Capitolo |25|
Il suono della sveglia mi fece aprire gli occhi. Sentivo le palpebre pesanti che mi imploravano di rimanere a letto e ignorare la giornata che avevo davanti.
Non capitava spesso di voler dormire cosi a lungo ma dato la giornata psicologicamente e fisicamente stancante di ieri era normale.
Mi concessi alcuni minuti per fare mente locale:
-Eric e Courtney sapevano tutto.
-Io mi sentivo...normale, forse un po' in ansia perché non sapevo che reazione o cambiamenti aspettarmi da loro. Perché sarebbe cambiata qualcosa, no? Certo e forse per questo ero agitata, avevo paura di cosa mi sarei potuta trovare davanti.
-Dulcis in fundo...Eric e io avevamo fatto un mezzo-sesso che io volevo fosse un completo-sesso ma che poi si è rivelato solo un disastro, un enorme disastro. Eppure io lo desideravo cosi tanto, non facevo altro che sbavare su di lui e non riuscivo a capire come avessi fatto a rovinare tutto. Lui era una cosa bella, doveva essere lui a scacciare i ricordi e non il contrario.
Tutto sommato poteva andare peggio, no? Ma anche con Luke mi era capitata la stessa cosa... e se avessi reagito per sempre cosi? Mi avrebbe lasciata, chi voleva stare con una difettosa ragazza? Soprattutto lui da una botta e via e... BASTA!
BASTA PENSIERI.
Staccai la modalità "riflessione e tortura mattutina" e andai a prepararmi, oggi sarei andata a scuola con la macchina cosi avrei potuto filarmela il più presto possibile... non tanto per Courtney ma per Eric. Se oggi avesse voluto parlare con me quasi sicuramente mi avrebbe dovuto riaccompagnare a casa con la moto... questo significava solo una cosa: lo avrei dovuto abbracciare. La situazione sarebbe diventata molto umiliante se lui avesse deciso di lasciarmi.
Dovevo metterlo in conto, non volevo che mi vedesse di nuovo indifesa ma non volevo neanche che lui mi lasciasse, io...
Calmati Tamara.
Trattenni le lacrime e cercai di ripetermi mentalmente quel famoso "Basta" di prima.
Dovevo ancora risolvere la situazione con Luke e... Clare?... Potevo realmente stare tranquilla? Cosa le aveva detto Eric per essere cosi sicuro che non aprirà bocca?
Scacciai quelle domande, dovevo affrontare un problema alla volta.
L'ordine sarebbe stato:
-Courtney;
-Eric;
-Clare;
-Luke;
-Io.
E con quell'Io dovevo pure perderci un bel po' di tempo.
Non so come ma riuscii ad arrivare a scuola in anticipo di un quarto d'ora.
Potevo scendere ma avevo paura di incontrare qualcuno della mia lista che non fosse Courtney. Ricorda, uno alla volta...
Ripensai a ieri e ad Eric, non capivo cosa mi avesse fatto rivivere quel ricordo. Come potevo avere paura di qualcosa che desideravo con tutta me stessa? Era un contro senso.
Un rumore mi riportò alla realtà facendomi spaventare.
Mi voltai per vedere da dove provenisse e urlai mentalmente, a chiunque stesse giocando con la mia vita, un grosso e immenso: "VAI A QUEL PAESE".
Al di là del finestrino c'era Luke che stava bussando con insistenza.
C'era bisogno di fare cosi?
Lo avevo visto, il problema però era che non volevo vederlo.
Controvoglia scesi dalla macchina e capii che forse la mia lista avrebbe dovuto subire delle modifiche.
<<Luke, che c'è?>>, chiesi infastidita.
Mi resi conto che era la prima volta, da quando mi aveva deluso, che gli rivolgevo la parola.
Senza il finestrino a separarci potei capire dalla sua espressione che qualcosa lo turbava, qualcosa di molto grosso e la cosa iniziò ad allarmarmi perchè per cercarmi sicuramente c'entravo pure io e...
<<Luke, mi vuoi dire cosa è successo o ci guarderemo all'infinito?>>, dissi spazientita.
Stava esitando e questo confermò la mia teoria sul fatto che ciò che mi stava per dire riguardava me.
<<Credo che dicendotelo peggiorerò solo le cose tra di noi ma dato che sono stato io a combinare questo casino non posso nascondertelo o lasciare che tu lo scopra da sola e... >>
<<E cosa?>>, completai irritata.
Giuro che se non avesse parlato immediatamente gli avrei scaraventato la macchina addosso.
<<Credo che Clare abbia raccontato ciò che...insomma...tutto ciò che ti è capitato a Daisy e Grace. L'ho sentita parlare l'altro giorno con qualcuno al telefono durante la festa di Robert e... senti me ne posso occupare io. Non te l'ho voluto dire perchè... beh neanche mi parli e poi ho tutto sotto controllo...Mi ascolteranno quindi stai tranquilla, non ti dovrai preoccupare di nulla. Sistemerò tutto io...ti prego permettimi di aiutarti, ho combinato un casino no che dico, un super casino!>>.
Dei ragazzi si voltarono verso di noi e cercai di nascondermi dietro la macchina, come se non avessero già capito con chi stesse parlando Luke.
Tesi le mani per fermare il suo monologo ma lui le trattenne nelle sue .
<< Sono una persona orribile io non volevo fare ciò che ho fatto, non ho pensato alle conseguenze e volevo solo aiutarti. Sono un coglione, davvero. Che cazzo mi è passato per la testa? Stavamo alla grande e adesso per colpa mia stai con quello... che è peggio di me. Credimi io volevo solo starti accanto nel giusto modo ma riparerò tutto>>.
Tutto quel parlare mi stava fondendo il cervello.
<<Luke smettila di parlare così velocemente, mi hai fatto venire il mal di testa...cosa che per oggi avrei preferibilmente evitato>>.
<<Te l'ho detto, ci penserò io!>>, strinse la presa e infastidita levai le mani dalle sue.
<<E come pensi di fare?>>, urlai, <<Andrai da loro e dirai: Ragazze scusate, potreste evitare di parlare in giro di quella povera e sfigata ragazza e quindi di abbandonare la succulenta e invitante possibilità di umiliarla? Si Luke, grande idea>>.
Cercai di respirare a fondo e metabolizzare ciò che mi aveva detto ma era difficile non cedere alla rabbia. Ultimamente ero più tesa di una corda di violino.
<<Detto cosi non suona per niente bene ma...fidati, me ne occuperò io. Voglio rimediare>>.
Mi allontanai di qualche passo e provai a distrarmi da quella irrefrenabile voglia di gridargli in faccia tutte le cose orribili che mi passavano per la testa:
IMBECILLE. COGLIONE. FALSO. BUGIARDO. STRONZO.
Calmati Tamara, la rabbia non porta a nulla.
Eric aveva detto che Daisy non sapeva nulla, che Clare non ne aveva parlato con nessuno e che non lo avrebbe fatto.
Allora con chi stava parlando? Forse con Eric ma... dovevo fidarmi?
E cosa potevo fare? La scelta era: scappare e urlare o respirare e cercare di sperare che per una volta il vento soffiasse a mio favore.
Respirai piano e appena mi calmai ritornai verso di lui.
Avevo già messo in conto che prima o poi anche Daisy e Grace lo avrebbero scoperto e per quanto la cosa mi agitasse parecchio non mi sembrava più una cosa minacciosa dato che non avrebbero avuto prove fattibili. Le voci non bastavano a rendere verità certe situazioni inoltre sentivo di non dovermene preoccupare dopo le parole di Eric.
Forse stavo reagendo cosi per ciò che era successo ieri sera? Forse dopo aver raccontato tutta la mia intera vita, mi sembrava ridicolo allarmarmi per la possibilità che qualcuno potesse scoprire che vivevo con una ubriaca psicopatica o che venivo maltrattata.
Guardai Luke e stavolta riuscii a fermarlo prima che dicesse qualche altra cosa fastidiosa.
<<Ascoltami, non fare nulla. E' un problema mio che se non posso risolvere da sola non riuscirai di certo a farlo tu. Era ovvio che sarebbe accaduto, è la prima cosa che ho pensato quando l'ho scoperto>>, mi strinsi tra le braccia, << Senti Luke...non ce l'ho con te, anzi certo che si... in questo momento non ti nascondo che ti vorrei dare un pugno...>>
<<Dammelo!>>, si avvicinò pericolosamente e con la mano mi indicò il suo viso.
<<Eh?>>, cercai di trattenere un sorriso. A volte raggiungeva livelli di ridicolezza allucinati.
<<Dammi un pugno, se servisse a farti stare meglio dammelo!>>.
Era estremamente convinto di ciò che diceva, come se mi stesse dando la soluzione a tutto ciò che aveva combinato.
Sospirai irritata da quanto fosse facilone, <<Luke il punto non è questo e un pugno non cambierebbe sicuramente la situazione>>.
<<Non puoi saperlo, avanti. Dammi un pugno!>>, la sua insistenza non mi aiutava a vedere le cose con oggettività.
Ma a cosa stava pensando? Iniziavo a pentirmi di avergli rivolto la parola.
<<Luke! Smettila!>>, lo avvertii.
<<Su Tamara, fammi vedere quanto sei incazzata. Non hai tutti i torti, ti avevo promesso una cosa e invece ho tradito la tua fiducia con una ragazza che non riesce neanche a tenere segreta la lista della spesa, figurati una cosa del genere. Credevo di essere migliore di quel coglione di Eric e invece no, forse sono anche peggio...no, adesso non esageriamo ma ho sbagliato>>.
<<Autocommiserarti non servirà a nulla, ormai ciò che è successo è passato>>, ignorai il commento su Eric dato che neanche io sapevo chi fosse il più coglione tra i due ma di certo io li superavo parecchio.
<<Non mi sto autocommiserando. Lo vedo che sei incazzata, cerchi di nasconderlo ma è da quel giorno che mi guardi malissimo. Quindi dammelo... hai la possibilità di scaricare tutta la rabb...>>
D'istinto tirai indietro il braccio e con il pugno gli colpi la guancia.
Rimasi a fissare la sua espressione, lo avevo colto alla sprovvista e avevo colto alla sprovvista pure me stessa.
Che cavolo avevo fatto? Avevo ceduto come una cretina alle sue provocazioni.
Dopo essermi accorta di ciò che avevo appena fatto abbassai il braccio che era rimasto sospeso tra di noi e iniziai a massaggiarmi la mano indolenzita.
Che guancia aveva?
Di ferro?
<<Mi hai dato un pugno...>>, disse sconvolto. Se ne stava li, con una mano davanti alla bocca e gli occhi spalancati che mi osservavano.
Perché mi guardava cosi adesso? Lui lo aveva voluto.
Gli guardai la guancia, avevo esagerato.
Non dovevo cedere cosi.
<<Scusa, non so che mi è preso ma... sei stato tu! Non facevi altro che dirmi "picchiami, picchiami, su Tamara picchiami..." e sono scoppiata...>>
La sua risata interruppe ogni mio pensiero.
<<Mi hai fatto male... non pensavo che una ragazza mi potesse fare cosi male... dove hai imparato a picchiare cosi forte? Oh...scus..ce non...>>
Alzai gli occhi in cielo, non poteva essere cosi stupido, <<Oddio Luke smettila, di certo a casa mia non si facevano delle lotte di Wrestling!>>.
<<Mi dispiace...>>, si mise una mano tra i capelli e abbassò lo sguardo.
<<Si, l'hai già detto>>.
Iniziò a strofinare i piedi per terra, come un bambino imbarazzato per aver infranto le regole, <<No Tamara, mi dispiace davvero. Per tutto. Io ti amavo davvero ma non è solo questo, eri la mia migliore amica e mi manca tutto. Non volevo combinare tutto questo casino>>.
Se mi avesse amato davvero non sarebbe mai accaduto tutto ciò, anche se so che in parte la colpa è pure mia.
Ma dire che mi amava...
Cosa ne sapeva dell'amore?
Ma d'altronde neanche io non ne sapevo nulla...
Ignorai quella parola e cercai di trovare un punto di incontro, sarebbe stato inutile rinnegare qualcosa che lui credeva di provare.
Abbassai la testa per incrociare i due smeraldi verdi che mi erano sempre piaciuti.
<<So che ti dispiace, e anche tu mi manchi. In questi giorni ho pensato tanto e sono arrivata alla conclusione che se avessi gestito diversamente la mia vita tutto questo forse non sarebbe accaduto>>.
Si avvicinò a me e appoggiò la sua mano sul mio viso, <<Non è colpa tua, dovevo proteggere ciò che era tuo. Ti prometto che risolverò questa situazione>>.
Sospirai per l'ennesima volta, esasperata dalla sua testardaggine.
<<Luke, fai ciò che ti dico. Non fare nulla, mi farò venire in mente qualcosa ma sono sicura che peggioreresti solo le cose. Limitati solo a non fare più stupidaggini>>.
L'espressione afflitta cambiò rapidamente e si rasserenò.
<<Se è questo che vuoi allora ti prometto che starò al mio posto>>, mi mostrò il suo solito sorriso amichevole, quello che avrebbe fatto sentire a suo agio la persona più asociale del mondo.
Mi allontanai da lui cautamente, quel contatto mi metteva a disagio ma non volevo ferire i suoi sentimenti... qualunque essi fossero.
Lo vidi massaggiarsi con l'altra mano la guancia e anche se mi dispiaceva per lui non riuscii a trattenere la soddisfazione.
<<Ti ho fatto cosi male? Era solo un pugno, dato da una ragazza...>>, cercai di distrarlo con l'ironia per non fargli accorgere della distanza che avevo messo tra di noi.
Il mio approcciò sembrò funzionare perché si mise a ridere, <<Quello non era un pugno dato da una ragazza... sicura che non hai partecipato a qualche combattimento di wrestling>>.
<<No>>, feci finta di rifletterci su, << Ma se vuoi potrei iniziare con te>>, dissi mostrandogli di nuovo il pugno con cui lo avevo appena colpito.
<<Grazie ma passo, piccola Rocky>>.
Prima di rispondere a quello stupido nomignolo sentii il telefono che avevo in tasca vibrare.
Vidi di chi era il messaggio e il mio cuore reagì come al solito quando c'era di mezzo lui.
*Stronzo Imbecille:
"Sono arrivato a scuola ma credo che sia troppo tardi per parlare e non voglio avere alcuna fretta quindi aspetterò la fine delle lezioni. Ti aspetto al solito posto, a più tardi." *
Rilessi il messaggio più volte per cercare di individuare qualche significato nascosto, ma niente... c'erano solo quelle semplici parole.
<<Tutto bene?>>, chiese curioso.
Bloccai il telefono e lo misi dentro lo zaino.
<<Si si, tutto bene>>.
<<Quindi tra di noi... tregua?>>.
<<Credo di si>>.
Mi mostrò nuovamente quel sorriso che tanto mi era mancato, quello sincero che ti faceva sentire speciale.
Ricambiai e insieme ci avviammo all'entrata.
Era passato fin troppo tempo ed avevo già troppe persone a cui portavo rancore, Luke non doveva e poteva essere una di quelle.
Da quel messaggio passarono circa 5 ore e 27 minuti, la mia mente aveva elaborato ogni minima possibilità di ciò che sarebbe potuto accadere.
La maggior parte di queste finivano con una rottura tra me ed Eric e questo ovviamente non faceva altro che aumentare il mio già elevato livello di ansia.
Inoltre quella stupida noiosa lezione di algebra non faceva altro che farmi ricordare lui.
Cosa era quella formula? Non ci sto capendo più nulla.
Perché risulta così?
Il fastidioso cigolio della porta interruppe quella atrocità di lezione e notai il signor "Senza nome" entrare con un foglietto in mano.
Ok si, non ricordavo il suo nome ma solo perché nessuno se lo ricordava.
Era un uomo basso, anzi più un elfo che un uomo, con pochi ciuffetti bianchi di capelli e occhiali più vecchi di lui... e avrà avuto sicuramente una sessantina di anni.
Sembravo Courtney quando facevo così.
<<Scusi professore per la lezione interrotta ma la preside chiede urgentemente che la signorina...>>, abbassò lo sguardo sul foglietto e sistemandosi gli occhiali continuò, <<...Tamara Evans vada nel suo ufficio>>.
Vidi la maggior parte dei miei compagni girarsi e l'espressione di Courtney mi fece capire che non ero l'unica a pensare al peggio.
Cosa era successo? Chi andava in presidenza non poteva aspettarsi nient'altro che il peggio.
Il sangue mi si raggelò immediatamente nel momento in cui mi resi conto del motivo.
Oddio...Clare.
Sicuramente le avrà riferito qualcosa... brutta stronza vipera che non è altro.
Ok Tamara, mantieni la calma.
Mi alzai dalla sedia e dopo aver sistemato tutto dentro lo zaino mi avvicinai al signor senza nome.
Durante il tragitto nessuno dei due spiccicò parola e dopo alcuni secondi mi fece entrare nell'ufficio.
Era una stanza grande con circa tre finestre che si affacciavano sul cortile e sul parcheggio.
Mi concentrai nuovamente sulla causa di quella convocazione e guardando di fronte a me vidi la preside osservarmi mentre con le mani teneva una cartellina.
Il cuore iniziò a battere velocemente e sentivo una forte nausea.
Negare, dovevo solo negare. Le avrei potuto dire che era solo uno scherzo di cattivo gusto, non c'erano prove fattibili e solo io potevo renderla una certezza.
<<Buon giorno signorina, si accomodi pure>>.
Le feci un cenno e mi avvicinai alla grande scrivania.
La preside Moore era una bella donna di circa...quarant'anni. Aveva una figura slanciata e asciutta con dei lineamenti molto femminili. Non avrebbe fatto paura ad una mosca se non fosse stato per il suo tirato chignon, il noioso e severo tailleur e le numerose sospensioni causate in meno di un anno.
Mi accomodai nella scomoda sedia e attesi con impazienza l'accusa o qualsiasi domanda a cui avrei risposto con estrema calma e finta sorpresa per non destare sospetti.
<<Allora signorina Evans, innanzitutto mi scuso per averla chiamata durante la lezione. Mi dispiace farle perdere del tempo in questo modo soprattutto dato le sue attuali condizioni>>.
Condizioni di che?
<<Nessun problema preside Moore, troverò un modo per recuperare>>.
Brava Tamara, devi sembrare completamente a tuo agio e ignara di tutto.
<<Non ne ho alcun dubbio, a quanto vedo ha un'ottima media... Ho visto che ha fatto diverse domande per la borsa di studio per il collage, ha discrete possibilità di vincerla se non fosse per il motivo per cui l'ho chiamata. Sa perché oggi è qui?>>.
Ingoiai rumorosamente la saliva per le parole che avevo appena sentito.
<<No>>, dissi con estrema sincerità.
Potevo immaginarlo ma non lo sapevo e speravo vivamente che ciò che immaginavo non fosse il reale motivo.
<<Male...dovrebbe arrivarci da sola visto la sua mente brillante>>, picchietto le dita sulla cartella gialla e minacciosa che teneva in mano.
<<Mi dispiace deluderla ma non riesco a trovare una spiegazione valida>>.
Fece una smorfia di delusione, <<Signorina Evans sa quante ore di lezioni ha perso dall'inizio dell'anno? Più di 80 ore con un totale di 14 assenze ingiustificate. Sa cosa significa questo? Se prima aveva il 70% di vincere il finanziamento adesso dispone solo del 20%>>.
Mi alzai dalla sedia eliminando ogni mio tentativo di risultare composta. <<Ingiustificate? Cosa? No... è impossibile. Mia zia...>>.
<<Sua zia non è mai venuta in tutte quelle volte in cui abbiamo richiesto la sua presenza>>, la sua voce scorbutica mi invitò a riprendere compostezza.
<<Capisco i molti impegni ma i fatti sono fatti>>, disse con più dolcezza e guardandomi con dispiacere, <<Ovviamente non sto tenendo conto delle assenze degli altri anni perchè come minimo avrei dovuto richiedere una sua bocciatura>>.
<<Cosa? Bocciatura?>>, strinsi le mani per scaricare la tensione, <<La prego, non posso permettermelo>>.
Ok la situazione era peggiore di quanto immaginassi, non riuscivo a crederci realmente.
Assenze ingiustificate?
Si, ultimamente mi ero lasciata un po' andare ma non avrei mai pensato di aver accumulato tutte quelle ore. Una bocciatura?
<<Si calmi, ho intenzione di chiudere un occhio per questa volta visto che la sua media è una delle più alte in tutta la scuola ma le voglio far capire la gravità della situazione in cui si trova>>.
<<C...capisco, la ringrazio per avermelo fatto presente e mi creda...sono mortificata...io>>, sentii le spalle appesantirsi e mi trovai immediatamente priva di forze.
Il 20%? Non l'avrei vinta, avevo scarse possibilità prima pensa adesso... Sarei rimasta per sempre inchiodata qui, avrei condotto la stessa vita di Rachel in uno squallido supermercato o in qualche agenzia sfruttatrice. O magari avrei lavorato per tutta la vita da Bay mentre vedevo Eric, Luke, Courtney, Tiffany, Sam e perfino Nathan abbandonare la città per diventare qualcuno.
E io?
<<Tamara, ti parlo in confidenza. Sono amareggiata nel dirti tutto ciò perché ho sempre creduto che tu fossi una delle persone che uscite da qui avrebbe trovato una lunga strada spianata, ricca di opportunità. Lo credo ancora, magari non sarà più spianata come prima ma spero che da oggi ti comporterai con più consapevolezza del tuo futuro>>.
<<Io... non c'è un modo per rimediare?>>.
<<Potresti fare delle lezioni extra, partecipare a progetti extra-scolastici ma vedendo il tuo curriculum hai già mille di questi elementi quindi non vedo come dieci progetti in più o quaranta ore aggiunte possano cambiare la tua attuale condizione>>.
<<Capisco...>>, mi ero rovinata da sola, tanto lavoro per nulla.
<<Facciamo cosi, intanto promettimi che da domani in poi non salterai neanche una lezione. Dovrai mantenere una media sopra il 4.5 e partecipare a qualche progetto. Se vedrò che te lo meriterai potrei farti scrivere da una persona influente una buona raccomandazione per qualsiasi università decida di scegliere ottenendo anche un ottimo finanziamento, ma dipende solo da te>>.
Tutta la delusione di quegli ultimi minuti svanii appena sentii le sue parole.
Avevo una media del 4.7, dovevo solo continuare a studiare e ad accumulare i crediti per diplomarmi. Potevo farcela. Pensavo che la situazione fosse più grave di quanto credessi ma non era cosi.
<<Lo farebbe davvero? I..io non so proprio come ringraziarla... per me è davvero importante...>>
<<Non ringraziarmi, limitati a non deludermi, adesso vai e concentrati su questo obiettivo. Niente distrazioni>>.
<<Si preside Moore, può contare su di me. Non la deluderò>>.
Vidi un cenno di un sorriso e dopo svariati ringraziamenti uscii fuori dall'ufficio.
Mi sedetti sulla prima panca disponibile, mancavano dieci minuti alla fine della lezione e rientrare sarebbe stato inutile. Ok si, mi si era stato appena detto il contrario ma la convocazione dalla preside non valeva come assenza.
Poggiai la testa sul muro e chiudendo gli occhi feci dei profondi respiri.
Nessuna distrazione aveva detto. Mi ero distratta troppo, avevo avuto mille pensieri per la testa che non c'entravano niente con il futuro che avevo tanto bramato in tutti quegli anni.
Cosa stavo facendo?
Mi ero fatta travolgere dai problemi, avevo dimenticato il fatto che era proprio per quei problemi che volevo una vita diversa. Invece di risolverli che facevo? Mi ci immergevo dentro. Non poteva più andare cosi. Avevo delle priorità.
Presi in mano il telefono e dopo aver mandato a Courtney un messaggio, in cui le dicevo cosa era appena accaduto, mi indirizzai verso il punto in cui avrei dovuto incontrare Eric.
Era giunto il momento di finirla, non parlavo di ciò che c'era tra di noi ma doveva cambiare qualcosa. Avevo bisogno di concentrarmi sul futuro e non sul passato.
Di lasciarlo non se ne parlava proprio perché...lo amavo.
Avrei combattuto per noi ma dovevo avere altre priorità oltre a lui.
Non potevo perderlo ma se lui avesse deciso di lasciarmi allora non mi sarei potuta permettere di deconcentrarmi dal mio unico obiettivo.
<<Sei qui...E' molto che aspetti?>>.
Mi voltai verso di lui sussultando per la sorpresa, non mi ero neanche accorta del suono della campanella.
Mi alzai dall'erba umida e cercai di ripulire i jeans dalla terra.
<<No, solo da qualche minuto>>, lo anticipai sapendo già cosa volesse sapere, <<Sono stata in presidenza, la Moore voleva parlare con me dei miei progetti per il futuro, sono stata un po' distratta in questi ultimi tempi e ci sono state delle ripercussioni negative ma in qualche modo riuscirò a riprendermi e a rimettere tutto a posto>>, lo dissi con estrema tranquillità perché non avevo altre alternative. Il mio futuro sarebbe stato lontano da questo inferno.
<<Come fai sempre>>.
<<Eh?>>, non capivo perchè avesse detto quelle parole.
In realtà ero un disastro quindi come tale invece che risolvere i problemi li peggioravo ma la scuola era stata una cosa che avevo sempre gestito magnificamente... insomma, si trattava solo di studiare e non aveva nulla a che vedere con la vita vera.
<<Niente, ti va di andare via da qui per stare più tranquilli?>>, mi guardò come solo lui sapeva fare e imbarazzata distolsi lo sguardo.
<<S..si va bene>>, dissi poco convinta.
<<Perfetto, aspetta qui che prendo la macchina...>>
<<Non c'è bisogno>>, mi affrettai a dire, <<Ho quella di Rachel. Ti seguo>>.
<<Sei sicura? Il posto in questione è abbastanza lontano da qui e... >>
<<Non preoccuparti>>, feci un sorriso tirato. Non volevo obbligarlo a stare con me ma soprattutto avrei voluto avere la possibilità di scappare se avesse voluto lasciarmi.
<<Ah, allora ci vediamo fuori dal parcheggio>>, qualcosa nella sua voce era cambiata, non si aspettava evidentemente quella mia risposta.
<<Okay>>, sussurrai.
Sentivo l'agitazione crescere e diventare sempre più insopportabile.
Si allontanò con passo veloce e deciso, era strano.
In realtà eravamo entrambi strani, quasi impacciati e imbarazzati.
Che io fossi impacciata non era una novità...ma Eric...
Ad un tratto la possibilità che mi avrebbe lasciata si stava facendo sempre più concreta.
Feci dei lunghi respiri una volta entrata in macchina e misi in motore.
Qualunque cosa sarebbe successa non dovevo farmi trascinare dalle mie solite emozioni.
Dopo circa un'ora di strada arrivammo a destinazione, ci trovavamo nella contea di Sarasota nella Venice Beach. Mi guardai attorno e notai che nonostante la giornata fosse ottima la spiaggia era deserta. Evidentemente dovevo prendere davvero alla lettera la sua concezione di "stare un po' più tranquilli".
Scendemmo dalla macchina e in silenzio passeggiammo lungo la spiaggia.
<<Che posto è?>>, chiesi ammirando la casa in pietra bianca che si intravedeva dietro alcuni scogli.
<<La casa che ha costruito mia madre per me, Nathan e Amelie>>, rispose fiero notando la mia faccia meravigliata.
Era una casa abbastanza grande, non quanto quella in cui vivevano ma ugualmente piena di enormi vetrate. La pietra di un colore immacolato rifletteva la luce rendendo quelle mura ancora più luminose di quanto quel colore non facesse già.
Margot era una donna eccezionale.
<<E' stupenda>>, risposi sinceramente.
Io e mia madre avevamo sempre desiderato un posto del genere. Mi portai la mano sulla collana e strinsi forte il ciondolo. Questo posto lo avrebbe adorato.
Gli posi un'altra domanda per fargli capire realmente cosa intendessi dire, << Ma perchè mi hai portato qua?>>.
Era ovvio che non ci trovavamo in quella spiaggia solo perchè potevamo parlare con tranquillità dato che non ti fai un'ora di strada quando puoi benissimo appartarti in diversi posti a meno di 10 minuti dalla scuola.
Ci pensò un attimo e solo dopo alcuni secondi mi rispose.
<<Volevo farti vedere dove ho passato gran parte delle mie vacanze con la mia famiglia, dove sono cresciuto. Questo è il mio posto preferito, ogni volta che ho un problema o ho bisogno di stare da solo...vengo qua>>.
Il mio cuore prese a battere più velocemente cercando di capire cosa quelle parole potessero voler dire. Se per lui quel posto era importante di certo non mi ci avrebbe portata se avesse voluto lasciarmi.
Una folata di vento mi colpii avvolgendomi completamente e svuotandomi da tutti i pensieri.
Ero cosi carica di tensione, di mille cose da risolvere e di preoccupazione per ciò che mi aveva appena detto la preside che quella sensazione di non avere nulla ad appesantirmi il cervello mi lasciò sedata e frastornata.
Però il terrore di ciò che Eric avrebbe voluto fare di me non sembrava volermi lasciare, se ne stava nel mio stomaco a contorcersi dall'impazienza di conoscere il mio destino. Con gli occhi chiusi cercai di trovare le parole giuste.
<< Ieri è stata una giornata orribile. Scusa se ti ho trascinato in tutto questo>>.
<<Mi stai davvero chiedendo scusa?>>, si mise di fronte a me e istintivamente spalancai gli occhi per guardarlo meglio.
<< Esattamente per cosa? Perché non capisco! >>, urlò per poi chiudere le palpebre e ritornare tranquillo, <<Mi chiedi scusa perché hai sofferto? Oppure mi chiedi scusa perché sei cosi traumatizzata da non riuscire a voltare pagina? Ti rendi conto di quanto sia assurdo?>>, era arrabbiato ma cercava di mantenere un tono pacato.
Rimasi in silenzio perché aveva ragione. Non potevo scusarmi per qualcosa che aveva principalmente rovinato la mia vita.
<<Non ho fatto altro che pensare a te e alle tue parole, appena chiudevo gli occhi mi immaginavo le cose che mi avevi raccontato ed è stato terribile>>, si passò furiosamente una mano tra i capelli e guardò il mare.
<<So cosa è la sofferenza, la rabbia e la tristezza, so cosa significa sentirsi una nullità o la causa del dolore di altre persone ma questo... non comprendo come tu possa aver passato certe cose ed essere rimasta cosi...cosi te stessa.>>, si avvicinò accarezzandomi la guancia e lasciandomi una scia di brividi, << Cosi bella, ingenua e buona>>, fece per allontanarsi ma ci ripensò e appoggiò la sua mano sulla mia guancia, <<Non capisco quale persona malsana possa averti trattato in quel modo e non ho mai provato cosi tanta rabbia per qualcuno come la sto provando adesso per tutti quelli che hanno osato solo pensare di poterti fare del male>>, mi diede un dolce bacio sulla fronte carico di frustrazione e rammarico.
Non riuscivo a spiaccicare neanche una parola, ero immobilizzata dal suo sguardo e dalle sue parole.
<<Sei la persona più straordinaria che abbia mai conosciuto e questo mi fa maledettamente paura perché non posso permettere a nessuno di portarti via da me>>, sussurrò piano.
Ritrovai la parola, il mio cuore aveva ripreso vitalità.
<<Come puoi pensare questo dopo tutto ciò che ti ho raccontato?>>, mi appoggiai alla sua mano salda e rassicurante, <<Sono stata una debole per molti anni, ho vissuto in modo passivo ignorando la mia incolumità. Ho avuto solo fortuna perché mi sono limitata a non fare nulla >>.
Volevo che capisse quanto avessi sbagliato. Doveva rendersi conto di che tipo di persona fossi realmente. Mi stava idealizzando e io volevo che lui mi accettasse per quella che realmente ero e non per quella che potevo sembrare.
Lui sembrò infastidito dalle mie parole e corrucciò la fronte mentre i suoi occhi confusi trapassavano i miei, <<Avevi paura, cosa avresti mai potuto fare?>>, alzò un sopracciglio, incredulo che la pensassi in modo diverso da lui.
<< Ti erano appena morti i genitori, ti sei ritrovata a vivere con degli sconosciuti che si sono rivelati subito dei pazzi orribili e che ti hanno massacrato in tutti i modi possibili. Cosa diavolo potevi mai fare in quelle condizioni?>>, le sue parole mi entrarono dritte al cuore rispondendo alle mille domande che si riducevano tutte a: Come avevo potuto farmi trattare in quel modo?
Mi persi nei ricordi dei sei anni più brutti della mia vita e per la prima volta riuscii a vedere il passato con una prospettiva differente.
Forse aveva ragione, forse non dovevo incolparmi cosi tanto me stessa.
Le sue dita continuarono ad accarezzarmi la guancia e mi sentii in pace con me stessa.
<<Ho sempre pensato che prima o poi mi sarei lasciata tutto alle spalle ma dopo ieri ho scoperto che certe cose non posso accantonarle se prima non le affronto. Ieri... volevo davvero stare con te solo...>>
<<Non mi devi assolutamente spiegare nulla>>, la sua voce sicura era carica di rabbia e comprensione.
<<Lo so ma voglio che tu sappia che sei il primo ragazzo dopo... dopo quello che è successo, che mi ha fatto riscoprire il desiderio di amare qualcuno>>, sperai in tutti i modi che non si spaventasse da quella parola.
Io lo amavo, ormai era una certezza.
Ciò che provavo era troppo forte per non essere considerato cosi, anzi... sapevo che quella parola non avrebbe mai potuto rappresentare a pieno i miei sentimenti.
<<Odio che ti abbia fatto ricordare Lui!>>, confessò.
Quel "Lui" mi fece venire i brividi, come se conoscesse Andrew ma in realtà non era cosi e non glielo avrei mai detto. Lo guardai negli occhi e capii che la mia reazione lo aveva davvero sconvolto. Non volevo che pensasse certe cose, non doveva assolutamente abbassarsi al suo livello.
<<Non me l'hai fatto ricordare tu ma la situazione! Eric non ho mai pensato che tu mi potessi fare del male, anzi... pensavo che tu fossi una sorta di cura a questo mio... deficit...>>, feci una smorfia per quel paragone, <<...Prima che ti conoscessi ho provato a frequentare qualcuno ma quando mi sfioravano o mi baciavano... io entravo nettamente in crisi. Quando stavo con Luke non capitava ma perché di lui mi fidavo e quando ne avevo bisogno lui c'era per me...ma non siamo mai andati oltre perché anche in quella situazione sentivo un grosso nodo allo stomaco>>.
Afferrai la sua mano, <<Con te è tutto diverso! Le sensazioni che provo sono inspiegabili! Sei tutto ciò che mi rende normale. Tu mi rendi ciò che io dovrei essere, per questo pensavo che stando con te sarei riuscita a superarlo ma evidentemente ho sottovalutato la gravità della cosa!>>.
In pratica gli stavo dicendo che lo amavo senza però dirglielo.
<<Ho paura di toccarti, ho paura di rivedere quella espressione di disgusto e spavento ma non riesco a fermarmi. Ogni volta che ti sto vicino è la fine, è come se sentissi una calamita che mi costringesse a girarti attorno. Non voglio che tutto questo finisca>>, si avvicinò ancora di più e poggiò di nuovo la sua fronte sulla mia.
<<Quindi non vuoi lasciarmi?>>, chiesi con paura.
<<Lasciarti? Credi davvero che tra i due quello che potrebbe terminare la storia sarei io? Come al solito vai al dunque senza mai ragionare...>>
Era ancora arrabbiato? No, sembrava triste...deluso?
Non voleva lasciarmi, diceva sul serio? E allora perché mi sembrava cosi distante?
<<In realtà pensavo che dopo tutto ciò che era successo ieri quella a lasciarmi saresti stata tu. Sei cosi imprevedibile che da te non so mai cosa aspettarmi e inoltre i presupposti c'erano pure... ma deduco dalla tua reazione che non ci avevi neanche pensato>>
<<Si che ci ho pensato, credo ancora che ciò di cui tu hai bisogno non sono io ma... necessito stare accanto a te quindi in poche parole no, non sono mai giunta a questa conclusione>>dissi.
<<Continui a non capire>>.
<<Cosa?>>, stavolta fui io ad allontanarmi, volevo capire
<<Cosa sei per me...ti ho già detto che io non ho mai cercato questo, anzi neanche lo volevo... ma adesso che ti ho, non desidero altro che tenerti stretta a me... solo a me>>
Chiusi gli occhi al suo tocco e cercai di memorizzare quel momento nella mente.
<<Sembra tutto cosi difficile tra di noi>>, confessai.
<<Non sono d'accordo>>, disse prima di poggiare le labbra sulle mie e questo fu il bacio più bello della mia vita.
Il momento, la nostra situazione, le mie emozioni...lui...era tutto ciò di cui avevo bisogno in quell'istante per essere felice.
Non dubitavo di ciò che provasse per me ma quanto fossimo diversamente dipendenti dall'altro....
<<Sei sicuro di volermi davvero dopo... dopo quello che ti ho raccontato?>>, dissi scostandomi leggermente da lui per dar voce a quei miei pensieri.
<<Che vuoi dire?>>.
<<Io...non so se riuscirò mai ad andare oltre... non sono come Daisy... non voglio che tu mi consideri un peso...>>
<<Tamara...>>, mi guardò intensamente,<<Io ti amo, per me conti solo tu... come faccio a fartelo capire? Avrei voluto conoscerti prima... magari le nostre vite non sarebbero state così incasinate... Ho provato a ignorarti ma... non ce l'ho fatta. Tra i due il vero "disastro" sono io e ho paura che un giorno quando te ne accorgerai mi lascerai per qualcun altro e non esiste altra cosa al mondo che mi potrebbe distruggere... ma quando accadrà, quando te ne renderai conto, io farò tutto ciò che è in mio potere per non farti andare via perché senza di te ho paura di essere qualcuno che non voglio essere>>
<<Come potrei mai lasciarti? Neanche riesco a immaginarlo...>>
<<Lo spero...per me>>? mi sussurrò sulla pelle.
All'improvviso ripensai alle sue parole e il mio cuore fu cosi travolto dall'emozione che sembrò arrestarsi a prendere fiato per poi ricominciare a battere veloce. Mi aveva detto che mi amava, senza i giri di parole che avevo utilizzato da codarda. Il modo in cui lo aveva detto era cosi naturale che sembrava non essergli costato nulla.
Mi amava, provava i miei stessi sentimenti. Non mi avrebbe lasciata, dopo tutto ciò che aveva scoperto desiderava ancora starmi vicino.
Le sue labbra si avvicinarono alle mie, << Ci andremo piano, proprio come avevamo già deciso>>, il suo respiro si insinuò dentro la mia bocca, riscaldando ed eliminando ogni cattivo pensiero.
<<Bel piano>>, riuscii a dire in un sorriso.
<<E' l'unico che conosciamo>>, rise mentre le sue braccia mi avvolgevano.
Rimanemmo per molto tempo abbracciati. Parlammo di diverse cose, dei progetti per il futuro, delle nostre amicizie, della festa di Nathan e dopo aver risposto ad alcune domande riguardo il mio passato mi parlò di suo padre e dei suoi problemi.
Parlammo del collage, non sapeva cosa volesse fare ma appena gli parlai di New York lo vidi pensieroso. Sapevo che stava ancora aspettando la risposta della MIT ma ero certa che non si sarebbe mai separato da Nathan e a sua volta lui aveva già deciso di stare vicino a Courtney. Era ormai deciso... io, lui e Courtney saremmo andati nella stessa città.
<<Forse adesso è meglio che vada, devo andare ad aiutare mia madre e Nathan per la festa>>.
Guardai l'ora nel suo orologio e mi accorsi solo in quel momento di quanto fosse tardi.
<<Courtney...>>, mi ricordai dei miei programmi anzi, dei programmi che Courtney mi aveva obbligato a seguire.
Sarebbe passata a casa mia tra tre ore e io ancora dovevo lavarmi, sistemarmi, pulire la mia camera e si... ero decisamente in ritardo.
Scattai in piedi cercando di scrollarmi tutta la sabbia di dosso, non volevo sporcare la macchina.
<<Ok, è tardissimo! Devo andare immediatamente, ci vediamo dopo... va bene? >>, dissi continuando a scrollarmi quei granelli.
<<Aspetta...>>
Gli diedi un ultimo bacio veloce e corsi via, in pochi secondi raggiunsi la macchina e solo dopo essermi seduta feci un resoconto di tutto quello che ci eravamo detti.
"Tamara, io ti amo"
Me lo aveva detto, mi aveva detto che mi amava. Provava ciò che sentivo io e me lo aveva detto. Io però no.
Ero un disastro. Gli avevo dato pochissime certezze da quando lo avevo lasciato da solo in camera e il non ricambiare quella confessione non faceva altro che peggiorare tutto. Eppure lui aveva continuato a sorridere.
Scesi dalla macchina e, senza capire realmente quanto stupida potessi apparire, sperai di ritrovarlo nello stesso punto di prima.
Il mio cuore si fermò quando lo vidi girarsi e rivolgermi uno sguardo divertito.
E adesso? Cosa gli avrei dovuto dire? Brava Tamara, un altro applauso immaginario per te!
<<Che ti sei dimenticata? Non dirmi che non ricordi la strada per tornare a casa...sei sempre la solita>>.
Beh in realtà ora che me l'aveva detto la strada non la ricordavo ma ci sarebbe stato il gps ad aiutarmi...
<<In realtà io...prima... vedi quando tu mi ha detto che...>>
<<Mi devo preoccupare?>>, disse con un tono serio.
Ok, stavo ottenendo il risultato contrario.
Mi avvicinai a lui decisa e lo baciai. Lo presi alla sprovvista ma poco dopo ricambiò il bacio stringendomi a se.
Quel bacio riuscì a ricaricarmi e darmi abbastanza coraggio da eliminare del tutto la corazza.
<<Va tutto bene?>>, la sua voce vibrante era carica di tutto il desiderio che provavo ogni volta che ci toccavamo.
Cercai di frenare le mie labbra affamate dalle sue e provai a spiegarmi.
<<Scusami... io ero cosi presa dalla situazione che non mi sono preoccupata di dirtelo, per me era una cosa scontata quindi ho pensato che lo fosse anche per te ma...>>, mi avvicinai ancora di più mettendogli le mani dietro la nuca<< Eric Ti amo...ti amo anche io>>, dissi tra le sue labbra.
Mi guardò cosi intensamente che dovetti distogliere lo sguardo visto che già sentivo le mie guance divampare fuoco ma con la mano mi costrinse ad alzare nuovamente la testa e non riuscii a trovare scampo da lui e da quei suoi due occhi argentei.
<<Ripetilo!>>, la stretta si fece ancora più salda e mi ritrovai nuovamente ammaliata da lui.
<<Eric>>, ero talmente coinvolta dal suo tocco che fui in grado solo di pronunciare il suo nome.
Mi baciò a lungo per poi fermarsi ,<<Ripetilo!>>, insistette.
<<Ti amo>>, scandii le lettere lentamente mentre la mia mente, ormai estasiata e annebbiata, faceva fatica perfino a tenermi presente.
<<Ancora!>>, mi ritrovai entrambe le sue mani sui miei fianchi che diminuirono i pochi centimetri che ci separavano.
Avevo trattenuto il fiato e dovetti inspirare profondamente per evitare di svenire, <<Ti a...>>
Mi baciò ancora prima che riuscissi a completare quella parola. Premette la sua lingua sulle mie labbra per poi insinuarsi dentro e non lasciarmi neanche un attimo per prendere aria ma non era più necessario, mi bastava il suo respiro.
Vidi la sua bocca aprirsi in un sorriso e cacciare via qualche risata mentre con la testa mimava un "No".
<<Lo sai vero che da oggi in poi vorrò sentirtelo dire sempre, cerca di non dimenticarlo>>.
Mi imbarazzai per la mia goffagine, <<Scusa se non ti ho risposto ma...>>.
<<Sapevo già cosa provassi ma devo dire che per la prima volta mi hai fatto sentire rifiutato... non dovevo stupirmi... reagisci a scoppio ritardato...>>, disse soffocando un'altra risata.
<<Beh il concetto è quello ma ci sarebbero altri mille modi più carini per dirlo>>, strofinai il naso sull'incavo della sua clavicola e gustai il suo profumo.
<<Ma questo non significano che siano i più adatti per te, dai su andiamo...ti faccio strada>>, mi prese per mano ma non ero ancora pronta a lasciarlo andare perciò mi aggrappai al suo braccio.
<<Posso usare il gps... >>
<<Zitta e andiamo, è tardi e ci manca solo che ti perdi e che debba andare a riprenderti in qualche zona sperduta della Florida>>.
Effettivamente sarebbe potuto accadere davvero, mi conoscevo troppo bene da riporre sfiducia nel mio scarso e inesistente senso di orientamento.
Osservai le nostre mani intrecciate e le sue larghe spalle, forse era la prima volta in cui avevamo davvero delle grosse possibilità di riuscire a far funzionare bene le cose.
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