo fermamente troppo esagerato. Per questo ritenevo che fosse un copricostume ma alla fine eravamo in spiaggia. Poteva andare bene, no?
Appena ci alzammo vidi subito l'occhiataccia di Courtney, non condivideva per niente il nostro modo di fare... ma come darle torto?
Non facevo altro che ritornare da lei in lacrime ogni volta che decidevo di far funzionare le cose tra di noi ma stavolta era diverso, sapevamo già che sarebbe finita.
Seguii le sue larghe spalle e in silenzio camminammo lungo la spiaggia.
Il rumore del mare era quasi inesistente, calmo e sereno... sembrava dormire, ogni tanto si lasciava andare a qualche danza ondeggiante creando una lieve spuma bianca nella sabbia bianca.
Amavo l'odore del mare, era fresco e frizzante...
<<Ti sei divertita?>>.
<<E' stato il giorno più bello della mia vita>>, dissi con sincerità, <<Credo che il prossimo anno ti assumerò di nuovo!>>.
Mi pentii subito di ciò che dissi.
In futuro...come se per noi ci fosse un futuro insieme.
Si arrestò immediatamente, evidentemente anche lui aveva pensato la stessa cosa.
<<Potevi risparmiartela questa, no?>>.
Era impossibile non notare il suo tono indispettito, nonostante stesse provando a mascherarlo con il sarcasmo.
Sospirai cercando di maledirmi in tutti i modi, <<Scusa... volevo solo ringraziarti. Non avrei mai potuto sperare in una serata migliore di questa!>>.
Avevo gli occhi bassi, pentita di aver rovinato l'atmosfera. Tra di noi funzionava cosi da almeno un paio di settimane.... si dovevano evitare certi argomenti o parole per non distruggere la magia che riuscivamo a creare.
Sentii le sue braccia forti avvolgermi, <<Lo so ma è difficile...>>, le sue labbra sfiorarono leggermente i miei capelli, <<Andiamo, siamo quasi arrivati>>.
Quasi arrivati? Mi guardai attorno: il nulla.
<<Dove...>>
<<E' una sorpresa!>>.
Mi feci trascinare lungo la spiaggia cercando di capire dove mi stesse portando.
Io pensavo che volesse fare solo una semplice passeggiata in riva al mare.
Dopo alcuni minuti di silenzio intravidi dei puntini luminosi e, solo dopo essermici avvicinata abbastanza da riconoscere le forme, capii che erano delle piccole lanterne in vetro adagiate su una enorme barca.
<<Che intenzione hai?>>, pensai ad alta voce.
<<Eccoti Adrianna, è una Fiat 27 Sport e dopo Tracy è il mio più caro gioiellino>>.
<<La sai guidare?>>, ero sconvolta.
Da quando aveva la patente nautica?
<<Da quando avevo 15 anni... ovviamente a quell'età mi accompagnava sempre John>>.
La barca poteva essere lunga circa 6 metri e disponeva di un'ampia zona posteriore ricoperta da qualcosa di morbido...come un materassino. Subito dopo c'era una sorta di cabina semi-aperta nella quale dentro si trovava il timone e delle poltroncine.
Continuai ad essere sconvolta, lungo tutta la barca le lanterne creavano una luce leggera ma ugualmente discreta.
<<Su, saliamo>>.
Lo seguii e dovetti abituarmi un po' al movimento oscillante.
<<Sei pronta?>>, era in estasi.
Stavo seduta al suo fianco in quella specie di cabina, <<Non lo so>>.
Lo sentii ridere e dopo un breve bacio sul naso mise a moto "Adrianna".
Una sferzata di vento mi colpì il viso, non mi aspettavo quel veloce impatto perciò, come una cretina, buttai un urlo di sorpresa.
Come risposta ottenni da Eric una fragorosa risata, doveva essere bello ridere di me.
<<Non è fantastico?>>, mi dava le spalle ed era concentrato a guidare.
Provai a dire un "Si" ma venni travolta dal fruscio delle onde che si scontravano con la barca.
Era come stare sulla moto solo che, in acqua e in totale buio, sembrava di fluttuare nel nulla.
Eravamo molti metri distanti dalla riva e a parte la luna, e le piccole lanterne, non avevamo altra fonte di luce.
Alzai leggermente la testa e mi persi.
Non avevo mai visto un cielo cosi bello.
Forse era la poca luce, o per il tempo fin troppo sereno o forse era perchè stavo vicino alla persona che amavo ma sopra di me si estendeva il più bel manto di stelle mai visto.
Fui cosi assorta da quei piccoli diamanti da non rendermi conto che ci eravamo fermati.
<<Ti ho portata qua per questo, sapevo che ti sarebbe piaciuto>>.
<<Mi sembra cosi...irreale>>.
Il totale buio che ci avvolgeva sfumava qualsiasi contorno visivo possibile dando cosi la sensazione di ondeggiare in aria. La luna rifletteva limpida sull'orizzonte e le piccole stelle creavano un'atmosfera romantica e sognante.
Sentii il suo respiro sul mio collo, <<Non sapevo cosa regalarti. Qualsiasi idea mi sembrava banale per te. Desideravo comprarti qualcosa da indossare>>, con la mano mi accarezzò la clavicola per poi finire sulla collana di mia madre, <<Egoisticamente volevo che portassi sempre con te un pezzo di me, in modo che chiunque ti guardasse avrebbe saputo la mia esistenza>>, strinse il ciondolo per poi lasciarlo cadere, <<Ma non potevo competere con questo e so già che non sei un amante dei gioielli>>, si portò la mia mano sinistra alla bocca e la baciò, lasciandomi un dolce brivido lungo la schiena.
Il mio cuore martellava forte nel petto ma era concentrato ad ascoltare ogni singola parola.
<<Ci ho pensato a lungo e poi mi sono ricordato della nostra prima chiacchierata>>, appoggiò il mento sull'incavo del collo, <<Non quella sotto la pioggia ma quella sotto le stelle, quando ti ho ritrovata tremante e impaurita in mezzo alla sabbia>>.
Ripensai a quel momento, sentivo ancora l'odore del suo profumo che quel giubbotto mi aveva lasciato sulla pelle.
<< " Ricordati sempre che ogni difficoltà superata ti permetterà di risplendere e di illuminare gli altri">>, la sua voce vibrante percorse ogni angolo del mio corpo.
Mi voltai sconvolta.
Erano le parole di mia madre, non ricordavo di averglielo raccontato.
Ricordavo che lui mi aveva parlato di quanto "il piccolo principe" lo avesse fatto sognare da bambino ma non pensavo che potesse ricordarsi una cosa cosi...mia, cosi personale. Chi altro avrebbe potuto dare importanza a quelle parole se non io?
Rimasi in silenzio, incapace di parlare e affamata dalle sue parole.
<<Te lo ricordi vero? Quella notte non avevo ancora capito il reale significato dietro questa frase>>, riprese ad accarezzarmi il viso con il dorso della mano, <<Ancora non sapevo cosa stessi sopportando...>>, le sue labbra sfiorarono le mie per poi risalire e baciarmi entrambe le palpebre, <<Ma adesso vedo tutto in modo differente. Sei la persona più forte che abbia mai conosciuto, capace di far emergere il meglio dagli altri. Mi sei entrata dentro e hai illuminato ogni parte di me e per questo ti amerò per sempre>>.
Iniziai a piangere in silenzio, quelle parole sembravano più un addio che altro.
<<E' per questo che ho pensato a questo posto. Voglio che tu, in qualsiasi momento, possa rifugiarti sotto questo cielo per ricordare che puoi farcela. Qualsiasi difficoltà incontrerai... tu sei più forte. Sei l'unica su cui scommetterei sempre e per sempre>>.
Nessuno mi aveva fatto sentire cosi speciale e la cosa meravigliosa era che quelle parole le avrei ritenute vere solo se pronunciate dalla sua bocca.
<<Cosi mi sono ricordato della mia Adrianna, voglio che sia tua. Ovviamente dovrai prima prendere la patente ma ho già programmato tutto. Tu devi solo studiare e fare l'esame...>>
Spalancai gli occhi, <<Non stai dicendo sul serio>>.
<<Ovvio che si>>.
<<Eric! Non puoi! Non puoi comprarmi una barca e...una patente!>>.
<<In teoria la barca già era mia, te l'ho solo ceduta e per quanto riguarda la patente...devi studiare. Non sono cosi affabile da ottenere certi favori ed eludere le leggi>>.
<<Tu sei pazzo! non la accetterò mai>>, dissi in una risata isterica.
<<Lo immaginavo, per questo ho già parlato con Josh... la barca sarà a suo nome fino a quando non compilerai tutte le pratiche per il passaggio>>.
Continuai a guardarlo con la bocca aperta, come faceva ad anticiparmi su tutto.
Feci per controbattere ma mi interruppe, <<Accettala, è l'ultima cosa che posso donarti e che so ti possa in qualche modo aiutare. Ho bisogno che tu accetti>>.
Era ridicolo, mi stava pregando di accettare una barca come regalo.
<<Ci sei affezionato e tenerla significa averne cura e pagare un posto in cui metterla...con l'università...>>
<<Lo so già, per questo potrai lasciarla benissimo in questo porticciolo, per quanto riguarda la manutenzione... non è una barca molto problematica e il padre di Tiffany se la cava quindi non dovresti neanche avere problemi>>.
<<Hai già pensato a tutto>>, dissi sconfitta.
Lentamente dentro di me si stava insinuando una scintilla di eccitazione... avevo una barca.
<<Come sempre... allora?>>.
Lo guardai negli occhi e ricambiai quelle migliaia di carezze che mi aveva fatto quel giorno, <<E' un regalo magnifico...grazie>>.
Il suo sorriso sincero mi riempii il cuore di gioia, facendomi dimenticare per un secondo della fine imminente... ma era impossibile saltare l'epilogo.
<<Lo sai che prima o poi dovremmo parlare, vero?>>, non volevo rovinare quel momento ma più condividevamo questi attimi felici e più mi sentivo in colpa verso me stessa e verso di lui... stavo chiudendo la porta in faccia alla felicità.
<<E ne vuoi parlare proprio ora?>>, non sembrava arrabbiato ma il tono di sfida era impossibile da non notare.
Si fece sempre più vicino fino a toccare il naso con il suo.
Deglutii rumorosamente appena percepii la poca distanza che ci separava.
<<No>>, risposi decisa.
<<Bene...>>, si avvicinò pericolosamente e con la lingua leccò il mio labbro inferiore per poi succhiarlo, lasciando che la tensione accumulata in quelle settimane si sciogliesse per sfogarsi liberamente.
Mi baciò voracemente e io ricambiai senza indugio aggrappandomi immediatamente ai suoi capelli.
Le sue mani mi presero di peso e mi adagiarono su qualcosa di soffice. Aprii gli occhi e capii che ci trovavamo sopra quello che pensavo fosse un materassino.
Ci scambiammo uno sguardo intenso, era giusto continuare?
Lo volevo ma avevo paura di quanto sarebbe poi stato difficile allontanarmi da lui <<Eric...>>
<<L'ultima volta...>>, si fermò e provò a respirare profondamente.
Le sue mani stringevano i miei polsi inchiodandomi cosi sotto il suo sguardo, <<Me lo merito anche io un addio, non pensi?>>.
In quell'istante mi permise di capire quanto quel mio comportamento lo avesse ferito. Non lo biasimavo, avevamo fatto l'amore per la prima volta e io, nonostante avessi delle buone ragioni, lo avevo lasciato.
Era difficile da distinguere, non capivo se fosse dolore o rancore, ma entrambe le alternative erano ugualmente strazianti da vedere.
<<Voglio solo starti vicino e dimenticarmi per un momento quanto schifo farà la mia vita senza te>>.
Si abbassò nuovamente cercando di capire il mio sguardo, come se aspettasse il mio permesso.
Ancora non lo aveva capito che aveva il lasciapassare?
<<Sarà l'ultima cosa che ti chiederò. Ci meritiamo un ultimo momento>>, mi sussurrò tra le labbra.
Aveva ragione e per quanto avessi paura dell'alba...in quel momento volevo lui.
Accorciai quella distanza e lo baciai ottenendo una rapida risposta.
Le sue mani continuavano a stringere i miei polsi ma non avevo paura, mi piaceva il modo in cui mi toccava. Ero sua, dopotutto.
La sua lingua si spostò velocemente dalla bocca per scendere sul mio collo sensibile. Con una mano spostò sia il vestito che il costume, liberando cosi un mio seno che venne subito avvolto dalle sue labbra.
Sentivo un languido piacere divampare sul mio basso ventre e l'unica cosa a cui pensavo era quello di averlo dentro di me.
Mi feci sfuggire un lamento fin troppo rumoroso.
<<Ti voglio nuda>>, si staccò da me e mi diede abbastanza spazio per spogliarmi. Il costume fu la parte difficile ma una volta tolto fui completamente esposta ai suoi occhi.
Lui si fermò e mi guardò con un'aria...triste e sognate, <<Come posso lasciarti andare?>>.
Le mie difese caddero immediatamente, mi avvicinai cautamente verso di lui e iniziai a spogliarlo. Lui seguii i miei movimenti in silenzio e ben presto ci ritrovammo pelle su pelle.
Eravamo inginocchiati, uno di fronte l'altro. La luce della luna accarezzava il colore dei suoi occhi facendoli risplendere e incastrandomi nel suo sguardo.
Feci aderire il mio seno al suo petto e lo abbracciai.
Gli accarezzai i capelli e baciai dolcemente la sua spalla, << Ce la faremo>>, dissi più per me stessa che per lui.
Lo sentii ricambiare il mio abbraccio e il contatto con la sua erezione mi fece uscire un altro lamento.
<<Non ne ho avuto abbastanza...vorrei altre mille notti come questa>>, riprese a baciarmi con lo stesso desiderio di prima.
Con una mano percorse la linea della mia schiena per poi farmi coricare a pancia in su.
Ritrovai le sue mani affamate sulle mie cosce che aprii bruscamente insinuandosi all'interno senza sorpassare il confine. Sentivo la punta della sua erezione strusciare sul mio sesso pronto.
Un rumore proveniente alla mia destra mi distrasse per un secondo e solo dopo lo vidi aprire con la bocca l'involucro del profilattico.
<<Spero che quello lo avevi portato per me>>, dissi senza pensarci troppo.
<<Se fosse per me neanche lo userei, muoio di sentire la mia pelle dentro di te>>, grugnì.
Una forte scarica di piacere mi colpii senza alcun avviso, lasciandomi in estasi per pochi secondi.
Avevo avuto un semi orgasmo solo con quelle parole... cercai di spegnere l' idea irresistibile di provare a fare ciò che aveva detto.
Lo vidi sorridere, <<Voglio che stanotte sia indimenticabile>>, le sue mani entrarono dentro di me togliendomi tutto il fiato che avevo in corpo, <<Voglio che in qualsiasi momento tu penserai al modo in cui ti sto toccando>>, spostò le dita verso il clitoride iniziando la famosa danza che mi faceva impazzire, <<Voglio che tu desidererai sempre rivivere questo momento>>, con un movimento veloce entrò dentro di me e dovetti aggrapparmi alla sua schiena per evitare di urlare.
Era un miscuglio di piacere e lieve bruciore ma a differenza della prima volta sentivo il mio corpo più rilassato.
Il suo bacino faceva avanti indietro e ad ogni spinta andava sempre più in profondità, come se fosse ancora possibile.
Mi portò le mani sopra il capo stringendo nuovamente i miei polsi.
Il non poterlo toccare mi faceva soffrire e in qualche modo dovevo scaricare quel groviglio di sensazioni così i miei gemiti iniziarono a farsi sempre più forti e intensi.
Le mie gambe, quasi insensibili, erano aggrovigliate attorno alla sua vita. Lo desideravo ancora più dentro di me.
<<Sarò l'unico a farti sentire cosi>>, disse in un lamento.
Era vero, lo sarebbe stato per sempre e il pensiero di dover dire addio a quel piacere mi divorava dentro.
<<Ti amo>>, averlo così vicino era talmente eccitante che fu difficile pronunciare quelle parole.
<<Per sempre>>, le sue spinte si fecero sempre più violente e veloci e il mio bacino accompagnava il suo andamento.
Mi baciò, ispezionando ogni angolo della mia bocca e succhiando ogni cosa possibile. La sua mano stringeva con forza il mio seno e quel dolore piacevole mi eccitava.
<<Dimmi che sarò l'unico. Dimmelo!>>, il suo respiro affannato mi sfiorò il viso.
<<Sarai l'unico>>.
L'ultima spinta mi portò in una dimensione di quasi non-ritorno. Percepii una pulsazione irrefrenabile e ancora prima di accorgermene fui travolta da un feroce giramento di testa che diede il preambolo ad una serie di tremori incontrollabili. Sentivo una eruzione vulcanica provenire dalla mia vagina era come se una vampata di piacevole calore si propagasse senza sosta dal mio ventre fino al cervello per poi riscendere e scaricare tutta la tensione dei muscoli.
Percepii in mezzo alle mie convulsioni quelle di Eric e la sensazione che stesse venendo dentro di me rese ancora più intenso quel momento estenuante prolungando il piacere incontrollabile.
Restammo fermi, in balia dei nostri sensi assuefatti, incastrati a vicenda e sotto lo sguardo testimone del cielo, per molto tempo.
Solo dopo che i nostri respiri si calmarono lui osò guardarmi negli occhi e ciò che vidi fu una delle cose più dolorose che potessi mai vedere.
Gli occhi color ghiaccio sembravano volersi sciogliere in piccole gocce di lacrime ma a differenza sua io ero troppo debole e lo anticipai.
Entrambi stavamo in silenzio per cercare di frenare quella frustrazione.
Riuscii a riacquisire padronanza della mia voce , <<Sarai l'unico>>, ripetei secca.
Lui avvicinò le labbra alle mie e mi diede il bacio più bello di sempre.
<<Tutto di me ti appartiene>>, continuò a baciarmi mentre il suo membro fuoriusciva da me, svuotandomi tristemente.
Ci addormentammo sotto le stelle con il suono dei nostri respiri, i nostri ultimi respiri insieme.
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