Capitolo |28|



Le settimane a venire trascorsero senza alcun intoppo.

Eric sembrava più distratto del solito inoltre notavo da parte sua un certo distacco fisico, oddio non che non mancassero i baci e gli strusciamenti vari che ogni volta mi facevano scoprire desideri in me mai conosciuti prima ma, oltre a quello, non c'era più nulla. Io volevo conquistare una certa intimità con lui, forse non ero ancora pronta ma se non ci provavamo non lo avrei mai saputo.
Dopo che mi aveva raccontato tutto pensavo che il nostro rapporto sarebbe solo migliorato, che non avessimo più degli ostacoli da dover fronteggiare... ma evidentemente non era così.
Tra di noi non era mai così "facile".
Non si lasciava andare più come una volta ed ebbi seriamente paura che a causa del casino che avevo combinato lui non desiderava più stare con me in quel senso o forse aveva solo paura di come io avrei potuto reagire... era assolutamente comprensibile ma questo non toglieva il fatto che per me era un grosso campanello d'allarme.

Courtney non perdeva occasione di descrivere le varie nottate passate con Nathan e questo non fece altro che farmelo desiderare di più.
Era angosciante desiderare una cosa cosi tanto ma non avere la forza o la capacità di raggiungerla.
Questi miei pensieri mi tartassavano cosi tanto che fu quasi impossibile non parlarne con Courtney.
L'unica cosa che mi seppe dire fu di andarci con calma e che quell'intimità prima o poi sarebbe arrivata, dovevamo aspettare solo il giusto momento.

Il giusto momento... quando avrei capito che il momento sarebbe stato giusto?

Eppure c'era qualcos'altro, come se il distacco che sentivo non era solo fisico ma anche mentale. Sembrava in un altro mondo, non faceva altro che guardarsi intorno e ogni volta che stavamo insieme era tutt'altro che rilassato. Forse il problema non ero io ma lui, l'arrivo di Sarah lo aveva sconvolto e il senso di colpa si faceva sentire.
Ci eravamo detti che ci amavamo e allora perchè dovevamo sempre complicare le cose?
Perché mi sembrava che tra di noi ci fosse qualcosa che non andasse? Stavamo insieme e ci stavo pure bene però avevo questa sensazione e questo presentimento che non mi lasciavano in pace.

Ma nonostante questi miei continui trip mentali cercavo di mantenere quel famoso obiettivo della media, era ancora troppo presto per riuscire a percepire dei miei possibili progressi ma ce la stavo mettendo tutta.

Il lavoro stava andando benone, Bay e Carl erano soddisfatti di come gestivo il bancone e a volte mi piaceva pure stare ad ascoltare la gente parlare della loro vita, non mancavano gli over 40enni che ci provavano in modo disgustoso ma Luke e Paul riuscivano sempre, in qualche modo, a metterli al loro posto.
In quei pomeriggi non vedevo più la vecchia signora che giornalmente si sedeva nel tavolo più vicino alla finestra ma al suo posto avevo fatto conoscenzadi una strana donna.
Si chiamava Darla e in realtà non parlavamo molto, si limitava a sedersi sullo sgabello e ad ordinare il solito bicchiere di vino. Ogni tanto mi faceva alcune domande bizzarre ma non parlava mai troppo, si accontentava di una risposta secca senza mai indagare oltre e questo mi piaceva parecchio.
Di lei non sapevo nulla, solo che aveva 36 anni e si era appena trasferita. Era una bella donna ma la sua solitudine mi colpiva parecchio.

Luke era diventato l'amico di una volta ed ero felice di questo, passavamo alcuni pomeriggi insieme e notai che la più felice di questa situazione era Samantha, non faceva altro che dimostrarmi il suo entusiasmo nei confronti di questa riappacificazione.

Eric, al contrario, non perdeva occasione di dimostrarmi la sua quasi disapprovazione ma in realtà era solo geloso, cosa che mi faceva divertire un po'. Era una di quelle poche cose che mi faceva sentire sicura perché concretizzavano ciò che lui diceva di provare per me.
Inoltre era quasi un sollievo vederlo per una volta in crisi per le stesse fissazioni che mi facevo costantemente io, anche se obiettivamente non c'era nulla che potesse far pensare a qualcosa di più di un'amicizia tra me e Luke... soprattutto per il fatto che ultimamente lo vedevo assorto a scrivere dei messaggi con il telefono. Il mio istinto mi fece pensare all'esistenza di qualche ragazza ma non ebbi il coraggio di chiederglielo, non lo so perché ma mi sarei sentita un po' invadente visto che eravamo appena usciti da una situazione particolare.

Rachel... beh... era sempre su di giri. In quei giorni capitava spesso che dopo il lavoro la ritrovavo in compagnia del dottor Marker nonostante gli orari fossero assolutamente assurdi. Quale professionista accetterebbe di fare delle sedute in determinate ore della notte? Qualcosa non mi convinceva e quando chiesi spiegazioni a Rachel lei mi disse che era stato proprio il dottore ad imporglielo. Ogni volta che aveva la necessità di parlare con qualcuno doveva chiamarlo, poi stava a lui a decidere se fosse il caso di venire o meno.
Il problema era che la sua presenza in quelle mura stava diventando una abitudine e questo significava solo una cosa: il pericolo che il mostro si svegliasse c'era, era solo narcotizzato dai farmaci che prendeva.
Non avevo smesso di chiudermi a chiave una volta entrata nella mia camera, mancavano pochi mesi ormai e non volevo rischiare.

Eric e Courtney continuarono per giorni a tartassarmi su quanto quella situazione fosse strana ma riuscii a trovare un compromesso, assurdo ma pur sempre un compromesso.
Una copia del mazzo di chiavi... non sapevo se fosse legale o meno dato che in quella casa ci abitavo pure io e sapevo pure che la situazione stava degenerando però non opposi molta resistenza.
Inoltre niente che succedeva dentro quella casa era stato sempre legale e sapere che in qualsiasi momento lui sarebbe potuto entrare da quella porta mi rassicurava.

Una parte di me avrebbe voluto cancellare tutto ciò che mi aveva fatto in passato per far si che il sentimento di compassione potesse tranquillamente crescere ma invece ricordavo tutto e quella sua apparente tranquillità oltre a confondermi mi destabilizzava parecchio. Sapevo perfettamente che tra le due io ero stata per molto tempo la vittima ma adesso mi sentivo come se la stessi trattando male, odiavo ricoprire il suo stesso ruolo.

Non la consideravo la mia famiglia ma in qualche modo non ero mai riuscita ad abbandonarla, nonostante ciò che provassi.

Cosi trascorsero le tre settimane, niente di più e niente di meno.
Se avessi saputo cosa mi sarei dovuta aspettare dopo, mi sarei goduta meglio questo periodo "di pace".

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