Capitolo |35|



Mi ero preparata per quel momento da almeno 24 ore e avevo solo deciso con assoluta certezza di presentarmi al compleanno 2 ore fa, quando dopo averci pensato secondo dopo secondo mi ero convinta di doverci andare.

Solo che adesso mi sembrava una cattiva idea.

Mi trovavo dentro la macchina che avevo parcheggiato davanti casa sua. Più i secondi passavano e più la musica, che proveniva da pochi metri distanti da me, mi faceva dubitare fortemente che sarei mai riuscita a parlare con lui. Era ad un volume a dir poco esagerato e se non avessimo potuto parlare che senso aveva presentarmi la, con la coda tra le gambe?

<<Hai cambiato idea?>>, mi chiese Courtney nel suo abitino striminzito di seta blu.

<<Forse... puoi sempre ritornare con Nathan, no?>>, chiesi sarcastica ma non ero poi cosi tanto sicura che non ci fosse un fondo di verità.

Ricordai le parole di Darla e avrei tanto voluto che ci fosse lei al mio posto solo perchè cosi avrebbe capito quanto fosse difficile respirare.

<<Non devi farlo per forza. Se non te la senti è comprensibile...>>, mi guardò con i suoi occhioni verdi e le feci un sorriso.

<<Credo solo di avere bisogno di un po' di tempo. Vai prima tu, ti prometto che ti raggiungerò tra qualche minuto>>.

Stranamente Courtney fece in silenzio ciò che le chiesi e, lasciando le chiavi appese, si dileguò con un sorriso di incoraggiamento. Forse, a differenza di Darla, aveva capito quanto la situazione fosse grave.

Appoggiai la testa sullo schienale del sedile e chiusi gli occhi. In grembo tenevo stretto quello stupido regalo che avevo incartato pochi minuti fa, anche per quello ci avevo pensato tutto il giorno. Quei disegni mi sembravano troppo personali e banali per lui, per ciò che in questo momento eravamo: due perfetti sconosciuti.

Feci un ultimo respiro profondo e pregai mia madre di darmi tutto il coraggio possibile, speravo solo di non ottenere un rifiuto umiliante.

Scesi dalla macchina e ringraziai Courtney di avermi concesso di indossare dei sandali aperti ma soprattutto bassi. Se fosse stato per me mi sarei presentata con dei jeans e una semplice t-shirt ma la mia amica me lo aveva rigorosamente impedito.

Io volevo solo non dare l'impressione di averci pensato troppo o di essermi sistemata per lui ma l'immagine di Sarah, vestita in modo impeccabile, mi turbava...quindi non obiettai quando Courtney mi mostrò cosa indossare.
Avevo un lungo abito verde che superava di qualche centimetro la caviglia, il tessuto leggero si muoveva ad ogni mio passo e la cosa un po' mi preoccupava dato che quell'abito aveva in entrambi i lati due spacchi fin troppo profondi che arrivavano oltre metà coscia.
Avrei dovuto muovermi con attenzione, non avevo questo grande piacere nel mostrare le mie grazie a mezza scuola e a volti ignoti. Fortunatamente non aveva la solita scollatura generosa che Courtney adorava, lo scollo era all'americana ma in compenso avevo l'intera schiena di fuori e questo significava solo una cosa: niente reggiseno.

Di tutto ciò l'unica cosa che mi piaceva erano le scarpe. Niente dolore, niente cadute ma soprattutto se avessi sentito la necessità di scappare via e correre l'avrei potuto fare senza il timore di spaccarmi l'osso del collo o di ritrovarmi con qualche vescica.

Arrivai nell'immenso giardino, la serata prometteva bene e l'aria leggera era piacevolmente fresca. Vedevo numerose persone parlare e ridere tra di loro, molti riuscivo a riconoscerli dato che frequentavamo lo stesso liceo, altri sembravano essere i soliti amici di famiglia. Sta volta la festa era stata spostata in giardino e numerose lampadine collegavano i vari alberi che avevano appena dato il benvenuto alla primavera. Sembrava come se sopra di noi ci fossero tantissime lucciole.

Mi guardai attorno alla ricerca di volti familiari ma soprattutto rassicuranti, riuscii a trovare subito Courtney che stava attaccata al braccio di Nathan. Anche lei si guardava in giro, alla ricerca di qualcuno e appena mi vide mi fece un sorriso... ovviamente stava aspettando me.

Feci per andare verso di lei ma una voce mi trattenne, <<Si, il verde ti sta decisamente meglio>>.

<<I complimenti non ti si addicono Alex>>, dovetti girarmi verso di lui e non mi stupii del poco impegno che aveva messo nel vestirsi. Indossava un paio di jeans neri ed una normale e semplice t-shirt aderente, sempre nera, che segnava le sue ampie spalle e valorizzava il suo fisico alto e asciutto.
Sembrava che anche lui avesse deciso all'ultimo minuto di presentarsi a quella festa.

<<Infatti non era un complimento>>, disse con il suo solito modo indifferente.

Risi per la sua risposta disinteressata, quel ragazzo era unico al mondo e se fossi stata particolarmente permalosa sicuramente lo avrei odiato.

<<Non pensavo venissi>>, fece scendere lo sguardo sull'oggetto incartato che tenevo tra le mani. D'istinto me lo portai dietro la schiena come se fosse strano portare un regalo ad una festa di compleanno.

<<Ti dispiace?>>, scherzai per cercare di non fargli capire quanto disagio stessi provando in quella situazione.

Un movimento dorato colpì il mio interesse e mi pentii subito di ciò che vidi. Sarah indossava un tubino pieno di paillette lasciando scoperte le sue lunghe gambe. I soliti e chilometrici capelli lisci avevano lasciato posto ad un ammasso di ricci che le incorniciavano il bellissimo viso olivastro.

A fianco a lei non mi stupii di trovare Eric, stavolta la solita camicia bianca era stata sostituita con una nera, che era infilata dentro ad un paio di pantaloni dello stesso colore. Un dettaglio dorato ricamato sul colletto richiamava il vestito della sua accompagnatrice.

La cosa che mi fece gelare il sangue fu la mano di Eric appoggiata sul fianco di lei.

Odiavo pensarlo e odiavo ammetterlo ma erano una coppia stupenda.
Quando mi imbattevo nel nostro riflesso più volte mi vergognavo di come apparissi vicino a lui. Timida, insicura, scialba e imperfetta.
Sarah era tutto il mio opposto, più simile a lui.

Sapevo già a cosa stessi andando incontro ma nonostante tutto non sarei mai riuscita ad accettarlo.

Avevo trattenuto il fiato e i miei polmoni immagazzinarono l'aria senza la mia volontà producendo un piccolo lamento.

<<Sei sicura di farcela?>>.
Guardai Alex, imbarazzata per essere stata colta nuovamente in flagrante.

Se fosse stata un'altra persona mi sarei sicuramente arrabbiata per la sua invadenza ma ormai avevo capito che tipo di persona fosse e quanta poca malizia mettesse nelle sue parole.

<<La caviglia non fa più male, posso filarmela quando e come voglio>>, gli sorrisi ma sapevo che l'ironia a volte non funzionava in certe situazioni... non avevo però molte alternative.

<<Tama che ne dici se ci prendiamo qualcosa da bere?>>, Courtney mi venne incontro con un sorriso rassicurante che mi fece rilassare i muscoli delle spalle.

Le fui grata e salutai Alex con un cenno della mano ... volevo solo allontanarmi da loro due per ritrovare quel coraggio che avevo appena perso.

Bevvi alcuni bicchieri di qualcosa e mi godetti quella dolce sensazione che regalava l'alcol.

Avevo passato gran parte della serata con Courtney, Sam e Tiffany che cercarono in tutti i modi di farmi divertire.

Eric si era accorto di me, la prima volta che i nostri sguardi si incontrarono potei leggere la sorpresa nei suoi occhi e stupirlo era una delle cose che mi piaceva di più.
Mi faceva sentire diversa ai suoi occhi.
Eppure non si era mai avvicinato. Rimaneva a fissarmi senza farsi notare da nessuno, come se farlo fosse vietato.
C'erano stati altri scambi di sguardi e ad ogni nostro contatto la raccolta dei disegni che tenevo nelle mani si faceva sempre più pesante. Avrei mai trovato il giusto momento per darglielo? E cosa gli avrei potuto dire? Sarei riuscita a parlargli in privato senza che quell'ammasso di lustrini ci interrompesse?

Avevo notato pure Rosalie che faceva di tutto per richiamare l'attenzione di Eric ma senza ottenere grandi risultati. Daisy invece sembrava essere a suo agio, quasi indifferente ad Eric nonostante la discussione di alcuni giorni fa.

Sembrava come se fossimo state tutte rimpiazzate da Sarah, come se le gelosie e le ripicche fatte tra di noi non avessero avuto più alcun senso ed io ero diventata quello che avevo sempre temuto: solo una sua conquista.

Aveva sempre detto che con me era diverso, che non ero come Daisy e come Rosalie eppure non stavo con lui. Forse mi aveva amata davvero, a modo suo.

Non riuscivo più a sostenere la vicinanza di quei due quindi mi rifugiai nell'unico posto in quella casa che sentivo mi appartenesse.

Appena sentii il rumore dell'acqua mi passarono in mente i vari momenti trascorsi con Eric. Ero venuta qua con l'intenzione di lottare per noi ma quel noi non esisteva più, lo sapevo già dopotutto. Era troppo lontano e rimanevano solo i ricordi di quello che era stato e di quello che sarebbe potuto accadere.

Non avevo più lacrime da versare, né per me né per lui.

Sarei mai riuscita ad amare di nuovo? Avrei mai avuto la possibilità di provare certe cose con una persona diversa?

Era questa la mia paura più grande dietro a tutta quella situazione, di vivere con il ricordo di un amore senza avere la possibilità di crearne degli altri.

Eppure Eric era riuscito a spazzare via tutto il male che mi aveva fatto Andrew. E' stato l'unico in grado a rendermi di nuovo capace di amare. Non so se sarà l'ultimo ma dopo quello che avevo passato non avrei mai pensato che ci sarebbe stato un primo.

Avevo il cuore a pezzi ma ero contenta perché solo in questo modo ero sicura che nonostante tutto ancora ci fosse qualcosa da poter rompere.

Continuavo ad accarezzare l'acqua gelida godendomi delle piccole gocce d'acqua che di tanto in tanto colpivano il mio braccio. Avevo bevuto un po' troppo ma ero ancora abbastanza lucida da distinguere il rumore dell'acqua da quelli dei suoi passi.

<<Se continui a sporgerti un altro po' potresti caderci di nuovo dentro>>, sebbene non fui colta alla sprovvista non riuscii a frenare le palpitazioni irregolari del mio cuore.

<<Dovrei stare attenta, stavolta non credo cascheresti nella mia trappola>>, dissi riferendomi all'ultima volta che lo trascinai nella vasca con me.

Lo facevamo sempre. L'ironia era la nostra miglior arma di difesa.

Si mise a ridere ma cambiò brevemente espressione come solo lui sapeva fare, <<Non mi aspettavo di vederti qui>>.

<<Non sei il primo che me lo dice questa sera>>.
Oltre ad Alex avevo ricevuto lo stesso commento da Liam e Grace anche se l'ultimo, più che una semplice osservazione, era stato detto unicamente per ferirmi.

<<Però è da te, non fai mai quello che gli altri si aspettano. Come mai...>>, era in difficoltà.
Per quanto quell'atteggiamento non gli si addiceva, lo capivo.

<<Come mai ho scelto di venire?>>, completai quella domanda per aiutarlo e risposi, << Volevo esserci...è un giorno importante dopotutto>>.

Per tutta la serata mi ero portata dietro quello sciocco regalo ma alla fine, dopo vani tentativi di darglielo, lo avevo lasciato in quel mucchio di lussuosi pacchetti che avrebbe sicuramente aperto l'indomani. In mezzo a tutte quelle confezioni eleganti, il mio si distingueva e allo stesso tempo ci si perdeva.

Anche io mi sarei persa tra le sue conquiste?

<<Grazie...il fatto di averti qui per me... non sai quanto sia importante. Non so cosa questo possa significare per te ma desideravo davvero che tu ci fossi...>>, stava immobile di fronte a me.
Avevo la sensazione che provasse a misurare i suoi gesti e le sue parole, come se non volesse farmi fraintendere o ferirmi.

Non risposi, ero troppo impegnata a calmare il mio cuore.

<<Stasera sei bellissima, vederti è il miglio regalo che potessi sperare>>, la sua voce roca mi avvolse e rividi quello sguardo penetrante in cui stavo già iniziando ad annegare.

Il cuore esplose e il respiro si bloccò. Gli bastava cosi poco per rendermi viva ma gli veniva ancora più semplice togliermi tutto.

Era troppo, abbassai lo sguardo verso le mie mani bagnate interrompendo cosi quella connessione visiva. Non volevo che mi vedesse debole, desideravo distinguermi dalle sue prede e non risultare un povero cucciolo abbandonato.

Ero l'unica che lo amava davvero, l'unica che poteva dire di averci provato nonostante non fossi compatibile con lui. Non era presunzione, sapevo benissimo quanto i miei sentimenti fossero enormemente importanti e difficile da gestire. Sia nel bene che nel male ne sarei uscita sempre scottata, amarlo aveva significato donare una parte di me che non avrei mai più ottenuto indietro.

"Sei bellissima" mi aveva detto. Come se fossi un trofeo nella sua collezione.

Frenai il mio entusiasmo perché per troppe volte ero stata travolta dalle mie emozioni credendo cosi a cose che non esistevano. Era contento perché gli importava di me dopotutto e vedermi li, a casa sua, metteva un punto "pacifico" alla nostra storia.
Ma ero solo una ex, una a cui si sarebbe concesso ogni tanto di pensare con un mezzo sorriso...ma nient'altro.

Ignorai il complimento e dopo alcuni secondi mi voltai verso di lui, avevo ripreso il controllo di me stessa.
<<Beh, Allora tanti auguri>>, dissi un po' in imbarazzo, <<È una bella festa, no?>>.

Tom aveva detto che le feste dei Ramirez erano le migliori, ed era cosi. Sarah era stata molto brava ad organizzare tutto e io non sarei riuscita a fare neanche un briciolo di quello che lei aveva fatto.

<<Grazie>>, i suoi occhi si rabbuiarono.
Non aveva apprezzato il cambio di argomento.
<<Si, è una bella festa... avrei voluto qualcosa di diverso ma in realtà non mi interessava molto. Come vanno le cose con...con la famiglia di Courtney?>>.

<<Bene, sono felice>>, non era assolutamente vero ma perché dirgli che mi sentivo morire? Non era giusto, né opportuno.

Stava per dire qualcosa ma il nostro tempo personale era destinato a terminare.
<<Eric dov'eri? Ti stiamo...>>, la Pocahontas luccicosa notò la mia presenza e si fermò improvvisamente per poi prendere la mano di Eric sotto il mio sguardo freddo e distaccato, <<Ciao... sei Tamara, giusto?>>.

Avevo sempre avuto un cattivo presentimento su di lei, mi dava l'impressione di una persona falsa e calcolatrice. Sapevo cosa aveva fatto ad Eric e a sua sorella, non riuscivo a compatirla del tutto nonostante anche lei poteva benissimo essere considerata una vittima, una preda. Eppure lei ancora era in vita e soprattutto fuori dallo scaffale delle conquiste. 

Si avvicinò ad Eric che era rimasto impassibile.
Il suo disagio si percepiva a chilometri di distanza ma d'altronde quale ragazzo vuole ritrovarsi di fronte alla sua ex ancora pazzamente innamorata e alla sua attuale ragazza?

Oh caro Eric, cosa pensavi? Che non sarebbe mai successo?

Mi alzai e con fare sicuro gli porsi la mano, <<Piacere, scommetto che tu sei Sarah>>.

Evidentemente con Daisy e Rosalie era andata in modo diverso dato che fece passare un bel po' di tempo prima di ricambiare la stretta di mano.

<<Scusami se ti interrompo ma è ora di spegnere le candele, se vuoi puoi venire anche tu>>, lo disse in un modo cosi falsamente innocente che non so con quanta forza non le tirai un pugno.

Se aveva intenzione di giocare in questo modo non sarei stata la prima a tirarmi indietro.

<<Non credevo che avessi bisogno di un permesso>>, le dissi con un sorriso sarcastico, <<Mi conviene sbrigarmi, non vorrei perdermi i posti migliori>>, li sorpassai velocemente e trattenni la rabbia.

Sapevo che con quella risposta l'avevo nuovamente spiazzata, sapevo pure che l'avevo irritata e questo mi aiutò molto a rilassarmi. Sembrava come se avessi un qualche vantaggio su di lei anche se in realtà era il contrario.

Lei stava con Eric, io stavo con l'amaro in bocca.

Non mi precipitai, come avevo detto, sulla torta che vedevo già accesa da tante candeline, preferii andare al piano bar dove c'era ormai il mio vecchio amico Scott.

Era un ragazzo di circa 30 anni che serviva da bere, sapevo quanto quel lavoro fosse difficile ma nonostante il triplo dei clienti che ero abituata a servire lui non aveva minimamente battuto ciglio.

<<Ciao bella rossa, cosa vuoi stavolta?>>.

<<Il più forte che hai!>>, dissi sorridendogli.

Non volevo ubriacarmi, volevo solo anestetizzare il dolore se era possibile.

<<Serata difficile?>>, mi chiese mentre prendeva diverse bottiglie dallo scaffale inferiore. Riuscii a distinguere del gin, vodka, rum e qualcos'altro. Evidentemente capiva quanto quella serata per me fosse orribile.

<<Potrebbe andare peggio>>, ed era la verità... potevo cadere a terra, potevo piangere ed urlare, potevo avere un attacco di panico ed invece stavo riuscendo perfettamente a contenere tutte quelle emozioni dentro di me. Sentivo una strana pace, triste e dolorosa, ma priva dei tormenti che mi prosciugavano.

<<Ecco a te un Long Island>>, mi porse un bicchiere grande con del liquido ambrato e delle grosse fette di lime che galleggiavano insieme a tre cubetti di ghiaccio.

Dovetti abituarmi un po' al gusto, un po' troppo forte per me, ma dopo alcuni sorsi feci un sorriso di approvazione.

In lontananza vidi Eric spegnere le numerose candeline mentre Sarah gli si buttava al collo dandogli un bacio sulla guancia.
La fitta al petto mi costrinse a riportare il bicchiere alle labbra.

<<Lo sai vero che chiunque ti vedesse penserebbe ad un cuore solitario?>>.

Sorrisi a Luke, quella sera era più carino del normale. Si era tagliato i riccioli dorati e quel nuovo look gli dava un tono diverso, più maturo.
<<Hai centrato bello>>, bevvi un sorso profondo e riposai il bicchiere, mezzo vuoto, sul tavolo.
O era mezzo pieno? Insomma, cosa cambiava?

<<"Bello"?! Quanto hai bevuto?>>.

Risi per quella domanda, al falò mi aveva chiesto la stessa identica cosa, <<É una festa. Perché fai sempre la stessa domanda?>>.

Ci mise un po' per capire ma finì con unirsi alla mia risata, <<È vero... evidentemente mi preoccupo per te>>.

<<Lo so e ti voglio bene per questo>>, lo dissi senza preoccuparmi, il nostro rapporto ormai aveva preso la giusta forma.
Forse grazie a Gaia o forse grazie al fatto che non riuscivo a togliermi dalla testa Eric, qualsiasi ragazzo avrebbe gettato la spugna di fronte a me.

Mi sorrise ma poi si fece serio, <<Posso chiederti come vanno le cose?>>.

<<Vuoi la risposta bella o la brutta?>>, sarcastica, sempre felicemente sarcastica.

<<Dimmi solo la verità>>.

Presi il bicchiere e solo dopo aver finito tutto il contenuto e aver chiesto il "bis" a Scott gli risposi, <<Di Merda. Ma sto bene>>, risi per la mia frase insensata.

E' che ormai ero abituata a stare di merda quindi mi sembrava la normalità. La maschera sembrava essersi fusa con i miei sentimenti.

<<Con il caso?>>.

Drizzai le spalle e lo guardai preoccupata, <<Ti hanno chiesto qualcosa?>>.

I suoi occhi verdi si incupirono e le sopracciglia assunsero una posizione che non donava al suo dolce viso.
<<Si... ma non sapevo cosa dirgli quindi ho fatto il vago>>.

Eravamo entrambi seduti su degli sgabelli affiancati al piano bar, mi girai verso Scott che si era allontanato da noi, sembrava aver capito la riservatezza della discussione.

Sentii il panico aumentare ma l'alcol che avevo in circolo attenuava tutti i miei sensi,
<<Mi dispiace... gli hai per caso detto di...di mio pa... di lui?>>.

<<No... ho detto che ti ho accompagnata con la mia macchina fino a Miami, che la gente di li era sicuramente invischiata in loschi affari e che quando abbiamo ritrovato Rachel era in condizioni pietose a causa di un certo debito che tu hai saldato>>.

Tirai un sospiro di sollievo.

<<Non hai intenzione di dirglielo? Parlo di tuo padre>>.

Anche Courtney mi aveva fatto la stessa domanda dato che le avevo raccontato tutto eppure, a differenza sua, Luke sembrava aver dedotto la mia stessa ipotesi senza che sapesse dei miei sospetti riguardo il contenuto della lettera. Dopotutto però non era cosi strano che avesse fatto quelle conclusioni, lui quella sera era con me e quindi aveva benissimo assistito alle dichiarazioni di Marcus: se mi fosse capitato qualcosa mio "padre" non avrebbe esitato a fare di peggio.

Come avrei mai potuto pensare che dicesse la verità o che quel peggio si sarebbe trasformato in due omicidi? Neanche sapevo di avere un padre.
<<No... non so con cosa o con chi sono coinvolta. Potrebbe benissimo essere uno sconosciuto>>.

<<Ti conosco Tamara, cosa hai in mente?>>.

Scott mi portò il mio Island qualcosa, presi il bicchiere e portandolo in alto dissi con un sorriso, <<Di bere>>.

Lui non si fece stavolta coinvolgere dal mio tentativo di alleggerire quell'argomento, <<Stai attenta, non sei indistruttibile>>.

Oh e come se non lo ero, ad ogni passo che facevo perdevo sempre una parte di me stessa.

Continuai a bere il mio drink, dopo quello non avrei dovuto prendere altro se avessi voluto evitare di trasformare Sarah in un lampadario luccicante.

<<Domani ho saputo che ci sarà il funerale, ci andrai?>> .

Domanda scottante.
<< Credo di sì e ti prego, non mi chiedere come mi sento a riguardo perché non lo so nemmeno io. Tutto questo mi fa solo pensare alla morte dei miei genitori quindi... evitiamo di parlarne>>.

<<Allora collega domani ti farò compagnia. Se vuoi posso rispondere io al posto tuo alle solite "condoglianze di circostanza">>.

<<Non sarebbe una cattiva idea, credi che dovrò vestirmi di nero? Non sono mai andata ad un funerale>>.
Forse avrei dovuto festeggiare.

<<Si ma i vestiti neri a fiori non valgono... cerca di essere più sobria>>.
Gli sorrisi di nuovo, se ci fosse stata Courtney non avrebbe perso tempo a farmi notare che non era l'unica ad aver scoperto la mia ossessione per i vestiti a fiori.

La musica interruppe il nostro dialogo e ci girammo. Il giardino si era trasformata in una discoteca.

<<Hey bambola, ti va di ballare? Conosco dei passi da urlo>>.
Riconobbi subito l'imitazione di Luke di una parodia su un vecchio film che una volta avevamo visto assieme.
Saltai giù dallo sgabello ringraziando ancora il fatto di indossare delle scarpe basse, bevvi tutto d'un fiato quel drink e presi la mano di Luke, <<Non vedo l'ora>>.

Ci inserimmo nella mischia individuando subito Courtney e le altre ragazze in compagnia di Tom, Alex e Michael.  Luke andò subito da Gaia, la sua ormai ragazza ufficiale. Fui stupita di trovarmi un Alex ballerino, non sembrava il tipo a cui piacesse ballare ma d'altronde non lo sembravo neanche io.

Mi lasciai andare e mi feci trasportare dalla musica e dall'alcol che ormai si era impossessato di gran parte delle mie sensazioni.

Ad un tratto il dj mise una delle canzoni preferite di Courtney, mi prese per le mani e mi costrinse a saltare... ben presto tutti iniziarono a seguirci e fu difficile mantenere l'equilibrio perché arrivavano spinte da tutti i lati.

Pensai a Luke e a come avrebbe potuto rovinare tutto iniziando a consigliare le sue playlist, mi misi a ridere e fu in quel momento che rividi quegli occhi glaciali che mi scrutavano, come se fossero affamati ed io fossi l'unico cibo commestibile sulla terra.
Con quelle luci assumevano diverse sfumature, a volte erano argentei, altre volte grigie e perfino blu. Se ne stava a pochissimi metri da me, appoggiato al muro mentre beveva direttamente dalla bottiglia del costoso champagne che gli aveva sicuramente regalato la sua nuova ragazza che neanche a farlo a posta gli si avvicinò iniziandolo a toccarlo in posti fin troppo intimi.

Troia.

<<Lo stai facendo di nuovo!>>, sentii una voce bassa gridare nell'orecchio.

Mi girai e vidi Alex a pochi centimetri dal mio viso, come faceva ad accorgersene sempre?

Non feci in tempo per ribattere che sotto gli occhi di tutti mi prese per la vita e mi avvicinò a sé.
<<Che ne dici se invertissimo i ruoli?>>, continuò a gridare, ma con quella musica l'unica a poterlo sentire ero io.

<<Che stai facendo?>>, chiesi scioccata dal suo comportamento ma anche divertita perché... era Alex.

<<Fidati di me! Lasciati andare!>>, mi fece girare su me stessa e appoggiò i miei fianchi ai suoi, accompagnando ogni movimento con le mani che tenevano saldamente la mia vita.

Sentivo il suo respiro sul collo.
<<Lasciati andare, chiudi gli occhi e ascolta la musica!>>, continuava ad avvicinarmi al suo corpo, la mia schiena completamente scoperta sfiorava il tessuto della sua maglietta.

Ascoltai ciò che disse anche se non riuscivo a smettere di ridere per quella strana situazione. Vidi Courtney osservare la scena di nascosto mentre Nathan era impegnata a baciarle il collo.

Ci scambiammo uno sguardo confuso.
<<Dai Tamara, è tutto quello che sai fare?>>, trattenni un altro sorriso e chiusi gli occhi.

Appoggiai la mia schiena sul suo petto, lui fece scorrere le sue mani sulle mie braccia portandole in alto e mettendomele sulla sua testa.

Iniziai a dimenare i fianchi a ritmo ignorando il fatto che dietro di me ci fosse Alex, non capivo perché lo stesse facendo dato che non ero sicuramente il suo tipo ma non sentivo neanche alcun campanello d'allarme che mi vietasse di farlo.

Ero appena uscita da due morti, forse l'unico parente in vita era un pazzo assassino e mi ritrovavo al compleanno del ragazzo che amavo e che mi aveva scaricata per la sua ex, la zia del figlio che aveva perso.

Al diavolo tutto.

Buttai la testa all'indietro appoggiandomi alla sua spalla che nonostante fosse troppo alta mi consentiva una posizione abbastanza comoda.

Alex spostò le mani verso le mie cosce e fui certa che lo spacco mi stesse esponendo troppo ad occhi indiscreti ma forse era l'alcol o la situazione o qualsiasi altra cosa... il fatto era che per una volta non me ne importava nulla.

Rimise nuovamente le mani sui miei fianchi e mi fece voltare verso di lui, avevo il fiatone e non smettevo di ridere.

Guardai quel viso coperto dai capelli fin troppo lunghi per un ragazzo ma che solo a lui stavano cosi bene. Osservai la sua mascella pronunciata e le sue labbra sottili ma affascinanti.
Era un bel ragazzo e se non fosse stato per quel carattere avrebbe avuto sicuramente più successo.

Mi misi nuovamente a ridere, notai un sorriso sghembo e uno sguardo fin troppo intenso per non essere male interpretato.
Si avvicinò di nuovo al mio orecchio, <<Adesso lo facciamo incazzare sul serio>>.

Stavo ancora cercando di capire le sue parole che sentii le sue mani ingrovigliarsi tra i miei capelli e avvicinarmi a lui. Le sue labbra toccarono le mie che per istinto risposero a quel bacio.

Sentii la testa girare e mi ripetevo tra me e me "Lasciati andare".

Non opposi alcuna resistenza neanche quando sentii la sua lingua leccarmi il labbro inferiore, anzi gli misi le braccia dietro la testa e non mi staccai da lui.

Mi passavano per la mente un milione di pensieri ma era fantastico come in quell'esatto momento sembrava tutto non avere importanza.

Ci staccammo per prendere fiato, <<Mi dovrai ringraziare per questo, ricordatelo>>.

Ero già confusa per quel bacio figuriamoci per quelle parole ma non ebbi il tempo di chiedere che venni violentemente allontanata dal suo abbraccio.

Mi voltai, cercando di mantenere l'equilibrio, e vidi Eric vicino a me. 
I suoi occhi color ghiaccio sembravano prendere fuoco, mi mise dietro di lui.
<<SEI UN BASTARDO>>, si scaraventò su Alex facendolo cadere a terra.
La gente attorno a noi si scansò e si fermò ad osservare.

Vidi Eric prepararsi per tirare un pugno ma Alex lo anticipò e prese il sopravvento su di lui.

Oh mio dio, che cazzo avevo fatto?

Mi guardai attorno e vidi Nathan confuso ma subito pronto ad intervenire.
Courtney mi prese per la mano e mi tirò a sè ma protestai, dovevo fermarli.

La musica venne interrotta immediatamente, si era creata una folla attorno a quello spettacolo.

Quei due non smettevano di picchiarsi.
<<Ti. Avevo. Avvertito. Di. Non. Toccarla!>>, Eric continuava a sbatterlo per terra ripetutamente ad ogni parola pronunciata mentre Alex non la smetteva di ridere cosa che ovviamente fece aumentare la sua ira.

Che diavolo aveva da ridere in una situazione come quella?

<<Me lo sarò dimenticato!>>, si mise a ridere ancora più forte.

<<Vediamo se cosi te lo ricorderai!>>, si alzò in piedi e prendendolo per il colletto della maglietta lo trascinò alla sua altezza per tirargli un altro pugno.

Alex ricadde a terra e pensai seriamente che la situazione stesse degenerando nonostante Nathan e altri ragazzi si frapponessero tra i due.

Perché non riuscivano a separarli? Erano quattro palestrati, cazzo.

<<Eric! Adesso basta!>>, la voce di Sarah sovrastò il chiassoso vocio che si stava andando a formare tra tutti gli invitati.

<<Hai sentito Eric? la tua ragazza ha detto di smetterla!>>, Alex era in svantaggio eppure non sembrava esserne minimamente risentito. Era come se godesse vedere Eric in quel modo, come se aspettasse quel momento da tutta la vita.
Continuava a prenderlo in giro senza preoccuparsi di essere colpito più forte.

Era ancora innamorato di Sarah? Lo aveva fatto per lei? Voleva dare fastidio ad Eric baciandomi?

Ma perché Eric stava reagendo cosi? Lui aveva scelto lei.
Era una sorta di possessione nei miei confronti? I trofei dovevano essere solo suoi?

<<Non è...>>, si girò su se stesso, <<Non è la mia ragazza!>>, urlò con l'affanno, <<Avete sentito?!>>.
Appena mi vide si immobilizzò, <<Te lo giuro! Credimi!>>, si avvicinò a me accarezzandomi il viso, <<Mi credi?>>.
Il suo alito puzzava di alcol eppure riuscivo benissimo a distinguere quell'odore di menta che tanto amavo.

<<Mi credi?>>, insistette.

Era ubriaco. Cosa dovevo fare? Mi girava la testa e l'unica cosa a cui pensavo era a quanto mi fosse mancata quella vicinanza. Ma avevo paura perché quello a cui stavo pensando non era reale. Quella maledettissima speranza e fiducia che il mio cuore riponeva nei suoi confronti non era realizzabile.

<<Non mi credi vero? Non mi ami più!>>, si mise le mani tra i capelli e iniziò a piangere, << Ti piace Alex? E' troppo tardi, vero?>>.

Rimasi in silenzio perchè tutto mi sarei immaginata tranne che quella svolta.

Si inginocchiò davanti a me, <<Ti prego! Non andartene! Non andartene anche tu!>>, i suoi occhi grandi si spalancarono carichi di suppliche, << Posso superare tutto ma solo se tu sei con me!>>.

Non ebbi il tempo di rispondere che Sarah si buttò a terra con lui, <<Eric sei ubriaco...>>

<<NO>>, la spinse via, <<La amo! Sarah Io la amo! Mi dispiace ma lei non è Victoria... lei...>>, mi prese la mano, <<è la mia Tamara>>.

Quelle parole sembravano essere acqua in un deserto ma sapevo che era solo un miraggio ed era difficile accettarlo.

Nathan, a differenza mia, riuscii ad intervenire.
<<Va bene ragazzi, la festa è finita... grazie per essere venuti...>, un enorme vocio in disaccordo si elevò, <<Si si, avete ragione ma come vedete il festeggiato non è più tra di noi>>.

Sarah, con una espressione rabbuiata e triste si alzò da terra, <<E' la seconda volta che succede... mi avevi detto che ti saresti preso cura di me... perchè mi stai facendo questo?>>, iniziò a piangere ignorando tutto il resto, <<Perché?>>, urlò.

<<No... volevo solo che tu mi perdonassi, per questo ho fatto ciò che volevi ma... io non ti amo e lo sai>>.

Alex, che non aveva più detto nulla, si alzò e andò incontro ad Eric.
Sussultai temendo il peggio ma Tom e Luke se ne accorsero e lo fermarono immediatamente.

La sua espressione di beatitudine e sarcasmo se ne era andata dando spazio alla rabbia, <<E il bastardo sarei io?>>, gridò mentre il giardino si svuotava lentamente.
Nathan, Courtney e Tiffany stavano accompagnando gli ospiti verso il cancello principale.

<<E Tu! Imbecille!>>, si rivolse a Sarah, << Stupida Imbecille che gli vai ancora dietro! Non ti è bastata già Victoria?!>>.

Tom gli si avvicinò all'orecchio sussurrandogli qualcosa e di rimando lui lo spinse, <<Vaffanculo!>>, tirò un calcio ad un tavolo vicino facendolo ribaltare per poi andarsene via.

Tom lo seguii immediatamente mentre Tiffany, dopo avermi concesso un triste sguardo, pensò a Sarah che era rimasta in silenzio.

Eric stava biascicando qualcosa su me ed Alex ma ignorai quelle frasi dettate dall'alcol, quanto cavolo aveva bevuto? Non riuscivo neanche bene a capire o a ricordare la sequenza degli eventi.

Mi accovacciai e passai il suo braccio sotto l'ascella per issarlo su.
Luke mi aiutò e insieme lo trasportammo nella depandance, sul divano.
Lo vidi chiudere gli occhi lentamente e accogliere il sonno.

<<Sono felice di non farne più parte. Tra voi due è sempre un casino>>, disse Luke sorridendomi.

No, il casino eravamo noi.

Lo guardavo dormire come un bambino, Luke dopo quel commento era andato fuori a ripescare la sua ragazza. In mezzo a quel trambusto l'aveva persa di vista.

Eric aveva un enorme livido sullo zigomo destro che si allargava fino all'occhio. Un graffio, incrostato di sangue e terra, attraversava il labbro inferiore. Dovevo pulirlo.

<<Com'è la situazione qua?>>, disse Courtney entrando nella dependance insieme a Nathan.

<<Si è addormentato come se non fosse successo nulla>>.
Quella situazione con Alex e il dramma che aveva fatto con Eric mi avevano reso perfettamente lucida facendomi passare la poca sbornia che potevo avere fino a pochi minuti fa.
<<Nathan, avete un kit del pronto soccorso?>>.

<<Ehm...si. Lo trovi sotto il lavandino del bagno...>>, guardò pensieroso il fratello, <<Forse è meglio prendere anche del ghiaccio>>, disse rifugiandosi nella cucina adiacente al salone.

Andai a prendere il Kit in bagno e sentii Courtney chiudere la porta, <<Ne vuoi parlare?>>.

<<Non penso che possa servire a qualcosa>>, dissi aprendo il mobile.

<<Perchè hai baciato Alex? Cosa credevi di fare?>>, il suo tono era carico di dissenso e delusione.

A quelle accuse i muscoli si tesero immediatamente.

<<Non l'ho baciato io, l'ho semplicemente lasciato fare. Lo so che non dovevo farlo ma la sua reazione ti fa capire quanto lui mi faccia confondere. Un attimo prima mi dice di voler stare con Sarah e un attimo dopo dice di amarmi>>.

<<Era il suo compleanno, potevi evitarlo>>.

Ma da che parte stava? Lei neanche ci voleva venire.
Mi girai per guardarla, <<Lo so Courtney, ho combinato un casino, non ero venuta per questo. Ero arrivata alla conclusione che tra di noi fosse finita e...>>

<<E cosa? Pensi che non sia cosi?>>.

Per lei era sempre tutto così facile. Non si rendeva conto che la perfezione non era per tutti.

<<No... penso solo che lui era ubriaco e che quando si sveglierà mi chiederà scusa ma troverà un'altra motivazione per non stare con me. Insomma... come facciamo sempre>>.

<<Non vi capisco proprio...vi rovinate con le vostre mani>>.

Prima il commento di Luke, poi quello di Courtney... c'era bisogno di sottolinearlo cosi tanto?

Nessuno meglio di noi sapeva che eravamo troppo distruttivi per l'altro.

Mi alzai e superandola aprii la porta del bagno, Volevo allontanarmi dai suoi occhi inquisitori, assomigliava a suo padre più di quanto si immaginasse.

Mi trattenne per un polso, <<Stavi iniziando a stare meglio. Non puoi rimetterti di nuovo nei casini, non te lo permetterò.>>.

A quelle parole il mio cuore si addolcì leggermente, in fondo non era lei quella che mi faceva soffrire.

<<Come se non lo sapessi>>, le diedi un bacio sulla fronte e uscii da quella semi-discussione.

Se non fossi cosi confusa sicuramente me la sarei presa, aveva assolutamente ragione ma questo non significa che la verità fosse sempre la cosa più giusta da dire.

Appoggiai il Kit sul tavolo di fronte al divano e presi tutto l'occorrente per pulirgli la ferita. Ovviamente, ancora nel sonno, protestò per il bruciore ma era talmente fradicio che si limitava a spostarmi di tanto in tanto la mano.

<<Questi dovrebbero bastare>>, disse Nathan portando alcune buste di ghiaccio sintetico<, <Vuoi che faccio io?>>.

<<No, tranquillo>>, risposi.

Mi sentivo in colpa ma dove stava la novità?

Courtney ritornò con alcuni sacchi della spazzatura, <<Dovresti andare a riposare. Domani mattina c'è il funerale>>.

<<Lo sai che non riuscirei ugualmente a dormire, preferisco intrattenere l'insonnia>>, dissi con un sorriso.

<<Tamara non credo che sia...>>

<<Lasciala fare, devono sbrigarsela tra di loro>>, Nathan prese Courtney per un braccio, <<Noi penseremo a pulire fuori, i miei genitori non torneranno fino a domani pomeriggio>>.
Sorrise amareggiato, <<Doveva essere una nottata di festa quindi ci hanno lasciato il tempo di fare le nostre cose... non doveva andare cosi>>.

<<Mi dispiace>>, ero sincera e ci stavo male. Non volevo rovinare tutto, credevo che non ci fosse nient'altro da distruggere ma mi ero sbagliata di nuovo.

Il cuore gioiva in modo doloroso, non avrei mai voluto risentire quelle parole.
"La amo! Sarah Io la amo! Mi dispiace ma lei non è Victoria. Lei è la mia Tamara".

Quante volte ci ero ricaduta? Lo amavo più di quanto io amassi me stessa.

<<Non è solo colpa tua... qualsiasi cosa decidiate di fare...dateci un taglio, qui non si tratta solo di voi due>>, non era arrabbiato ma immensamente triste.
Guardava suo fratello come se fosse sul punto di lasciarlo cadere in un burrone.
Si grattò la testa, <<Non dovrebbe essere cosi difficile stare insieme>>.
Era a disagio, sapeva benissimo quanto quelle parole mi avrebbero infastidita.
Ma non mi aveva detto nulla di nuovo.

<<Ti lascio la macchina, per qualsiasi cosa...chiamami. D'accordo?>>.
Feci un cenno a Courtney che dopo avermi fatto il suo solito sorriso rassicurante, se ne andò insieme a Nathan.

Abbassai le braccia che erano rimaste sospese sopra il viso di Eric. Ero riuscita a pulirgli la ferita al labbro ma mi accorsi pure delle nocche insanguinate quindi dovetti concentrarmi su quelle prima di pensare al livido.

Le parole che aveva detto non valevano nulla, erano sintomo di una gelosia possessiva che non era stato in grado di controllare a causa dell'alcol.

Lo guardai a lungo, anche lui soffriva?

Stavo passando un periodo di merda e in quel momento avevo solo bisogno di lui ma si era tirato indietro. Per i suoi sensi di colpa necessitava più esserci per Sarah che per me, potevo davvero biasimarlo?

Si...perchè quando seppi dell'aggravamento di sua madre, nonostante mi avesse definita "Troia" trattandomi male e nonostante mi tenesse subdolamente al guinzaglio e continuasse a rifiutarmi, io avevo fatto un passo indietro perchè lo amavo... perchè sapevo che aveva bisogno di me.
Nonostante avessi appena scoperto l'esistenza di Aron, io avevo messo tutto da parte. Per lui. E' vero, stavo con Luke ma avevo ingoiato il suo rifiuto, facendomi andare bene la sua amicizia e provando ad andare avanti senza però abbandonarlo. Non ero mai stata alla ricerca di un ragazzo ma dopo aver conosciuto  Eric sentivo la necessità di tappare quei vuoti che aveva lasciato e Luke era diventata la mi cura.

Eppure dall'altro lato non potevo biasimarlo... non potevo pretendere lo stesso atteggiamento, non potevo pretendere che lui mi amasse allo stesso modo. E' normale aspettarsi, in una relazione, determinate cose ma non potevo esigerle. Era il suo modo di superare le cose. Mi aveva detto di aspettarlo ma in quel momento avevo bisogno di lui e non della speranza che un giorno ritornasse da me.

I nostri tempi non coincidevano.

Gli scostai i capelli dal viso e lo baciai in fronte. Feci uno sbadiglio e mi accoccolai nella poltroncina a fianco.

Alex mi aveva baciato per dimostrarmi qualcosa, quel bacio non significava proprio nulla... né da parte mia né da parte sua. Lo aveva fatto unicamente perchè sapeva di fare arrabbiare Eric.

Presi il mio telefono, erano quasi le tre. Il funerale era segnato per le 11. Sentivo la stanchezza impossessarsi di me, potevo riposarmi un poco e poi andare a darmi una sistemata. Era pur sempre una funzione religiosa.

Chiusi gli occhi e venni avvolta dall'oscurità più totale.

Mi trovavo seduta ad un tavolo e dovetti sforzarmi un po' per riuscire a focalizzare le quattro figure che avevo di fronte.  Davanti a me sedevano Rachel e Finn che mi guardavano sorridenti. Era un sorriso sereno che mi faceva venire i brividi. In 6 anni non li avevo mai visti cosi.

Di fianco avevo Drew e mia madre, anche loro indossavano lo stesso sorriso.

<<Allora, siamo pronti?>>, disse Rachel entusiasta.

<<Si sorellina, inizio io?>>, Drew si mise a ridere.

Quanto mi mancava la sua voce.

<<Incidente>>, urlò Drew alzando una mano, <<Vai tesoro, ora tocca a te>>, rivolgendosi a mia madre.

Era bellissima, i capelli ramati le scendevano in lunghe onde e gli occhi erano di un blu profondo, come l'oceano.
<<Incidente>>, disse lei ridendo, <<Ovviamente... ero con te>>, rise ancora.

Io li guardavo ma non potevo parlare e muovermi. Ero bloccata su quella sedia.

<<Tocca a me!!>>, Rachel iniziò a sbattere le mani sul tavolo, <<Rullo di tamburi...Impiccata>>, si portò le mani sul collo e mimò un soffocamento.

Tutti risero, <<Vai Finn, è il tuo turno!!>>.

<<Ho vinto io, accoltellato e poi fatto a pezzi>>, disse Finn ridendo orgoglioso.

In coro urlarono un "No" di disapprovazione.

<<Ma ci pensate? E' stata mia figlia ad ucciderci>>, mia madre continuava a ridere

<<Io l'ho detto, vero Tamara?>>, Rachel lasciò quel sorriso per indossarne uno che le calzava meglio, <<Porti solo morte>>.

Mi svegliai di soprassalto con un forte dolore alla testa, era estremamente buio e rimasi ferma per alcuni secondi prima di capire dove mi trovassi.

Scacciai quel maledetto sogno dai pensieri e mi ricordai di Eric. Lo avevo lasciato sul divano a dormire ma adesso era vuoto. Mi guardai in giro, se ne era andato?

Il cigolio di una porta mi avvisò che non era cosi e infatti me lo ritrovai di fronte. Era appena uscito dal bagno e la luce, che proveniva da li dentro, illuminò leggermente l'ambiente in cui mi trovavo.

Venni travolta da un vapore caldo e da un profumo di limone.
Aveva i capelli bagnati ma indossava gli stessi vestiti, capii che si era andato a lavare.

Mi alzai dalla poltrona e mi sistemai il vestito spiegazzato per poi guardarlo negli occhi, <<Ciao>>, dissi.

<<Ciao>>, dalla voce assonnata ma chiara non sembrava per niente ubriaco come prima.

Il silenzio regnò tra di noi, era difficile dire qualcosa dato che non sapevamo da dove iniziare.

<<Mi dispiace>>, dicemmo all'unisono.

Ci scambiammo una smorfia imbarazzata e lui diminuì la distanza tra di noi, <<Vai prima tu>>, mi disse.

<<Mi dispiace per stasera, non ero venuta per creare problemi>>.

<<Problemi?>>, strinse i pugni, <<Ti sei lasciata toccare e baciare da un bastardo! Davanti ai miei occhi!>>, disse in un ringhio rabbioso.

Stavo per dire che ero single e che anche lui si era fatto toccare da Sarah ma quello era il suo territorio.
<<Ho sbagliato>>.

<<Si!>>, sospirò, <<Ma anche io>>.
Si avvicinò ancora di più e con il pollice mi sfiorò le labbra, <<Non lo sopporto>>.

Aspettai che continuasse quella frase ma non pronunciò nient'altro dato che le sue labbra si impadronirono delle mie.

Mi prese la testa e la avvicinò violentemente alla sua, una mano scese lungo la schiena mentre l'altra strinse una mia coscia. Mi issò e di istinto avvolsi le mie gambe attorno alla sua vita.

I suoi baci erano tormentati e voraci ed io ero stordita dall'eccitazione di quel momento. Sentii un impatto violento sulla schiena e mi ritrovai appoggiata sul piano della cucina.
Mi aprii velocemente le gambe procurandomi una scarica intensa di piacere e si insinuò tra di loro, sentivo la sua erezione crescere e ad ogni contatto con quel corpo duro mi mancava il respiro.

Avevo tutti i sensi annebbiati, <<Eric...>>, provai a dire.

<<Shh, non voglio parlare>>, mi baciò per poi leccarmi il labbro, <<Mi sei mancata troppo>>.
Iniziò a toccarmi il seno che era ancora coperto da quella sottile stoffa. Portai indietro la testa facendo sfuggire un lamento di piacere quando sentii una pressione sul mio sesso pulsante.

<<Cosi ti ricordavo... sempre pronta per me, solo per me>>, spostò le mutandine e fece entrare due dita, o almeno pensai che fossero due, dentro di me. L'altra mano aveva lasciato il mio seno per massaggiare il clitoride. Sospirai pesantemente.

Lo volevo, non riuscivo a pensare ad altro che a lui dentro di me.

<<Ti prego!>>, dissi sottovoce.

<<Si piccola>>, fece per abbassarsi ma prendendogli il viso tra le mani lo riportai alla mia altezza.
Evidentemente non aveva capito <<Sono pronta!>>.

Nonostante fossimo al buio riuscii a vedere un lampo di piacere nei suoi occhi, estrasse le sue dita e si fermò.
<<No! Tamara, non ora!>>, si stava trattenendo, abbassai lo sguardo sul suo membro e sembrava che stesse per scoppiare.

Portai le mani sulla sua cintura e iniziai a sbottonarla, calai la zip dei pantaloni e con una mano mi intrufolai dentro i suoi box.
<<Lo voglio!>>, dissi rabbrividendo per l'intensità con cui lo dissi.

Lui prese il mio polso tra le mani ancora umide, <<Non voglio che riaccada>>.

<<Mi fido di te!>>.
Forse fu la situazione, forse fu il tono risoluto con cui lo dissi ma fatto sta che lui si allontanò, entrò in bagno e ritornò con un preservativo.

Non smise di guardarmi mentre io slacciavo il piccolo bottone dietro il collo che teneva su il vestito.
<<Sei cosi perfetta>>, mi sfiorò un seno ricoprendo la mia pelle nuda da una forte e piacevole elettricità.

Presi a sbottonargli la camicia e iniziai a baciargli la clavicola, ad ogni bacio succhiavo leggermente quella pelle che sapeva di menta e limone.

Fece cadere giù i pantaloni e insieme ci levammo gli unici strati che ci coprivano.

Aprì il preservativo ma stavolta presi quell'involucro e cercando di ricordarmi le lezioni di educazione sessuale lo srotolai sul suo membro.

<<Ti amo>>, mi sussurrò nell'orecchio mentre bloccava le mie gambe e si insinuava dentro di me.

Sentivo la punta fare pressione ed entrare lentamente, un forte e intenso bruciore mi oscurò la mente e di istinto mi aggrappai alla sua schiena.
<<Ti amo>>, continuò a sussurrarmi.

Anche io lo amavo, amavo tutto di lui, la sua pelle, i suoi occhi, la sua voce, il modo in cui rideva, il modo in cui mi prendeva in giro, il modo con cui mi controllava e possedeva, il suo respiro.

Il suo membro entrava ed usciva ad un ritmo lento e sensuale, un ritmo di cui stavo già iniziando ad abituarmi e ad ogni entrata si spingeva sempre più in profondità togliendomi il fiato.

Il bruciore iniziò presto a trasformarmi in qualcosa di più intenso, era un piacere mai provato prima, che mi faceva impazzire e desiderarlo sempre più dentro di me.

Iniziai a muovere i fianchi insieme a lui ma quella maledetta posizione non mi permetteva grandi movimenti, lui sembrò averlo capito ed immediatamente mi trovai distesa sul pavimento.

Mai avrei potuto pensare che due persone potessero entrare così in sintonia.
Tutto di noi si era fuso, era impossibile per me capire dove iniziasse la sua pelle e dove finisse la mia.

Le goccioline di acqua e sudore scendevano lungo il suo viso per poi sfiorare il mio corpo nudo e sensibile.

Spostai le mie mani sui suoi fianchi e accompagnai la spinta cercando di fargli capire che volevo sempre meno distanza tra di noi.

Il silenzio che prima regnava era stato spezzato dai nostri respiri affannati e dai gemiti di piacere.

Si abbassò a baciarmi mordendomi qualsiasi strato di pelle avesse sotto la sua bocca.

Non ce la facevo più, sentivo un piacere crescere e giungere in me ma ad ogni uscita lo perdevo.
Doveva andare più dentro.
Pensai a Courtney e alle sue spiegazioni di ciò che faceva con Nathan, dovevo cambiare posizione.
Lo presi alla sprovvista e spingendolo leggermente riuscii, senza farlo uscire da me, a mettermi a cavalcioni sopra di lui.

Non gli diedi il tempo di dire nulla che iniziai a muovere i fianchi, non riuscivo ad andare alla velocità che quel piacere mi portava a desiderare perché il bruciore intenso si ripresentava, però riuscii a sentire meglio il suo membro e quando un altro strato di pelle entrò in contatto con il mio sesso ebbi la certezza di stare andando sulla giusta strada.

<<Cazzo! Tamara... sto per venire!>>.

Mi lasciai andare a quel bruciore e diedi un'ultima spinta violenta e finalmente quel piacere arrivò, una forte scarica di elettricità pura mi percorse il corpo che venne inondato da varie convulsioni.
Mi abbandonai a quella sensazione sconvolgente mentre sotto di me sentivo gli spasmi di Eric congiungersi ai miei.

<<E' stato...è stato il sesso più fantastico che abbia mai fatto>>, sentii il suo respiro pesante sui miei capelli.
Ero troppo stanca e stordita per dire qualcosa e non ero neanche pronta a farlo uscire da me. Sarei voluta rimanere in quella posizione per sempre.

Ci ero riuscita... lui ci era riuscito. Gli baciai il petto, avevo la gioia dentro il cuore.
Lo amavo più di qualsiasi altra cosa al mondo.

<<Stai bene?>>.
Alzai la testa e provai a rispondergli ma uscii solo un flebile lamento, mi misi a ridere imbarazzata per la situazione.

Mi accarezzò la testa e la schiena, <<Avevo paura di farti male per questo non volevo superare i limiti ma...>>, lo sentii ridere, <<Mi hai di nuovo spiazzato, in pratica hai condotto tu i giochi>>.

Era perché volevo conoscere quel piacere che solo lui mi avrebbe dato.

Mi sollevò leggermente e uscì da me, mi ero già abituata alla sua presenza.
Mi poggiò delicatamente sul pavimento, <<Prima o poi riuscirai a parlare?>>.

No, non volevo parlare perché tra di noi le parole non funzionavano.

Iniziò a ripercorrere con le dita il profilo del mio corpo, <<Mi sei mancata>>.

Anche lui mi era mancato e mi sarebbe mancato ancora di più dopo quella notte passata insieme ma dovevo saperlo, prima di perderlo di nuovo dovevo sapere e comprendere cosa stavo perdendo.

Lo amavo immensamente, lui era l'aria che respiravo ma non potevo dimenticare ciò che era successo.

Avrei potuto lasciarlo spiegare ma come sempre ne sarei uscita sconfitta.

Il passato ci influenzava ma a differenza mia i suoi sensi di colpa si ripercuotevano sulla sua felicità con me.

Nonostante quella notte avesse esplicitamente detto a Sarah che non la amava sapevo che una volta da solo si sarebbe colpevolizzato al punto da distaccarsi da me.

E non potevo sopportarlo più.

Volevo che lui fosse il mio primo, volevo che mi permettesse di sostituire quei ricordi orribili con il suo amore, volevo solo permettergli di farmi sua.

Non appartenenti più a quel mostro ma ero di Eric.

Rimasi in silenzio, mi accoccolai su di lui e aspettai il suo abbraccio.

Ci addormentammo cosi, lui ignaro di tutto e io con il cuore di nuovo frantumato.

Mi fidavo di lui ma sapevo fino a dove poteva spingersi, io ero troppo per lui... lui invece per me era tutto.

Mi risvegliai avvolta da quelle braccia rassicuranti e mi concessi il mio tempo per godermi quella sensazione. Avrei dovuto memorizzarmi ogni emozione in modo da farmela bastare per tutta la vita.

Come avrei fatto senza di lui?

Era assurdo come pensavo di non riuscire più a respirare dopo che per 6 anni avevo convissuto con la morte dei miei genitori. Non era la stessa cosa ma lo avrei ugualmente perso ed avere la consapevolezza di questo aumentava la mia paura.

La mattina ormai era giunta e questo significava che il nostro momento stava per terminare.

Respirai per l'ultima volta la sua pelle e dopo varie proteste con il mio cuore riuscii a liberarmi da quella fortezza.

Mi alzai, cercai i miei vestiti e mi ricomposi. Guardai quel corpo nudo, cosi perfetto. Non aveva fatto altro che dirmi che mi amava e che ero bellissima, io ero rimasta in silenzio.

Non potevo lasciarlo cosi. Mi ricordai del regalo e andando nel tavolo vicino alla porta di ingresso ripescai il mio familiare involucro. Lo scartai e buttai quella carta che ormai consideravo insopportabile.

Toccai la copertina rigida di quel quaderno e sfogliai ogni mio disegno per dare un po' di dignità a quel mio addio personale. Arrivai alle ultime pagine che avevo lasciato in bianco, mi sedetti sul divano dopo aver ripescato una penna dalla scrivania posta di fianco alla poltrona, e iniziai a scrivere:

Grazie per tutto quello che mi hai mostrato, con te ho scoperto un mondo che non conoscevo ma desideravo senza saperlo, mi hai dato la possibilità di vivere di nuovo.
Mi hai insegnato ad amare, un sentimento che pensavo di non essere più in grado di provare. Sei stato e rimarrai l'unica persona capace di spazzare tutta la cattiveria che portavo nel cuore. Sei il mio primo ed ultimo amore. Non lo dimenticherò mai. Ho avuto la fortuna di provare e toccare un sentimento che divora l'anima ma che riempie lo spirito e so già che non tutti possono vantarsi di averlo posseduto.
Un amore cosi però non ha mezze misure, o porta alla felicità eterna o alla distruzione, ci abbiamo provato ma siamo troppo tormentati da ciò che ci ha circondato e non voglio che il "noi" ci annienti a vicenda... non ce lo meritiamo.
Ti amo Eric e lo farò per il resto della mia vita.
Non diamoci del tempo, non diamoci speranze...
limitiamoci a vivere la nostra vita con ciò che abbiamo appreso dall'altro.
Qualsiasi persona incontreremo in futuro, non respingiamola. Sappiamo a vicenda che entrambi avremo sempre un posto fisso nell'anima dell'altro. Ti prometto che non mollerò mai e spero che non lo farai neanche tu. Ti meriti tutta la felicità di questo mondo, sei una persona grandiosa, buona, piena di amore, a volte incostante ma capace di comprendere ogni sfaccettatura di una persona, capace di dargli tutto ciò di cui ha bisogno con un solo sguardo. Accettiamo questo addio per il nostro bene, per non disonorare ciò che proviamo. Grazie di questo amore, è per merito tuo che oggi ho ripreso a respirare.

Ti amo.

La tua imbranata.


Scrissi quelle parole più con le lacrime che con l'inchiostro. Mi mancava l'aria e dovetti maledire il mio cuore per riuscire ad alzarmi da quel divano.

Presi tutto ciò che rimaneva di noi e lo poggiai a terra, a fianco al corpo che tanto amavo. Avrei tanto voluto rivedere i suoi meravigliosi occhi, era straziante sapere che non avrei mai più avuto alcun diritto di guardarli nello stesso modo.

Avrei dovuto cambiare i miei piani per sempre, niente futuro insieme. Rimanevano pochi giorni al diploma e dopo... dopo avrei cambiato città per frequentare una Università lontana da lui?

Gli diedi un ultimo bacio sulle labbra e sussurrai <<Ti amo>>.

Ripresi il mio cellulare e con le chiavi in mano uscii da quel giardino, andai prima a vedere per un'ultima volta la cascata ma fu troppo doloroso e con le lacrime di nuovo sul viso fui obbligata ad andare via.

Entrai nella macchina e controllai l'ora, erano le 9 passate e avrei avuto abbastanza tempo per tornare a casa e prepararmi.

Durante il tragitto non smettevo di piangere e non feci neanche resistenza, mi lasciai andare a quella sofferenza. Oggi era una giornata da funerale dopotutto.

Arrivai a casa e parcheggiai la macchina. Sapevo già che Lauren e Josh, se mi avessero vista cosi, ne sarebbero rimasti delusi. Asciugai le lacrime e varcai la porta.

<<Sei arriva...>>, vidi il suo sorriso spegnersi, <<Vieni qua>>, Courtney mi stava aspettando con Nathan e io corsi immediatamente nel suo abbraccio.

Avevo perso Eric ma mi rimaneva lei.

Alzai il viso e guardai il fratello del ragazzo che amavo, <<Ti prego...stagli vicino>>.

Se Nathan mi avesse odiato non lo avrei biasimato ma speravo solo che Eric non lo avrebbe mai fatto. Volevo egoisticamente che continuasse ad amarmi, come io avrei fatto con lui.

<<Lo farò, non preoccuparti. Mi dispiace davvero...>>, mi accarezzò i capelli, <<Siete fatti l'uno per l'altra ma...non è il vostro momento>>, guardò Courtney, <<Ci vediamo dopo>>.

Lauren e Josh erano rimasti a guardarci e non osarono proferire parola, evidentemente avevano compreso che l'unica in grado di rassettarmi fosse Courtney.

Le parole di Nathan mi avevano dato il colpo di grazia ma anche una speranza.
"Forse non è il vostro momento"... ma non potevo vivere aspettando qualcosa di cui non ero neanche certa.

La speranza era la cosa più pericolosa che si potesse provare. Si nascondeva senza farsi notare per poi scoppiare improvvisamente ed ingrandirsi. Ti consumava da dentro e annebbiava la razionalità.

<<Che ne dici se ti preparo un bagno? Ti permetto di utilizzare la mia bath bomb>>, disse con un sorriso che stavolta non riuscii a replicare.

Mi feci trascinare su per le ampie scale e attesi il bagno con la mente in totale black-out.

Quando Courtney mi avvisò che era tutto pronto mi lasciai spogliare e mi immersi in quel dolce profumo di fiori e arancia.

Pensai alla menta e al limone, l'odore che quella notte mi aveva invasa, e scoppiai ancora in lacrime.

Courtney mi lasciò sola nel mio dolore e quando ritenne che il tempo del bagno di lacrime fosse finito rientrò e mi ripescò da quella situazione penosa.

Indossai un semplice tubino nero che Courtney aveva gentilmente lasciato nella camera degli ospiti, la mia camera.
Mi vestii controvoglia, legai i capelli in una coda alta e tirata e misi un paio di ballerine.
Evitai di guardarmi allo specchio, non volevo rendermi conto delle conseguenze delle mie azioni.
L'avevo scelto io, per il nostro bene, ma non cambiava il fatto che ero stata io a mettere un punto definitivo. Sta volta avevo condotto io i giochi.
In futuro l'unica persona con cui me la sarei potuta prendere sarei stata sempre io.
Era impossibile non pentirmene, lo amo... ma ci avrei convissuto.

Mancavano ancora una ventina di minuti prima di dover partire per la funzione.
Avevo un bisogno incessante di parlare con Darla.
Presi il telefono e la chiamai:
-Pronto?-
-Ciao-
-Ciao Tamara...deduco che non sia andata bene-
-No-
Le raccontai tutto quello che era successo, in linee generali e senza scendere nei dettagli.

-Posso comprendere il motivo per cui tu l'abbia fatto. Credi che lui ti cercherà-

-Non lo so...come l'ho lasciato...sono stata meschina-

-Ne abbiamo già parlato, non prendertela con te stessa. Ognuno di noi è diverso e non esiste un modo più giusto per fare le cose o per non ferire le persone, anche tu stai soffrendo e anche tu non potrai starci insieme-

-Si ma stavolta io...forse questa sarebbe stata la volta giusta che tra di noi funzionasse ma io ho preso la decisione di finirla perché sapevo che avevamo troppe cose da risolvere e che insieme ci facevamo solo del male ma...-

-Tamara non puoi vivere con i "se", con quelle puoi prendere le decisioni ma non puoi farti bastare una ipotesi di una possibile relazione stabile con lui. Eravate sulla stessa barca, a volte remava lui altre volte remavi tu ma giravate sempre in tondo perché andavate in direzioni diverse. Hai preferito abbandonare per permettervi di proseguire la vostra strada-

-Non lo so... ho paura di essere troppo debole...voglio solo stare bene-

-Ci riuscirai e non sei debole, abbi più autostima di te stessa-

-Non so neanche perchè io stia andando a questo stupido funerale, se Drew mi avesse voluto davvero bene non mi avrebbe mai costretto a fare questo. Per chi diavolo lo sto facendo?-

-Per te stessa, vuoi dimostrargli che nonostante ti abbiano sempre fatto vedere il lato peggiore della vita tu non sarai mai come loro...so che hai paura di rivedere Andrew ma sarai con persone che ti vorranno davvero bene-

Non le avevo detto che era stato Andrew ma più di una volta mi fece capire che ci era arrivata da sola. L'idea di rivederlo non mi spaventava ma non per ciò che avrebbe potuto farmi, io non glielo avrei mai più permesso... avevo paura che rivedendolo sarei ricaduta nei ricordi nei quali Eric mi aveva salvata.

-Vuoi che vengo?-

-No tranquilla, in caso ti chiamo...e dire che neanche la volevo una psicologa-

-Una volta che mi conosci non riesci più a fare meno di me-

La porta della stanza si aprì, <<Tamara...è ora>>, un ammasso di ricci sbucò dal nulla, <<Mamma e papà ci aspettano>>.

Le feci un cenno con la testa.

-E' ora-

-Aspetterò notizie, non esitare a chiamarmi.

Chiusi il telefono e seguii Courtney giù per le scale.

Ritornai di nuovo in quello stato di black-out e rimasi in silenzio.

Avevo la testa, gli occhi e il cuore in fiamme.

<<Ecco, cosi va meglio>>, Courtney mi mise degli occhiali da sole senza preavviso.

Cercai di dire qualcosa ma non avevo voglia di fare battute, oggi volevo solo fregarmene e starmene per i fatti miei.

Lei sembrò non notarlo e scendendo dalla macchina mi protese la sua mano, la afferrai solo perché con lei a fianco avrei potuto sviare qualsiasi discussione. Pensai a Luke, magari se avessi trovato anche lui avrei avuto più possibilità di evitare la gente.

La semplice e minuscola Chiesa era semi riempita, riconobbi subito alcuni amici che venivano a casa di Rachel e Finn. Non mi preoccupai di ignorarli, l'avevo già detto...oggi me ne sarei altamente fregata.

Courtney mi posizionò in una delle penultime file e si sedette accanto a me, i parenti dovevano stare davanti ma dopotutto, e per fortuna, il mio sangue non aveva niente a che fare con quello che non scorreva più in quei due.

Mi limitai a stare ferma e a non ascoltare o guardare nessuno. Avevo gli occhiali ancora sul viso e non mi preoccupai neanche di levarli. A chi importava? Da fuori sarei sembrata solo affranta per la loro morte, non avrebbero mai saputo il reale motivo.

Rimasi in quella posizione per molto tempo, apatica e silenziosa. Quando ebbi la possibilità di uscire fuori sentii una forte nausea dovuto al cambiamento di aria, li dentro si soffocava e quel tubino non mi aiutava assolutamente.

Luke alla fine era venuto, c'erano pure Sam, Tiffany e altre persone di cui in realtà neanche mi ero preoccupata. Non mi importava.

Adesso mi aspettava il brunch, a cui non avrei partecipato a lungo per il solo fatto che si sarebbe tenuto in quella maledetta casa. Lauren mi aveva detto che era stato Andrew a volerlo e dato che si stava parlando della morte dei suoi genitori lei non aveva potuto dire di no. Per me era meglio cosi, non volevo avere certa gente dentro la casa di Courtney ma soprattutto non volevo che Andrew vedesse in che posto stessi vivendo. Non sapevo da quanto tempo fosse in città, volevo solo che se ne andasse. Lo volevo fuori dalla mia vita e in quel modo me ne sarei potuta andare presto, lasciandolo a marcire in quella casa.

Sentii qualcuno sfiorarmi la schiena, <<Staremo solo per poco e se tu volessi andartene prima basterà solo dirmelo>>, Josh cercò di rassicurarmi con un'altra carezza. Feci un cenno con il capo ed entrai dentro quell'inferno.

Sembrava esserci più gente di prima, evidentemente preferivano mangiare che ascoltare la funzione. Appena varcai la porta di ingresso vidi Andrew, appoggiato sul bracciolo di quel vecchio divano, con un bicchiere in mano ed uno sguardo angosciato.

Era una persona schifosa ma era pur sempre un figlio che aveva perso i suoi genitori. Nonostante questo non mi sentii minimamente dispiaciuta per lui. Provavo solo disgusto per ciò che era.

Alzò lo sguardo e sembrò non stupirsi della mia presenza, mi aveva sicuramente già visto ma io avevo fatto di tutto per non accorgermi di lui.

Courtney mi prese per la mano, stringendola forte.
<<Che ne dici se ci sediamo in un angolino e rimaniamo la?>>, non aspettò la mia risposta e finimmo sedute su due delle sedie presenti in cucina.

Quel giorno non avevo mangiato niente, ero a stomaco vuoto da ieri sera ma a causa della nausea non riuscivo proprio a pensare al cibo.

Il telefono di Courtney non smetteva di squillare da circa una quindicina di minuti e nonostante lei avesse impostato la vibrazione quel ronzio mi stava facendo innervosire. Pensai al fatto che Nathan non era li con noi, ci sarebbe stato per Courtney se non fosse stato che avevo appena mollato suo fratello nel peggiore dei modi. Più le ore passavano e più mi rendevo conto che lui non sarebbe mai venuto, era ovvio. Troppo orgoglioso e troppo complicato per farlo, era meglio cosi.

Il telefono vibrò nuovamente e stavolta Courtney fece per spegnerlo ma la fermai, chiunque la stesse cercando aveva evidentemente bisogno di lei.
<<Rispondi e basta, sarà importante>>.

Ero certa che fosse Nathan e che le volesse dire qualcosa, in realtà volevo solo sapere se Eric stesse bene.

Avevo detto che volevo fregarmene quel giorno ma Eric era sicuramente una eccezione.

Courtney mi guardò e senza dirmi nulla uscì dalla porta di ingresso. Dalla cucina vedevo ogni cosa: Lauren e Josh stavano parlando con i miei vicini, a mio parere i vicini peggiori del mondo dato che non si erano mai accorti di nulla.
Luke, Sam e Tiffany stavano bevendo e mangiando in silenzio, erano estremamente a disagio ma ero contenta di vederli li.
Gli volevo molto bene. Odiavo quella casa, immagini di me stesa a terra e penosamente debole mi straziavano. Odiavo la vecchia Tamara tanto quanto odiavo loro e quell'Inferno.

Cercai Andrew e appena incontrò il mio sguardo controllò velocemente se vicino a me ci fosse qualcuno, dopo aver costatato che ero sola si avvicinò.

Stava scherzando, vero?

Mi alzai velocemente dalla sedia e mi misi dietro il bancone, non mi avrebbe mai fatto del male dato che mi trovavo sotto lo sguardo di una trentina di persone ma il solo pensiero di sentire nuovamente la sua voce mi faceva contorcere le budella.

Si fermò sotto l'arco della cucina e rimase a guardarmi. Sembrava essere più alto e robusto, aveva sempre avuto un fisico massiccio e questo lo aiutava ad ottenere tutto ciò che voleva, con la forza.

<<Strano che tu sia venuta al funerale>>.

Quella voce mi procurò dei forti brividi lungo la schiena rianimando parte dei miei incubi.

<<Mi hanno detto che l'hai ritrovata tu e che hai pagato un suo debito. Quanto ti devo?>>.

Fui scioccata dalle sue parole ma non gli dissi nulla. Non volevo parlare con lui e tanto meno discutere su quello che mi aveva detto.

Con quale coraggio osava parlarmi ancora?

<<Lo so quello che tu pensi di me e hai ragione, io e la mia famiglia ti abbiamo tormentata per anni e adesso ne stiamo pagando le conseguenze. Non ti dirò scusa perchè....>>, alzò la testa verso l'alto e la riabbassò, <<Non ho nessun diritto nel chiederti di perdonarmi. Voglio solo...>>

Stavolta la nausea si fece insopportabile e un forte coniato di vomito mi obbligò ad uscire dalla porta secondaria che dava sul giardino.

Non avendo mangiato non ci fu molto da poter rimettere a parte liquidi acidi e amari. Aprii il rubinetto arrugginito che avevo vicino, quello con cui annaffiavo le piante, e cercai di levare via quel sapore orribile.

Andrew stava fermo sulla porta e continuava a guardarmi.

Cosa diavolo stava pensando di fare?

<<Non voglio niente da te se non quello di non vederti mai più>>, dissi secca e concisa, doveva capire che non volevo vederlo.

<<Voglio solo pagare un debito che era mio dovere sanare>>, si avvicinò ma continuai a mantenere una certa distanza facendo alcuni passi indietro.
Mi guardai velocemente attorno, era pieno giorno, da li riuscivo perfettamente a vedere la strada e mi sarebbe bastato un urlo per essere soccorsa.
Calmati Tamara, non sei più la bambina stupida di una volta.

<<Quella notte mia madre aveva chiamato prima me ma io le avevo detto di no, ero stanco dei suoi problemi e volevo solo vivere in santa pace>>.

Era davvero ridicolo, <<In santa pace, come potevi vivere in santa pace dopo avermi portata all'inferno? Mi fai schifo!>>.

<<Hai ragione>>.

<<Smettila!>>, urlai.

Sentivo la rabbia divorare ogni parte di me, dopo tutto quello che avevo passato... come poteva pensare che quell'atteggiamento cosi remissivo non mi avrebbe fatto imbestialire.

<<Ero un ragazzo con dei problemi, tu non lo sai ma prima di te con chi credi se la siano presa? Mi hanno reso insicuro...>>

<<Pensi davvero che mi possa importare?>>, ringhiai tra i denti.

<<Mi piacevi, quando tornavo in quella casa eri l'unica che mi faceva piacere vedere, grazie a te non mi hanno mai più toccato e in qualche modo...ho provato gratitudine poi non lo so...io non so cosa dirti. Una volta ho visto mio padre farti quelle cose...>>, si mise le mani sul viso, << vedendoti in quel modo, nello stesso modo in cui io mi trovavo prima di te...>>, la sua voce cambiò, sembrava un pazzo isterico, <<Io... ho provato il desiderio di fare lo stesso. Lo so quanto questo sia privo di umanità ma è ciò che è successo>>.

Le macchine che ogni tanto passavano coprivano la sua voce disperata ma io avevo sentito ogni cosa e stavo per perdere il controllo di tutto.

<<Tu. Hai. Fatto. Di. Peggio!>>, urlai cosi forte da graffiare le corde vocali.

Qualcuno da dentro la casa sarebbe venuto presto a controllare cosa stesse accadendo, era impossibile che nessuno sentisse.

Più lo guardavo e più i ricordi riaffioravano.
Abbassai lo sguardo sulle sue mani ricordando il suo tocco viscido e d'istinto indietreggiai, dovevo prendere più distanza.
Mi ero ripromessa di non rimanere sola, che cazzo di problemi avevo?
Avrei dovuto vomitargli addosso, o nel minuscolo lavandino... l'abitudine di non sporcare quella casa per paura di pagarne le conseguenze non se ne sarebbe mai andata.

<<Quella casa... loro...mi trasformavano>>.

<<Mi hai...mi hai toccata più di una volta!>>, strinsi i pugni cosi forte da lacerarmi la pelle, il dolore mi aiutò a gestire tutta quella rabbia e a non impazzire.
<<No! Non è stata la casa e non sono stati i tuoi genitori! Sei stato solo tu! E sei cosi marcio da non rendertene conto!>>.

Sentii la porta della cucina spalancarsi.
<<Che cazzo sta succedendo?>>.
La sua voce mi fece immobilizzare, allentai i pugni e il bruciore delle ferite fresche si scontrò con l'aria primaverile.

<<Allontanati! Immediatamente!>>, mi girai verso la voce di Josh.

Josh ed Eric stavano davanti la porta, intravedevo dietro Nathan e Courtney.

<<Tamara! Ti ho detto di allontanarti! Ora!>>, ero ancora stordita dalla vicinanza con Eric ma la voce autoritaria di Josh mi spinse ad ascoltarlo.

<<N...non stavo facendo nulla!>>, Andrew alzò le mani come se in qualche modo volesse dimostrare la sua innocenza.

Eric mosse velocemente gli occhi tra me e Andrew.
Il mio corpo non smetteva di tremare, sudavo freddo e i brividi per la rabbia non finivano di tormentarmi.

<<Sei stato tu...>>, Eric mi prese il viso tra le mani prosciugandomi il fiato che avevo nei polmoni, <<Ho ragione, vero?>>.

Cosa ci faceva li?
Era venuto per parlare?
Mi avrebbe detto che non era d'accordo con la decisione che avevo preso?
Come potevo affrontare quella discussione?
Come gli avrei potuto far capire che era l'unico modo?
Da quanto tempo non lo vedevo? tre ore? Dio quanto mi era mancato.
Come avrei fatto a stare una vita senza quei due occhi? Erano tutto per me.

<<Dimmi se è stato lui>>, la sua voce dura nascondeva una nota di paura ma rimaneva ugualmente minacciosa.

Abbassai lo sguardo, cosa potevo dire? Avevano ascoltato tutto?
Un altro tremore mi percosse la schiena e il nodo in gola, attorcigliato alla verità su Andrew, mi impediva di respirare bene. I miei occhi iniziarono a bagnarsi mentre io continuavo a tenere stretto quel groppo insopportabilmente pesante.

<<Lo ammazzo...>>, sussurrò lasciandomi il viso bruscamente, <<Io. Ti. Uccido!>>, si fiondò su Andrew.

Nathan urlò qualcosa mentre si affrettava a fermare il fratello ma vidi Josh trattenerlo con una mano.
<<Che sta facendo?>>.

<<Lascialo fare>>, rispose freddamente Josh.

Nonostante Andrew fosse il doppio non riuscii a frenare l'impatto del pugno e cadde a terra, <<Bastardo! Sei morto! Mi hai capito?>>.

Andrew fece per parlare ma un calciò gli soffocò le parole.

Odiavo quello che stava facendo e per quanto si meritasse tutto il male non volevo che Eric lo toccasse, non doveva abbassarsi a cosi tanto.

<<Josh!>>, strattonai il suo braccio, <<Josh fai qualcosa!....Eric basta!>>, la mia voce era frantumata e la gola irrigidita mi bruciava per lo sforzo ma non mi importava.

Eric, come la sera prima, continuava a non darmi retta e a sfogare una rabbia che mi faceva accapponare la pelle, era la stessa che avevo provato un attimo fa ma che ero riuscita a trattenere...a mio modo.
Mi guardai il palmo delle mani, i segni delle mezzelune pesavano silenziosamente.

Che stavo facendo? Dovevo intervenire.

Strattonai di nuovo Josh ma lui rimase fermo a guardare. sembrava essere combattuto.

<<Josh! Ti prego!>>, continuò ad ignorarmi come se fosse troppo concentrato.
Guardai Nathan che, ancora trattenuto da Josh, sembrava confuso ma non accennava a fermare Eric.

A che diavolo stavano pensando?

Corsi verso di loro ma ancora prima che facessi il secondo passo fui riportata indietro da Josh che finalmente si decise ad intervenire.

Mi guardai velocemente attorno e vidi alcuni invitati, tra cui i miei amici, avvicinarsi a quel trambusto. Appena Luke vide cosa stesse succedendo si precipitò ad aiutare Josh e Nathan, che nel frattempo si era sbloccato.

<<Lasciatemi! Deve morire!>>, Eric continuava a dimenarsi ma con l'aggiunta di Luke fu impossibile liberarsi.

Andrew stava a terra, sembrava un verme maltrattato e senza dimora ma ai miei occhi rimaneva pur sempre un viscido. Eppure vedendolo cosi, come mi capitò per Rachel, mi fece provare molta pena. Cosi debole e insignificante, a chi avevo permesso di rovinarmi?

<<Qual è il problema?>>, un uomo di mezz'età si era presa la briga, tra tutti, di intervenire ma nessuno gli diede corda. Lo vidi armeggiare con il telefono e indicare l'indirizzo di quella casa.

E se avesse chiamato la polizia? Eric si sarebbe potuto ritrovare in guai seri... non potevo permetterlo.
Sentivo le gambe diventare sempre più leggere e meno salde.

<<Lasciatemi, cazzo!>> , si rivolse prima a Nathan e poi a Josh, <<Se fosse accaduto a Courtney?! Deve pagare per...>>

<<Mi dispiace!>>, Andrew interruppe lo sfogo di Eric e mi guardò negli occhi, <<Mi dispiace tanto...>>

<< No! Non la devi neanche guardare!>>, Eric riuscì a liberarsi dandogli un calcio sul viso e poi sullo stomaco prima che venisse nuovamente placcato.

Cercai in tutti i modi di muovermi ma ero bloccata da quel "Mi dispiace".

Non volevo le sue scuse e non volevo il suo pentimento, volevo solo non vederlo. Non mi importava del motivo per cui lo aveva fatto perchè saperlo rendeva tutto ancora più doloroso. Sapere che dietro a quella mia sofferenza ci fosse un motivo, a lui valido, mi faceva maledettamente soffrire.

<<Eric è finita, ti prometto che pagherà ma se continuerai cosi lo ucciderai e poi quella che ne soffrirà di più sarà lei>>, Josh sussurrò quelle parole mentre le persone attorno a noi stavano iniziando a protestare e perfino a fare dei video.
Come se quella scena fosse solo un divertimento, un modo per intrattenere gli altri.

Immaginai una mandria di persone insensibili che scoprivano e parlavano della mia storia. Mi avrebbero fatto migliaia di domande a cui non avrei né saputo né voluto rispondere.

Mi guardai di nuovo attorno e vidi troppe persone assistere a qualcosa che avevo nascosto per fin troppo tempo, iniziò a mancarmi l'aria.

<<Non riesco...>>, feci per concludere la frase ma non avevo abbastanza fiato.
Chiusi gli occhi e provai a contare ma non funzionava. Stavo andando in iperventilazione ma di solito riuscivo sempre a calmarmi.

La testa stava letteralmente scoppiando e mi sentivo cosi confusa da non avere più nessuna percezione di ciò che stava accadendo. Delle macchie nere avvolgevano il mio campo visivo e non riuscii più a sentire le gambe.

<<Tamara!...>>, sentii una voce venirmi incontro e provai ad aprire gli occhi.

Vidi l'immagine di Courtney sfocata e due occhi glaciali, poi il nulla.

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