Capitolo |3|
La giornata passò in fretta ma solo perché la mia mente era troppo coinvolta nel ricordo di Eric che a seguire le lezioni.
All'ora di pranzo lo cercai insistentemente senza riuscire a trovarlo. Non capivo come potessi essere cosi interessata ad una persona che neanche conoscevo. Quella notte sembrava essere solo un sogno... se non fosse che quel ricordo era fin troppo vivido da essere scambiato per un'illusione onirica.
Uscì dall'aula di matematica mentre Courtney continuava a parlarmi di una qualche festa, di Nathan che ci sarebbe andato sicuramente e di un futuro vestito da indossare.
La lasciai in palestra, con i suoi mille progetti per conquistare la sua preda, e mi avviai verso la grande terrazza in cui si affacciava la scuola.
Avevo abbastanza tempo per anticipare alcuni compiti della settimana seguente se non fosse stato che la mia mente era troppo incasinata per farlo. Decisi così di prendermi una pausa, me la meritavo... in fondo avevo sempre avuto ottimi voti a scuola e per un giorno non sarebbe successo nulla.
Presi il cellulare, chiusi gli occhi ed iniziai ad ascoltare la musica perdendomi nelle solite note che riuscivano a cullarmi.
Stavo di nuovo correndo ma questa volta non stavo scappando... inseguivo qualcuno.
Ero avvolta dalle tenebre e il freddo era così insopportabile da congelare le ossa eppure non riuscivo a fermarmi.
Correvo, dovevo raggiungere qualcosa.
Ma cosa?
Una figura sbiadita mi apparse davanti e mi bastò poco per riconoscere quei lunghi capelli che la contraddistinguevano dalla gente:
Mamma!
Cercai di chiamarla
ma come sempre non riuscivo ad emettere alcun suono.
Continuai a correre, dovevo raggiungerla.
Provai di nuovo a chiamarla e ciò che uscii fu un leggero sussurro ma ciò bastò per fermarla.
<<Mamma...>>, urlai.
Lei si girò lentamente, il mio cuore invece sembrava continuare a sostenere lo stesso ritmo dei miei passi.
Più mi avvicinavo, più riuscivo a distinguere la figura.
Quando fui a pochi metri da lei sentii il mio cuore esplodere di gioia, <<Mam...>>,
mi fermai con orrore.
Il suo viso era sfregiato da un'espressione assente e inquietante ed il sangue non lasciava alcuna traccia della sua pelle.
Seguii il suo sguardo fisso su di me mentre iniziavo a rendermi conto di stritolare qualcosa di freddo tra le mani.
Una lunga lama occupava gran parte della mia visuale.
<<Assassina>>, la sua voce mi colpii così violentemente che indietreggiai.
Il coltello mi scivolò dalle mani...
Avevo ucciso mia madre.
Aprì le palpebre e sospirando sollievo mi ricordai di essere ancora a scuola.
Quegli occhi... Dio quanto li avrei voluti rivedere eppure nei miei incubi non c'era alcuna traccia del blu intenso e vivace di mia madre.
C'era solo quel vortice inanimato e travolgente, una volta che ti catturava ti portava con sé, dentro i suoi abissi.
Ero abituata a quei sogni e oltre a lasciarmi un enorme vuoto colmato da un'immensa tristezza non perdevo più tempo a pensarci, era deteriorante e già di me tutto ormai era marcio.
Tolsi le cuffie e mi presi un attimo di tempo prima di controllare l'ora e capire se fosse il caso di andare da Courtney o fare una passeggiata.
Mancavano ancora una ventina di minuti prima della fine degli allenamenti e a me non andava proprio di restare la o di ripetere l'esperienza di un altro pisolino.
Mi alzai, spossata ancora dal poco riposo, e presi lo zaino... fu lì che li vidi.
Due iridi luminose e limpide.
Non so perché fossi così ossessionata dagli occhi della gente, forse per mia madre o per una mia stupida convinzione che fosse l'unica parte di noi a mostrare sempre la verità a chi la cercava.
Era lontano da me ma mi osservava, come mai aveva fatto nessuno, come solo lui riusciva a fare...come quella notte.
Continuava a sostenere il mio sguardo, sembrava preoccupato ma anche divertito.
Avevo speso un' intera giornata a cercarlo e ora lo ritrovavo di fronte a me, il mio cuore fece una capriola immotivata.
Non capivo il perché mi stesse fissando e mentre rimanevo impalata a quel contatto visivo, lui iniziò a incamminarsi verso di me.
Rimasi sempre lì, immobile, non so cosa mi stesse prendendo ma era più forte di me. In sua presenza mi sentivo così scoperta, così vulnerabile da attendere e desiderare la sua mossa.
<<Buongiorno>>, la sua voce calda spezzò il silenzio.
Impiegai più di tre secondi per capire e questo non fece altro che aumentare la probabilità di sembrare un idiota.
<<Già>>, risposi mentre riconoscevo quel fuoco imbarazzante che lentamente stava prendendo alloggio sulla mia faccia.
Abbassai lo sguardo per non farglielo notare, odiavo essere così.
Non capitava spesso ma solo con quelle persone che avevano una certa... presenza. Quelle che mi mettevano in soggezione.
Ecco il motivo per cui non mi piaceva socializzare, non ero brava.
Datemi tutto ma non un interlocutore
Una leggera risata mi avvolse riportandomi di nuovo nei suoi occhi.
<<Giá...>>, rise ancora.
Mi aveva fatto il verso?
Forza Tamara, datti un po' di contegno.
<<Scusa... sono un po' confusa e il sonnellino non aiuta>>, sorrisi in modo nervoso sforzandomi di migliorare la mia immagine da sfigata.
<<Lo avevo notato. Anche stamattina non eri molto reattiva>>, una smorfia divertita mi fece capire che forse l'immagine che avevo dato era irrecuperabile.
Distolsi lo sguardo dal suo argenteo e fissai senza alcun interesse le stringhe delle mie scarpe. Si slacciavano sempre.
<<Non parli molto, vero?>>.
Ok adesso stavo iniziando ad innervosirmi, più con me stessa che con lui.
Cosa diavolo mi stava prendendo? E poi perché si era avvicinato? Cosa voleva?
Per l'ennesima volta affrontai il suo sguardo, <<Non sottovalutarmi, potrei fare peggio di così>>.
Non era assolutamente vero, mai mi ero comportata così da idiota.
Cercai di rilassare le spalle e i muscoli, tranne il cuore. Quello ormai era andato per i fatti suoi.
Inclinó leggermente la testa verso sinistra e continuò ad esaminarmi come se fossi un topo da laboratorio.
Sapevo di essere insolita ma era un tipo di anormalità che annoiava la gente o la metteva a disagio, mi permetteva di starmene per i fatti miei. Mi proteggeva da tutti.
Le sue labbra continuavano a formare un leggero arco all'insù e per quanto fosse così maledettamente bello, iniziavo a sentirmi leggermente irritata dalla sua reazione.
Mi stava prendendo in giro. Sapeva l'effetto che aveva sulle persone ed io ero l'ennesima dimostrazione.
<<Avevi bisogno di qualcosa?>>, chiesi con una voce che mascherava la mia frustrazione.
In realtà avevo mille domande da porgli. Volevo sapere se la sua paura fosse rimasta la stessa di 2 anni fa, volevo sapere se fosse riuscito ad affrontarla e se si come.
Ma quel ragazzo non era lo stesso che avevo incontrato sotto la pioggia.
Era cambiato, era più simile al protagonista dei gossip superficiali e leggendari che alimentavano gli animi della scuola.
Sembró stupito dalla mia domanda, evidentemente non pensava davvero che riuscissi a formulare una frase di senso compito.
<<Niente in particolare, non credevo che il primo giorno sarebbe stato così...>>
<<Strano?>>, completai la sua frase ancora prima di riuscire a frenarmi.
Cosa diavolo speravo di fare? Lui non si ricordava di me che senso aveva dargli dei segnali?
Tamara sei una stupida!
<<Stavo per dire interessante ma strano non mi dispiace>>, questa volta non rise come aveva fatto in precedenza.
Si limitò ad osservarmi con più interesse, più di quello che speravo di ottenere da lui.
Quel contatto non aiutò molto il controllo di me stessa che avevo appena acquisito.
<<Ci siamo già incontrati per caso?>>, chiese sovrapponessero.
Ecco la prova tangibile che non si ricordava di me, vuol dire che quell'incontro non lo aveva segnato quanto aveva segnato me.
Lui non era il mio Eric, quello non esisteva più.
Lo sapevo già ma non riuscivo a capire perché mi sentissi come se mi avesse "tradita".
Era stato così stupido da parte mia sperare diversamente.
<<No, impossibile. Ho un viso comune e difficilmente parlo con la gente>>, dovevo spazzare via ogni minimo suo dubbio o l'idea che io mi ricordassi di lui. Non avrebbe avuto alcun senso fare il contrario.
Dalle perfette labbra delineate spuntarono dei denti bianchissimi, era così bello...dannatamente bello. Adesso capivo Clare e Grace, non ero poi cosi differente da loro.
<<Eppure con me stai parlando>>, disse come se mi avesse colto in flagrante a rubare.
<<Non credo che capiterà di nuovo>>, fui certa di questa cosa, non perché non volessi ma perché stavamo su due piani differenti.
In meno di una giornata mi aveva destabilizzato e per quanto fosse eccitante sentire il battito del mio cuore sapevo che non potevo permettermelo.
Volevo solo scappare da quella situazione. Stavano emergendo emozioni che non sentivo da parecchio tempo, non ero preparata a tutto questo.
<<Vedremo...>>.
Cosa pensava di fare? Stava flirtando?
No! Stava giocando ma ciò implicava solo un suo divertimento.
Non riuscivo più a sostenere quella situazione ridicola, era estenuante.
<<Eric è stato... un piacere>>, conclusi con poca convinzione, << Adesso però devo andare, si è fatto tardi. Ci vediamo>>, gli diedi velocemente le spalle cercando di non sembrare un mostro che cammina.
Ero ormai lontana da lui quando mi sembrò di sentire una risata, <<Ci vediamo Tamara>>.
Mi voltai ma l'unica cosa che vidi erano i suoi capelli neri e la sua larga schiena.
Non ci eravamo mai presentati se non quella notte. Era logico che io sapessi il suo nome dato che tutta la scuola ne stava parlando... ma lui come faceva a conoscere il mio?
Una strana morsa allo stomaco mi obbligò a scacciare quell'assurda speranza e mi convinsi che era stata solo una mia impressione.
Perché mentire?
Perché ricordarsi di me?
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