Capitolo |22|


Passarono due settimane e tra me ed Eric le cose sembravano andare bene. Ero felice e trascorrevamo quasi ogni giorno insieme, a casa sua.
Margot aveva subito una operazione e si stava riprendendo. Amelie era diventata più taciturna del solito... evidentemente, nonostante la premura di tutti di non farla preoccupare, si era resa conto della situazione delicata. D'altronde era una bambina molto acuta e stavamo parlando di sua madre... era inevitabile che si accorgesse di determinate cose. Tra pochi giorni avremmo saputo se il cancro si fosse diffuso in altre zone o se fosse stato del tutto estirpato.

Eric e Nathan erano molto provati mentre John cercava in tutti i modi di supportare la sua famiglia ma la realtà era che non stava per niente bene. Più volte mi era capitato, mentre me ne andavo da quella casa, di trovarlo seduto in cucina a concedersi da solo qualche drink. Riconoscevo quello sguardo, era quello di una perdita. Forse stava rivivendo le stesse emozioni della prima moglie, la madre di Nathan, anche lei aveva lasciato questo mondo per via di una malattia. La vita era davvero crudele.

Non stavano passando per niente un periodo facile eppure ogni volta che entravo in quella casa mi si riempiva il cuore di gioia, erano persone stupende.

Quando la notte tornavo nella mia stanza pensavo ancora a come fossi riuscita in pochi mesi a cambiare cosi tanto la mia vita dopo anni di immobilità... incontrare Eric aveva smosso certi meccanismi che pensavo non fossero funzionanti ma che invece mi avevano fatto realizzare che potevo fermare tutto.

Ovviamente dovevo ancora superare certe mie insicurezze e innumerevoli ricordi ma era tutto diverso perché adesso sapevo con certezza che potevo farcela. Non ero da sola, avere a fianco persone come Eric e Courtney mi faceva sentire invincibile.

A scuola, sede dei pettegolezzi e dei drammi adolescenziali, avevo gli occhi puntati addosso. Appena ''ufficializzammo'' la nostra relazione, la notizia si era diffusa immediatamente arrivando alle orecchie di Daisy, Grace e Clare che non persero tempo a strumentalizzare lo ''scoop'' rendendomi la nuova sgualdrina sfigatella e doppio-giochista... Però ero sicura che se avessi fatto parte del loro giro sarei stata considerata la "Nuova Daisy": un modello da imitare. Ma la cosa non mi dava particolarmente fastidio perché ormai ero abituata, a differenza del continuo sentirmi osservata da occhi indiscreti. Era estenuante girare lo sguardo e ritrovarmi ad essere analizzata da persone che neanche conoscevo.

Ero cosi interessante perché non si trattava solo di un "triangolo" amoroso tra me, Eric e Luke ma di una vera e propria polimorfia in cui dentro venivano coinvolte persone diverse come la cara e dolce Clare, che non smetteva di rincorrere Luke, e la misteriosa Sarah.

Eric non sembrava assolutamente importargli di questo chiacchiericcio anzi, quando tentavo di prendere il discorso lui riusciva maestosamente a sviarlo. Non voleva parlarmene ma questo non significava che lui non ci pensasse.

A volte mi chiedevo se avesse mai avuto voglia di rivederla... credo che se si fossero incontrati sarebbe stato meglio perché avrebbero chiarito, mettendoci cosi un grosso e definitivo punto sopra. Non sapevo cosa fosse successo ma ormai avevo capito che lei era stata la causa della sua partenza.

Tiffany dopo quella volta in sala mensa non aveva più accennato all'episodio e tentava anche lei di non parlarne. Tutto questo silenzio mi faceva impazzire e non ero l'unica dato che Courtney non si dava pace, ma sapevo che con lei i misteri rimanevano tali per poco tempo e che a breve avrebbe risolto i miei dubbi... solo che... saperlo mi avrebbe fatto bene? Avrebbe fatto bene alla nostra relazione?

Sapevo che non sarebbe stato facile stare con lui ma non era neanche facile stare con me. C'erano troppi silenzi tra di noi ma forse era meglio cosi.

Non facevo altre che ripetermi: Un passo alla volta, senza paranoie.

Quando Tiffany scoprì di me ed Eric saltò dalla felicità. Non faceva altro che dire '' Il mio istinto non sbaglia mai...sapevo che prima o poi avreste ceduto...sono contenta per te...'' e altre cose così seguite da apprezzamenti sul suo fisico. Era stata una reazione molto esagerata da parte sua, come se in qualche modo volesse rimediare al suo precedente comportamento. Magari ero solo io, la solita psicopatica... eppure avevo un presentimento, come se lei sapesse qualcosa che avrebbe cambiato tutte le carte in tavola. Come faceva una persona, che neanche conoscevo, pesare cosi tanto sull'unica cosa che mi sembrava avere senso nella mia vita? Il nome di Sarah riempiva gli spazi vuoti che a volte sentivo tra me ed Eric. Mi spaventava.

Anche la reazione di Sam fu assolutamente strana dato che rimase in silenzio; ma era ovvio che non avrebbe condiviso l'eccessivo entusiasmo di Tiffany e sapevo pure il motivo: Luke.

Era inutile non ammetterlo, ci stavo male. Avevo passato cose peggiori e forse anche per questo la rabbia si era gradualmente affievolita lasciando posto solo alla delusione. Era riuscito a diventare una presenza importante per me senza che me ne accorgessi e la sua mancanza mi rattristava. Sentivo già da tempo la necessità di chiarire con Luke che cercava in tutti i modi di avere un contatto. Ma continuavo ad ignorarlo, forse più per Eric che per me. Non volevo aggiungere un altro problema su di noi quindi avevo provato a ritardare il momento... ma mi mancava la sua risata e al pub la tensione tra di noi mi aveva ormai stancata. Perfino Paul, dopo aver preso le mie difese la prima settimana, aveva ceduto al viso imbronciato di Luke. Era una di quelle persone che non importava cosa combinasse perché gli bastava indossare l'espressione da "Cucciolo bisognoso di cure" da impietosire tutti e con me ci stava riuscendo.

Rientrai in casa e vidi Rachel addormentata sul divano.
Da quando era ritornata a lavorare era sempre esausta e trovarla appisolata li per me non era una novità.
Potevo svegliarla per dirle di andare a letto perché l'unica cosa che quel vecchio divano regalava era solo ossa rotte ma preferivo far finta di nulla. Una piccola parte di me aveva ancora paura che al suo risveglio sarebbe ritornata la vecchia Rachel e inoltre non vedevo la ragione per cui dovessi far finta di nulla...era stata la donna che per anni mi aveva torturata in tutti i modi possibili.
Superai il salone e dopo aver salito con fatica le scale andai nella mia stanza.

Ero esausta...

Quel Giovedì Bay aveva avuto la felice idea di mettermi al banco per ben 6 ore... mi piace quella postazione perché ti occupa sia fisicamente che mentalmente, visto che devi dar conto ai clienti depressi che già dalle sette di sera iniziano a ubriacarsi, solo che era davvero estenuante. Adesso capivo perchè pagavano cosi bene, in pratica anche se ti veniva assegnato un ruolo potevi ritrovarti nella stessa giornata a fare tutt'altro... in ogni turno imparavo a fare qualcosa di nuovo.
Luke si divertiva a passare e a fare qualche commento su di loro e ammetto che per quanto mi sforzassi di non reagire, mi faceva ridere.
Ci stava provando davvero a riappacificarsi e sapevo che ridere ad una sua battuta non faceva altro che alimentare la sua speranza ma...era più forte di me.
Mi mancava.

Andai a farmi una doccia e mi misi subito a letto.

Oggi Eric doveva andare a comprare insieme agli altri il regalo di compleanno per Nathan.
La festa sarebbe stata dopodomani e insieme avevamo deciso di regalargli due biglietti per la partita di football dei Predator mentre Eric era riuscito a comprare in un'asta la palla autografata di un certo Garoppolo, il quaterback dei New England qualcosa... era palese che non ero interessata allo sport.

Con la scusa del compleanno di Nathan mi venne in mente di chiedere quando Eric compisse gli anni.
Il suo sarebbe stato a Maggio e ammetto che in quei pochi giorni cercavo di capire cosa gli avrei potuto regalare. Volevo fargli un bel regalo ma i soldi scarseggiavano, dopo aver aiutato quella parassita di Rachel mi ero ritrovata a secco.

Il problema però non erano i soldi ma cosa gli avrei potuto comprare. Cosa serve ad una persona che ha già tutto?

Mi addormentai lentamente con l'immagine di Eric che sorrideva davanti ad una torta di compleanno.

<<Svegliati! Tesoro dai, faremo tardi>>.

Una voce familiare mi svegliò.

Aprii gli occhi e rimasi a fissare quella figura sottile con i lunghi capelli raccolti in una coda disordinata, <<Mamma...>>.

<<Tamara se non ti alzi immediatamente ti giuro che non ti permetterò mai più di guardare la televisione fino a tardi>>.

Mi alzai di corsa e la abbracciai.

<<Tesoro, ma che ti prende ?>>.

Non sapevo perché quella mattina mi stessi comportando in quel modo ma...mi era mancata, <<Niente, ti voglio bene>>.

Sul suo viso spuntò un enorme sorriso, <<Anche io, adesso preparati che sennò arriveremo in ritardo >>.

In ritardo? Per cosa?

<<Come hai fatto a dimenticarlo? Al funerale Tamara...tuo padre è morto>>.

<<Eh?>>, non capivo.

<<Da oggi saremo solo io e te>>, disse uscendo dalla mia stanza che...non riconoscevo.

La seguii e appena varcai la porta vidi tantissime persone attorno ad una bara. Non eravamo più dentro casa mia ma nel giardino, vicino l'altalena.

Tutti quanti ridevano e non capivo perché.

Drew era morto.

Vidi mia madre sorridermi e indicarmi la bara, <<Vieni Tesoro, guarda !>>.

Mi misi accanto a lei e vidi un uomo giovane, con capelli ricci e occhi spalancati.

<<Papà...?>>, dissi senza riconoscerlo. Non era Drew.

Gridai mentre tutti continuavano a ridere. Mi voltai verso mia madre.

Perché si comportavano così? Perché ridevano?

<<Tesoro...è stato meglio cosi>>.



Mi svegliai di colpo con in testa ancora l'immagine di mia madre che sorrideva.
Era da tanto che non facevo sogni del genere.
Mi strinsi tra le braccia accorgendomi che ancora mancavano due ore per andare a scuola.
In queste situazioni avevo preso l'abitudine di andare a correre per scacciare via i pensieri, e fu quello che feci.
Sapevo che quel sogno non significava nulla, era solo una proiezione contorta dei miei sentimenti e non volevo indagare oltre per ricordare certe emozioni. Mio padre era Drew e quell'uomo, di cui non sapevo neanche se fosse realmente chi diceva di essere, era solo un'ombra.

Forse stavo nascondendo la verità, forse la curiosità mi portava a voler scoprire chi realmente fosse quell'uomo. Volevo chiedergli perché mi aveva abbandonata, perché non si era fatto avanti quando avevo più bisogno di lui, perchè diavolo mi aveva lasciata in quel maledetto inferno. Se lui si fosse fatto avanti magari non avrei mai avuto modo di conoscere Rachel, Finn e Andrew. Non avrebbero avuto modo di farmi del male e io non gli avrei permesso di rendermi cosi patetica. Eppure Non potevo cambiare il passato a differenza del presente quindi cosa mi sarebbero servite certe risposte? Dovevo solo dedicarmi alla scuola, a Courtney e ad Eric. Dovevo pensare a me stessa e al mio futuro. Il passato era solo da dimenticare.

Una parte di me non faceva altro che gridare di svegliarmi da quel sogno e che prima o poi avrei dovuto affrontare la realtà ma era davvero necessario?

Mi persi tra le varie canzoni della nuova playlist dei Kodaline che Eric aveva fatto per me. Era uno dei suoi gruppi preferiti e quando me lo disse mi misi a ridere...non mi sapeva un tipo da Kodaline ma più da 'sono un ragazzo solitario e pieno di fascino, adoratemi!'... Ricordo ancora la sua risata, era la prima volta che lo sentivo ridere così tanto...il solo fatto di sapere che l'avevo provocata io mi rendeva felice.

Alzai la testa ed il cielo sereno rifletteva il mio umore. Mi sentivo libera e con la possibilità di scegliere. Cercai in tutti i modi di memorizzare quella positività per imprimermela nella mente, una parte di me sapeva già che prima o poi avrei dovuto fare i conti con la mia realtà.

Percorsi senza fatica quattro km e al mio rientro incontrai Rachel in cucina. Capivo che era sotto psicofarmaci solo dal fatto che mi sorrideva. Da quando li prendeva passava più della metà della giornata stordita che altro ma se servivano a renderla umana e soprattutto puntuale, beh... meglio cosi. Le avevo sottratto la macchina e nonostante avesse reagito come mi aspettavo facesse, l'indomani sembrava aver dimenticato tutto.
Non sapevo bene come aveva deciso di sottoporsi a questa terapia. Una sera, più stordita del solito, aveva detto che al lavoro si era imbattuta in questo medico. Non sapevo in realtà neanche con quali soldi lo pagasse o pagasse le medicine. Sicuramente non costavano quanto un pacco di caramelle.

La cosa mi puzzava? Ovvio che si, tutto ciò che le riguardava lo faceva ma fino a quando non mi avrebbe dato problemi l'avrei lasciata fare. Di certo se si fosse azzardata a richiedermi aiuto non avrei esitato a chiamare la polizia. Sarebbero entrati gli assistenti sociali? Non mi importava, tra pochi mesi sarei stata maggiorenne inoltre potevo benissimo stare dai genitori di Courtney.

Che grande idiota ero stata... la soluzione era a portata di mano ma invece di chiedere aiuto avevo preferito il silenzio. Potevo benissimo raccontare tutto a Courtney, più volte mi aveva posto davanti la possibilità di vivere con lei. Era una famiglia straordinaria e se avessi raccontato tutto, gli assistenti sociali non avrebbero esitato ad affidarmi a loro. E allora perché diavolo non lo avevo fatto?

A scuola avevo avuto frequenti opportunità di parlare dei miei problemi. Avevamo dovuto seguire diverse campagne di sensibilizzazione sulla droga, sui rapporti sessuali ma soprattutto sui disordini familiari, se cosi si potevano chiamare. Ci ripetevano che non eravamo soli e che esistevano persone in grado di aiutarci. Perché per me era stato cosi difficile parlarne? Adesso non avrebbe avuto più senso farlo, ero fuori pericolo. Se avessi dichiarato tutto mi sarei ritrovata dentro a qualcosa che avrebbe riportato situazioni spiacevoli a galla...

E' tutto passato Tamara, è inutile pensarci.

Mi pettinai i lunghi capelli e li raccolsi in una coda. Le profonde occhiaie contrastavano i miei occhi che quel giorno sembravano essere più dorati del normale. Presi il correttore e solo dopo che fui soddisfatta del risultato lo riposi nel mio piccolo beauty case. Me lo aveva regalato Courtney lo scorso Natale con tutti i trucchi che racchiudeva dentro, dei quali utilizzavo solo il 40%. Non avevo una pelle che richiedeva troppe correzioni per questo utilizzavo solo mascara, correttore e a volte, nelle poche serate speciali, pure un rossetto sobrio. Un trucco anonimo, un po' come me.

Scesi le scale e presi le chiavi della macchina che ormai era diventata ufficialmente mia. La nuova Rachel strafatta non solo mi aveva ascoltata ma non si era più dimenticata di pagare le bollette permettendo cosi di avere sempre acqua e corrente... e tutto questo senza rivolgermi la parola. Era come se per lei non esistessi e a parte quei inquietanti sorrisi non faceva altro.

Nuova Rachel,

Nuova macchina,

Nuova relazione,

Nuova Tamara.

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