Capitolo |29|



<<Solito bicchiere, tieni>>, dissi alla donna seduta di fronte a me.

Darla solitamente si sedeva nell'ultimo posto ma stavolta era occupato da un uomo barbuto che sembrava non avesse nessun rapporto con l'acqua, stava bevendo la terza birra e non faceva altro che guardarmi il seno... cosa che mi dava molto fastidio nonostante ormai fosse diventata quasi una abitudine. Lo facevano la maggior parte degli uomini che entravano lì dentro.

<<Grazie Tamara>>, mi rispose con un mezzo sorriso.

Le feci un cenno e dopo aver servito nuovamente il barbuto mi dedicai a una macchiolina che non riuscivo a togliere dal bancone.

Non capivo cosa potesse essere, sembrava un pezzo di cioccolato ma non si toglieva. Oltretutto cosa ci faceva del cioccolato li sopra?

<<Prova con l'acqua calda e candeggina, dovrebbe andar via>>, disse Darla mentre continuava a sorseggiare il suo vino.

Ascoltai il suo consiglio ma nulla.
<<Non capisco cosa sia, è enorme>>.

Si alzò dallo sgabello, mi prese la pezza dalle mani e tentò di eliminare quella strana cosa senza ottenere alcun risultato.

<<Può essere vernice?>>, mi porse il panno con aria confusa.

<<Eh? verni...ma certo!>>, guardai la base del piano bar che tre giorni fa avevano ridipinto Carl e Luke.

Darla seguì il mio sguardo e fui certa che aveva capito cosa stessi osservando visto che si mise a ridere, <<Potevamo perderci anche tutta la giornata, non si sarebbe mai tolta>>.

Raramente capitava di vederla sorridere perchè di solito se ne stava sulle sue ma la sua presenza, qualsiasi cosa facesse, mi faceva stare bene.

Ritornò a sedersi e con il gesto ormai abitudinario si portò il bicchiere sulle labbra. Era una donna molto attraente, labbra carnose, ciglia lunghe, capelli neri che le arrivavano sopra le spalle e un fisico asciutto da far invidia a qualsiasi persona sana di mente.

<<La cosa peggiore è che a differenza tua neanche me ne sarei accorta>>, ero sconcertata da quanto fossi sbadata.

<<Allora per fortuna che ci sono io>>, mi fece l'occhiolino.

Le sorrisi mentre con la coda dell'occhio mi accorgevo che il tizio barbuto richiedeva nuovamente la mia presenza.

Sbuffai e allungai una mano verso quei tre bicchieri vuoti per levarli dal bancone e immergerli nel disinfettante.

Prima che riuscissi a prendere l'ultimo bicchiere sentii la sua mano bloccarmi il braccio.

<<Levami subito la mano di dosso>>, dissi cercando di liberarmi.

<<Mi piace quando fate le difficili >>, rispose continuando a stringere forte, stava iniziando a farmi male e sentii l'agitazione salire.
Respirare divenne sempre più difficile e più sentivo le due dita più mi mancava l'aria.

Odiavo reagire così, non rispecchiava la mia personalità... non mi sentivo me stessa.

Feci per tirargli una gomitata quando non sentii più la stretta sudicia sul mio polso.
In un nano secondo lo ritrovai a terra.
Mi girai lungo la mia destra e, oltre a vedere le poche facce interessate a quell'avvenimento, notai Darla di fronte al barbuto.

<<Brutto porco che non sei altro, è solo una ragazza...>>, gli diede un calcio che fece lamentare il vecchio ubriaco e poi iniziò a gridare con rabbia, <<Ma qui non c'è nessuno?! Chi gestisce questo bar?!>>

Subito vidi Bay allarmata correre verso di noi mentre Luke e Carl sbucavano fuori dal magazzino.

<<Tamara che cosa è successo? >>.

Non ebbi il tempo di indicare l'uomo stordito a terra che Darla si girò verso di lei, <<E' successo che in questo bar una ragazzina non può neanche lavorare in pace perché non si fanno delle accurate selezioni a chi far entrare o no...>>

Non riuscivo a capire se fossi più grata o stupita di quel suo atteggiamento. Forse era una femminista.

<<Darla ti prego, è tutto a posto>>, dissi cercando di calmare le acque.
Bay non era di certo una di quelle persone che si faceva rimproverare da "una qualsiasi".

Il mio capo permaloso si accorse dell'uomo steso sul pavimento e la sua espressione sembrò farsi più cupa. Fece cenno a Luke e a Carl di levarlo da li e solo dopo essersi scusata con i clienti, si avvicinò a Darla.

<<A quanto pare si chiama Darla... mi ascolti innanzitutto la pregherei di non alzare la voce, non vorrei essere costretta a mandarla scortesemente via dal mio locale...>>

<<Invece di preoccuparsi del mio tono di voce si preoccupi del perché mi sto rivolgendo in questo modo. Se decide di assumere dei ragazzini almeno si prenda la responsabilità di non far accadere determinate cose>>, rispose con un tono più calmo di prima nonostante il suo nervosismo si sarebbe percepito anche a mille chilometri di distanza.

<<Non le permetto di parlarmi in questo modo, conosco i miei dipendenti e i miei clienti e...>>

<<Se lei ritiene normale che un suo caro e noto cliente metta le mani su una sua dipendente importunandola con osservazioni e richieste volgari allora mi dispiace avvisarla che prenderò dei provvedimenti>>.

Non avevo mai visto Bay ammutolirsi, mi dispiaceva ma Darla non aveva tutti i torti... aveva detto tutto ciò che io non avevo mai avuto la capacità di chiederle.
Non era la prima volta che accadeva una cosa del genere, magari non fino a questo punto ma non cambiava il fatto che non mi facevano stare a mio agio.

<<Tamara tutto bene?>>, mi chiese Bay distogliendo lo sguardo dalla donna che aveva di fronte.

<<Si, grazie a Darla>>, mi preoccupai di precisare.

<<Bene, sono felice che non sia successo nulla di grave... Per quanto riguarda lei, signora...>>

<<Johnson, Darla Johnson>>.

<<Bene, signora Johnson la pregherei di accompagnarmi nel mio ufficio e chiarire in un posto più consono>>.

Dopo qualche secondo, in cui Darla raccolse la sua borsa e il cappotto, se ne andarono nello stanzino/ufficio accanto alla cucina.

Vidi Paul trattenere una risata mentre mi mimava un "Quella Darla è tosta".

Beh era vero, nessuno aveva il coraggio di controbattere Bay...neanche suo marito Carl.

Mi accorsi che tutti quelli all'interno del locale mi stavano osservando, irritata da tutto ciò iniziai a raccogliere i cocci di vetro del bicchiere frantumato che era caduto a terra.

Passarono alcuni minuti, Luke e Carl erano già entrati e del maniaco barbuto non ne seppi più nulla, dopo avergli detto cosa era accaduto mi dissero che se ne era già andato.

Carl si scusò più di una volta con me mentre Luke mi chiedeva se andasse tutto bene.

<<Non è successo nulla e credo che la situazione sia diventata più grande del problema reale. Sto bene ma si, questa non è la prima volta che accade e voi lo sapete bene>>.

Luke e Carl ne erano al corrente anche perché più di una volta avevano messo a posto alcuni clienti che ci provavano spudoratamente. Il reale problema era che pur di avere delle entrate ci passavano sopra.

<<Si ma...>>

La porta "dell'ufficio" si aprì e subito uscirono fuori Darla e Bay, sembravano aver chiarito visto le loro facce che risultavano meno tese di prima.

<<Tamara fammi il piacere di accompagnare la signora Johnosn all'uscita e per te la giornata di lavoro termina qui, puoi andare a casa>>.

<<Cosa...io?>>, dissi ma nessuno mi diede corda se non Luke che mi guardò con aria interrogativa.

<<Chiamami pure Darla, mi dispiace per il trambusto che ho creato ma spero che in futuro avrete più controlli>>.

<<Si si, senza dubbio>>, rispose Carl anticipando Bay, aveva paura che sua moglie scattasse nuovamente ma a me sembrava abbastanza tranquilla.

<<Bay io sto bene, posso lavorare anche perchè non è succ...>>

<<Tamara fai come ti dico, oggi non c'è neanche confusione. La giornata ti verrà pagata ugualmente se ti preoccupi di questo>>.

Ah, ormai mi conosceva parecchio bene.
<<Uh...ok, ma...>>

<<Luke e Carl invece converrebbe che voi continuaste a fare ciò che avete interrotto. Tamara ci vediamo giovedi! Signora Johns...Darla è stato un piacere e spero di rivederti presto>>, disse Bay per poi darci le spalle e andarsene via.

Guardai confusa Luke e Carl mentre, anche loro spaesati, si rimettevano all'opera.

<<Va tutto bene? Mi dispiace, forse sono stata troppo invadente ma...oh no, che diavolo! Questi atteggiamenti non li ho mai tollerati ma a prescindere da tutto se ti ho dato fastidio...>>.

<<Fastidio? No assolutamente, si mi sono un po' sorpresa della tua reazione ma te ne sono grata...avrei voluto fare anche io ciò che hai fatto tu solo che...>>

<<Solo che?>>, mi chiese guardandomi come se non avesse bisogno di alcuna risposta.
Aveva la capacità di domandare qualcosa senza apparirne davvero interessata,

<<Solo che non l'ho fatto>>.

<<Ti ha preso alla sprovvista, é normale reagire così>>.

<<Mhh, si in effetti si>>, dissi troncando la discussione.
Lei mi metteva a mio agio ma l'argomento no.

Dopo aver detto nuovamente che stavo bene la salutai e andando nello spogliatoio presi le mie cose.
Erano le 20:18 e non avevo previsto di ritirarmi non prima delle 2. Questo mi avrebbe permesso di anticipare e approfondire alcune materie e ne fui molto felice, inoltre quelle ore mi sarebbero state pure pagate.
Almeno speravo.
Uscii dalla porta laterale per buttare i rifiuti che Paul mi aveva scaricato e solo dopo essermi avvicinata alla mia macchina vidi Darla in stato confusionale.

<<È successo qualcosa?>>, le chiesi allarmata

<<Le ruote!>>, indicò i due pezzi di gomma visibilmente manomessi, <<Sono A TERRA! Qualcuno ha avuto la felice idea di farmi quest...>>, la sua espressione affranta si mutó in una rabbiosa, <<Brutto schifoso uomo fallito che non è altro! Sarà stato sicuramente quel vecchio maniaco. Gli dovevo dare un calcio nelle palle, altro che pugno!>>.

<<Non credo sia stato lui, ci sono troppe macchine per andare a indovinare...saranno sicuramente stati i ragazzi del quartiere. Che vuoi fare? Hai già chiamato qualcuno?>>.

<<Non hai tutti i torti ma credo che con la sfortuna che mi ritrovo sarebbe riuscito a beccare la mia macchina anche ad occhi chiusi. Comunque si, la vengono a prendere domani e io sono a piedi. Sono nuova di qui e dovrei prendere un Taxi... mi costerà un botto>>.

<<Ti accompagno io, ho la macchina e non mi costa nulla...oltretutto mi hai fatto un favore enorme quindi te lo devo>>.

Sembrò rifletterci un attimo, <<Grazie, mi risolveresti un enorme problema>>.

Le sorrisi e aspettando che prendesse le sue cose entrammo nella mia macchina.

Il tragitto fu breve, abitava a pochi chilometri dal pub e non impiegammo più di 15 minuti.
Non parlammo molto, come sempre d'altronde, ma non sentivo l'obbligo di dover intrattenerla con qualche solito discorso convenzionale.
Lei pensava alle sue cose e io alle mie.

<<Vuoi entrare?>>, mi chiese dopo essere arrivate, indicando l'alto palazzo che si affacciava sulla strada.

<<Oh no, grazie ma è meglio che ritorni a casa... utilizzerò questo tempo libero per sbrigarmi alcune cose>>.

<<Scusa, sono di nuovo invadente vero? Non imparerò mai. È che non conosco nessuno, mi sa che la solitudine si sta facendo sentire>>, disse finendo con una risata forzata.

Mi sentii in colpa per aver rifiutato, ero stata sgarbata.
<<No no, mi avrebbe fatto molto piacere davvero ma...>>

<<Tranquilla, non voglio metterti a disagio. Non preoccuparti anzi grazie per il passaggio>>.

<<No ma non si tratta di disag... sai che ti dico? Per oggi farò pausa da tutto, ogni tanto ci vuole!>>.

<<Non voglio obbligarti, è stato un invito spontaneo e neanche ci ho pensato più di tanto...>>

Spensi il motore e scesi dalla macchina aspettando che anche lei lo facesse e solo dopo la chiusi.

<<Mi piace passare del tempo con te e non mi dispiacerebbe farlo fuori dal mio posto di lavoro quindi anche la mia è una risposta spontanea >>.

Mi rivolse un sorriso grato e un po' riuscii ad immedesimarmi in lei, era passato tanto tempo ma ricordavo ancora com'era stato per me vivere in una nuova città senza Coutrney. Stavo sempre da sola e per quanto facessi finta di stare bene in realtà non lo ero.

<<Casa mia è un po'... in realtà non ricordo neanche come l'ho lasciata e spero tanto che non sia molto in disordine... il lavoro mi sta occupando gran parte della giornata e ancora devo riuscire ad organizzarmi bene>>.

<<Che lavoro fai?>>, chiesi mentre salivamo la grande scalinata che portava al palazzo.

<<Sono una psicologa, purtroppo essendo in una nuova città devo rifarmi nuovi clienti. Sarà dura ma ci riuscirò>>.

Entrammo dentro un ascensore e solo dopo aver chiuso le due ante Darla selezionò il terzo piano. Il palazzo era molto vecchio ma aveva un suo fascino, i tetti alti e i muri quasi sgretolati... si avevo gusti strani ma secondo me era carino. L'unica cosa da cambiare sarebbe stata l'odiosa luce gialla dell'ascensore.

<<Capisco... E da quando sei qui? >>.

<<Da circa due mesi>>.

Eravamo arrivati davanti la porta di quella che presumevo fosse casa sua, cercò le chiavi di casa e le incastro nella serratura placcata in oro e ruggine.

<<Benvenuta a casa Johnson, mhh devo dire che mi aspettavo di peggio...ovviamente ancora devo cambiare alcune cose ma credimi, la situazione di prima era assurda>>.

Appena entrai vidi una grandissima parete di un rosso scuro intenso che risaltava sulle altre pareti marrone pallido. La casa non era molto grande. Un salone ampio si collegava alla cucina tramite una porta scorrevole aperta e nei due lati più piccoli si distribuivano tre porte. La cosa che mi piaceva di più era l'arredamento, un divano a isola occupava gran parte del salone che era tappezzato da tantissimi quadri e souvenir strani. Sembrava quasi la casa di Eric, anche sua mamma era un'appassionata di queste decorazioni.

<<Quelli sono un regalo, non tutti ma quasi>>.

Mi avvicinai ad un quadro in particolare, ciò che mi colpirono furono i colori e il modo in cui i tratti delle pennellate si incastravano perfettamente nonostante si riuscisse a distinguere ogni singolo segno realizzato. Su una roccia stava seduta una bambina che osservava il mare. Il viso era semi coperto dai suoi lunghi capelli che il vento scompigliava e accarezzava allo stesso tempo.

<<E' il mio preferito, ho sempre pensato che se dovessi mai scegliere un oggetto di questa casa da portare via sceglierei questo quadro...è l'unica cosa che oltre a alla malinconia riesce a trasmettermi serenità, il resto sono solo ricordi>>.

<<Ti capisco, anche io ho un oggetto simile>>, dissi pensando alla collana che portavo al collo.

<<Comunque, vuoi qualcosa da bere? Aspetta un attimo...>>, andò verso il frigo e lo aprì.
<<Si, allora ho dell'acqua, dell'acqua e ancora dell'acqua... scusa sono pessima, ti invito senza riuscire a offrirti qualcosa>>.

<<Tranquilla, l'acqua andrà più che bene>>, ero troppo concentrata a guardare il resto delle cose appese.

<<Come mai ti sei trasferita?>>, chiesi affascinata dall'arredo.

<<Ho una promessa da mantenere, per problemi personali ho dovuto rimandare fino ad ora>>.

<<Mhh, spero nulla di grave>>.

Presi il bicchiere che mi porse e mi sedetti su quell'allettante divano.

<<Sono reduce da cinque anni di riabilitazione. Ho divorziato e la droga é stata per anni la mia unica consolazione>>.

Non mi aspettavo una risposta del genere e tantomeno una tale sincerità. Aveva una dipendenza.

Cercai di rompere quel silenzio imbarazzante, <<5 anni? è stato...>>

<<Difficile? Beh in quei 5 anni no visto che vivevo ma non vivevo...al mio risveglio si. Tutto era cambiato, mi sono persa molte cose e le persone che conoscevo adesso mi sembrano degli estranei. In realtà neanche io riesco a riconoscermi... nonostante sia l'unica ad essere rimasta bloccata per un paio di anni. Si, è stato difficile ma sono ancora viva e questo mi basta per andare avanti>>.

<<Scusa magari non dovrei chiedertelo ma...non ti viene difficile raccontarlo? E' ovvio che non è cosi ma sembra quasi come se ne fossi indifferente>>.

<<Non chiedermi scusa...Tamara sono una psicologa...ho passato molti anni ad ascoltare la gente, le loro paure, i loro desideri e tutto ciò che gli passava per la testa. Per me raccontare la mia storia non è assolutamente difficile, ascolto sempre ma è anche bello essere ascoltati. Non credi?>>.

Pensai a quando avevo raccontato tutto a Courtney e ad Eric, avevo paura del cambiamento che ne sarebbe conseguito ma più facevo uscire quelle parole e più il peso del mio cuore si alleggeriva, <<Si, hai ragione>>.

<<Tu invece? Hai sempre vissuto qui?>>.

Ecco che la tensione si faceva nuovamente sentire... calma Tamara, è solo una semplice chiacchierata.

<<No, abitavo a Boston. Dopo la morte di mia madre sono stata adottata da mia zia e quindi sono venuta in Florida>>.

<<Mi dispiace per tua madre... Tuo padre?>>.

<<Drew è morto insieme a mia madre>>.

<<Drew?>>, mi guardò con aria confusa e capii immediatamente il perché.

<<Drew non era il mio padre biologico... lui non l'ho mai conosciuto>>.

<<Non hai mai pensato di cercarlo?>>, lo chiese come se fosse la domanda del secolo.

<<Perché dovrei? Ho avuto un padre amorevole e non desidero avere alcun contatto con una persona che mi ha abbandonata>>.

Perché ogni qual volta conoscevo una nuova persona dovevo raccontare della mia famiglia?

<<Ricevuto... tasto dolente>>.

<<É solo che non ne vale la pena parlarne>>.

<<Credimi Tamara, qualsiasi cosa o persona che faccia parte della nostra vita è indispensabile per capire chi siamo. Sai quante volte mi interrogo su cosa avrei potuto fare in quegli anni se non fossi stata così debole? Non sarei stata la Darla di oggi, triste e malinconica... ma non posso pentirmene e sai perché? Perché farlo significherebbe credere in una Darla diversa e nonostante tutto io mi rispetto. Sono così anche per le ferite che ho subito, se non mi portassi rispetto da sola come potrei pretenderlo dagli altri?>>.

<<E se in fondo io non mi rispettassi? In realtà non so neanche cosa sia questo rispetto che dovrei avere nei miei confronti. Me lo merito davvero visto che ho passato la mia vita ad adattarmi invece che difendere me stessa?>>.

Ripensai a tutte le volte in cui ingoiavo il dolore pur di non fare rumore... pur di farli smettere.
Pensavo che se mi fossi comportata come un oggetto prima o poi avrebbero perso il divertimento e smesso così di picchiarmi.

<<Sopportare non significa adattarsi. Essere forti e stare in silenzio non significa essere passivi. Credi più in ciò che fai perché sappi che qualsiasi scelta fatta per noi stessi, se pensata e ragionata, sarà sempre la più giusta da prendere. Se non decidiamo noi per la nostra vita chi altro dovrebbe farlo?>>.

Sembrava quasi che mi avesse letto nel pensiero.
Le sue parole erano confortanti, giuste... come se sapesse cosa avrei voluto sentirmi dire.

<<Si, sei una psicologa. Credo di non aver mai avuto una discussione del genere>>.

<<Ti giuro che era una conversazione amichevole, quando sono nelle vesti della dottoressa Johnson sono molto peggio>>.

<<Ah bene, non so se sia una cosa positiva ma credo che non lo scoprirò mai>>.

<<Vedi che ti posso fare pure uno sconto se...>>

La suoneria del mio telefono interruppe quella conversazione.
Lo uscì dalle tasche e lessi il nome di Rachel sul display.
Stavo per chiudere ma poi pensai all'ultima chiamata che avevo ricevuto da lei e niente...
Ero un caso disperato.

<<Scusa un attimo>>, dissi mentre mi alzavo dal divano e cercavo di allontanarmi con più discrezione possibile.

Sentivo lo sguardo di Darla addosso e capii che aveva percepito il mio disagio.

-Pronto?- dissi controvoglia cercando di celare un velo di paura.

-Cosa gli hai detto?!?- La sua voce carica di odio mi investii improvvisamente.
-Mi sono comportata fin troppo bene con te! Ti ho perfino dato la macchina! Che cazzo hai raccontato in giro?-

Rimasi in silenzio cercando di capire cosa volesse da me.

-Bastarda! Dimmelo!-

-Che cosa dovrei dirti? Io non ho fatto nulla e non so neanche di cosa tu stia parlando- provai a non contraccambiare le urla, non volevo che Darla si insospettisse.

Sentivo il suo respiro affaticato trapassare il telefono. Aveva detto che si era comportata fin troppo bene, da li si capiva che era una persona orribile.

-Non dirmi altre cazzate. Stanno venendo per colpa tua...cazzo!... Che cosa faccio adesso?!-

Un urlò glaciale mi fece venire i brividi, sentii le mie gambe cedere.

-Devo scappare, forse se vado in cucina.. no no potrebbero essercene altri...CAZZO!- stava delirando e la sua voce carica di agitazione e paura mi diede la certezza che stava per accadere qualcosa di brutto.

-Rachel non ti sto capendo! Cosa sta succedendo?- non mi preoccupai più di Darla, volevo capire perchè mi avesse chiamata.

Pensai alle sue parole e non ci voleva molto per capire che stesse parlando di Aron ma...io non avevo fatto un bel niente.

Era ancora in linea e sentivo dei tonfi assordanti, simili a delle porte che venivano chiuse violentemente.

-Ascoltami bene, ti meriti tutto il male di questo mondo! Hai distrutto la mia vita, la mia famiglia... Ricordati le mie parole! Tu.Porti.Solo.Morte!

Sentii un tonfo e poi il nulla. La chiamata era terminata.

Che dovevo fare? Chiamare la polizia?

"Porti solo morte"

La rabbia iniziò ad impossessarsi di me, ad andare oltre la paura che le fosse potuto accadere qualcosa. Che importava?

Le avevo salvato il culo già una volta, nonostante tutto quello che mi aveva fatto... e lei cosa osava dirmi?

Giocava con il mio dolore per cercare di placare la sua insoddisfazione, non era giusto.

La rabbia continuava a divampare come un fuoco insopportabile, mi sentivo soffocata da quella tensione.

La odiavo e odiavo perfino la mia incapacità di ignorare tutto.

Perché diavolo avevo risposto? Perché ero cosi maledettamente stupida?

Prima o poi sarei dovuta ritornare in quella casa e non potevo voltarmi e scordarmi di tutto. Avrei avuto tutto il diritto nel farlo, neanche l'immagine di Drew smorzava l'odio che provavo ma qui si trattava di qualcosa di grosso.

Potevo farlo perché si trattava di Rachel ma non ci riuscivo perché si trattava di me e della mia coscienza.

Non potevo perdere un altro minuto in più, se ciò che aveva detto era la verità allora di mezzo c'entravo io.

<<Tamara cosa è successo?>>, Darla mi guardò preoccupata.

<<Niente io... devo andare, ci sentiamo e scusa...anzi grazie di tutto>>.
Presi la borsa e mi precipitai alla porta di ingresso.

<<Tamara aspetta, non so cosa sia successo ma sembra grave e... >>

<<Darla tranquilla, non è successo nulla a cui non sono già abituata. Adesso devo andare, ci vediamo!>>.

Non le diedi il tempo di rispondere e facendo le scale di corsa entrai dentro la macchina.

Che dovevo fare? Chiamare la polizia?

E cosa gli avrei raccontato?

Mentre mettevo in moto le mie mani iniziarono a tremare e sentivo sempre meno salda la presa attorno al volante. Un flashback mi riportò a quella sera di Miami.

Non potevo chiamare la polizia, sapevo che la situazione era pericolosa ma con la polizia avrei potuto solo complicare le cose.

Se di mezzo ci fosse stato davvero mio padre... no era impossibile, mi avevano detto che sarebbe intervenuto solo se Rachel mi avesse ancora dato fastidio e per quanto la sua esistenza fosse per me una continua sofferenza... non si era minimamente comportata come il mostro che avevo imparato a conoscere.

E allora cosa era successo?

Decisi che la cosa migliore da fare sarebbe stata capire prima cosa fosse, o stesse, accadendo.

Superai velocemente un semaforo che stava per diventare rosso, non potevo concedermi di seguire per bene il codice stradale e speravo solo che la fortuna, per una volta, girasse dalla mia parte.

Non sapevo cosa era successo ma non potevo neanche non avvisare nessuno, sarebbe stato da idioti. Già lo era non affidarmi alla polizia... non potevo essere cosi incosciente e inoltre...avevo una paura tremenda.

Courtney era in viaggio da sua nonna e sarebbe stato inutile chiamarla.
Iniziai a guidare cercando di contattare Eric ma niente, non rispondeva alle chiamate.
Ero sola.

Calmati Tamara, non sai neanche cosa sta succedendo, calmati.
Riprovai a chiamare Eric ma non ottenni alcuna risposta.
Cosa diavolo stava facendo?
Perché non mi rispondeva?
Provai a chiamare Nathan, dovevo in qualche modo mettermi in contatto con lui perché... avevo paura.

Uno squillo.
Due squilli.
Tre squilli .
Al quarto finalmente rispose.

-Pronto-

-Nathan! Non riesco a mettermi in contatto con Eric, dov'è ?-

-Eh? Eric? Ehm è uscito con alcuni suoi amici-

Amici? Che amici?

-Potresti provare a chiamarlo?-

-Si certo ma...va tutto bene?-

-Non lo so, digli solo che credo di essere in un Codice giallo e...Nathan ho bisogno di lui... fammi questo favore-

-Che cosa? Va bene ma...-

-Non dire niente a Courtney, è fuori città e sarebbe inutile allarmarla-

-Non chiedermi questo, non so neanche cosa stia accadendo ma sei sconvolta. Courtney mi ha raccontato alcune cose ed Eric...Senti, concedimi almeno di aiutarti... -

Certo, ti pareva che mancava pure Nathan all'appello?

Ci pensai su... meno persone erano coinvolte nella mia vita e meglio era ma non sapevo cosa aspettarmi e non potevo essere cosi stupida da non avvisare nessuno.

-Ci vediamo a casa mia, io sono quasi arrivata. Tu però continua a chiamare Eric e... se dovessi vedere qualcosa di strano non esitare a chiamare la polizia ma solo se vedi che qualcosa non va. Hai capito?-

-Se mi dici cosi la situazione sembra più grav...-

-Nathan è importante che tu faccia ciò che ti sto chiedendo. O fai cosi oppure fai finta che questa chiamata non sia mai esistita-

Sospirò pesantemente -Va bene, ci penso io!

Ero una maledetta stronza, i miei problemi travolgevano tutti quelli che mi conoscevano.

Chiusi il telefono e feci dei profondi respiri, perché stavo reagendo così?

Magari non era nulla di che e avrei solo trovato Rachel ubriaca insieme ai suoi squallidi e vecchi amici. Non sarebbe stata la prima volta e inoltre mi aspettavo già un ritorno alle vecchie origini, alla vecchia Rachel.

Eppure non ero per niente tranquilla, quella voce... il solo pensare che un estraneo era nella stessa casa in cui dormivo mi faceva venire i brividi.
Se solo Eric avesse risposto...

Avevamo inventato un codice per queste situazioni:
Verde- riesco a gestirlo da sola,
Giallo- non so cosa stia succedendo ho bisogno di te,
Rosso- sono nei guai.
Speravo solo che al rosso non ci sarei mai arrivata.

Dove diavolo era andato? Con quali amici era uscito? Nathan era stato troppo vago e...

BASTA TAMARA, BASTA.

E' inutile pensarci adesso, sei sola o almeno per il momento. A breve sarebbe arrivato Nathan e... e niente.

Speravo solo che le cose non mi si ritorcessero contro.

Vidi le luci di casa accese e la porta di ingresso semi aperta, lungo la strada non vedevo macchine parcheggiate quindi significava che non c'era nessuno... almeno era quello che speravo.

Scesi dall'automobile e mi diressi dentro quella casa di sventure.

Stavo per chiamare Rachel ma l'istinto mi porto a starmene zitta, non avevo la certezza di sapere che in quella casa non avrei trovato estranei.

Andai in cucina ma niente, era tutto in ordine.
Proseguii e dopo aver controllato il salone salii le scale.

Ad ogni passo sentivo l'asse di legno scricchiolare e rimbombare nel lungo corridoio. La casa era avvolta da una apparente calma ma sapevo che qualcosa non andava e non era stata solo la chiamata di Rachel a far nascere quel cattivo presentimento.

Accesi immediatamente la luce per farmi coraggio, come se il buio fosse il mio reale nemico. Quel maledetto silenzio era peggio di qualsiasi altra cosa avessi pensato di trovare.

Sarebbe stato inutile controllare prima la mia stanza o il bagno perciò mi diressi lentamente verso la camera di Rachel.
Misi la mano sulla maniglia congelata ma prima di girarla chiamai nuovamente Eric...

Ti prego rispondimi, ti prego...

Gli squilli si susseguirono a vuoto.

Delle lacrime di frustrazione cercarono di prendere il sopravvento sul mio finto coraggio ma la paura e l'adrenalina del momento mi permisero di cacciarle via.

Non era il momento per piangere.

Feci un profondo respiro e aprii la porta mentre il mio cuore sembrava salirmi in gola per poi uscirmi dal petto.

Sudavo freddo e venni investita dall'aria viziata e pesante di quella stanza, evidentemente le finestre non venivano aperte da un bel paio di giorni.

Dovetti sforzare la vista prima di riuscire a definire le varie figure ombrose.

Aprii del tutto la porta, la camera di Rachel non era molto grande e sebbene il lampadario non fosse acceso bastava la flebile luce del corridoio per illuminarla.

La prima cosa che vidi fu la lunga ombra che si estendeva sul vecchio pavimento di marmo ingiallito, la seguii cautamente fino a che il mio sguardo fu catturato da due piedi sospesi in aria.

Mi si mozzò il fiato, era come se qualcosa mi dicesse di chiudere la porta e scappare da ciò che stavo per vedere, il mio subconscio aveva già recepito qualcosa che io ancora non avevo realizzato.

Percepii ogni piccolo secondo in cui i miei occhi si rendevano conto del corpo appeso al soffitto.

La testa cadeva di lato mentre i capelli continuavano a dondolare lentamente, scandendo ogni secondo di quella orribile visione.

L'unica cosa che riuscii a intravedere dal volto coperto furono gli occhi spalancati, erano privi di vita ma pieni di terrore.

Conoscevo bene quello sguardo ormai.

Il resto non lo ricordo più.
Non ricordo cosa feci in quei minuti prima dell'arrivo di Nathan.
Non ricordo come e quando mi sedetti sul divano del salone, dove fui trovata in totale shock.
Non ricordo neanche come il corpo di Rachel fu portato via.
Il vuoto.

Evidentemente la morte mi faceva questo effetto, qualsiasi persona si portasse via.

"Porti solo morte".

~•~

Non so per quanto tempo rimasi seduta, mi limitavo a fissare la finestra senza dare importanza al resto, a chi mi chiamava o a chi mi girava intorno.
Ero completamente scollegata da tutto, c'ero solo io e quella luna che mi sembrava fin troppo grande... credo di non averne mai vista una cosi grossa e luminosa.

<<...Dobbiamo farle delle domande>>.

<<Ma sta scherzando?! Come può pretendere una cosa del genere? Non vede in che situazione è? Papà per favore pensaci tu>>.

<<Courtney stai al tuo posto! I signori stanno facendo solo il loro lavoro! Scusatela ma questa situazione ci ha sconvolti. Sono Josh Allen, per qualsiasi cosa si può rivolgere a me. Come vedete non è in grado di sostenere maggiore stress, non saprò sicuramente rispondere a tutte le domande ma sono a vostra disposizione, prego seguitemi...è meglio trovare un posto più...riparato>>.

<<E' assurdo! Non hanno neanche un po' di tatto...>>

<<Courtney cara, calmati. Non è il momento di arrabbiarsi. Fammi un favore e valle a prendere una coperta, sta tremando>>.

<<Mamma io sono preoccupata, secondo me dovremmo portarla all'ospedale>>.

<<Intanto fai ciò che ti ho detto, in questo momento ha bisogno solo di tranquillità>>.

<<Va bene>>.

Si, avevo freddo e in realtà anche un po' di sete... pensandoci su anche fame, non avevo mangiato da... da quando? Da pranzo? Che avevo mangiato a pranzo?

Non riuscivo a parlare o a capire davvero cosa stesse succedendo. Sentivo tutto ma non capivo anzi non mi importava, pensavo solo a Rachel e alla sua faccia priva di vita. Quante volte l'avevo desiderata morta? Troppe per considerarmi una brava persona e adesso lo era davvero. Pensai a mia madre e a Drew, alla loro morte, all'incidente...

<<Tamara sono Lauren, che ne dici se ti sdrai?>>.

Lauren... molte volte mi dava la sensazione di mia madre, una presenza calda e confortevole.

Ma non volevo sdraiarmi, volevo camminare...anzi correre, si correre...

Mi alzai gettando qualcosa a terra e senza darci troppa importanza mi precipitai fuori.

Sentii alcune grida in lontananza ma invece di fermarmi continuai a correre più veloce.

Ero libera, Rachel non sarebbe stato più un mio problema... avrei finalmente preso un piccolo appartamento e sarei stata libera.

Non avrei mai vissuto in quella casa, se fosse stato per me l'avrei bruciata...

Chi le aveva fatto quello?

Non c'entravo io, sicuramente aveva combinato qualche altro guaio e io avevo fatto tutto ciò che era in mio potere per aiutarla nonostante la odiassi.

Era tutto quello che avevo sempre desiderato, un'altra possibilità di vita... solo che... sentivo un grosso peso al petto.

Ero triste? No...solo che tutta la rabbia che provavo per lei era svanita, aveva lasciato il posto al nulla.

Caddi a terra sbattendo violentemente il ginocchio sul marciapiede... ecco, grazie a Rachel avevo imparato a capire quale tipo di dolore avrebbe preceduto un livido e questo era uno di quelli.

Provai a rialzarmi ma ero talmente stanca che rimasi stesa sull'asfalto.

Dove mi trovavo? Che ora erano? Avevo freddo, dovevo portarmi qualche giacca dietro... non ricordavo neanche cosa indossassi ma era troppo leggero per l'aria notturna... era notte, no?

La testa mi scoppiava, chiusi gli occhi e venni avvolta dalle tenebre.

~•~

Una voce mi fece aprire gli occhi, impiegai alcuni secondi abbondanti prima di capire che fossi dentro la macchina di Eric. Quel profumo di menta era inconfondibile.

<<L'abbiamo trovata, si è in macchina. Eric sta guidando, Courtney non è il moment...ok va bene aspetta...>>.

Eric...quando era arrivato? Lui non c'era prima, o si? No, non mi aveva risposto alle chiamate... perché?

<<Nathan sto guidan...va bene dammi quà>>.
<<Courtney che c'è? Si le ho viste, e allora? Non devo spiegarti niente e... Senti fatti i cazzi tuoi e smettila di comportarti come una saputella del cazzo...parlo come voglio e... Courtney per piacere, adesso abbiamo altre priorità. Stiamo arrivando, ciao!>>.

Eric porse il telefono a Nathan, le loro voci erano cariche di tensione e sembrava che da un momento all'altro sarebbe scoppiata una lite tra i due...

<<Se non fossimo in questa situazione ti avrei detto di rivolgerti meglio alla mia ragazza ma so quanto a volte può essere opprimente>>.

<<Opprimente?! Io direi scassa cogl...>>

<<Eric si, ho recepito il messaggio... cosa pensi di fare?>>.

<<Con che cosa?>>.

<<Con lei... non sapeva dove fossi e ti ho coperto ma...>>

<<Non è importante!>>.

<<Si che lo è, non so cosa tu sia andato a fare ma...>>

<<Smettila subito...non con lei qua! Non è un tuo problema e non ho bisogno di prediche del cazzo!>>.

<<Non era una predica ma un consiglio>>.

<<Nathan non ti seccare, io e i consigli non andiamo molto d'accordo quindi evita>>.

<<Dille solo la verità, lei capirà... ti capisce sempre>>.

<<Credi che sia il momento più adatto per dirle certe cose? Dopo stanotte?>>.

<<Aveva bisogno di te...>>

<<Cazzo!!! Lo so! Ok?>>, sgranò immediatamente gli occhi e mi controllò dallo specchietto retrovisore.
Sperava che non mi avesse svegliata ma appena vide che lo ero già notai il suo volto, trasfigurato da paura e rabbia.
Abbassò lo sguardo facendo finta di nulla ma sapevo che non era cosi.

<<Devi dirglielo>>.

<<Dì un'altra parola e giuro che ti ammazzo!>>, le sue parole dure mi diedero i brividi ed evidentemente Nathan ebbe la stessa sensazione perché lo sentii sbuffare e deporre le armi.

Volevo intervenire, chiedere cosa dovessi sapere... Avevo mille domande in testa che passavano veloci senza darmi il tempo di ragionarci su, desideravo sapere ma dopo... adesso volevo solo dormire.

~•~

Mi risvegliai nel letto di Courtney, come ero finita li? L'unica cosa che ricordavo era Rachel appesa al soffitto e poi era tutto confuso...avevo corso?

"Porti solo morte" un dolore allo stomaco mi costrinse a lamentarmi.

<<Sei sveglia?>>.

Mi girai e vidi Eric dietro la porta.

Provai a parlare ma avevo la gola secca e le parole uscirono in un graffio doloroso, <<Si...credo di si>>.

<<Credi di si?>>, disse con un sorriso.

Rimasi a fissarlo per un paio di secondi e dopo essermi schiarita la gola parlai, <<Sono...confusa, come sono arrivata qui?>>.

<<È stata una notte difficile, è normale che tu ti senta così. I genitori di Courtney hanno voluto portarti a casa loro. Tutti gli altri sono sotto>>.

Tutti gli altri...

<<Da quanto tempo sono qui? Quanto ho dormito?>>.

<<Sono le due del pomeriggio e hai dormito parecchio. Come ti senti? >>.

<<Non lo so, confusa>>, cercai di capire quanto avessi dormito ma non riuscii a ragionarci lucidamente.

Si avvicinò a me chiudendosi la porta dietro, <<Si, già l'hai detto... intendevo... cosa stai provando?>>.

Alzai le spalle in un gesto veloce, come l'avevo presa? Non lo sapevo neanche io... non sentivo nulla. Come avrei dovuto prenderla?

Rividi l'immagine macabra del suo corpo appeso in aria e una forte nausea mi venne a fare compagnia.

La nausea, ecco cosa provavo.

<<Ero molto preoccupato. Quando Nathan mi ha detto quello che era successo e che eri scappata, ho pensato subito al peggio... credo di avere dei seri problemi con la tua incolumità>>.

<<Ti ho chiamato!>>, dissi come se bastassero quelle parole per fargli capire quanto avessi voluto che lui fosse con me.
Come se il fatto di non averlo vicino mi abbia spaventato più di quello che avevo visto.

Vidi la sua espressione cambiare, si rabbuiò. <<Lo so e mi dispiace. Appena ho visto quelle chiamate ho capito subito che... non capisco come abbia potuto dimenticare il telefono in macchina. Non succede mai, lo tengo sempre con me perché con mia madre e con te non so mai cosa può accadere. Mi dispiace così tanto>>.

Era davvero dispiaciuto e questo bastò quasi a placare quella poca rabbia che avevo nei suoi confronti ma il nervosismo... quel nervosismo mi faceva dubitare di qualcosa.

<<Dove sei andato?>>, gli chiesi e lentamente ricordai quella discussione in macchina.

<<Ne vuoi davvero parlare ora? Vuoi parlare davvero di questo?>>.

<<Si!>>.

Di cosa avrei mai dovuto parlare?

Di Rachel?

Preferivo farne a meno.

Sospirò e si sedette sulla poltrona che stava a fianco al letto, io mi girai per averlo di fronte a me.

<<Nathan mi ha detto che eri con alcuni tuoi amici...ma...ero sveglia in macchina>>.

<<Lo so...>>, si incupì, <<Non ero con dei miei amici, ero con un'altra persona>>.

<<Con chi?>>, sentivo l'agitazione crescere

Una rapida lista immaginaria iniziò a scorrermi nella mente senza però trovare qualcuno di fattibile... a parte lei.

Non poteva essere.

No!

<<Non è importante soprattutto adesso!>>, sembrava scongiurarmi con gli occhi di non fare altre domande. Perché? Perché voleva nascondermelo?

<<Eric con chi eri?>>.

<<Ti ho detto che...>>

Raggiunsi il limite, <<E io ti ho chiesto di dirmi con chi eri!>>, urlai.
Ero esausta, nervosa e anche delusa... non so per quale motivo preciso provassi queste cose ma la risposta a quella domanda la sapevo già. Doveva essere con lei e io non ne sapevo nulla.

Mi guardò in silenzio, stava sicuramente pensando se dirmelo o meno. Aprii leggermente le labbra senza pronunciare una parola, era strano ma riuscivo a percepire il flebile respiro che usciva dalla sua bocca.
<<Con Sarah>>, disse in un sussurro carico di rimorso e senso di colpa.

Ecco, il campanello d'allarme che aspettavo.

Lo sapevo, sapevo che prima o poi sarebbe accaduto ed era giusto. Dovevano chiarire, lo avevo sempre pensato e temuto ma era giusto eppure...perchè proprio quella sera.
Perchè non dirmi nulla?

Mi allontanai velocemente. Mi sentivo tremendamente tradita. Mentre continuavo a sperare che rispondesse a quelle stupide chiamate lui era con lei, a fare chissà cosa.

Non aveva risposto perché non voleva essere disturbato?
No, aveva detto che il telefono era in macchina... e se avesse mentito? E se...

<<Smettila! Lo so che stai facendo! Non iniziare ad immaginarti cose strane! Non è successo nulla!>>.

Ad un tratto pensai agli ultimi giorni, alle mie sensazioni riguardo qualcosa e a come mi sembrasse più distante.
<<Era la prima volta?>>, chiesi impaurita dalla risposta ma i suoi occhi sofferenti anticiparono le sue parole.

<<Avevo bisogno di vederla>>, sospirò sconfitto.

<<Lo so, e non ho chiesto questo!>>, dissi con rabbia.
Mi massaggiai le tempie per calmarmi.
<<Da quanto tempo vi vedete?>>, dedussi dalla sua risposta che avevo centrato il punto.

Un idiota, ero un idiota.

<<Ti prego non farlo diventare un problema tra di noi perché non lo è>>.

<<Lo diventerà se continuerai a non rispondermi!>>, gridai ma me ne pentii subito dato che sentii letteralmente la testa esplodermi e la gola scartavetrata.

<<Da circa due settimane>>.

Non aveva il diritto di dirlo in quel modo, come se ne fosse pentito dato che era stato lui a volermelo nascondere ma un altro allarme mi avvisò che forse c'era qualcos'altro... che forse era pentito non perché l'aveva cercata senza dirmi nulla ma perchè tra di loro era successo qualcosa.

Alzai lo sguardo sconvolta, no... non poteva farmi quello. No... non l'avrebbe mai fatto.

Una parte di me si sentiva messa di lato, come se lui avesse preferito lei a me... ma non era così, vero?
Lui non sapeva che avevo bisogno di lui, se lo avesse saputo sarebbe venuto da me... si, era così.

<<Volevo accertarmi che stesse bene... volevo parlarle di tutto e chiederle scusa>>.

Guardai i suoi occhi che da tempo mi sembravano distanti.
Era davvero per lei?
In quei giorni era distratto perché pensava a lei?

Una morsa allo stomaco mi colse all'improvviso mentre la mia mente li immaginava insieme, non volevo chiederglielo.

<<Mi dispiace, non sai quanto mi senta in colpa. Pensarti li da sola, in quella stanza mentre vedevi... non doveva succedere, io...mi dispiace>>.

<<Non sarebbe cambiato nulla>>, dissi più per lui che per verità, anche io avrei voluto che mi avesse risposto.
Lo avrei preferito con me e non con lei.

<<Cosa è successo?>>, le parole uscirono dalla mia bocca ancora prima di accorgermene.

<<Eh?>>.

<<Tra te e lei! Cosa è successo?>>.

Mi prese velocemente la testa tra le mani e la avvicinò alla sua accarezzandomi il viso con il suo respiro caldo e imprigionandomi dentro quello sguardo glaciale.
<<Niente di tutto quello che tu pensi. Abbiamo solo parlato!>>.

Per la prima volta fui in grado di non farmi manipolare da quelle sensazioni, tolsi le sue mani dal mio viso e lo guardai con sfida.
<<Due settimane e avete solo parlato? E' una tua ex, la sorella innamorata che somiglia alla ragazza che amavi, la persona a cui hai dedicato anni e anni di rimorsi e non è successo nulla?>>.

<<Non ti farei mai del male! Come puoi pensare questo? Pensi che ti abbia tradito?! Pensi che riuscirei a farlo?>>, riprese con forza il mio mento e mi costrinse a guardarlo ad un centimetro dalla mia faccia, <<Io. Ti. Amo!>>

No, non avrebbe funzionato... sentii il mio cuore cedere ma ero troppo arrabbiata per passarci sopra.
<<Dicevi di amare anche Lei>>, dissi senza una briciola di sensibilità.

Abbandonò repentinamente quella presa e si mise le mani tra i capelli.
<<Davvero Tamara? Colpo basso questo>>.

Avevo esagerato ma in certi momenti sentivo cosi tante cose che non riuscivo a gestirmi. Ero sopraffatta da tutto.

<< Non dovevo nasconderlo, mi dispiace. Ma non è successo nulla e non farei mai accadere nulla dato che ho te>>.

<<No! Non dovevi nascondermelo!>>.

Mi girai dall'altro lato per evitare di fargli vedere quella lacrima che stava scendendo sul mio viso. Era cosi frustrante...

<<Ti prego guardami>>.

Lo ignorai, continuai a concentrarmi per trattenere il pianto.

<<Tamara...>>, sentii il suo corpo avvicinarsi e abbracciarmi da dietro.

<<Lasciami!>>, dissi a parole nonostante il mio cuore già stesse cedendo.

La stretta si fece sempre più forte e mi trascinò con forza addosso a lui.

<<Eric! Ti ho detto di lasciarmi!>>.

Eravamo stesi sul letto e le sue braccia mi bloccavano, cercai di liberarmi ma in realtà non feci molta resistenza...

<<Ti amo>>, mi sussurrò all'orecchio.

Gli bastava cosi poco per farmi dimenticare tutto, mi aveva in pugno...avrebbe potuto fare di me tutto ciò che voleva.

<<Hai capito? Ti amo. Importa solo questo, il resto no>>.

Questa volta chiusi gli occhi mentre le sue braccia mi facevano voltare lentamente verso di lui.

Appena sentii il suo respiro caldo sul viso piansi a dirotto. Era come se accumulassi tensioni, paure e ansie e poi le liberassi in momenti come questi. Non stavo piangendo per Rachel o per Eric ma per come mi sentivo. Non ce la facevo più.

<<Mi dispiace cosi tanto per stanotte, dovevo esserci io con te. Dovevamo affrontarlo insieme. Mi dispiace, spero che mi perdonerai perché non posso perderti>>.

Continuai a piangere ricordandomi di quando lo avevo fatto con Luke, era tutto diverso.

Eric riusciva a manipolare le mie emozioni, Luke era stato solo di conforto.

Dopo che le lacrime mi liberarono la visuale lo guardai...

Era cosi bello, cosi perfetto. I suoi occhi chiari contrastavano il buio della stanza, erano l'unica cosa che emanava luce.

Come si poteva amare cosi tanto una persona?
Come potevo esserne capace?

<<Voglio solo essere sicura di ciò che ho, e per farlo devo sapere. Come posso fidarmi di qualcuno che non si fida di me?>>.

<<Io di te mi fido! Anche tu devi farlo!>>.

Ovvio che mi fidavo ma solo perché non riuscivo a fare altrimenti, fin dal primo momento avevo sentito un legame che mi permetteva di mostrare a lui la vera Tamara... non sapevo come diffidare di lui.

Con un dito mi asciugò gli occhi bagnati per poi avvicinare le sue labbra alle mie e baciarmi.

Istintivamente portai le braccia attorno al suo collo e mi avvinghiai a lui.

A volte pensavo che se ci fosse stato lui con me, qualsiasi cosa mi capitasse, l'avrei superata.

Avevo bisogno che mi facesse dimenticare tutto, che mi facesse pensare ad altro che...

<<Smettetela subito! É il mio letto quello lì>>.

Presa alla sprovvista dalla voce di Courtney mi girai di scatto dando una testata a Eric.

<<Ahia!>>, esclamammo entrambi per poi scambiarci una espressione divertita e confusa.

Courtney continuava a guardarci e sospirando accese la luce della sua stanza. Impiegai alcuni secondi per riuscire a vederci bene e ad abituare i miei occhi reduci da ore e ore di sonno.

<<Eric ti avevo detto di svegliarla e non di saltarle addosso!>>.

<<Non pensavo che l'una escludesse l'altra>>, disse mentre si alzava dal letto e si sistemava la camicia.

Sentii un'altra morsa allo stomaco, indossava una camicia e un paio di jeans. Solito vestiario che utilizzava per un'occasione importante come una festa...o un appuntamento.

<<Eric puoi evitare di fare il deficiente per un po'? Non è il momento!>>.

<<Courtney...>>
Che stava succedendo? Courtney non gli aveva mai risposto in questo modo.

<<Va bene va bene ma non iniziare di nuovo, su Tamara scendiamo... La colazione ti aspetta!>>.

<<A differenza tua quando so di aver ragione è perché è così e non sto ri-iniziando visto che non ho mai finito>>, continuò Courtney sfoderando l'espressione più furiosa che aveva.

Avevo appena litigato con lui, eravamo appena arrivati ad un chiarimento e dopo ieri non ero più in grado di sostenere altre discussioni. Volevo solo il silenzio.

<<Courtney ti prego... perché stai facendo cosi?>>.

<<Perché? Non lo so.... forse perché se lui avesse risposto a quelle chiamare tu...>>

<<Io cosa? Non avrei visto Rachel morta? L'avrei vista lo stesso e non sarebbe cambiato nulla! Non incolpare lui, non vedo come possa aver influito sulla situazione!>>.

Rachel morta, era la prima volta che lo dicevo ad alta voce.

<<Dovevi chiamare me! Io avrei risposto!>>.

Da quella frase capii il motivo della sua rabbia, la guardai e mi accorsi degli occhi gonfi e delle brutte occhiaie che aveva in viso. Mentre io me ne stavo qui tranquilla a dormire lei chissà cosa aveva passato.

Vidi Eric irrigidirsi, evidentemente si sentiva più in colpa di quanto immaginassi.

<<Eri a miglia di chilometri di distanza, che senso avrebb..>>

<<Ma che razza di risposta è? Sono l'unica persona che ti ha sempre supportato, sono io quella che ti conosce e non lui. Io ti avrei aiutata e...>>

<<Sei stata la prima a cui ho pensato ma non credevo che la situazione fosse così brutta... avrei dovuto capirlo da quella chiamata. Di certo un estraneo in casa non poteva portare qualcosa di buono... >>

<<Aspetta di cosa stai parlando? Estraneo? >>, chiese Eric sconvolto.

<<Si...>>, dissi come se fosse una cosa ovvia, <<Rachel mi ha chiamata dicendomi che...che qualcuno stava venendo a casa sua e...>>

Courtney avanzó di un passo,<<Quindi Rachel non era sola in casa? E tu hai avuto la felice idea di andarci nonostante sapessi che c'era un qualche pazzoide in quella casa?>>.
Sapevo riconoscere quello sguardo, Courtney ormai era un libro aperto per me e in questo momento mi considerava una cretina.

<<Cosa avrei dovuto fare? Starmene a casa di Darla e fregarmene?>>.

<<E adesso chi sarebbe questa Darla? Manco due giorni e accade un disastro, io...>>

Il mal di testa si stava nuovamente riappropriando della mia mente perciò cercai di sviare il discorso, aveva bisogno di sfogarsi e lo capivo ma non ero in grado di subire delle prediche.

<<Courtney per favore, non credi di stare esagerando? Io sto bene... è Rachel quella che è stata uccisa... non capisco chi potrebbe fare una cosa del genere, aveva sicuramente cattive conoscenze ma...>>

Non era sicuramente collegato con mio padre, era impossibile. Se davvero questo Aron fosse stato il mio vero padre non avrebbe avuto alcun motivo di fare quella cosa orribile e per giunta a mio nome. Chi diavolo avrebbe potuto fare una cosa cosi mostruosa?

<<Tamara>>, mi interruppe Courtney che sembrava essersi calmata.

<<Che c'è?>>, chiesi.

Indugiò mentre con l'indice si arrotolava un ricciolo biondo fuori posto dalla sua massa ordinata di capelli.

<<Courtney che c'è?>>.

<<Rachel non è stata uccisa, si è suicidata! Hanno trovato una lettera, inoltre il modo in cui... insomma un omicidio non sarebbe...Mi dispiace ma...>>

Suicidata? Ma che stava dicendo?
<<Ma che diavolo dici? É impossibile, non avrebbe alcun senso... vi state sbagliando!>>.

Guardai Eric ma sembrava essere d'accordo con Courtney, <<Tamara, Rachel era una persona instabile e lo sai anche tu. Prendeva farmaci, non sappiamo neanche di che tipo, e... lo so che è una situazione difficile ma..>>

<<Difficile?! Non me ne importa nulla se Rachel è morta, ok? Ma lei non si è suicidata, lo so! Tu non la conoscevi ma io si, non avrebbe mai avuto il coraggio di togliersi la vita ed era troppo egoista per farlo, avrebbe preferito uccidere che uccidere se stessa>>.

<<Tamara la polizia ha già chiuso il caso, mio padre è tornato un'ora fa dal commissariato ed è tutto risolto>>.

<<Risolto? Ti sto dicendo che non era da sola!>>.

Come potevano aver chiuso un caso in meno di una giornata, non mi avevano neanche fatto alcun tipo di domande ed io ero stata la prima a scoprire il corpo.

<<Magari era un ladro...>>, disse Eric tra i denti.
Avevo visto il modo in cui aveva reagito dopo aver parlato della telefonata di Rachel e se non si fosse sentito cosi in colpa si sarebbe permesso di farmi una sfuriata.

Un ladro? Credeva davvero che in quella casa sarebbero mai entrati i ladri?

<<Non è stato rubato niente, quando sono entrata in quella casa era tutto in ordine e.... aspetta hai detto che ha lasciato una lettera? Dov'è? Fammela vedere!>>.

Courtney prese il suo cellulare dalla tasca dei jeans e dopo aver cercato qualcosa me lo porse.

Lo presi senza capire realmente il motivo per cui me lo stesse dando.

<<La lettera... l'ha presa la polizia ma sono riuscita a fare una foto...pensavo che forse l'avresti voluta leggere>>.

<<Non devi farlo per forza, hai subito un forte shock e...>>

<<Eric! Fammi leggere!>>, dissi in maniera brusca, non per lui ma per il sospetto che si faceva sempre più grande nella mia testa.

Abbassai gli occhi sullo schermo e iniziai a leggere:

Ti lascio sperando che un giorno ci rivedremo, spero che apprezzerai questo mio gesto... l'ho fatto per te, per scusarmi della vita difficile che ti ho causato. So quanto hai sofferto, so cosa hai dovuto affrontare ma non ho potuto fare altro che aspettare fino ad oggi. Ovunque tu sarai ti troverò sempre e ti proteggerò perché sei l'unica cosa che ho sempre avuto, sei sangue del mio sangue.

A presto.


Sentii le gambe cedere e mi ritrovai a terra mentre continuavo a leggere quella lettera e ad unire i mille frammenti, che si stavano facendo sempre più facili da mettere insieme.

<<Tamara che c'è? Cosa c'è che non va?>>.

Quelle parole... Rachel non si sarebbe mai uccisa e se mai lo avesse voluto fare non avrebbe mai sprecato la possibilità di sputarmi la sua cattiveria addosso, un'ultima volta.

E poi quella chiamata... mi aveva detto che era stata colpa mia ma non era come le altre volte, non era solo frutto del suo odio.

Stavolta aveva ragione.

Quelle parole...

"Ovunque tu sarai ti troverò sempre"...."A presto"...."L'ho fatto per te"..."sangue del mio sangue".

<<Non si è suicidata!>>, dissi alzando lo sguardo verso le uniche persone di cui mi fidavo ciecamente.

Stavo tremando, non per il terrore ma per la rabbia. Quando c'era di mezzo lui prevaricava la paura invece adesso... adesso avrei solo avuto voglia di averlo di fronte per distruggerlo.
Lo odiavo.
Lo odiavo più di Rachel e Finn, più di qualsiasi altra persona al mondo.

<<Tamara per favore non...>>

<<E' davvero lui...è ritornato!>>, dissi.

<<Chi è ritornato?>>.

Risi perché mai avrei pensato di dire una cosa del genere senza riferirmi a Drew.

<<Mio padre>>.

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