Capitolo |34|
<<A cosa ti riferisci?>>.
Ero seduta comodamente sul divano di pelle, era così lucido che non mi sarei stupita se avessi intravisto il mio riflesso.
<<A mia madre, anche leí mi ha mentito>>, dissi mentre mi rigiravo il piccolo cuscinetto tra le mani e pensavo a tutto quello che non mi aveva raccontato di mio padre, di quello biologico.
Non so come eravamo arrivati a parlare di lei, in realtà non sapevo come facevamo ad arrivare a ogni cosa che le dicevo.
Ero nell'ufficio/casa di Darla a fare la mia, ormai solita, seduta psicologica.
Tre volte a settimana, così aveva "consigliato" il giudice. Tradotto significava: non pensare di disubbidirmi, sono l'unico che può darti la ragione.
Perché utilizzavano certi termini se poi in realtà significavano tutt'altro?
Era passata più di una settimana da quando avevo iniziato a fare questa assurdità, se non fosse stato per il fatto che Darla mi piaceva credo proprio che avrei mandato tutto all'aria.
<<Eri solo una bambina, é difficile mostrare una certa realtà a quell'età... soprattutto se sei così coinvolta. E poi non ti ha mentito, ha semplicemente omesso qualcosa che una mente infantile non avrebbe mai compreso o sopportato>>.
Aveva omesso di dirmi che mio padre era un criminale? Certo non era da biasimare, quale genitore vorrebbe confessare una cosa del genere? Però adesso quel criminale sembrava essere un killer psicopatico che rivendicava la sua progenie. Ogni giorno aspettavo che mi piombasse qualche altra notizia shock e la paura di essere in pericolo o di mettere in pericolo mi aveva resa più paranoica di quanto già non lo fossi.
Avrebbe dovuto dirmelo, avrebbe dovuto prevedere che se fosse morta io sarei rimasta all'oscuro di tutto e quindi indifesa dall'ignoto. Non avrebbe mai dovuto sottovalutare la morte o le disgrazie, io non lo facevo mai.
<<Non sai che rapporto avevo con mia madre, lei non si faceva problemi a spiattellarmi i suoi pensieri. A volte sembrava come se mi considerasse più un'amica che una figlia... litigavamo e ridevamo come due sorelle. Mi raccontava quasi ogni cosa... a parte di mio padre, l'unica cosa che contava davvero non è mai stata in grado di dirmela>>.
<<É perché pensi non sia stata in grado?>>, aveva posato il Tablet con cui prendeva silenziosamente e riservatamente i suoi appunti.
Alzai le spalle, <<Non lo so, per non farmi soffrire? Perché era il suo punto debole? Per rispettare Drew?>>.
Era una donna estremamente sensibile e generosa ma anche ingenua e sconsiderata, poteva benissimo prepararmi ad una situazione del genere. Poteva dirmi: "Un giorno potrebbe ritornare, stai lontana da lui"; "Non fidarti mai"; "Non è una brava persona".
<<Se fosse davvero per questo motivo allora non dovresti biasimarla se non ti ha parlato di lui>>.
Guardai Darla e rimasi in silenzio mordendomi la lingua, lei non sapeva del vero significato di quella lettera e della paura che dietro a quelle parole si celasse una minaccia o un avvertimento.
Lei, come le altre persone che mi circondavano, era ignara della pericolosità di quell'Aron, di mio padre.
<<Vorrei solo avere tutto chiaro, vorrei solo che le persone non mi mentissero più o che non nascondessero la verità>>.
<<Tamara tutti abbiamo paura di essere ingannati perché temiamo la possibilità di doverci riadattare ad un'altra verità ma la vita funziona così e tu non puoi farci nulla. Devi limitarti a giudicare la realtà con la tua testa. Le persone mentono ma la maggior parte delle volte lo fanno per proteggere qualcuno o se stessi e questo tu lo sai bene>>.
<<Già>>.
Si era vero, per anni avevo mentito a Courtney ma perché avevo paura di cosa sarebbe potuto accadere dopo.
Mi stiracchiai sul divano e guardai l'orologio, tra pochi minuti sarei uscita fuori da quella stanzetta e sarei potuta ritornare a casa... nel mio bel letto.
<<Che mi dici di Eric? Domani fa il compleanno se ricordo bene, cosa hai deciso di fare?>>.
Sentire il suo nome mi faceva ancora male ma almeno non finivo in un angolo, in iperventilazione e con un attacco di panico in agguato.
<<Niente, non posso andarci>>.
Non mi piaceva parlare di lui, era strano ma preferivo essere torturata con domande riguardo i miei zii morti, quel verme di Andrew o dei miei genitori che dover guardare dentro di me per trovare delle risposte a riguardo e capire quanto poco di me fosse rimasto integro dalla sua distruzione.
<<Hai ricevuto l'invito>>, mi guardò come se non trovasse senso a ciò che le avevo detto.
<<L'hanno ricevuto tutti quelli del mio anno e della squadra di basket, perfino Luke.... quindi ha poca valenza questa cosa>>, dissi infastidita.
L'invito non era stato spedito da lui, ma dall'organizzatrice. Dalla sua nuova ragazza. Quando lo ricevetti ammetto di essere stata sorpresa e la parte più stupida di me stava già iniziando a fantasticare fino a quando mi accorsi che tutta la scuola, perfino le matricole, ne stavano parlando.
Ormai mi trovavo in mezzo alla mischia delle persone che non erano più importanti.
<<Pensi che non ti voglia li?>>.
<<Non credo... non lo so, mi sembrerebbe strano>>, ammisi.
Ci pensai seriamente, in realtà era come se non esistessi più.
Il cuore mi si fermò per poi riprendere, contro la sua volontà, a battere.
Il problema era ben peggiore dell' essere indesiderata.
<<Ne è indifferente!>>, confessai amaramente, <<É assurdo dirlo ma la nostra relazione si è annullata. Lui ha fatto in modo di non ritenermi più cosi tanto indispensabile come sosteneva che fossi>>, risi senza gusto per coprire la rabbia e la delusione, << In queste condizioni mi sentirei un'estranea ad andare al suo compleanno>>.
<<Non pensi che ti sentiresti più estranea a non partecipare? Magari lui si aspetta di vederti>>.
<<Ti stai sbagliando... quella sera neanche ci penserà a me. Ci saranno Sarah e le altre ragazze che si occuperanno a tenerlo impegnato>>.
<<Si, forse hai ragione ma questo non toglie il fatto che tu ci voglia andare. Te lo ripeto, la paura si affronta. Anche tu hai appena detto che questa situazione ti va scomoda, fai qualcosa per migliorarla>>.
<<Non sta a me, lui ha tutto il potere in mano. Come faccio a migliorarla? Non capisci... appena lo vedo... sapere che non posso stare con lui nel modo in cui voglio è straziante. Mi sentirei di troppo, odio sentirmi cosi soprattutto quando di mezzo c'è lui>>.
<<Vedi Tamara, sono due le alternative: rimani ad aspettare in un angolino fino a quando ti sentirai pronta ad affrontarlo o ti prendi di coraggio e lo affronti subito. In ogni caso un giorno ti troverai a fronteggiarlo e credimi, potrà passare tutto il tempo di questo mondo ma non ti sentirai mai abbastanza pronta. Te l'ho detto e lo ribadisco, per superare la paura devi affrontarla>>.
<<E credi che andare ad una stupida festa di compleanno potrebbe risolvere i nostri problemi?>>.
La stavo prendendo in giro, era impossibile non notarlo dal tono di voce che usai. Ma la sua soluzione era ridicola.
<<Non lo so, quello dipende da voi ma almeno andandoci crei la possibilità di risolvere qualcosa>>.
<<E se non ci riuscissi? Se vederlo insieme a Sarah fosse troppo per me?>>.
<<Beh non credo che tu non te ne possa andare, no? Ma almeno sapresti realmente se puoi superare quel limite che ti sei imposta>>.
Un limite che mi ero imposta? Forse non aveva ben chiara la situazione denigrante che si era creata lo scorso pomeriggio in cui avevo dato di matto dopo averli visti insieme.
Guardai fuori dalla finestra e mi persi a contemplare i rami che venivano scossi dal vento, come se volesse a tutti i costi spostarli da li. Un po' come mi sentivo io, come se qualcuno mi spingesse sempre in una direzione differente rispetto a dove volevo andare io. Ripensai al messaggio che non gli avevo mandato e in un secondo riemersero tutti quei sentimenti. Forse dovevo provarci, ma provarci davvero. Dovevo fargli capire la mia posizione.
Stavo iniziando a cedere, volevo andarci ma avevo paura.
Paura di essere rifiutata o di constatare che ero stata del tutto rimpiazzata.
Darla la faceva facile, non le avevo raccontato del perché ci eravamo lasciati, non mi sembrava corretto coinvolgerla nella vita privata di Eric.
Se avesse saputo che ruolo aveva Sarah in tutta quella storia forse mi avrebbe dato retta.
Mi avrebbe consigliato di non andare alla festa perché mi sarei solo umiliata.
Il solito allarme che segnava la fine dei 45 minuti mi salvò da quella discussione.
Più di una volta avevamo affrontato l'argomento tabù: Eric.
Ultimamente però non reagivo più come prima, mi sentivo meno tesa a parlarne e senza il nodo alla gola che accompagnava sempre i ricordi di lui. Forse era stato quel messaggio non inviato o Darla.
La guardai e non capivo proprio come riuscisse a farmi dire certe cose, cose che a stento avrei confessato a Courtney.
<<Ci vediamo lunedì al solito orario, spero tanto che ti spingerai oltre questa tua linea immaginaria>>.
<<A lunedì!>>, ero troppo frastornata per l'enorme pressione che stavo iniziando a sentire. Come se quello stupido compleanno fosse la mia ultima occasione per far cambiare le cose. In quei giorni non avevo fatto altro che pensarci senza decidermi ma adesso, a causa di Darla, stavo iniziando per la prima volta a sbilanciare la mia scelta su una delle due possibilità e l'idea di rivedere Eric insieme a Sarah si stava concretizzando.
<<Aspetta un attimo... ho saputo che il funerale si terrà dopo domani... Ci andrai?>>.
Avevo saputo la splendida notizia ieri pomeriggio, la scientifica non riteneva più necessario esaminare i corpi ed erano riusciti ad assemblare il corpo di Finn per dargli una degna sepoltura.
Come faceva ad esistere ancora un corpo dopo quelle settimane?
La cosa non mi interessava minimamente.
<<Non voglio andarci, mi sentirei solo a disagio dato che una parte di me è felice di non vederli più>>.
<<E l'altra parte?>>, strinse gli occhi come se già sapesse la mia decisione, come diavolo faceva?
<<L'altra parte mi obbliga ad andarci. E' l'ultima cosa che farò per Drew>>.
Notai il suo sorriso soddisfatto, <<Sono orgogliosa della tua scelta. Lo sai che per qualsiasi cosa mi puoi chiamare vero?>>.
Orgogliosa... Cosa c'era nell'essere orgogliosi per una ragazza che avrebbe partecipato ad un funerale di cui non le importava nulla?
<<Si, se ne avrò bisogno ti chiamerò...grazie>>.
Mi aveva dato il numero del suo cellulare privato dicendomi che era la prima volta che lo faceva con una paziente e che per questo dovevo esserne onorata.
L'avevo chiamata quasi ogni giorno, come una disperata.
Mi mancava al pub, vederla seduta in quello scomodo sgabello ad ordinare il solito bicchiere di vino.
Ma il mio caro e amico giudice aveva sottolineato il fatto che il nostro rapporto doveva essere dottore-paziente e nient'altro.
Che grossa cazzata.
Uscii dalla porta e attraversai il salone-sala d'attesa.
A quell'ora ci stava sempre una ragazzina bionda con in mano un grosso diario.
Sembrava avere più problemi di me, cosa quasi impossibile e se fosse stato davvero così allora mi dispiaceva tanto per lei.
Feci la solita strada per andare a prendere la macchina.
Ingoiai l'idea di dover rendere omaggio alle due persone che più mi avevano odiato al mondo. Non lo facevo per loro ma per Drew, avrei assistito al funerale solo per dargli la possibilità di dire addio alla sorella. Se davvero fosse esistito il "dopo la morte" con il rispettivo paradiso e inferno allora Drew non avrebbe mai più incontrato Rachel. Lei si meritava solo dolore.
Mancavano pochi giorni al mio 18esimo compleanno eppure, nonostante diventassi maggiorenne, non avrei mai più avuto la necessità di scappare dato che ormai avevo una famiglia che mi voleva bene.
In quei giorni la mia mente non era occupata solo da Eric ma anche da sua madre. Come stava Margot?
Ogni tanto mi informavo con Courtney ma avrei voluto tanto vederla di presenza. Sapevo che ne era uscita completamente ma in queste situazioni le ricadute sono al giorno d'oggi e prima di tirare un sospiro di sollievo devono passare circa 5 anni.
Non avevo più alcun diritto di informarmi su di lei da quando Eric mi aveva mollata ma come si fa ad allontanarsi dalle poche persone che rispetti e ammiri?
Avrei tanto voluto parlarle. Cosa pensava di Sarah? Era felice per suo figlio? Si era ricreduta su di me?
Ed Amelie? Mi aveva già dimenticata come il fratello?
A quell'età facilmente si cerca un modello da imitare e non ci vuole molto a ritrovarlo in una figura più grande. Sarah aveva preso facilmente il mio posto nel cuore del fratello, non osavo immaginare come l'intera famiglia la considerasse. Ma in realtà non c'era mai stato un mio posto, era tutto nella mia testa.
Eppure non riuscivo a spiegarmi l'intensità dei momenti passati insieme, troppo unici e travolgenti da sentirli solo io.
Pensai al compleanno di domani e fui avvolta dalla mia amica ansia.
In quella settimana avevo creato una serie di disegni in un quaderno rigido, era un modo per trasformare i pensieri direttamente sul foglio senza rimuginarci troppo ed evitare cosi la pazzia per averli trattenuti nella mia testa o peggio... per evitare di scrivere qualche altro messaggio imbarazzante.
La mia mano si muoveva automaticamente, guidata da ciò che turbava il mio cuore e non ci avevo fatto troppo caso a ciò che avevo disegnato fino a che le pagine erano terminate. Le figure erano delle chiazze di colore in acquarello, ognuna di essa rappresentava qualcosa che riguardasse i mesi passati insieme: la pioggia, due occhi azzurri, la gradinata, la sua moto, la cascata artificiale, il falò, la spiaggia, il cielo stellato e altre piccole cose.
Sarei stata una pazza a darglielo.
Una patetica pazza.
Magari lo avrebbe pure disprezzato...
No, non lo avrebbe mai fatto.
Adorava il modo in cui disegnavo.
Ma quello era il vecchio Eric.
Sbuffai e i miei pensieri si zittirono, mi isolai da tutto nel mio ormai solito stato di black-out avvolto dal silenzio totale.
Arrivai a casa e dopo aver parlato con Lauren andai in camera mia.
Ancor prima di posare la borsa Courtney entrò furiosamente nella mia stanza, <<Lo odio!>>.
<<Ciao anche a te. Chi odi?>>, mi risvegliai completamente dalla mia trance e mi concentrai su riccioli animati della mia amica.
<< Chi? Chi secondo te? A quel deficiente di Nathan. E io che pensavo fosse meglio di Eric...>>, spalancò gli occhi verdi, << Scusa>>, disse mordendosi un labbro.
Apprezzavo la sua attenzione nel non voler nominare il suo nome ma cosi mi faceva pesare di più la situazione facendomi sentire cosi debole e disperata da poter cedere improvvisamente.
<<Tranquilla>>, tolsi le scarpe e mi buttai sull'enorme letto.
Non aveva tutti i torti riguardo a Nathan, <<Ti posso assicurare che lo é. Che è successo?>>.
<<Non capisce mai nulla. Si è arrabbiato perché gli ho detto che domani non verrò al compleanno. Mi ha detto che sono egoista e capricciosa. Che diavolo c'entra?>>, si mise le mani nella folta chioma perdendocisi dentro, come se fosse alla ricerca di qualcosa.
<<Scusa e perché mai tu non ci dovresti andare?>>.
Alzai lo sguardo verso il soffitto, sapevo il perché ma non ce ne era motivo.
<<Stai scherzando vero? Io al suo compleanno? Inoltre il solo pensiero che, mentre lui taglia la torta e si diverte, tu guarderai le solite serie TV da nerd sfigata mi fa imbestialire! No grazie, non mi va proprio>>.
Mi rannicchiai su un fianco e la guardi seriamente, <<Punto 1: Quantico non é da sfigati; Punto 2: è il suo compleanno, è ovvio che lo passi in questo modo; Punto 3: Nathan ha ragione a rimanerci male... è suo fratello e con la situazione particolare che stanno attraversando con Margot magari sente il bisogno di avere vicino le persone che ama in un momento di festa>>.
La sua espressione piena di ira si mutò e potei notare senza fatica il suo senso di colpa.
Margot era un argomento particolare e lo sapeva pure lei, <<Se la metti così forse hai ragione ma non mi va di andarci senza di te. Tu faresti lo stesso>> .
Ovvio che lo farei, <<Si è vero ma non ti devi preoccupare per me. Forse... sto pensando di venire>>, lanciai la bomba.
Dirlo a Courtney non significava solo rendere la cosa possibile, mi obbligava ad andarci.
<<Davvero?>>, si avvicinò a passo svelto e appoggiò il suo mento sul materasso, come un cane in cerca di coccole.
<<Davvero>>.
<<Ma sei sicura?>>, era turbata ma in qualche modo sapevo bene che si sentisse sollevata da quel problema. Se fossi venuta anche io non avrebbe avuto più motivo di entrare in crisi, né per me né per Nathan.
<<Si>>.
<<Ci saranno tutti.... pure Sarah>>, lo disse a bassa voce come se fosse un mago di Hogwarts e stesse pronunciando il nome di "Voldemort".
Stranamente sorrisi, la scena era molto comica e se dentro non mi fossi sentita cosi tanto vuota magari l'avrei presa pure in giro ridendoci su.
<<Beh ovvio che ci sia pure lei visto che ha organizzato la festa. Comunque credo di venire quindi chiama quel povero ragazzo e chiedigli scusa. Non voglio che fraintenda e pensi che sia io a metterti certe idee in testa>>.
<<Hai detto che non ne sei sicura quindi ritorniamo al discorso di prima...>>
<<Ok Courtney ci vengo, ora vai ad avvisare Nathan prima che ti rimpiazzi con qualche altra riccia>>.
Mi guardò con orrore,<<Non lo farebbe mai...>>, si alzò da quella posizione accovacciata e ritornò ad essere seria, <<Ma lo vuoi davvero?>>.
<<Si>>, forse dentro di me avevo già preso la decisione di andarci... senza volerlo gli avevo preconfezionato un ridicolo regalo racchiudendo tutti i miei sentimenti.
Magari non glielo avrei mai dato ma sentivo che il suo compleanno fosse un giorno importante.
Da quando avevo chiesto la data della sua nascita mi ero immaginata a fianco a lui. Non sarei stata mai più la sua ragazza ma volevo dimostrargli quanto per me fosse importante. Quanto io mi stessi impegnando.
Volevo fargli capire che a rovinare tutto era stato lui, non per farlo sentire in colpa ma per spiattellargli in faccia che era sempre stato lui ad avere il potere di far funzionare le cose tra di noi:
Mi ero affidata a Luke per affrontare il problema di Miami perché quella notte per l'ennesima volta mi aveva rifiutata, ridefinendo il nostro rapporto di amicizia.
Mi ero messa con Luke perché Eric era troppo codardo per seguire i suoi sentimenti.
Ha dovuto aspettare che Luke compisse un passo falso per rendersi conto che forse non necessariamente doveva essere perfetto per stare con me, che come avevo permesso a Luke di farmi soffrire lo avrei potuto certamente permettere a lui. Si era sentito libero da ogni responsabilità facendosi travolgere dall'eccitazione di frequentare una ragazza problematica.
Cosi mi ero affidata a lui e a ciò che mi faceva provare, avevo permesso di toccarmi in posti che odiavo, gli avevo concesso la possibilità di entrarmi cosi dentro da farmi sua ed eliminare le scottature che bruciavano la mia anima. Ci era riuscito e nonostante la mia paura mi avesse bloccato gli avevo raccontato la mia vita. Lo avevo messo sullo stesso piano di Courtney.
Mi aveva raccontato ciò che era successo omettendo la presenza del bambino di cui ignoravo l'esistenza, mi ero cosi fidata a tal punto da chiedere il suo aiuto dopo l'ultima chiamata di Rachel senza ottenere risposta, e mentre mi trovavo di fronte alla morte e al corpo impiccato... lui stava baciando Sarah.
Aveva nascosto quel bacio ed era stato in grado di confondermi dicendomi che mi amava ma lo stesso pomeriggio, per un mio maledettissimo sbaglio, mi aveva detto che era confuso. Che non poteva pensare pure ai miei problemi.
Mi aveva distrutta e dopo giorni di silenzi, aveva confessato che in mezzo a quell'allontanamento c'era Sarah. Voleva redimersi e starle vicino. Io invece a quanto pareva non ero cosi importante o cosi bisognosa della sua presenza. Dovevo aspettare che riuscisse a risolvere e a far stare bene una delle persone che lo aveva solo tormentato.
Il nostro rapporto era sempre dipeso dalle sue scelte. Io ero solo una marionetta che credeva di gestire tutto mentre veniva intrappolata nella rete che lui stesso tesseva.
Non gli rimproveravo l'inesperienza, né gli errori. Non lo biasimavo per avermi nascosto del bambino, né per quelle lettere. Non provavo alcun tipo di rancore per aver voluto sistemare le cose con Sarah, ero la prima a volerlo nonostante la gelosia e il senso di inadeguatezza.
Ma il bacio, il fatto che seppur fosse l'unico in grado di trovarmi sempre non rispondeva mai alle mie richieste di aiuto, l'avermi resa una nullità in confronto a Sarah... non riuscivo a passarci sopra.
I miei pensieri, le mie labbra, i miei occhi e tutto il mio corpo era in attesa e alla ricerca di lui. Io lo amavo e lo amo tutt'ora ma avevo ottenuto solo indifferenza.
L'unica cosa che non tolleravo era come mi aveva resa. Mi aveva distrutta nel momento più difficile della mia vita lasciandomi incapace di difendermi dai miei vuoti.
Stavo rivivendo la morte dei miei genitori; qualcuno, che sapeva pure della mia esistenza, aveva ucciso i miei zii e forse la causa ero stata io. Per la seconda volta sentivo dentro di me un senso di colpa per un'azione che andava ben oltre la mia volontà. In tutto ciò sapevo che in città era ritornato Andrew. Eric si era portato tutte le mie difese diventando cosi una preda facile.
Lui forse non se ne rendeva conto e anche per questo il mio cuore si permetteva di battere ancora ogni volta che lo vedevo passare nei corridoi, sorridere ai suoi amici o giocare a basket.
<<Perché?>>.
Sobbalzai e ritornai alla realtà, <<Perché cosa?>>.
Mi tirai su e cercai di sgranchirmi le gambe. Courtney era rimasta in silenzio ad attendere che le rispondessi.
<<Perché vuoi andarci?>>.
<<Darla mi ci ha fatto pensare. Courtney... mi manca>>, notai lo sguardo di disapprovazione e mi affrettai a continuare, <<Lo so che non vuole stare con me, ormai l'ho capito ma non riesco ad accettarlo. Il nostro rapporto... non dico di voler essere sua amica, non lo potrei mai considerare come tale ma... voglio essergli vicino. Un domani quando penserò a lui vorrei non avere alcun tipo di rimpianti, vorrei poter dire "Ho fatto tutto il possibile". Non so come finirà tra di noi ma in questo momento voglio esserci anche quando lui non mi vuole o quando non da la mia presenza per scontata. Gli dimostrerò che tengo ancora a lui e dimostrerò a me stessa che il dolore causato dal suo rifiuto non è nulla a confronto all'amore che mi ha fatto provare>>.
Desideravo fargli vedere che per me non era cambiato nulla ma che allo stesso tempo ero ancora in piedi.
Non mi pentivo di avergli detto che non sarei stata in grado di aspettarlo perché so che era vero, vivere ogni giorno con il timore di un rifiuto da parte sua sarebbe stato un incubo.
Il problema però era che non stavo facendo nessun progresso perché il mio cuore, la mia mente, il mio corpo, tutto di me non lo permetteva.
Darla aveva ragione... questa situazione mi stava lentamente logorando e non potevo permettermi di crogiolarmi nel mio dolore. L'unica alternativa era affrontare tutto a testa alta.
Potevo farcela.
<<Non vorrei proprio essere nei tuoi panni, lo sai vero?>>.
<<Neanche io vorrei vederti in mezzo a questo casino ma sono sicura che tu riusciresti a cavartela, come sempre>>, le diedi un bacio sulla guancia rosea.
<<Anche tu mi sembra te la stia cavando bene e vedo che Darla ti fa ragionare. Prima o poi la voglio incontrare, mi incuriosisce>>.
<<Si, odio ammetterlo ma forse non è stata proprio una cattiva idea quella dello strizzacervelli. Prima o poi te la farò incontrare ma vedi che ha il vizio di psicoanalizzare tutti, per te é rischioso... potrebbe capire che non sei sana di mente>>.
<<Oh divertente, molto divertente. Di te lo ha già capito?>>.
<<Credo che abbia dei sospetti>>.
<<Solo? Allora non é molto perspicace>>, disse prendendo un pupazzo, abbandonato in una delle tante mensole, per poi tirarmelo addosso.
Lo presi di istinto tra le mani e lo guardai attentamente.
Era così familiare eppure non mi erano mai piaciuti i peluche.
Guardai il bottone nero dell'orsacchiotto e d'un tratto mi ritrovai a vivere una scena mai vissuta.
In mano avevo un orsacchiotto simile, questo però era di un marrone molto più scuro e il naso era a forma di cuore.
Avevo come la sensazione che me lo avesse dato qualcuno, non so perché ma sentivo che fosse stato un uomo a regalarmelo.
<<Tamara, tutto bene?>>.
<<Si>>.
<<Che hai? Ti senti male? Forse sei stanca...>>
<<No no, credo di aver avuto un deja-vu >>.
<<Su io che ti dicevo che sei pazza?>>.
<<No...>>, quella sensazione mi aveva turbata ma non capivo da dove fosse sbucata fuori, << Avvisa Nathan per domani>>, le feci un debole sorriso.
<<Se vuoi andarci così tanto non posso fare altro che accompagnarti>>.
Allontanai quello strano ricordo e mi sbottonai i jeans che stavano iniziando a darmi fastidio, <<Grazie, so che per te partecipare ad una festa con alcol, musica, gente popolare e il tuo ragazzo sarà davvero stancante. Sei un'amica>>.
<<Sempre disponibile...>>, non cedette alle mie provocazioni e si mise a ridere per poi aprire la bocca e sbarrare gli occhi, << E adesso cosa ti metterai?>>.
<<Courtney!>>, la guardai scioccata.
<<Okok, ti lascio stare... ma pensaci>>, disse scappando da camera mia.
Chiusi gli occhi e mi sdraiai nuovamente sul letto.
Come se il mio outfit fosse il primo dei miei problemi.
Pensai a quel peluche, sentivo che c'era qualcos'altro ma non riuscivo a ricordare.
Drew non era solito regalarmi dei giocattoli, puntava più sui libri o sulla musica.
Continuai a pensarci per tutta la giornata senza arrivare ad una risposta.
Possibile che fosse stato lui?
No.
Ovvio che no.
Nella mia vita avevo avuto solo un padre ed era stato sempre Drew.
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