Capitolo |23|
<<La festa inizia alle dieci ma tu e Courtney potete venire prima se volete>>.
<<Eric non avrebbe alcun senso venire prima a casa tua>>, mi stiracchiai dopo aver chiuso con estrema soddisfazione il libro di algebra.
Gli esercizi mi avevano sfinita...
La nostra speciale relazione mi permetteva di usufruire del suo cervello e di avere così dei buoni voti in matematica.
Vidi Eric guardarmi più a lungo del dovuto mentre sul viso appariva il suo solito sorrisetto.
<<Io il senso l'ho già trovato>>, arricciò le labbra in una smorfia maliziosa, << Se vuoi ti faccio vedere cosa potremmo fare domani se venissi prima...>>.
Si avvicinò a me e prendendomi il viso tra le mani iniziò a baciarmi.
Era incredibile, più lo sentivo vicino e più non mi sembrava abbastanza.
Mi sedetti sopra le sue gambe rispondendo ad ogni bacio, fino a quando si mise a ridere.
Confusa e frastornata, interruppi quel meraviglioso momento per guardarlo in faccia, <<Perché stai ridendo?>>, con l'indice seguii la curva delle sue labbra, era irresistibile. L'arco di cupido era perfettamente definito e le sue labbra piene creavano una bellissima ombra.
<<Non capisco come tu riesca a cambiare così in fretta...>>, i suoi occhi azzurri mi guardarono divertiti.
<<Cosa vuoi dire?>>, feci per allontanarmi da lui ma le sue mani mi trattennero costringendomi a rimanere in quella posizione. Non che la cosa mi dispiacesse ma una parte di me stava iniziando a indispettirsi.
<<Ti imbarazzi se ti guardo più del dovuto o se ti stuzzico con delle battute che alludono al sesso>>, l'ultima parola la sussurrò vicino al mio orecchio lasciandomi completamente assuefatta dal suo profumo, <<Ma appena ti tocco diventi incontrollabile>>.
Mi lasciò una scia di baci sulla clavicola per poi concentrarsi di nuovo sulla mia bocca. Succhiò delicatamente il labbro inferiore e ringraziai il fatto di non essere in piedi... non credo che le gambe avrebbero retto la scarica di piacere che aveva raggiunto il mio corpo.
Dovetti aspettare un po' di tempo prima di riuscire a parlare, <<È... è una cosa brutta?>>.
Non sapevo dove volesse arrivare.
Per me era tutto nuovo e si, era vero... ultimamente bastava una sua carezza per trasformarmi in una persona che non riconoscevo più, ma era lui a farmi diventare così. Quando pensavo di dover toccare un ragazzo... mi veniva il disgusto. In tutti quegli anni non avevo fatto altro che stare alla larga da loro perché portavano a galla solo i ricordi mostruosi e dilanianti di Andrew. Ma con lui era diverso, era l'opposto di quello che mi aveva sempre fatto paura.
In quelle settimane non facevamo che ispezionarci a vicenda, in tutti i modi possibili senza però varcare quella linea... non che lui ci avesse mai provato. Eppure non ne avevo mai abbastanza, continuavo a sentirmi goffa ma quando lo toccavo pensavo solo a come renderlo più mio, a come fare per imprimermi nella sua pelle.
Continuai a giocare con i suoi lineamenti aspettando una sua risposta. Non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi perché i miei pensieri avevano dato il benvenuto a dei flashback dolorosi.
Sentii il suo respiro caldo sfiorarmi il viso, <<No, non è una cosa brutta...è una cosa che mi fa eccitare da matti>>, improvvisamente un calore si diffuse dentro di me e sapevo già di assomigliare ad un peperone rosso. Maledetta carnagione pallida.
Rise di nuovo, <<Ecco, basta che dico parole come "eccitare" che diventi subito rossa come un pomodoro>>.
Peperone Eric, come un peperone.
Corrucciai la fronte, <<Smettila di prendermi in giro...>>, ci bastavo già io a sfottermi da sola.
Le sue mani, ancora sui miei fianchi, aumentarono la stretta facendomi aderire meglio al suo corpo. Da quella posizione sentivo tutto, e la parola "eccitare" mi riecheggiava nella mente. Mi piaceva il modo in cui lo aveva detto ma soprattutto mi piaceva il fatto che ero io a farlo sentire cosi.
<<Non ti sto prendendo in giro...o forse sì>>, mi regalò un altro sorriso, << Ma è proprio questo che mi piace di te>>, le sue labbra fecero su e giù sul mio collo e lo sfioramento che ne conseguì animò il mio cuore, <<Sembri cosi...non lo so, ingenua?... Una bambina...>>, la sua lingua calda si appoggiò delicatamente sulla mia pelle e la mia mente si sarebbe annullata se non fosse stato per il fatto che mi aveva appena dato della "Bambina".
Bambina?
Non lo so cosa scattò in me ma quella parola mi diede fastidio.
Sapevo che lui aveva molta più esperienza di me e volevo che mi guardasse allo stesso modo di come faceva con Rose o Daisy...non come una bambina. Neanche come una prostituta ma di certo una bambina non era allettante quanto una Daisy provocante e facilona.
Gli presi il collo tra le mani per fermare i suoi baci travolgenti e mi avvicinai al suo viso, <<Quindi ti sembro una bambina?>>, sussurrai tra le sue labbra per poi fiondarmici addosso.
Iniziai a baciarlo e sentii la sua risata soffocata, sicuramente causata dalla mia goffaggine... ma non smisi. Sapevo di essere buffa e poco femminile ma volevo dimostrargli qualcosa. Introdussi la lingua cercando di muovermi come lui faceva sempre con me. Dovevo fare di più perché tra i due era sempre lui a condurre i giochi. Volevo che per una volta provasse le stesse medesime cose che provavo io. Ricordai quella sera e l'immagine di lui che godeva mi rese più fiduciosa.
Il contatto con il suo membro mi destabilizzava più del dovuto ma cercai di non lasciarmi andare totalmente perché sapevo che lui avrebbe ripreso il controllo della situazione.
Cercai di muovermi lentamente ma in modo deciso mentre gli sfilavo la maglietta e percepivo il suo corpo sodo e caldo. Continuai a baciarlo e senza fretta scesi lungo il suo collo per poi risalire e ritornare sulla sua bocca. La barba stava ricrescendo e quel leggero pizzicore completava la sinfonia di sensazioni che provavo. Le sue mani non la smettevano di toccarmi e quando mi prese con foga un seno non riuscì a trattenere un lamento di piacere.
Sussurrò qualcosa nel mio orecchio ma ero talmente coinvolta da lui che non capii cosa mi stesse dicendo e neanche come fossi arrivata sul letto. Era sopra di me e continuava a baciarmi, come quando eravamo negli spogliatoi. Non ricordavo più cosa dovessi fare ma volevo solo che non la smettesse.
Bruscamente divaricò le mie gambe mettendosi in mezzo e quella posizione migliorò di gran lunga l'intimità di quel contatto.
Stavo impazzendo. Avevo perso di nuovo il controllo ma in quel momento non mi importava nulla se non avvicinarlo ancora di più a me.
Leccò un capezzolo prima di metterselo del tutto in bocca e questo mi procurò una scossa di piacere. Lui se ne dovette accorgere perché mentre cercava di togliermi la camicia con una mano, con l'altra continuava a stuzzicarmi il seno.
Lo aiutai a spogliarmi, se avessi avuto la mente lucida sarebbe stato uno dei momenti più imbarazzanti della mia vita ma in quel momento, come tutti i momenti passati con lui, non pensavo ad altro che ad averlo più vicino.
Non mi importava cosa stesse facendo perché desideravo che non si fermasse.
Nonostante entrambi avessimo i jeans riuscivo a percepire il suo cambiamento che lo faceva diventare sempre più presente tra le mie gambe. Ma non mi bastava ed evidentemente la cosa era reciproca perché sbottonò con foga i miei jeans e la sua mano scivolò all'interno.
Non ebbi il tempo di ricordare la sensazione provata poche notti fa che un'altra scarica di piacere mi annebbiò la mente. Sentivo il suo dito dentro di me e senza rendermene conto mi ritrovai a tirargli i capelli.
Allentai la presa ma continuai ad appigliarmi a lui. Le sue dita si spostavano velocemente creando una coreografia di movimenti che producevano in me una forte tensione di piacere mentre le sue labbra continuavano ad ispezionare ogni centimetro di pelle, tranne quella pulsante e accaldata che desideravo fortemente toccasse.
<<Mi fai impazzire... non mi stancherei mai di toccarti>>, la sua voce roca e vibrante sovrastò le note di un qualche cd strano che Eric aveva avviato. Quel contatto non mi bastava, desideravo che utilizzasse la sua lingua nello stesso modo in cui l'aveva usata dentro la mia bocca.
Rievocare quella sensazione aumentò il mio desiderio.
<<Eric...>>, cercai di dire qualcosa ma non ci riuscivo, era come se avessi il cervello scollegato da tutto il corpo.
Il mio respiro iniziò a farsi più pesante...percepivo ogni movimento di quel contatto e più i suoi gesti si facevano veloci e decisi più la mia brama cresceva. Di istinto gli spinsi la testa verso il basso, volevo risentire la sua lingua, ruvida e calda, dentro di me.
<<Cosa vuoi Tamara?>>, chiese rallentando il movimento delle dita e lasciandomi con una forte pulsione tra le gambe.
Notai la sua aria divertita, sapeva quanto quella situazione mi imbarazzava ma vedevo anche quanto i suoi occhi fossero carichi di passione.
Feci un respiro profondo, <<Voglio che mi baci>>, voltai subito lo sguardo.
<<E dove?>>, chiese ridendo mentre le sue dita mi svuotavano.
No, no, la tensione iniziò a lasciarmi lentamente portando via con se quel piacere che stavo finalmente raggiungendo.
Lo stava facendo a posta?
Brutto stronzo che non era altro.
<<Eric, ti prego...>>, mi stavo riducendo a pregare un ragazzo di leccarmi la passera eppure in quel momento la vergogna era nulla in confronto alla lussuria che provavo.
Continuai ad aggrapparmi ai suoi capelli e cercai in tutti i modi di trattenere quella eccitazione per non sembrare patetica. <<Dimmelo Tamara, dimmi quello che vuoi e io lo faccio immediatamente>>.
<<Lì sotto!>>, lo supplicai imbarazzata e infastidita da quel suo atteggiamento. Perché non lo faceva e basta?
Senti le umide dita prendermi il viso e portarlo di fronte al suo, <<Guardami negli occhi mentre lo dici!>>, il suo tono ironico aveva lasciato il posto ad uno più autoritario.
Raccolsi tutto il coraggio che avevo e tra i denti ringhiai, <<Voglio che mi baci...lì sotto!>>.
Prese velocemente le mie ginocchia e le spalancò cosi bruscamente da sentire una lieve ventata di aria fresca entrarmi dentro per poi sostituirsi con il caldo e ruvido contatto della sua lingua. Gemetti per la sensibilità del mio sesso e non riuscii a non afferrare i suoi ricci neri.
Era sensazionale, il piacere che stavo per raggiungere un attimo fa sembrava essere nulla in confronto a questo.
Quando alla lingua si aggiunsero pure le dita la mia vista si annebbiò e il mio corpo reagì lasciandomi in uno stato di impotenza a quei riflessi. Le convulsioni di piacere eliminarono ogni tipo di tensione e pensiero che ero solita provare.
Chiusi gli occhi sia per godermi quel momento sia perché ero immensamente imbarazzata da tutto ciò.
Mi baciò sul collo per poi scendere piano piano fino ad arrivare nuovamente sul mio seno dove stavolta lo torturò con la lingua. Rimasi in silenzio mentre con una mano ricominciò a stringerlo con forza.
Sentivo i suoi baci bagnati su tutto il corpo e per quanto volessi fare qualcosa anche io non ne avevo le forze, ero completamente presa da cosa e come mi toccava.
<<Ti voglio...quanto ti voglio>>, sussurrò.
Una ventata gelida avvolse il mio corpo riscaldato.
Lo guardai negli occhi e nella mia mente sentii il campanello d'allarme.
Voleva...voleva...oddio ovvio, è normale dopo ciò che avevamo appena fatto, no? Immagino che con Daisy faceva cosi, solo che a differenza mia lei sapeva cosa fare e... oddio.
Mi immobilizzai.
Lo volevo, anche io lo volevo ma... non lo so, ero confusa e l'agitazione mi stava piano piano travolgendo.
<<Se non vuoi... pensavo che...credevo che anche tu lo volessi ma non dobbiamo farlo per forza, ecco>>, il suo sguardo indagatore tentava come sempre di captare i miei pensieri.
<<Lo voglio>>, ne ero convinta, pure la mia voce rifletteva questa mia sicurezza. Desideravo sentirlo in tutti i modi possibili ma... allora perché sentivo di fare qualcosa che non dovevo fare?
Non Dovevo? Semmai non riuscivo...
L'unica cosa che dovevo fare era andare avanti... il resto, con le mie paure e le mie paranoie, sarebbe sparito solo dopo aver voltato pagina.
Dovevo andare avanti.
Era Eric, eravamo solo io e lui.
Sarebbe andato tutto bene e mi sentivo in quel modo solo perché per troppo tempo ero stata ancorata a quell'incubo, o meglio a quello che avrei sempre voluto fosse un incubo.
Non essere paranoica.
<<Tamara, dimmi a cosa stai pensando... >>
Lo baciai interrompendo i miei pensieri contrastanti e le sue parole.
Forse sarebbe stato il momento giusto per cercare di sostituire quel ricordo con questo, con Eric.
Ribaltai la situazione mettendomi sopra di lui e senza sapere dove riuscissi a trovare quel coraggio e quell'intraprendenza iniziai a sbottonargli i jeans continuando a non staccare le mie labbra dalle sue.
Ormai solo un sottile strato di stoffa ci separava visto che i miei slip umidi erano reduci degli effetti causati dalle dita di Eric.
Iniziai a muovere il bacino scontrandomi contro di lui che diventava sempre più presente.
Non mi importava, non mi importava più di nulla, neanche del fatto che sua madre e sua sorella erano al piano di sotto.
Volevo anzi desideravo farlo.
Vidi Eric incerto mentre apriva il cassetto che aveva a fianco per prendere qualcosa. Preservativi, e ovviamente erano a portata di mano. Quante ragazze aveva portato la?
Quale numero sarei stata?
La diciannovesima?
La trentaduesima?
Chi sarà stata la prima?
Mi prese per la vita e mi ritrovai nuovamente nella stessa posizione di prima.
Si alzò per levarsi l'ultimo indumento rimasto e si rimise vicino a me.
Io guardai sempre i suoi occhi, dovevo essere concentrata e i suoi occhi erano l'unica cosa che mi avrebbero trasmesso tranquillità. L'unica cosa che mi facevano ricordare che fossi con Eric, che mi stesse toccando lui.
Lo vidi aprire con la bocca quel sottile involucro di plastica, prendere il preservativo e metterselo con una maestria che mostrava anni e anni di esperienza. Per lui era un gesto automatico, come quando io salivo in macchina e accendevo la radio.
Rimasi ad aspettare, ero pronta.
Ero pronta a cambiare.
Si avvicinò e, senza distogliere lo sguardo dal mio, mi tolse cautamente gli slip per poi divaricare le mie gambe.
La paura gelida stava raffreddando il desiderio famelico di prima ma cercai di rimanere impassibile. Dovevo guardare i suoi occhi e farmi coinvolgere al punto tale da non pensare a nient'altro.
Ero con lui. Non mi avrebbe fatto male, mai.
Lo sentii entrarmi dentro e un bruciore doloroso mi portò a stringermi più forte a lui e ad afferrarmi alle sue spalle.
<<Sei...sei così stretta...se ti faccio male dimm...>>
<<Continua!>>, la mia voce assente fu troppo brusca ma non potevo preoccuparmene.
Cercai di pensare ad altro e mi concentrai sulla melodia del CD che Eric aveva messo nello stereo. Quante volte lo aveva utilizzato? Scommetto che era un modo per isolare i rumori che poteva fare quando portava una ragazza nella sua stanza.
Non riuscivo a riconoscere le canzoni e a dire la verità neanche mi piacevano... che genere era?
Arrivò un'altra botta e il bruciore divenne quasi insopportabile, chiusi gli occhi perché non volevo che capisse la sofferenza.
Non pensavo mi facesse così male, non doveva fare cosi male con lui.
Pensavo che il dolore si sarebbe alleviato ma più il tempo passava più quel momento mi sembrava insopportabile.
Perché faceva così male?
Doveva andare diversamente, lo stavo facendo per sentirmi bene, per cambiare.
Perché era difficile?
Perché era così difficile essere felice?
Sentivo la sua pelle entrare ed uscire dentro di me e volevo solo che finisse, volevo che finisse tutto.
Quando avrebbe smesso?
"Sei proprio una troietta"
Uno,
due,
tre,
quattro,
cinque,
sei,
sette,
otto,
nove,
dieci...
dieci...dieci...<<Dieci!>>.
Aprii gli occhi, <<Ti prego>>, la gola arida seccò il suono della mia voce.
Continuava a baciarmi senza darmi retta, sentivo il suo respiro su di me e mi soffocava. Il contatto delle nostre pelli era appiccicoso e mi disgustava cosi tanto che le mie mani si rifiutavano di toccare ancora la sua schiena.
La mia mente mi riportò a un paio di anni fa, in quella stanza che puzzava di erba e sudore.
In quel vecchio letto che ad ogni movimento produceva un suono insopportabile ma mai quasi quanto la sua voce.
Ricordai il modo in cui mi toccava senza alcun ritegno facendo molte volte pressione sui lividi che mi aveva procurato sua madre solo perché provava piacere a farmi soffrire.
Non riuscivo a respirare. Sembrava che la trachea si fosse ridotta ad una cannuccia sottilissima e una sensazione di impotenza mi immobilizzava.
<<Eric...basta>>, ottenni solo un lamento sottile ed impercettibile. Un soffio di dolore che solo io sentivo, proprio come quando provavo a gridare in quella maledetta stanza.
Non doveva andare cosi, no.
Era Eric.
Il bruciore, la nausea, il disgusto, il panico, il dolore e il desiderio di fuggire... li stavo riprovando. Credevo che non sarebbe mai più successo ma non era cosi.
Iniziai a piangere ma ero cosi a corto di respiro che produssi dei guaiti strazianti.
Non ce la facevo più.
<<Eric! BASTA!>>, urlai cosi forte da spaventare perfino me stessa. La gola secca si irritò a tal punto da andare a fuoco.
Uscì violentemente dal mio corpo provocandomi un immenso senso di vuoto e di sollievo. Approfittai subito di quel momento per allontanarmi da lui e da tutto ciò che stavo provando senza badare a quanto in quel momento potessi sembrare pazza.
Avevo torto, avevo torto su tutto.
Non ero pronta per quello e forse non lo sarei mai stata.
Le cose guaste non si possono sempre aggiustare.
Ero come quel lettore dvd che avevo cercato di riparare con mamma: prima sembrava funzionare e poi sul più bello interrompeva il cartone.
Una volta aveva rovinato pure il dvd del re leone, adoravo quel film...
<<Tamara...>>, la sua voce armoniosa carica di spavento mi straziò l'anima.
Alzai lo sguardo verso di lui sperando che non si avvicinasse. Non lo volevo vicino, avevo il timore che potessi risentirmi come prima.
Ciò che vidi mi devastò, i suoi occhi sbarrati mi osservavano come se avessi appena perso il senno.
Era cosi, come potevo pensare di fare una cosa del genere? Il mio corpo si era macchiato di un male impossibile da eliminare. Neanche Eric sarebbe stato in grado di guarirmi, di rendermi libera.
Ormai ero rovinata... disgustosamente distrutta... irrecuperabile.
Era completamente smarrito e confuso. Mi dispiaceva...mi dispiaceva così tanto...
Mi accucciai su me stessa cercando di coprire il mio corpo, il mio dolore e tutto ciò che aveva appena visto.
Sentii una sua mano sfiorarmi i capelli e d'istinto mi ritrassi sbattendo violentemente la spalla sul grosso pomello in ottone del letto.
<<Non farlo...>>, lo supplicai tra le lacrime.
Patetica.
Schifosa patetica.
Non potevo reagire così, era lui, era Eric... però perché faceva lo stesso così male? Pensavo che lui mi avrebbe fatto provare altre cose, perché...
<<Tamara>>, i suoi occhi sbarrati continuavano a guardami con spavento, <<Ti prego parlami>>.
Rimasi in silenzio incapace di frenare le lacrime, i miei lamenti e il tremore del mio cuore.
<<Non puoi capire quanto è straziante vederti in questo modo senza capire cosa cazzo ti ho fatto!>>, si alzò dandomi le spalle.
Il suono delle sue parole erano cariche di frustrazione e rimorso.
Volevo consolarlo ma allo stesso tempo volevo scappare via per la delusione di ciò che avevo appena capito.
Non sarei mai stata capace di unirmi a lui in quel modo, nonostante lo desiderassi cosi tanto. La mia volontà era inerme di fronte al disgusto che il mio corpo provava per se stesso. Ero spacciata.
Perché non aveva funzionato?
Cosa c'è che non andava in me?
Perché?
<<Odio quando fai così!>>, il suo grido squarciò i miei pensieri e sussultai.
Sentii un botto violento alla mia destra e solo dopo aver alzato lo sguardo capii che aveva dato un pugno alla scrivania.
Non avevo bisogno di guardarlo in faccia per capire il suo tormento.
Ero un disastro.
Facevo del male alle persone, le trascinavo con me senza dargli modo di uscirne.
<<Mi dispiace, Eric...>>? il mio corpo tremava e il pianto incessante non mi aiutava a riacquistare padronanza di me, <<Mi dispiace così tanto...volevo davvero che funzionasse...>>, lo volevo cosi tanto.
Più per me che per lui.
Non sarebbe stato solo un modo per stare insieme ad Eric ma anche un modo per voltare pagina. Avevo fallito miseramente e la consapevolezza che ne conseguiva era amara e triste.
<<Funzionasse?! Di cosa stai parlando?>>, si avvicinò ma non fui in grado di incrociare i suoi occhi.
<<Non...>>, strinsi i pugni, <<Non voglio più farlo!>>, cercai di nuovo di scacciare quella sensazione opprimente.
Da molto tempo mi logorava dentro ma ero riuscita ad assopirla. Pensavo che finalmente potevo superare tutto. Che idiota.
<<Non vuoi più farlo>>, ripete le mie parole come se stesse cercando un significato nascosto.
<<Perché sembra che ti stessi costringendo a... >>
Il silenzio che seguì mi obbligò a incontrare gli occhi sbarrati.
Riuscii a percepire ogni piccolo cambiamento, ogni piccolo pensiero che lo stava portando alla orribile verità.
La sua espressione aborrita occupò il mio campo visivo, i miei pensieri e il mio interesse.
<<Che cosa ti è successo?!>>, chiese freddamente ma capii che ormai aveva capito tutto. La risposta che cercava l'aveva trovata nel mio terrore angosciante.
Abbassai subito lo sguardo, come avevo potuto? Aveva scoperto la verità. Il panico di prima sembrò aumentare e la mente si fece sempre meno più reattiva e lucida.
Non lo avevo mai detto a nessuno perché sapevo che la reazione sarebbe stata uguale a questa.
Ero abituata a guardare il mio riflesso come se ci fosse qualcosa in me di infinitamente triste e irrimediabile... ma una cosa è che lo facevo io... un'altra che lo faceva Eric.
<<È questo! É questo, vero?! Ti hanno...cazzocazzocazzo...>>, scivolò lungo la parete per poi accovacciarsi. Aveva le mani sui capelli, come se li volesse strappare o aggrapparsi per non sprofondare.
Non riuscivo ancora a muovermi e rimasi immobile a fissare il neo che avevo sul braccio sinistro, nonostante la nausea e le gambe indolenzite mi supplicassero di scappare via.
<<Quando è successo?! Chi? Chi è stato?!>>, il tormento disperato della sua voce non ricevette alcuna risposta trasformandosi in una rabbia feroce, <<Chi é il Bastardo che ti ha toccata?!>>, sentii un altro tonfo assordante, e questa volta non fu necessario controllare da dove provenisse.
Quella situazione mi stava uccidendo.
Dovevo andarmene, non potevo più rimanere lì.
Ero cosi ripugnante, cosi patetica e priva di autoconservazione che non capivo come ancora fossi viva. Forse Rachel aveva ragione, forse lei aveva capito prima di tutti la mia vera natura.
Mi alzai e senza guardarlo iniziai a vestirmi. Lui rimase in silenzio, nudo in un angolo, mentre i suoi occhi scrutavano ogni mio movimento... li sentivo infilzarmi senza ritegno. Mi stava giudicando e compatendo, tutto ciò mi soffocava.
Non potevo rimanere lì dentro, era tutto così assurdo.
Cosa gli avevo fatto?
Se fossi stata Daisy di sicuro la situazione non sarebbe andata così.
Avrei fatto l'amore con lui, ci saremmo accoccolati o magari avremmo continuato a parlare e poi chissà...saremmo usciti la sera a cenare fuori e io poi avrei raccontato tutto a Courtney e magari anche a Tiffany e Sam... ma no, dovevo sempre rovinare tutto.
Di colpo sentii delle braccia nude avvolgermi completamente, avevo bisogno di aria e lui di certo non mi stava aiutando. Un gemito di dolore gli fece capire che quel contatto non era gradito e si allontanò immediatamente.
Mi asciugai le lacrime senza preoccuparmi di nulla e di quanto potessi sembrare penosa... peggio di cosi non sarebbe potuta andare.
<<Tamara scusami! Non volevo spaventarti e mi dispiace, il solo pensiero che ti abbia fatto pensare...>>, chiuse gli occhi e quando li riaprì riuscii a vedere solo dolore, << Io non lo farei mai!>>.
Lo sapevo, certo che lui non lo avrebbe mai fatto.
<<Ti prego credimi, io non ti obbligherei mai e poi mai a fare qualcosa che non vorresti fare!>>, mi afferrò il viso delicatamente ma la presa era incerta, aveva paura di un mio rifiuto.
Cercai di spingerlo ma invano.
Decisi di provarci con le buone e di sperare che avrebbe capito di cosa avessi bisogno.
<<Ti chiamo io più tardi ma adesso ho bisogno di aria!>>.
<<Non escludermi...>>, quelle parole mi fecero male perché erano le stesse che gli avevo detto io la scorsa sera, quando mi aveva ritrovata nella sua stanza.
Avevo paura. Era un dolore cosi grande che desideravo nasconderlo in profondità in modo tale da non ripescarlo più. Non volevo che qualcun altro potesse accedere a quell'incubo. Ciò che stavo escludendo non era Eric ma il ricordo, volevo che si allontanasse dalla mia vita e da tutto ciò che mi riguardava. Non volevo che mi marchiasse a tal punto da etichettarmi come una vittima o come una debole. Sapevo di esserlo ma desideravo ingoiare quella consapevolezza e lasciarmela alle spalle.
La sua stretta si indebolì e presi immediatamente le distanze, <<Ho bisogno di aria!>>, dissi nuovamente più per me stessa che per lui. Dovevo andarmene, la testa iniziava ad appesantirsi e le gambe addormentate sembravano voler cedere da un momento all'altro.
<<Mi dispiace>>.
Nonostante tutto mi stava chiedendo scusa, ai suoi occhi apparivo come una povera e problematica ragazza e questo sicuramente non gli permetteva di vedere quanto non meritassi la sua comprensione.
Ero stata io a non chiedere aiuto, io gli avevo permesso di svuotarmi.
Non ero la vittima di qualcuno, ero stata la vittima di me stessa.
L'unica ad aver rovinato la mia vita ero stata io.
Me lo ritrovai di fronte la porta, <<Eric...ti prego, fammi uscire!>>.
Sentii il suo respiro farsi sempre più vicino.
Era ancora nudo e non mostrava nessun segno di imbarazzo, se non fosse per ciò che avevo combinato si sarebbe potuto dire che stava addirittura a suo agio. Tutto ciò mi dava ancora più fastidio, ero io quella strana che non stava bene con se stessa, con il proprio corpo.
Per lui era normale, per Daisy era normale...cosa ci facevo con lui?
<<Promettimi che se ti lascio andare tra noi due non finirà>>, la sofferenza che mostrava mi dilaniava e rendeva ancora più difficile quel momento. Lui non avrebbe mai dovuto saperlo.
<<Io non sono quella che cerchi>>, il mio cuore svilito si disintegrò.
<<È proprio questo il problema...>>, disse mentre si allontanava da me permettendomi di poter uscire da quella situazione asfissiante.
Rimasi immobile, con la mano sulla maniglia, aspettando che continuasse quella frase.
<<Non capisci vero? Io non cerco e non ho mai cercato nessuna eppure adesso voglio solo te>>.
Il mio cuore riprese a battere o almeno avevo la sensazione che pochi secondi prima non battesse più ma non bastavano quelle parole a scacciare tutta la repulsione che mi avvolgeva.
<<Devo andare!>>, risposi brusca ed insensibile.
Mi sentii uno schifo per come mi stavo comportando, sapevo che tutto ciò non se lo meritava ma non vedevo altre alternative logiche per me e io avevo la necessità di stare meglio.
<<Ti posso accompagnare?>>.
<<No!>>, dissi esasperata, volevo solo andarmene e cercare di ricompormi, << Ti mando un messaggio appena arrivo>>.
Non aspettai neanche il tempo di sentire ciò che aveva da dire che ripresi lo zaino e scappai fuori.
Fortunatamente non incrociai nessuno della famiglia, sarebbe stato imbarazzante farmi vedere in questo stato.
Stava andando tutto bene, prima di oggi la mia vita stava andando quasi alla grande... o almeno credevo che fosse così.
Ero irrimediabilmente guasta.
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